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Il laboratorio teatrale: conoscersi e raccontarsi

Esercizi di ascolto "attivo" per la costruzione di un gruppo

Verrès ( Salone Les Murasses ) 2 giugno 2001

animato da Agnese Molinaro e Mariuccia Allera Longo

Il tema prescelto, con l’espressione "conoscersi", si prefiggeva di: sviluppare una conoscenza più approfondita tra i membri dello GVEN; condividere un’esperienza formativa con persone nuove, possibilmente interessate alle finalità dell’Associazione, ed infine disporre di nuove tecniche per trasferirle nel proprio contesto lavorativo (facilitando, ad  esempio, la conoscenza tra gli alunni in classe).

Con l’espressione "raccontarsi", si voleva invece presentare le modalità del racconto attraverso l’oralità. Lavorare sull’oralità, significa effettuare un lavoro di fino, preciso. Precisare, ad esempio:, tempi, luoghi, nomi, situazioni, intenzioni … Lungi dall’essere approssimativo, chi racconta deve essere, per risultare credibile, precisissimo. Un ottimo esercizio per noi ed i nostri alunni troppo spesso superficiali ed affrettati nell’esposizione. Saper raccontare una storia e saper ascoltare gli altri implicano lo sviluppo di capacità molto importanti per gli insegnanti. Occorre infatti disporre delle tecniche "affabulatorie" del racconto ed essere rispettosi delle parole e dei silenzi dell’altro. Dietro un silenzio ci possono essere delle parole volutamente non dette.

L’educazione all’ascolto è un grande inciampo educativo. La strategia per combattere la routine a scuola è quella di spiazzare sempre i ragazzi (non sanno più dove sono). Creando una situazione di spiazzamento, si possono "rinegoziare" gli atteggiamenti. Tendere a lavorare maggiormente su ciò che "non si sa", aiuta ad apprendere.

Programma della giornata e dèmarche

h.9.50 inizio. Accueil dei partecipanti, presentazione del gruppo GVEN da parte di Josette che ne ha presentato le finalità.

Dalle 10.00 alle 10.30 in cerchio, esercizi di presentazione reciproca e di riscaldamento utilizzando i propri nomi (Ci si saluta prima convenzionalmente, poi si dice il proprio nome e nel ripeterlo si aggiunge un gesto. Si conta 1, 2, 3, si va al centro del cerchio e lo si fa prima individualmente poi tutti insieme. Dopo, si passa al nome della memoria, quello con cui ci chiamavano da piccoli o ancora adesso le persone che ci sono care. Si ripete la modalità utilizzata precedentemente (individuale e collettiva).

A coppie, si esplora lo spazio. Si fanno esercizi di movimento a specchio, seguendo la mano del compagno oppure altre parti del corpo. Obiettivo: creare una conoscenza ed una sintonia nella coppia che si è formata.

Allestimento di uno spazio deputato per il racconto. Le coppie, con gli oggetti che trovano a disposizione, allestiscono uno spazio idoneo al racconto che faranno successivamente. Uno spazio in cui possano stare bene, in cui poter raccontare liberamente.

Dalle 10.30 alle 11.30, le coppie che si sono formate escono o, se vogliono, rimangono nel salone per "raccontarsi reciprocamente il momento della vita che ha determinato il proprio modo di essere" (vedi sopra, in dettaglio, la spiegazione dell’attività).

Dalle 11.30 alle 12.30 . Ci si rimette in cerchio e si pronuncia il nome del compagno nel modo in cui vi sembra, dopo il racconto, debba essere detto. Dopo il nome, sempre in cerchio, si sintetizza con un gesto, il racconto del proprio compagno.

E’ l’ora dei racconti: ora siamo pronti ad ascoltarli con la dovuta attenzione. Ogni racconto prende circa 10'.

Dalle 12.30 alle 13.15, discussione sulle questioni sollevate (vedi la spiegazione introduttiva).Vengono inoltre scritti su alcuni fogli gli incipit dei racconti e le frasi degli altri racconti impressi nella nostra memoria (verranno usati nel pomeriggio).

Dalle 13.15 alle 14.15, pausa per il pranzo.

Esercizi di riscaldamento della voce utilizzando i risuonatori di varie parti del corpo.

Dalle 14.30 alle 15.30, esercizi di memorizzazione degli incipit trascritti; dei gesti identificati al mattino, dei nomi esplicitati con un’intenzione precisa legata al racconto. Dapprima liberi nello spazio dal salone, poi nuovamente in cerchio per fissarli.

Con gli stessi incipit, esercizi sull’utilizzo del volume e sulle intenzioni (ripetere l’incipit con arroganza, con determinazione, con passione...). Tutti gli esercizi sono finalizzati a padroneggiare delle tecniche per precisare ed interpretare meglio il racconto dopo. I partecipanti, a turno, fanno la regia, danno cioè le indicazioni. Modalità pedagogicamente interessante e motivante con gli alunni che si vedono responsabilizzati e con un ruolo autorevole.

