Giugno 2000 - © Blumedia Art

Il tempo non è altro che una convenzione, un accordo fra tutti i popoli della terra atto a permettere il calcolo delle giornate e degli avvenimenti tenendo qualcosa come punto di riferimento. Nell’antichità gli uomini si regolavano osservando il ciclo del sole fra l’alba ed il tramonto, o le fasi lunari. Per calcolare periodi più lunghi utilizzavano il ciclo delle stagioni ma con l’andar del tempo si sentì sempre di più il bisogno di un calcolo molto più preciso ed adatto ad essere utilizzato per varie esigenze, da quelle degli agricoltori, che dovevano sapere quando vendemmierare, raccogliere

il grano, seminare o potare le piante a quella dei commercianti, degli astronomi o della Chiesa. Durante il medioevo il modo di calcolare il tempo non era uguale dappertutto: non esisteva una data ufficiale a cui rifarsi e in stati diversi si usavano sistemi di misurazioni e computo del tempo differenti. Tutto ciò, ovviamente,

alimentava una gran confusione. Durante l’Alto medioevo si continuò a considerare come riferimento dell’anno, l’imperatore in carica a Bisanzio. Qualche tempo dopo l’anno di riferimento fu quello relativo al regno dei sovrani di occidente o del papa in carica. Il popolo usava quella che fu detta “l’era bizantina” cioè una scansione degli anni dalla nascita di Cristo, avvenuta secondo alcuni monaci ortodossi il 1 settembre dell’anno 5509 dalla creazione del mondo. Era davvero difficile sapere in quale anno si era. L’era cristiana, quella che usiamo tuttora, fu ideata da Dionigi il Piccolo intorno al VI secolo e stabilisce la data di inizio nel giorno della

nascita di Gesù avvenuta nell’anno 756 dalla fondazione di Roma. E’ il calendario odierno ufficiale, anche se si è già da tempo dimostrato che è errato di sei o sette anni e che quindi Gesù è nato non duemila anni fa ma duemilaesette. Il calendario più usato durante l'intero Medioevo, fu quello ideato da Giulio Cesare e per

per questo denominato “giuliano”. Tale calendario iniziava il 1 Marzo, era composto da dodici mesi, gli stessi di oggi, di circa trenta giorni ciascuno. Ogni mese era diviso in tre periodi, ovvero Le Calende , cioè il primo giorno di ogni mese, le None, che cadevano intorno al 7 e le Idi, che corrispondevano al 15. I giorni si indicavano non con il numero, ma con il santo al quale erano dedicati. In qualche zona d’Europa si cominciò ad utilizzare una diversa divisione del mese, detta Consuetudio Bononiensis. Essa era basata sulla divisione del mese in due metà di uguale numero di giorni. Il giorno era diviso in ventiquattro ore, dodici per il giorno e dodici per la notte. Alcune di queste ore divennero particolarmente importanti

per tutto il popolo che calcolava il tempo basandosi su di esse. Durante il medioevo l’ora più importante divenne la Nona, che segnava la fine del lavoro del monaco per recarsi al refettorio e che quindi indicava l’interruzione più significativa della giornata. I mezzi per calcolare il tempo nel medioevo erano le stelle, si utilizzavano le meridiane che mediante l’ombra proiettata dal sole indicavano l’ora del giorno, la clessidra e si

osservava il tempo di combustione delle candele. Su una candela venivano conficcati ad intervalli di spazio regolare dei piombini che, cadendo al momento dello scioglimento della cera in cui erano posizionati, andavano a depositarsi in un piatto di rame e producevano un suono metallico. Il monaco si accorgeva che era trascorso un certo lasso di tempo contando quanti piombini erano caduti nel piatto. Intorno al Duecento, nei maggiori monasteri, apparvero i primi orologi ad acqua, intesi come sistemi di soneria funzionanti mediante pesi e regolazioni idraulica.

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