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Di mamma ce n'è una sola
in scena al Teatro Donizetti di Bergamo dal 17 al 26 marzo 2000


di Albarosa Camaldo

 
15/03/2000
 

Vincenzo Salemme fa di nuovo centro con un'ironica commedia sui rapporti interfamiliari, Di mamma ce n'è una sola, già rappresentata a Milano nella scorsa stagione. Reduce dai successi dei film L'amico del cuore, tratto da un suo testo teatrale e Amore a prima vista, ritorna al teatro come autore, attore, regista, assommando le tre funzioni.

Lo spettacolo presenta, tramite una strizzatina d'occhio a Pirandello, la confusione tra realtà e finzione provocata da una strategica invenzione di un figlio che vuol risolvere il vuoto lasciato dalla presunta futura scomparsa dei propri cari preparando accanto a loro degli attori che prima imparano e poi interpreteranno la loro parte di padre, zia, ecc.

I veri personaggi vedendosi riflessi nei familiari bis hanno modo di osservare che il loro comportamento per tutta la vita è stato succube dell'autorità della madre Chiara. Solo lei non viene replicata, perché è unica e insostituibile, "di mamma ce n'è una sola".

Lo spettacolo passa da momenti esilaranti come il gioco di parole sui nomi delle razze dei cani, a momenti malinconici come il ricordo del matrimonio sfumato tra il medico di casa e una delle sorelle di Chiara, fino all'inquietante finale che si svolge al buio, mentre viene illuminata solamente la diabolica madre che ha ricondotto l'ordine in famiglia e che ha risolto la situazione con un finale a sorpresa. Inesauribile è la creatività recitativa di Salemme sostenuto da Maurizio Casagrande, il medico, in duetti incalzanti e divertenti.

I personaggi appaiono ben caratterizzati: l'insostituibile madre in cui Salemme appare credibile nel comandare l'andamento della casa e della famiglia ora in modo autoritario, ora in modo canzonatorio. La figura della madre domina psicologicamente tutti con la sua apparente impassibilità, convinta di avere in mano le redini della famiglia.

Il dottor Perrella, personaggio sfaccettato giocato sull'ironia, sul sorriso più che sulla risata, assume un ruolo sempre maggiore nel corso dello svolgimento dello spettacolo, ma solamente nel finale si vengono a scoprire aspetti drammatici della sua esistenza. Il dottore assume così agli occhi degli spettatori un differente ruolo, poiché non sembra più un personaggio buffo, incapace di reagire, ma un individuo tormentato che dal momento in cui si è visto privato degli affetti più cari accetta qualunque sopruso.

Un altro attore fedelissimo a Salemme è Nando Paone dalla mimica del volto straordinaria; si veda l'episodio in cui mima il bancone di un salumiere. Egli interpreta un attore che osservando il padre di famiglia ne imita le caratteristiche e, pur essendo volutamente diverso fisicamente, riesce nella parte.

Incursioni più o meno dialettali rientrano nello spettacolo con il vivace personaggio della cameriera ciociara, e nello strano linguaggio della cognata. Il copione viene ampliato a seconda delle reazioni del pubblico con battute all'improvviso attraverso le quali appare evidente che gli attori stessi si divertono.

La regia è attenta a disporre i movimenti degli attori nello spazio scenico come nella sequenze con la maggior parte degli attori in scena che risultano sempre armoniche, non affollate.

Il testo basato su battibecchi che fanno parte della vita di tutti viene apprezzato dal pubblico che segue lo spettacolo con una partecipazione diretta sottolineando le battute con risate e applausi a scena aperta.

 

 


 
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