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L'identità e il genere
 a cura di Mary Nicotra


4 aprile 2001

IL CINEMA ALLE DONNE

 

 

Artista di arti visive e scultrice, così a Milli Toja piace presentarsi. La definizione di regista e produttrice torinese di film di e per le donne, le va un po' stretta. "Non mi è mai piaciuto, diciamo così "definirmi", da sempre mi occupo di arte nelle sue diverse espressioni ed è da 25 anni che faccio cinema. 

Ho incominciato con dei piccoli cortometraggi e con altre donne ho fondato nell'83 l'Associazione La.Ci.Do. (Laboratorio Cinema Donne), poi, con alcune di loro, nell'88 abbiamo aperto l' Associazione Sofonisba Anguissola - Galleria delle Donne".


Lo scorso ottobre al Film Festival di Torino, Milli Toja era presente con la commedia "La Sindrome di Biancaneve", che pur essendo stata apprezzata dal pubblico, non ha portato a casa nessun premio. Ma non è sempre andata così, infatti con il noir "Il dono", tratto dal racconto "Il corpo" della sudamericana Clarisse Ispector, nel '97 al Festival delle Donne di Torino ha ricevuto sia il premio del pubblico sia una menzione speciale dalla giuria. Nel '98 con la commedia "Dei delitti e dell'amore" ha reiterato il premio del pubblico.
Una delle cose a cui la regista tiene in modo particolare è alla sua libertà espressiva e creativa; per questo forse, i suoi film non sono mai entrati nel circuito delle sale cinematografiche. "Girare un film, anche se le attrici recitano per passione e non per denaro, costa comunque svariati milioni, circa 40, inoltre per poter essere proiettato in una sala è necessario che sia in 35 millimetri e questo fa lievitare terribilmente i costi. Io non ho mai potuto permettermelo, così giro in 16 millimetri e li presento nei Festival e in circuiti amatoriali di donne. Se devo dire la verità comunque, non ho mai fatto molto per cercare dei finanziamenti, perché questo vuol dire avere un/a produttore/trice che ti obbliga a cambiare, limare, aggiustare ecc. ecc.. Il mio obiettivo è quello di essere libera, di fare quello che mi piace e poi non ho mai pensato di guadare con il cinema".


Qual è il suo pubblico ideale? E cosa vuole trasmettergli? 
"Io faccio film dove la donna è la protagonista indiscussa, di conseguenza anche il mio pubblico ideale è fatto di donne. Gli uomini, quando sono presenti come padri, fratelli, amici, fidanzati o mariti, hanno comunque un ruolo marginale. Voglio far riflettere sui rapporti di amore e di amicizia tra donne, ma cerco di farlo in modo ironico, beffardo e divertente. Secondo me le donne devono imparare un pochino di più a usare l'autoironia e ridersi un po' addosso. Forse si prendono troppo sul serio. Inoltre il mio desiderio è quello di far vedere un mondo di donne, indipendentemente dai rapporti sessuali che hanno. Per questo non voglio definirmi come regista di film lesbico, io esprimo un mondo reale che non ha bisogno di essere legittimato per poter esistere. In pratica io esisto, quindi sono".


Quali sono le caratteristiche e/o difetti dei suoi personaggi?
"Il comune denominatore di molti dei miei personaggi è caratteristica e difetto nello stesso tempo. Nel senso che quando hanno qualcosa in testa la portano avanti a qualsiasi costo, senza rendersi conto dello sfacelo che fanno. Le donne da succubi sono diventate delle tigri e passano sopra tutto, sono talmente concentrate su se stesse che non si accorgono più di ciò che accade loro attorno".


Quali sono i progetti per il futuro?
Vorrei passare al genere giallo. Nel mio prossimo film ho deciso di far morire uno dei miei personaggi, un vero e proprio assassinio, proprio all'inizio facendo in modo che il pubblico sappia da subito chi è il colpevole. Quello che mi interessa è svelare il processo con il quale si arriva alla scoperta dell'assassino".
Farà quindi un giallo alla Tenente Colombo? Sì, più Colomba però
.
                                                                  Elena Vaccarino

3 gennaio 2001



 

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