Lautréamont

Niente di più misterioso e di più strano della vita del poeta Isidore Ducasse, nato a Montevideo (dove suo padre era impiegato al consolato di Francia) nel 1846 e morto a Parigi nel 1870, durante il caotico periodo della Comune. Su di lui sono rimasti solo anodini documenti ufficiali, quale l'atto di nascita e di morte; le pagelle scolastiche dei licei di Tarbes e di Pau, dove compie i suoi studi tra il 1860 e il 1867; e alcune lettere scritte a critici, editori e al banchiere di suo padre. Nessun ritratto. La sua unica opera compiuta sono i Canti di Maldoror (Les chants de Maldoror) pubblicati nel 1869 sotto lo pseudonimo " conte di Lautréamont " presso l'editore Lacroix, che però si rifiuta di metterli in vendita per paura di un processo per offesa alla morale e alla religione tipo Baudelaire - I Fiori del male. Nel 1870, pochi mesi prima di morire, Ducasse sta scrivendo un nuovo libro Poesie (Poésies), che si preannuncia come superamento - rifiuto dei canti di Maldoror; ma riesce a portare a termine solo la Prefazione (Preface à un livre futur). Muore il 24 novembre 1870 per cause sconosciute. Per un lungo periodo, la sua opera rimane praticamente inesplorata. Toccherà a Valery Larbaud, e ai surrealisti, il compito di scoprirla.
" Ancora oggi "scrive il padre del surrealismo Andrè Breton " sono ssolutamente incapace di considerare a sangue freddo quel messaggio folgorante che mi sembra eccedere da tutte le possibilità umane." Ma,
il poeta maledetto Lautréamont

 

 

 

 

 

 

 

forse, meglio di ogni entusiasmo surrealista può servire a introdurre Lautréamont la prefazione dal titolo altamente illuminante di Una solitudine superba che Jean Cocteau a scritto per i Canti di Maldoror " Isidore Ducasse brilla di luce selvaggia e solitaria nel cielo della letteratura. Appartiene a quella famiglia dolorosa e magnifica, sempre pronta a obbedire agli ordini del disordine e della disobbedienza, alla schizofrenia che è in tutti noi e per la quale solo i fanciulli e poeti non provano vergogna. Lautréamont e Maldoror. Questi nomi superbi bastano a salutare le onde di un'anima misteriosa quanto il mare, come lui ricca di sale, iodio, oro, relitti, mostri, sirene, fantasmi di pirati, uragani. Non è possibile scrivere una prefazione a un elemento, a un astro. Ed è per questo che mi limito a segnalare alla gioventù il dovere spirituale, in un'epoca come la nostra di volgari canzonette, di salutare e di riverire questi organi profondi. Un naufrago di questo universo in cui i poeti fanno finta di vivere e di essere morti. Ecco Isidore Ducasse. Giovani, qui l'ammirazione non basta. E' necessario che queste opere vi ossessionino, facciano vacillare la vostra indolenza morale e vi insegnino che la miglior scuola è ancora quella degli uomini che regnano ai margini delle regole prefissate ".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lautréamont
una solitudune superba

 

 

 

 

 

I CANTI DI MALDOROR
Dal Canto I

Voglia il cielo che il lettore imbaldanzito e diventato momentaneamente feroce come ciò che sta leggendo, trovi, senza disorientarsi, la sua vita dirupata e salvatica attraverso gli acquitrini desolati di queste pagine oscure e venefiche; infatti, a meno che non ponga nella lettura una logica rigorosa e una tensione dello spirito pari almeno alla sua differenza, le micidiali esalazioni di questo libro gl'imbeveranno l'anima, come l'acqua e lo zucchero. Non è bene che tutti leggano le pagine che seguono; solo pochi potranno assaporare questo frutto amaro senza rischio. Quindi, anima timida, prima d'addentrarti più oltre in simili lande inesplorate, volgi i tacchi indietro, e non innanzi.


Dal canto IV

Sono sporco. Roso dai pidocchi. I porci, quando mi guardano vomitano. Le croste e le escare delle labbra m'hanno reso squamosa la pelle, coperta di pus giallastro. Io non conosco l'acqua dei fiumi, né la rugiada delle nubi. Sulla nuca, come un letamaio, mi cresce un fungo enorme dai peduncoli ombrelliferi. Seduto sopra un mobile informe, non muovo le membra da quattro secoli. I miei piedi hanno messo radice nel suolo, e compongono, fino al mio ventre, una sorta di viva vegetazione, piena d'ignobili parassiti, che, senza derivare ancora dalla pianta, non è già più carne. Tuttavia il mio cuore batte. Ma come potrebbe battere, se il marciume e le esalazioni del mio cadavere (non oso dire corpo) non lo nutrissero abbondantemente ? Sotto l'ascella sinistra, ha preso residenza una nidiata di rospi, e quando qualcuno di essi si muove, mi fa il solletico. Badate che non ne scappi fuori uno e non venga a grattarvi con la bocca l'interno dell'orecchio: sarebbe poi capace di entrarvi nel cervello. Sotto l'ascella destra, c'è un camaleonte che dà loro una caccia perpetua, per non morir di fame: bisogna pur campare. Ma quando un partito sventa compietamente le astuzie dell'altro, non trovano nulla di meglio da fare che non molestarsi fra loro, e succhiano il grasso delicato che mi ricopre le costole: mi ci sono abituato.

DA POESIE

La poesia personale ha fatto il suo tempo di ciarlatanerie relative e di contorsioni contingenti. Riprendiamo il filo indistruttibile della poesia impersonale, bruscamente interrotto dopo la nascita del filosofo fallito di Ferney dopo l'aborto del grande Voltaire. Pare bello, sublime, sotto pretesto d'umiltà o d'orgoglio, discutere le cause finali, falsarne le conseguenze solide e note. Disingannatevi, giacché non v'è nulla di più sciocco! Riallacciamo la catena regolare con i tempi passati; la poesia è geometria per eccellenza. Dopo Racine, la poesia non è progredita d'un millimetro. E' indietreggiata. Grazie a chi ? alle Grandi - Teste - Frolle della nostra epoca. Grazie alle femminucce, Chateaubriand, il Mohicano Melanconico; Sénancour, l'uomo in Gonnella; Jean - Jacques Rousseau, il Socialista Stizzoso; Anna Radcliffe, lo Spettro Pazzoide; Edgar Poe, il Mammalucco dai Sogni Alcolizzati; Mathurin il Compare delle Tenebre; George Sand, l'Ermafrodito Circonciso; Théophile Gautier l'Impareggiabile Pizzicagnolo; Leconte, il Prigioniero del Diavolo; Goethe, il Suicida per Piangere; Sainte - Beuve, il Suicida per Ridere; Lamartine, la Cicogna Lacrimosa; Lermontov, la Tigre che Rugge; Victor Ugo, la Funebre Pertica Verde; Mickiewicz, l'Imitatore di Satana; Musset, lo Zerbinotto senza Camicia Intellettuale; e Byron, l'Ippotamo delle Giungle Infernali.

 

TOP OF THE PAGE

biografia
 
opere
antologia

links

il momento storico
 
i suoi contemporanei
 
i poeti maledetti
la fortuna critica