A chi nó l gh'à
de pensà
Dio l ga n dà |
A chi non ha da pensare Dio ne dà.
Quando pensi di esserti sistemato, di aver trovato una certa agiatezza, salta fuori
l'imprevisto... Si dice anche di chi si procura fastidi quando potrebbe farne a meno. |
A ésher puarèt
lè mìô n difèt |
Ad essere poveri non è un difetto.
Non vergognartene. Vivi con dignità la tua condizione sociale. Solo il ricco che ha
sperperato tutto deve andare in giro a capo chino. |
A fa 'l s-ciòr
shènsô shólcc en scarsèlô,
ta fét mìô na étô bèlô |
Se fai il ricco senza soldi in tasca,
non fai una vita bella.
Sarai continuamente inseguito dai creditori. |
A fa l galantòm
sha deèntô mìô s-ciòr |
A fare il galantuomo non si diventa
ricchi.
Generalmente non ci si guadagna; chi ci riesce lo fa col contagocce e al costo di grandi
sacrifici. |
A pagà e a mörer
sh'è shèmper a tép |
A pagare e a morire si è sempre a
tempo.
Tutto a suo tempo, quando c'è da saldare un debito, e magari anche un po' dopo. Non avere
fretta. Non fasciarti la testa prima di essertela rotta. |
Chi che gh'à
lórt e la ca
g'è s-ciòr e nó i la sha |
Chi ha l'orto e la casa è ricco e non
lo sa.
Però devi saper amministrare bene. |
Chi che i ga n'à, i-a
gót,
chi nó i ga n'à, i sa gràtô |
Chi ne ha li gode, chi non ne ha si
gratta.
È il realismo del menefreghista e del pessimista. |
Chi che töl de mès
g'è shèmper i puarècc |
Chi ci va di mezzo sono sempre i
poveri.
Anche quando hanno ragione non possono farla valere. Simile a: «el
prüm tórt lè chel de ésher puarècc» (Il primo torto è quello di
essere poveri); si ha poca voce in capitolo. |
Per fa 'l pa
ga öl el leàt |
Per fare il pane ci vuole il lievito.
Bisogna avere qualcosa su cui investire. Più brutalmente si dice: «Chi
gh'à shólcc i fa shólcc» (Chi ha soldi fa soldi). |
Chi sta bé
nó l sa möf |
Chi sta bene non si muove.
Pensa a sè stesso. |
el ga n'à ashé
de fa l galantòm
el sul
lè l mantèl d'i puarècc,
la lünô
lè la lantèrnô d'i s-ciòr |
Gli basta fare il galantuomo.
Persona onesta che si accontenta di ciò che ha.
Il sole è il mantello dei poveri, la luna è la lanterna dei ricchi.
È un'immagine poetica che descrive le realtà molto diverse del ricco e del povero;
diverse, è proprio il caso di dire, come il giorno e la notte.
Ma qualcuno dice: «...la lünô l'è la màmô d'i óc» (...la
luna è la mamma delle oche). È un modo ironico ed elegante per dire che solo chi ha
poco cervello ha tempo per andare in giro e far schiamazzi di notte come fanno normalmente
quei bipedi palmati. |
el trop butép
el scheèshô lòs del còl |
Il troppo buontempo rompe l'osso del
collo.
Si dice di chi ha già quanto basta, ma vuol fare il "di più".
È l'eccedere in ogni cosa, in questo caso, ad essere considerato come «butép». Se
esageri nel lavoro, nel divertimento ecc. puoi avere gravi conseguenze fisiche. |
el và n biöm(*) |
Và in (*Biöm = Tritume, fondo di
fieno con semi). Come il fieno troppo secco perde sostanza e si spappola, «mandà 'n biöm» significa sperperare, polverizzare, mandare in
malora un bene. |
Frà ciàpô lè
shèmper a ca,
frà dà lè shèmper vià |
Frate prendi è sempre in casa, frate
dai è sempre via.
Si dice polemicamente quando non trovi un aiuto economico dalla persona che pensavi fosse
disposta a dartene. Chi non ricambia un favore. |
Ga màncô
gnè l làt de galìnô |
Non gli manca neanche il latte di
gallina.
Ha tutto, anche quello che non c'è. |
G'è mìô i sólcc
che fa cuntét la persùnô |
Non sono i soldi che fan contenta la
persona.
È generalmente usato con tono consolatorio per dire che sono altri i valori da ricercare.