Montaggio di una sequenza: nome, gesto, incipit. Dapprima, in maniera meccanica, per verificare se c’è stata un’effettiva memorizzazione di ogni parte; poi, con intenzionalità, si cerca di costruire una storia coerente e sensata con il bagaglio a disposizione.

Dalle 15.30 alle 16.00 esercizio: fotografia di gruppo. Prima individualmente, poi in gruppo ci si sistema contro una parete con un gesto significativo, da fissare, inerente il racconto del mattino. Uno alla volta si esce dal gruppo, dopo aver osservato le posizioni assunte dai compagni, si dà un titolo alla foto (ad esempio: foto di un gruppo di...). L’obiettivo: dare un’identità al gruppo.

Franco Zanin, presente con la macchina digitale, ha fotografato davvero l’identità giocosa del gruppo (vedi le foto sul sito del GVEN).

Esercizio analogo per la definizione del luogo Foto di un gruppo a... Ognuno, uscendo dalla foto per un attimo dà la sua definizione della località o contesto in cui si trovano i compagni. Poi dopo averne fatto l’elenco, si discute in gruppo su quale definizione tenere.

Esercizi di ascolto sulle motivazioni reciproche. Democraticamente, si sceglie un titolo, quello che servirà successivamente per costruire collettivamente la storia. Il titolo prescelto dal nostro gruppo è stato: "Foto di un gruppo di Artisti di circo a Budapest". La discussione, alquanto animata, ha messo in evidenza anche la caratteristica di "ricerca" del gruppo. Ci si è anche chiesti se precisare Budapest o lasciare la frase sospesa. In ultimo ci si è interrogati sull’opportunità di costruire una storia utile per la giornata di formazione IRRSAE a settembre. La decisione unanime è stata quella di non finalizzare l’incontro di Verrès al racconto collettivo della formazione IRRSAE.

Dalle 16.00 alle 17.00, costruzione collettiva della storia con le modalità del montaggio della sequenza. La costruzione è una fase molto delicata (può durare delle ore o dei giorni) perché la storia deve avere il contributo espressivo di ognuno. Tutti devono riconoscersi ed inoltre la storia deve avere: coerenza, ritmo e coinvolgere il pubblico.

 

Conoscersi e raccontarsi

Esercizi di ascolto "attivo" per la costruzione di un gruppo

Abbiamo effettuato, con la forma del laboratorio, due incontri sulla tematica "Conoscersi e raccontarsi": uno il 26 gennaio, condotto da me, e l’altro a giugno, condotto con  Mariuccia Allera Longo.

Il tema prescelto, con l’espressione "conoscersi", si prefiggeva di: sviluppare una conoscenza più approfondita tra i membri dello GVEN; condividere un’esperienza formativa con persone nuove, possibilmente interessate alle finalità dell’Associazione, ed infine disporre di nuove tecniche per trasferirle nel proprio contesto lavorativo (facilitando, ad esempio, la conoscenza tra gli alunni in classe).

Con l’espressione "raccontarsi", si voleva invece presentare le modalità del racconto attraverso l’oralità. Lavorare sull’oralità, significa effettuare un lavoro di fino, preciso. Precisare, ad esempio:, tempi, luoghi, nomi, situazioni, intenzioni … Lungi dall’essere approssimativo, chi racconta deve essere, per risultare credibile, precisissimo. Un ottimo esercizio per noi ed i nostri alunni troppo spesso superficiali ed affrettati nell’esposizione. Saper raccontare una storia e saper ascoltare gli altri implicano lo sviluppo di capacità molto importanti per gli insegnanti. Occorre infatti disporre delle tecniche "affabulatorie" del racconto ed essere rispettosi delle parole e dei silenzi dell’altro. Dietro un silenzio ci possono essere delle parole volutamente non dette.

L’educazione all’ascolto è un grande inciampo educativo. La strategia per combattere la routine a scuola è quella di spiazzare sempre i ragazzi (non sanno più dove sono). Creando una situazione di spiazzamento, si possono "rigoneziare" gli atteggiamenti. Tendere a lavorare maggiormente su ciò che "non si sa", aiuta ad apprendere.

L' Esercizio narrativo da cui si è partiti, nella prima giornata di formazione, a gennaio è stato: "Che cosa vedo dalla finestra…".

Con questo esercizio individuale si è cominciato ad esprimersi liberamente e nel contempo si è intuito che ognuno di noi possiede e privilegia nell’esposizione più canali: quello percettivo, visivo, gustativo... (canali di cui ci ha reso consapevoli anche la formazione di G. Dionisi). Narrando, si può inoltre ricorrere all’immaginifico puro, alla concretezza dell’esperienza, privilegiando in questo modo il vissuto personale, o al mix dei due. Ognuno, quindi, si presenta agli altri portando, se lo vuole, la parte di sé segreta. Nel racconto, la nozione del tempo è individuale.

