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2 atti (purtroppo) unici
Le nozze piccolo borghesi di Bertolt Brecht e l'anniversario di Anton Cechov in scena al Teatro Officina di Milano sabato 27 e domenica 28 maggio 2000.


di Fabienne Agliardi

 
06/06/2000
 

Il Teatro Officina di via S. Elembardo 2 a Milano è un piccolo grande teatro. Piccolo in dimensioni, struttura, mezzi (totale autofinanziamento) ma grande in quanto ad attori, repertorio e spirito di gruppo. Perché lo spirito di gruppo? Perché la filosofia del Teatro Officina è da 25 anni, quella di lavorare insieme, partecipare insieme ed esprimere qualcosa insieme, mettendo quindi al bando ogni velleità mattatoriale, anche se nel gruppo emergono individualità notevoli per bravura e talento.

Lo scopo principale è quindi, in primo luogo, quello di stabilire dei rapporti umani e, in un secondo tempo, professionali: questo perché non esiste il "recitare", bensì il "comunicare". Comunicare con se stessi, con gli altri, con il pubblico, lavorare con le persone: questo è il must della filosofia del Teatro Officina. E i giovani attori che seguono i corsi del Teatro hanno capito e assorbito subito questa filosofia. Guidati dal direttore artistico Massimo de Vita, 9 giovani e bravissimi attori, hanno dato vita a 2 rappresentazioni veramente degne di nota.

Ne "Le nozze dei piccoli borghesi" di Bertolt Brecht, viene rappresentato uno spaccato di una tipica famiglia borghese durante il pranzo di nozze. Emergono lentamente tutte le ambiguità, le ipocrisie e le banalità esistenti tra amici e parenti: dalle sciocche storielle Raccontate a tavola dal padre della sposa (Emanuele Gabardi), ai commenti maligni della signora "bene" (Sara Zoccoli) sul mediocre arredamento "fai-da-te" creato dallo sposo (Sacha Oliviero) fino al bellissimo sfogo finale del marito bistrattato dalla moglie bene (Davide Bessegato),che esprime nel breve e sentito monologo tutta la stanchezza e l'amarezza di una situazione che riassume un po' tutto il vivere della gente.

Ne "L'anniversario" di Cechov, testo fortemente farsesco, un'altra festa ha la funzione di turbare i rapporto tra i protagonisti, così come nel testo di Brecht: è l'anniversario dell'apertura di una banca. Si attende il controllo e il capo Scipucin (il bravissimo Fabrizio Martorelli prima e Davide Bessegato nella seconda parte) è in fermento: vuole che tutto sia in ordine, sta preparando il discorso da fare (fatto scrivere dal suo segretario Chirin!-1° parte: Gabardi, 2° parte: Oliviero) e, proprio nel giorno in cui tutto dovrebbe andare alla perfezione, invece succede quello che non dovrebbe succedere : si crea un disordine generale che culmina proprio quando arriva il "membro della deputazione" per il controllo. Nelle due parti in cui è suddiviso questo secondo atto, i 9 attori cambiano; questo per dar modo a tutti di partecipare alla rappresentazione. Ciò dimostra quanto è vera la filosofia che de Vita vuole insegnare ai suoi allievi: partecipare tutti, senza "preferenze" e superlfuo divismo.

 

 


 
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