In altri casi si aggiunge: «però i vàidô» (però aiutano). |
Ghè n'è piö de
malözegn(*) |
Non ce ne sono più di (*malözegn,
plurale di «malözen» o «marözen», è il sorbo degli uccellatori, pianta selvatica
sulla quale, nella stagione fredda, si poteva facilmente vedere la «Gardénô» (Cesena)
che si nutre delle sue bacche, di quelle del ginepro e dei frutti di altre piante
invernali, ad es. i cachi. In questo caso però il termine «malözegn» significa
"soldi").
A quella fonte non potrai più attingere, hai già dato fondo alle tue ultime
possibilità.
Ci sono tanti altri modi per dire che non ci sono più soldi: «l'è
löster», «l'è nèt speciènt», «nèt come Shan Quintì», ecc. |
Giü n dòs
e giü n de l fòs |
Uno addosso e uno nel fosso.
Sono solo due i vestiti del povero: uno ce l'ha addosso e l'altro è nel fosso a lavare. |
Gh'ó scüdìt(*) la fam |
Ho (*) la fame (*scüdìt =
riscosso. Nel libro "Dialetti, costumi e tradizioni nelle provincie di Bergamo e
Brescia", Gabriele rosa scrive: «Scöder - esigere. I longobardi ne'
distretti posero commissari militari, giudiziarii ed amministrativi detti Schuldais esigenti
le multe ed i tributi. Una loro giurisdizione presso Este si chiama ancora Scödosia e
scöder si disse specialmente la loro azione prevalente. Questo vocabolo nel suono
è più vicino alla sua origine che l'italiano riscuotere da lui derivato. Così
parecchie parole tedesche furono lombarde prima di essere italiane.»)
Si dice dopo aver mangiato. |
I gh'à maiàt a' la
camìzô |
Gli hanno mangiato anche la camicia.
Gli han preso tutto. È detto soprattutto del giocatore ostinato e sfortunato che ha perso
tutto. Ridotto in miseria. |
I shólcc
i fa cantà a lòrp |
I soldi fanno cantare anche l'orbo.
Con i soldi si può comperare tutto. Si possono fare "miracoli". |
La cunsulasiù de
n puarèt
lè de idìn en óter
a nà n malùrô |
La consolazione di un povero è di
vederne un altro ad andare in malora.
È evidente che la povertà di cui si parla non è di tipo economico, ma di intelligenza.
Potrebbe essere letto anche come peggiorativo di «Mal comune mezzo gaudio», cioè la
"soddisfazione" di non sentirsi soli nella sventura e sapere che ad altri è
andata peggio che a noi. |
La pànsô piénô
la ga pènsô mìô a chèlô ödô |
La pancia piena non pensa a quella
vuota.
...Ma pare che lo noti solo il bisognoso!
Più uno sta bene più si "dimentica" di chi sta peggio di lui. Spesso,
brutalmente, si afferma: |
Quan' che gh'ó maiàt
mé
i gh'à maiàt töcc |
Q uando ho
mangiato io, hanno mangiato tutti.
Si tratta di puro egoismo o dello "sgomitare" per riuscire a sfamarsi? |
La zét che pöl
la fa chel che la öl |
La gente che può fa quel che vuole.
Per il povero: «Chi è ricco ha il potere di fare e di farti fare quel che vuole». Per
il benestante: «La gente che può permettersi una certa indipendenza economica se la
gestisce come vuole»; per chi si sente osservato: «Fatti i fatti tuoi!».
Questo detto sintetizza anche la paura e la rassegnazione che si sente in molte storie
raccontate dai vecchi: «...le ragazze giovani venivano prese dal signore del paese che
faceva i propri comodi e poi se ne disfaceva gettandole nei pozzi che erano pieni di
affilatissime «rànze» (falci), di lame e di coltelli...».
La gente che ha soldi fa quello che vuole, giusto o sbagliato che sia, senza preoccuparsi
del giudizio degli altri. |
Le bàle del ca
e i sólcc del puarèt
g'è i prüm che sha èt |
Le palle del cane ed i soldi del
poveretto sono i primi che si vedono.
Il povero che riesce ad avere due lire lo sbandiera a tutto il mondo; non riesce a tener
nascosta la sua felicità, così come il cane non può tener nascosti i testicoli. Si dice
a chi ci tiene a far vedere quel po' di soldi che ha e, si sottintende: «Sono gli unici
che ha».