L’esercizio di narrazione e di ascolto è stato ripreso a giugno con una consegna diversa: "Mettetevi/restate a coppie. Sulla base di uno stimolo, a ruota libera, con pensiero fluttuante, datevi reciprocamente un tempo di grande attenzione e concentrazione.

Create doppie situazioni di ascolto di voi e dell’altro. Vi occorrono: una grande capacità di ascolto, di accoglienza, la possibilità di dare all’altro la possibilità di parlare.

Siete alla ricerca delle fonti dell’oralità. Non occorrono appunti. Le storie che raccontate e/o restituite devono essere concrete, avere dei particolari molto precisi. Attenzione dunque ai luoghi narrati, agli spazi, al tempo. L’obiettivo: rivivere l’esperienza che state raccontando"

Il tema della consegna: "Raccontiamo un momento della propria vita che secondo noi ha caratterizzato il modo di essere, di rapportarsi al mondo, alle cose, alle persone"

(Lorenzoni lo chiama il "Mito fondante").

La sensazione che si ha, dapprima nell’ascolto e poi nel racconto, è quella di essere in mezzo al mare, in una situazione di ricerca. La storia da restituire, non si inventa. Occorre essere onesti e liberi; cercare di costruire una bella storia; ritrovare il ritmo del racconto.

Démarche

Si espongono le storie di ognuno;

si fissano per iscritto gli incipit, le frasi, nei racconti degli altri, che più ci hanno colpiti, le fini (memoria del gruppo, diverranno il bagaglio comune, il materiale su cui lavorare);

il gruppo riflette sull’operazione.

Questioni sollevate

quale uso fare di un’esperienza di questo tipo?

Siamo in una situazione artificiosa, quali sono le difficoltà di chi ha raccontato?

Quali problemi si hanno avuti invece ad ascoltare?

Nel restituire la storia dell’altro, ci sono stati problemi e di che tipo?

Siete contenti dei vostri racconti?

Vi piacerebbe riraccontarli?

Come avete memorizzato?

Finalità

Si tratta di un’attività che aiuta a creare il gruppo; "apre" il punto di vista; sviluppa le intenzioni.

Le attività intraprese hanno riguardato l’ascolto e la narrazione. L’interesse, a scuola, di questo lavoro sta nel: far parlare i bambini/ragazzi; nell’ascoltarli; nel trovare un modo per avere succesivamente del materiale da sviluppare (scrivere un copione, ad esempio).

Spesso accade che le storie create diventino epiche o memorabili. Sono comunque tutte tipiche (con peculiarità proprie). Probabilmente non sarebbe possibile proporre ai bambini o ai ragazzi di raccontare il momento della loro vita che ha caratterizzato il loro modo di essere, perché sono ancora troppo giovani. Franco Lorenzoni suggerisce un tema più pertinente: "La storia dei miei genitori prima che io nascessi". Oppure invita gli insegnanti a servirsi delle letteratura.

La letteratura, infatti, invia 10.000 input; non bisogna avere paura di sottoporre la letteratura "alta" ai nostri alunni. Werther , ad esempio, può diventare il sentimento di un’adolescente, un compagno segreto, il loro compagno.

Un consiglio: fare sempre leggere i ragazzi ad alta voce! Se uno, non riesce a farlo, significa che nel testo non c’è mai entrato!

Termino, con la definizione che avevamo dato durante la formazione con G. Dionisi (peraltro tenuta sempre presente nell’organizzazione del laboratorio teatrale a Verrès) dell’obiettivo in termini positivi per la giornata alle "Murasses".

L’obiettivo è… (Che cosa vorremmo fare?)

Sperimentare un laboratorio legato all’ascolto e alla narrazione. Condividere un’esperienza formativa per riflettere sul processo messo in atto e poi trasferire nel proprio contesto lavorativo.

Lo scopo è… (Perché lo vorremmo fare?)

Per incuriosire, stimolare, avvicinare, analizzare e riflettere. Favorire il dibattito ed il confronto.

Gli effetti positivi di questa scelta saranno … (Che cosa ne vorremmo ricavare?)

Una partecipazione attiva e allargata.

Secondo voi, ci siamo riusciti?

Per quanto mi riguarda, il lavoro intrapreso è stato stimolante e, volendo, ci sono le condizioni per poterlo continuare. Mi ha permesso inoltre di avere "des retours" su alcuni teorizzazioni che non avevo ancora sperimentato. Aspetto comunque dal gruppo osservazioni, valutazioni in merito, anche rispetto alla conduzione "en duo": è stata efficace? O è da impostare diversamente?

Grazie a tutti e buone vacanze!

Donnas, 13 giugno 2001 Agnese Molinaro

 

Cominciamo a conoscerci, a riscaldare il corpo e la voce e ad allestire uno spazio scenico...

Raccontiamoci agli altri e raccontiamo gli altri...
Raccontiamoci in gruppo: chi siamo? Magari un gruppo di artisti di circo a Budapest... ?

 

 


 

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