CAPITALISM - A LOVE STORY
Presentato in concorso al festival di Venezia 2009

Regia di: Michael Moore
Con: Michael Moore, Jimmy Carter, Wallace Shawn, William Black, Elizabeth Warren, Baron Hill e Elijah Cummings
Sceneggiatura: Michael Moore
Montaggio: Conor O’Neil e John Walter
Musica: Jeff Gibbs
Produttori: Michael Moore e Anne Moore
Titolo originale: Capitalism - A Love Story
Origine: USA 2009
Distributore: Mikado
Link: www.mikado.it www.weinsteinco.com www.paramountvantage.com www.capitalismalovestory.com
Durata: 120’
Produzione: Overture Films, Paramount Vantage e The Weinstein Company
Programmato dal 30 ottobre 2009

Michael Moore parte dai costumi che avevano portato alla decadenza del Sacro Romano Impero e li raffronta ai nostri giorni per spiegare le origini della crisi finanziaria americana. Quindi ricorda che nell’Americano comune è insito un amore incondizionato verso il capitalismo, che si era presentato buono buono e con fare innocente in tutt’altra epoca. Incastonato tra democrazia e religione, allora prometteva il migliore dei mondi possibili e si poteva assumere in dosi massicce e senza controindicazioni, sparato dritto verso un futuro di prosperità e di benessere, quando alle famiglie del ceto medio bastava un solo stipendio per avere un’automobile, una vacanza e un tetto sulla testa. Poi sono stati inventati i misteriosi derivati, qualcosa è andato storto e il sistema è collassato, trasformando il sogno americano in un incubo fatto di menzogne e voltafaccia, con manovre attuate da pochi ai danni di molti. Moore parte dai lavoratori licenziati in sciopero dentro le fabbriche che vogliono chiudere, dallo sgombro dal Dipartimento dello Sceriffo di case pignorate, dai fattori con la terra levata da sotto i piedi per un pezzo di pane, dalle ditte che hanno scommesso assicurazioni miliardarie sulla morte dei propri dipendenti, dai piloti di compagnie aeree disastrate costretti al secondo e al terzo lavoro per arrivare alla fine del mese, dall’America più semplice e onesta (ma dalla vita sconvolta) per intrufolarsi nei corridoi del potere a Washington, andando in giro a fare domande su come funzioni il sistema e quali siano state le deformazioni delle corporation e la deregulation finanziaria che hanno portato il 24 ottobre alla caduta della Borsa di Wall Street, il New York Stock Exchange, e il successivo crollo il 29 ottobre.

 

 

Michael Moore ormai è un affermato documentarista, praticamente il solo in grado di portare la gente a vedere documentari al cinema, considerato una bestia nera da tutti quelli che hanno un po’ di potere in America e non permettono che si avvicini loro per una intervista, anteponendogli quelli della Sicurezza. Dopo tentativi dal successo discontinuo nel documentario e nella finzione, arriva l’Oscar 2002 con Bowling A Columbine e la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2004 con Fahrenheit 9/11, raggiungendo con Sicko la sua opera più compiuta. Anche qui conferma la sua vena ironica, sarcastica, umoristica, brillante, indignata, cattiva e battagliera, giusto venti anni dopo Roger & Me, quando nella sua Flint nel Michigan si era sentito tradito dalla General Motors in amministrazione controllata, tanto da spingerlo a tirar fuori la cinepresa. Per confermare il suo modo di raccontare, raccoglie le interviste ai protagonisti del fatto, prende le distanze da Repubblicani e Democratici che parimenti sono responsabili del disastro etico, economico e finanziario, analizza i comportamenti della Goldman Sachs, si apposta alla chetichella dietro a qualche personaggio famoso e gli tende qualche trappola spettacolare, scovando insospettabili preti e vescovi che individuano il Male nel capitalismo come valore basato sul denaro, mettendo in fila diversi fatti e fatterelli che compongono non una lezione di economia bensì un fitto mosaico non totalmente organico ma di sicuro effetto fantasmagorico. Ricorda che Franklin Delano Roosevelt come presidente del New Deal aveva l’intenzione inattuata di introdurre nel 1944 una Carta dei Diritti contro i monopoli, i trust e per le pensioni e un diritto alla sanità esteso a tutti. Chiude il film cintando l’epicentro finanziario globale di Manhattan con il nastro giallo della polizia con scritto "CRIME SCENE DO NOT CROSS (Scena del crimine- non oltrepassare)" e con le case sommerse dall’uragano Katrina, ricordando che quelli a mollo sono solo i poveri.

Cinzia Nolasea

Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche tra i film già usciti fino al 7 gennaio 2010 e successivamente nell’archivio.

 

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