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Una questione di ritmo
Intervista a Gianfranco D'Angelo.


di Albarosa Camaldo

 
03/12/2000

 

In occasione della tappa milanese (al teatro SanBabila dal 28 novembre al 2 gennaio) della commedia "il padre della sposa", che lo vede protagonista, un disponibilissimo Gianfranco D'Angelo ci racconta qualche aneddoto della sua lunga carriera e ci spiega il suo modo di intendere la comicità.

In che modo la sua esperienza di padre ha contribuito a farle interpretare il personaggio della commedia Il padre della sposa che è in scena al teatro San Babila. C'è qualcosa di autobiografico?
Non c'è qualcosa di autobiografico, anche se ho vissuto un po' la stessa vicenda della commedia: un giorno mia figlia è venuta da me, mi ricordo era durante l'estate, a luglio, e mi ha detto "Papà mi sposo" e io sono rimasto così, "D'accordo, come? Quando?" "Fra un mese e mezzo". E' successa un po' la stessa cosa come nella commedia. Questa esperienza non è che mi ha aiutato a interpretare il ruolo di padre della commedia, perché io come padre, nella vita, sono un pochino diverso, più permissivo, più aperto, sono stato molto amico delle mie figlie, ne ho due, tutte e due sposate. Il padre della commedia non è un personaggio che non esiste nella vita, esistono dei padri possessivi ed anche un po' gelosi che non accettano sempre bene la decisione della figlia quando dice la fatidica frase "Mi sposo".

L'alternanza fra tono patetico e comico è un dosaggio studiato da lei o è già insito nel testo?
Qualcosa nel testo c'era, c'erano dei momenti un po' ironici e un po' sentimentali, l'interpretazione della commedia è dovuta un po' anche all'adattamento fatto da Mario Scaletta e un po' l'abbiamo deciso insieme: la commedia è chiaramente leggera, si scherza, si ride; il pubblico si diverte. Il padre inventa mille ostacoli affinché il matrimonio non avvenga e cerca di dissuadere la figlia in ogni modo, in maniera verbale, ma poi arriva a quello che dovrebbe sempre prevalere nella vita, una soluzione basata sul buon senso e l'amore che un genitore deve avere per i figli; i giovani, infatti, devono fare la loro strada, devono avere le loro libertà di scelta.

Quando si trova a recitare con attori giovani, come in questo caso, come si pone? Dà loro consigli?
Cerco di consigliarli; io ho molta esperienza, faccio teatro da molti anni, alternato al piccolo schermo, ma già facevo teatro prima di cominciare la televisione e amo molto lavorare con i giovani, sia in televisione che in teatro, e chiaramente se posso li consiglio, li aiuto. L'esperienza, a parte la tecnica, è una cosa che ognuno di noi dovrebbe avere, che si conquista con il tempo e serve molto il fatto di stare tutte le sere davanti al pubblico, affrontare pubblici diversi. Questo insegna qualcosa e io cerco di far capire ai giovani che ci sono delle espressioni ben precise che vanno dette in un certo modo e bisogna farle arrivare in un certo modo.

Un regista come Japino come si è posto di fronte a un testo drammaturgico? E come è stato il rapporto con voi attori?
Io con Sergio ho un rapporto di amicizia, lo conosco da molti anni; è amico anche del produttore così si è formata una specie di équipe, io amo molto lavorare in équipe sia con gli attori sia con gli autori e Sergio è una persona molto delicata, molto sensibile; non aveva grande esperienza di regie teatrali, anche se io avevo fatto qualche lavoro con lui in teatro; è un regista abituato alla televisione, si sente responsabile, però non è un regista che impone assolutamente le sue idee; è molto aperto e anche molto attento. Questa è una commedia dal racconto molto semplice, non ci sono intrecci, snodi particolari e lui ha cercato di raccontarla come doveva essere raccontata, in maniera ironica. Io mi sono trovato molto bene perché è una persona intelligente, sensibile e di grande intuito.

Lei ha creato un nuovo tipo di satira inaugurata con Drive in, Striscia la notizia. La comicità è una vena innata in lei o una conquista, una scelta?
E' innata: io sin da bambino osservavo le cose, le raccontavo a modo mio, cercavo sempre la sintesi. La cosa che mi ha contraddistinto, credo, nel corso di questi lunghi anni di carriera, sia teatrale che televisiva, sono stati i ritmi, ho sempre amato la sintesi e il grande ritmo. Forse il pubblico non era abituato ai ritmi veloci, era abituato ai ritmi lenti, i programmi televisivi di una certa epoca erano lentissimi e io ho sempre cercato in televisione con La sberla, con Tilt e poi con Drive in, Striscia la notizie, Odiens di cambiare un po' la maniera di fare varietà televisivo, imponendo il ritmo e la sintesi. Il pubblico mi ha dato ragione sia quello dei giovani sia degli adulti. E' una cosa che ognuno ha dentro di sé, io il ritmo l'ho sempre avuto, anche se non sembra perché nella vita sono un tipo tranquillo, ma sul palcoscenico sono più vivace.

