LXXIX
Voi mi atterrite, immensi boschi, come
se foste cattedrali. Quando urlate
come l'organo, l'eco vi risponde
dei vostri "de profundis" risonanti
nei nostri cuori maledetti, camere
d'eterno lutto in cui rantoli antichi
vibrano. Ti detesto, Oceano !, in se
ritrova le tempeste e i tuoi tumulti
il mio spirito; quell'amaro riso
dell'uomo vinto, pieno di singhiozzi
e d'insulti, lo ascolto nell'enorme
riso del mare. E come ti amerei,
Notte, se non ci fossero le stelle
a parlare un linguaggio luminoso
e conosciuto ! - Perché cerco il vuoto
e il nero e il nudo. - Ma le stesse tenebre
son tele dove vivono, a migliaia
sorgenti della mia pupilla, esseri,
dal familiare sguardo, ormai scomparsi.