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Catalogo
dei parlamentari
Gli eletti condannati, riciclati, candeggiati, arrestati.
Piccole e grandi storie ignobili da Repubblica delle banane.
Da non far sapere allEconomist...
Il catalogo è in ordine alfabetico
ed è aggiornato di giorno in giorno.
Suggerisci il tuo candidato candeggiato all'indirizzo
sloweb@societacivile.it
Il ministro del manganello di Genova:
Claudio Scajola, ieri provò
la galera, incastrato (disse) dalla polizia,
oggi comanda sulla polizia. Con gli esiti che abbiamo visto...
Una storia da non perdere:
Antonio D'Alì, oggi sottosegretario all'Interno,
ieri dava lavoro al capo di Cosa nostra.
New entry:
Giuliano Urbani, ieri professore, oggi ministro. Ma
perché prendeva soldi
da quel galantuomo di Ernesto Preatoni, finanziere d'assalto?
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Personaggi
che sono stati coinvolti in vicende di corruzione
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Personaggi
i cui nomi erano negli elenchi della loggia segreta P2 |
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Personaggi
che sono stati indagati e sono sotto processo |
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Personaggi
che sono stati coinvolti in vicende di mafia |
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Personaggi
che hanno già subito una condanna definitiva |
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Personaggi
che sono stati arrestati e sono stati in carcere |
Senatore a vita, nominato dal presidente della Repubblica Francesco
Cossiga. Politico democristiano, più volte presidente
del Consiglio. Processato a Palermo con l'accusa di essere stato
il massimo referente politico dell'organizzazione mafiosa siciliana
Cosa nostra. Assolto con una formula dubitativa che corrisponde
all'insufficienza di prove del vecchio codice, è in attesa
della sentenza d'appello. La stessa sentenza di primo grado,
però, pur assolvendolo sottolinea che Andreotti ha più
volte mentito al Tribunale e aveva stretti rapporti politici
con i referenti siciliani di Cosa nostra,
Salvo Lima e i cugini Salvo.
Il 29 giugno 2001 è stato condannato (in appello), per
concorso esterno in associazione mafiosa, Corrado
Carnevale, il giudice ammazzasentenze: ma se Carnevale,
"braccio giudiziario" di Andreotti presso la Corte
di cassazione, aiutava Cosa nostra, allora anche Andreotti...
Si vedrà in appello.
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Treviglio.
In preparazione.
Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. Fondatore di
Forza Italia. Presidente del Consiglio dei ministri nel 1994
e nel 2001. Il suo nome di compare nelle liste della loggia
massonica segreta P2: fascicolo 625, numero di tessera 1816,
data di iniziazione 26 gennaio 1978. In un'audizione alla
commissione parlamentare sulla P2, Berlusconi ammette di essersi
iscritto alla P2 all'inizio del 1978 su invito di Gelli. Conferma
la sua iscrizione alla loggia al processo P2, nel novembre
1993. Nel settembre 1988, invece, in un processo per diffamazione
da lui intentato contro alcuni giornalisti, Berlusconi dichiara:"Non
ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo
che è di poco anteriore allo scandalo". Per questa
dichiarazione Berlusconi viene denunciato per falsa testimonianza.
Il processo per falsa testimonianza si conclude nel 1990:
Berlusconi viene dichiarato colpevole, ma il reato è
estinto per intervenuta amnistia.
Berlusconi fu indagato
già dal 1983, nell'ambito di un'inchiesta su droga
e riciclaggio: la Guardia di finanza aveva posto sotto controllo
i suoi telefoni e scritto nel suo rapporto: «È
stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe
un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in
Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe
al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla
Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...».
L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante
e nel 1991 fu archiviata.
Berlusconi è accusato
di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza,
per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società.
In primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte
e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche.
In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così
scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù),
l'assoluzione è concessa con formula dubitativa, secondo
il comma 2 art. 530 cpp. La Cassazione, nell'ottobre 2001,
conferma le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti,
Sciascia, Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state
pagate), ma assolve Berlusconi
per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza
di prove.
