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Carlo
Goldoni, ovvero la piccola peste: così lo
avranno certamente chiamato i suoi genitori durante
l'infanzia, mentre cercavano di metterne a freno il
carattere un po' troppo esuberante. Forse pochi lo sanno,
ma il giovane Goldoni rivelò subito una personalità
espansiva e curiosa, un gusto precoce per la vita sociale
e il teatro: inclinazione quest'ultima, ereditata soprattutto
dal padre medico che, durante le vacanze, era solito
organizzare alcuni spettacoli filodrammatici. Meno brillante
fu la sua carriera scolastica, che subì anche
numerose interruzioni: la prima a Rimini, quando, nel
1721, invece di seguire le lezioni di filosofia presso
i padri domenicani -che egli non esitava a definire
"noiosi"- si imbarcò di nascosto insieme
a una compagnia di comici; nel 1725 fu perfino espulso
dal collegio di Pavia a causa di una satira contro le
donne della città. Finalmente, nel 1731, la signora
Goldoni poté tirare un sospiro di sollievo: il
figlio si laureava in legge all'università di
Padova. Chissà che cosa avrebbe pensato la donna,
se già allora avesse saputo che al giovane Carlo
quel "pezzo di carta" non sarebbe mai servito,
che sarebbero stati ben altri i "fogli" e
i libri importanti nella sua vita?
I
"Due gemelli veneziani", lavoro che
abbina commedia dell'arte a noir psicologico, fu composto
nel 1747 alla vigilia di quello che è stato definito
il "decennio fortunato" di Goldoni, ovvero
gli anni compresi fra il 1750 e il 1760. L'opera, basata
sull'analisi della psicologia umana, ritrae non solo
l'uomo nei suoi rapporti interpersonali, ma anche la
dinamica delle classi sociali all'interno di un concreto
scenario cittadino, la Verona del '700. La storia è
quella di Tonino (il brillante) e Zanetto (il rustico),
due fratelli separati alla nascita, e delle loro promesse
spose, Beatrice e Isaura: ignare di trovarsi di fronte
a due gemelli, le fidanzate danno vita a una girandola
di equivoci e di esilaranti situazioni
Dopo
"La serva amorosa", spettacolo tutto
centrato sul realismo sgraziato dell'interpretazione
e lontano dai cliché della tradizione scenica
goldoniana, Luca Ronconi torna ancora una volta
al commediografo veneziano cambiando però decisamente
strada. Gli attori recitano in modo naturalistico, abbandonando
la consuetudine alle frasi spezzate e alle lunghe pause
che di solito caratterizzano gli allestimenti del regista,
e indossano costumi d'epoca (fra cui spiccano lo splendido
abito verde di Beatrice e quello rosso di Tonino e Zanetto);
la scenografia - unica per tutto il corso dello spettacolo
- è costituita da una serie di giganteschi specchi
sovrapposti che, non solo sottolineano l'idea del riflesso
e quindi del "doppio fratello", ma evocano
contemporaneamente le vie di Verona e le stanze di un
palazzo: il regista sceglie lo stesso scenario per interno
ed esterno, quindi. Durante il primo tempo, contrariamente
all'abitudine di Ronconi, le trovate sceniche sono quasi
del tutto assenti a favore di un ritmo lineare e un
po' monotono, anche se gli spunti - interessanti - ci
sarebbero tutti: gli attori potrebbero sfruttare di
più il loro riflettersi nei grandi specchi, l'idea
dei due personaggi identici, le finestre che si aprono
in cima agli alti palazzi; persino la musica, ispirata
al Settecento, ha un ruolo poco importante. Meglio il
secondo tempo, che ha un ritmo più mosso e fantasioso:
bello l'effetto degli ombrelli neri aperti in scena
(con buona pace dei superstiziosi), del lampadario che
si illumina, dei due gemelli che vagano per la città
ignari l'uno dell'altro; si usano di più anche
porte e finestre per l'entrata e l'uscita dei personaggi.
Ottimo
è il lavoro degli attori: Massimo Popolizio
- mai così bravo - riesce a sdoppiarsi mirabilmente
nei due gemelli; Laura Marinoni, dopo l'eccelsa
prova offerta in "Lolita" (in cui interpretava
la mamma della ragazza), mantiene le promesse e dà
vita a una Beatrice enfatica e appassionata; Manuela
Mandracchia è una sensuale Rosaura e Riccardo
Bini un convincente Pancrazio. Un po' meno riuscito
il personaggio di Arlecchino (Giovanni Crippa),
forse per quell'aria un po' punk che gli danno i capelli
biondissimi e il vestito moderno.
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