. |
Làivô la 'à al
màr |
L'acqua va al mare.
Si dice ironicamente quando la sorte o una certa tua iniziativa finisce per agevolare chi
non ne avrebbe proprio bisogno |
Lavàro
lè l piö puarèt de sté mónt |
L'avaro è il più povero di questo
mondo.
Perché non usa ciò che possiede. Dell'avaro si dice: «el mörerà col có 'n còstô» (Morirà
con la testa girata di lato) guardando verso il posto dove tiene i soldi. |
L'è 'n s-ciòr
che g'à fam dopo shénô |
è un signore che ha fame dopo aver
cenato.
Si dice di chi vanta una agiatezza economica che non ha. |
Màiô pa a tradimét |
Mangia pane a tradimento.
Chi non guadagna il pane di cui si ciba. Opportunista. |
Mei dunà
che ciapà |
Meglio donare che prendere.
Sembrerebbe meglio al contrario, ma, riflettendo... la persona che dona certamente ha
qualcosa.
Anche quando non hai beni terreni da donare hai comunque la possibilità di donare te
stesso, mettendoti a disposizione degli altri (aiutare il prossimo). |
n dó che ghe
nè mìô,
gnè la piònô la ga n töl |
Dove non c'è niente, neanche la pialla
gliene toglie.
Povero in canna. Ridotto all'osso.
Per avere qualche soldo, oltre a risparmiare e riciclare tutto le donne erano disposte a
vendere, seppur a malincuore, anche i loro lunghissimi capelli.
Anche i bambini, quando potevano si davano da fare, infatti...
«Quan' che shìe gnarelòt - mi diceva "Fùscó" (Fausto Baroni di Timoline)
in uno dei tanti racconti capaci di dipingere scampoli di vita - sho stat là deànti
al Barone mórt, per trè ùre, co 'n de 'n fiùr, 'n fin che ga sho riàt a fa nì fò la
móscô che gh'ìô ulàt en bócô de 'n do che ga mancàô 'n dét, che deànti,...ma
gh'ó ciapàt 'na bèlô mànciô nèh!?»
(Quando ero un ragazzo... sono stato là davanti al Barone morto, per tre ore con un
fiore in mano finché sono riuscito a far venir fuori la mosca che gli era volata in bocca
passando da dove gli mancava un dente, qui davanti..., ma ho preso una bella mancia sai!?). |
Pèl de légór
e pèné de lügarì
g'è mìô ròbé de puarì |
Pelle di lepre e penne di lucarino
(carduelis spinus) non sono cose da poveri.
Solo i ricchi potevano permettersi di avere il tempo di andare a caccia dei piccoli
lucarini e delle rare e veloci lepri. |
Puarèt sé,
ma shèmper col sò unùr |
Povero sì, ma sempre col suo onore.
Prima di tutto essere un galantuomo. |
Quan che i sólcc
i bóndô,
el Diàol lè de róndô
Sbaràciô la èzô
(o 'l pórtô-fòi) |
Quando i soldi abbondano, il diavolo è
di ronda.
Aumentano le tentazioni.
Sbadiglia la botte (o il portafogli)
Quando si apre la bocca per sbadigliare è chiaro che dentro non c'è niente. Vuoto.
Oggi diciamo di "essere al verde". |
Sho ndat
a caàl... de Shan Fransèsc |
Sono andato col cavallo... di San
Francesco.
Modo elegante per dire di essere andato a piedi, ma l'andare a piedi si dice anche «nà a óche» (andare ad oche) dove le oche in questione sono
le gambe. |
Ta shét nashìt
col cül en de 'l butér |
Sei nato col culo nel burro.
Di che ti lamenti? Sei nato con tutte le comodità! Il burro rappresenta l'agiatezza
perché è tenero, unto e saporito. |
Tra ca e ca
i sa pìô mìô |
Tra cani e cani non si mordono mica.
Due potenti stentano ad attaccarsi l'un l'altro; se lo fanno è come ultima soluzione. |
I soldi nella prima metà
del xx° secolo |
1 quartù = 1 centesimo di rame
1 bès = 2 centesimi di rame
1 palàncô = 5 centesimi di rame
1 palancù = 10 centesimi di rame
1 vintì = 20 centesimi di nichel
1 frànc = 1 lira d'argento
1 aquilì = 5 lire d'argento
1 caalì = 10 lire d'argento
1 maringhì = 20 lire d'argento
1 lènguô de ca = 1 cambiale
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