XLVIII

Tragedy, Gustav Klimt 1897

LA FIALA

Vi son profumi acuti per i quali
porosa è ogni materia. Si direbbe
che attraversino il vetro. Nell'aprire
un cofanetto giunto dall'Oriente,
la cui cerniera si contorce e stride
gridando, o in una casa abbandonata
un qualche armadio, polveroso e nero,
pieno dell'acre odore degli andati
tempi, a volte un'antica vi si scopre
memore fiala dalla quale sprizza,
piena di vita, un'anima risorta.
Mille pensieri che dormivan, funebri
crisalidi fremendo dolcemente
nelle pesanti tenebre, ora spiegano
l'ali e prendono slancio, colorati
di cielo, rilucenti in rosa, e d'oro
laminati. Ed allora, ecco, volteggia
il ricordo nell'aria torbida; ecco,
si chiudon gli occhi e afferra la Vertigine
l'anima vinta e a due mani verso
un abisso oscurato da miasmi
umani la sospinge; poi l'atterra
sull'orlo d'un abisso secolare
ove, odoroso Lazzaro che straccia
il suo sudario, risorgendo s'agita
lo spettrale cadavere d'un vecchio
rancido amore, affascinante e pieno
d'un tanfo sepolcrale. Cosi quando
sarò perduto dentro la memoria
degli uomini, gettato in un armadio
sinistro, vecchia fiala desolata,
polverosa, decrepita, vischiosa,
sporca, abietta e incrinata, sarò allora,
o pestilenza amabile, la tua bara !
della tua forza e virulenza, o caro
veleno preparatomi dagli angeli,
testimonio ! liquore che mi struggi,
tu, la vita e la morte nel mio cuore !

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