Un ricordo della sua partecipazione allo spettacolo Alleluja brava gente! (1971) con Rascel e Proietti.
Sono passati circa 30 anni. Con quello spettacolo ho debuttato a Milano al Lirico, un teatro molto grande per cui il mio impatto è avvenuto con un grande pubblico teatrale. Ricordo la voglia di far bene, di primeggiare; io facevo un personaggio importante in questa commedia musicale, con due grandi del palcoscenico, sia Renato che Gigi, uno maturo, l'altro giovane, e c'era questo grande scontro sul palcoscenico: chiaramente Rascel doveva tener testa a uno, Proietti, che aveva la dinamite, la forza della giovinezza, cantava benissimo, era attivo, era fisicamente forte; eppure Rascel riusciva a far fronte a questa stella che stava per sorgere e io ero in mezzo a loro. Anch'io ero giovane e infastidivo un po' con il mio ruolo che aveva successo, quindi era una lotta tutte le sere. Però lo ricordo con grande soddisfazione, come una delle mie prime rappresentazioni teatrali grandi che mi hanno dato coraggio per continuare, infatti abbiamo ottenuto belle critiche e grande successo di pubblico.

Com'è Garinei regista con cui lei ha lavorato anche in Niente sesso siamo inglesi, Chi fa per tre, Gli uomini sono tutti bambini?
È un grande dello spettacolo, un grandissimo uomo di teatro, partecipa a tutto con entusiasmo. Garinei è una persona che non dimenticherò mai, ho fatto alcune commedie con lui, è un grande uomo di spettacolo, ha grande sensibilità, grande esperienza, sa tutto, mette sù gli spettacoli con cura, con grande professionismo e ama il suo lavoro; questa è una cosa molto importante. Ci sono ancora persone come lui che amano il teatro come lo ama lui che dedica la sua vita interamente al teatro, a costruire gli spettacoli e, una volta che li fa, non li dimentica; questa è una cosa che dovrebbero imparare anche i giovani produttori, lui non dimentica mai quello che fa, lo segue giornalmente, tutte le sere ti telefona per sapere come va, come è andata, quali sono gli umori del pubblico, ti sta vicino continuamente, ti fa sentire sempre molto importante e anche responsabile di quello che stai facendo. Le compagnie nascono, vengono messe insieme, c'è la prima e poi la compagnia comincia il suo lungo pellegrinare, il suo lungo giro, si allontana dalla città dove è nata, si allontana dal suo regista, dagli organizzatori che ti stavano vicini prima e quindi comincia la sua navigazione, ma con Garinei non si è mai soli, c'è sempre un comandante lontano che segue la rotta.

Garinei ripropone alcuni suoi spettacoli di successo con cast differenti, per esempio Alleluja brava gente! con Massimo Ghini e Rodolfo Laganà (1994). Cosa pensa di queste riprese e come valuta il confronto con i precedenti interpreti che ne avevano decretato il successo?
Alcune riprese sono indovinate, Garinei ha ragione a riproporre spettacoli che non vanno dimenticati. Alcuni sono riproponibili sempre, altri un po' meno, perché sono un po' troppo datati; se devo esprimere il mio pensiero, Alleluja brava gente! apparteneva agli anni '70 e aveva interpreti completamente diversi da quelli della seconda edizione, era uno spettacolo di fantasia, con un linguaggio inventato, non è come Rugantino che è diventato un classico; io l'ho rivisto e mi è sembrato uno spettacolo che appartenesse agli anni in cui lo abbiamo fatto noi, con interpreti diversi. Non è che un cast non può cambiare: in Inghilterra e in America cambiano sempre anche i protagonisti nei grandi musicals, ma qui da noi, nel nostro paese, gli spettacoli talvolta restano più legati al loro tempo.

Anche Lei si è posto a confronto con interpreti precedenti, per esempio in Niente sesso siamo inglesi nel 1990, fatto da Dorelli nel 1972. Come si ricrea il personaggio in questo caso?
Non ho avuto alcuna preoccupazione; l'ho fatto a modo mio con i suggerimenti di Pietro [Garinei] che erano giustissimi. Ebbe molto successo, teatri esauriti all'inverosimile, tanto che abbiamo vinto il Biglietto d'oro dell'Anicagis per i maggiori incassi. Non ho nemmeno visto la precedente edizione, non so se c'è una videocassetta di Dorelli, comunque Pietro non me l'ha fatta vedere, e io non l'ho vista. Garinei mi ha raccontato come voleva impostare la sua regia, io l'ho fatto come sentivo di farlo con i suggerimenti della regia e senza dover preoccuparmi dei confronti: ognuno di noi ha la sua personalità artistica, può essere meglio uno o meglio l'altro e questo è il pubblico che deve giudicarlo; d'altronde quando passano gli anni, cambiano un po' i tempi, cambiano anche un po' i ritmi.

Come concilia le attività di teatro, televisione, cinema? E quale le dà più soddisfazione?
Sono sempre riuscito a fare molte cose, senza trascurare nulla; credo che tutto vada fatto nel migliore dei modi ed è stato forse questo il senso della mia vita. In questi lunghi anni io sono sempre riuscito a fare anche televisione, ma non ho mai trascurato né il teatro, né la televisione: quando facevo televisione, andavo a fare spettacoli nei teatri, magari da solo facevo un recital, però affrontavo sempre il pubblico e mi preparavo per farlo; non arrivavo all'ultimo momento, alla sera, dicendo " ormai ho successo in tv, quel che va bene, va bene" Certo il tempo è quello che è, però, magari rubando qualche ora al mio sonno, riesco a conciliare molto bene tutti gli impegni, senza grossi affanni.

Si è conclusa così la breve intervista ad un attore caro al pubblico sia del teatro sia della televisione, che ha risposto con molta spontaneità e immediatezza, con quel garbo e quella dolcezza che contraddistinguono la sua personalità. A lui un sentito ringraziamento dalla nostra Redazione.

 

 


 
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