EPILOGO

 

Col cuore contento, sono salito sul monte da
cui si può contemplare la città nella sua vastità,
ospedale, lupanare, purgatorio, inferno, galera,

dove ogni enormità sboccia come un fiore. Tu
ben sai, o Satana, patrono del mio soffrire,
che non andavo là per spargere lacrime vane,

ma che, come fa un vecchi libertino d'una vecchia
amante, volevo inebriarmi dell'enorme baldracca il
cui fàscino infernale mi ringiovanisce di continuo.

Dorma tu ancora nelle coltri del mattino, pesante,
oscura, infreddata, oppure ti pavoneggi nei veli della
sera ricamati d'oro fino,

io ti amo, capitale infame ! - Cortigiane e furfanti !
ugualmente, voi spesso offrite piaceri
che i volgari profani non comprendono.

 

 

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