Per 21 miliardi di finanziamenti
illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la società
estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2
anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo
scatta la prescrizione del reato.
La Cassazione conferma.
Berlusconi è rinviato
a giudizio per aver falsificato i bilanci Fininvest (processo
All Iberian 2). Il dibattimento, dopo molte lungaggini e schermaglie
procedurali, è in corso presso il Tribunale di Milano.
Ma intanto Berlusconi ha cambiato la
legge sul falso in bilancio e quindi forse la farà
franca.
La Procura della Repubblica
di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi (anche
sulla base di una voluminosa consulenza fornita dalla Kpmg)
per la rete di società estere del gruppo Fininvest
(Fininvest Group B) che, secondo l'accusa, hanno finanziato
operazioni "riservate" (cioè illegali) con
un giro di oltre 1.000 miliardi di fondi neri. Ma intanto
Berlusconi ha cambiato la legge
sul falso in bilancio e quindi forse la farà franca.
Berlusconi è stato
rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero
di 6 miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio,
per lacquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il
dibattimento è in corso presso il Tribunale di Milano.
Berlusconi è accusato
di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della
società Medusa cinematografica, per non aver messo
a bilancio 10 miliardi. In primo grado è condannato
a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, la Corte
gli ha riconosciuto le attenuanti generiche: è così
scattata la prescrizione del
reato.
Berlusconi è accusato
di varie irregolarità fiscali nellacquisto dei
terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado
è per alcuni reati assolto, per altri scatta la amnistia.
In appello è confermata la sentenza di primo grado.
Berlusconi è accusato
di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione
a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà
della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario
Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa.
La Procura ha fatto ricorso alla Corte dappello, che
nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi scatta la prescrizione,
perché per lui è ipotizzabile il reato di corruzione
semplice, e non quello di concorso in corruzione in atti giudiziari.
Concesse le attenuanti generiche, il reato duque è
prescritto, poiché risale
al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti genriche, scatta
dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino sotto processo
i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio
Pacifico e Vittorio Metta.
Berlusconi è accusato
di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto
della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti e
Renato Squillante. Il processo di primo grado è in
corso presso il Tribunale di Milano.
Berlusconi era accusato
di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare
con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la
concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove
a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Berlusconi era accusato
di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero
delle Finanze per ridurre lIva dal 19 al 4 per cento
sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura
di Roma ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze,
indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto»
delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a
Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale
ruolo che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto
in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni
o richieste di archiviazioni. Continuano però indagini
per concorso in strage contro ignoti.
Berlusconi, DellUtri
e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente
Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi
e violazione della legge antitrust spagnola. Sono ora in attesa
di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione
di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il presidente del Consiglio
della Repubblica italiana avrebbe potuto avere problemi a
fare visite di Stato in Spagna, con il rischio di essere arrestato...
Il giudice Garzon ha allora deciso di sospendere
il processo finché Barlusconi è primo ministro.
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle
liste di Forza Italia. Da ufficiale della Guardia di finanza,
nel 1979 ebbe la sorte di interrogare un giovane imprenditore
emergente di nome Silvio Berlusconi,
a proposito della confusa situazione proprietaria e finanziaria
della sua società Edilnord. Berlusconi rispose che
della Edilnord era soltanto un "semplice consulente".
Berruti, nel suo rapporto conclusivo, prese per buona la versione
di Berlusconi, permettendo così l'archiviazione dell'accertamento
valutario che ipotizzava la dipendenza della Edilnord da società
estere. Poi si dimise dalla Guardia di finanza e andò
a lavorare per Berlusconi. Prima delle dimissioni, però,
fece in tempo a essere arrestato con l'accusa di corruzione
nell'ambito dell'inchiesta per lo scandalo Icomec, una storia
di tangenti che scoppiò prima di Mani pulite (al processo
fu assolto). Da consulente Fininvest, invece, è stato
di nuovo arrestato, nel 1994, per favoreggiamento a Berlusconi
nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di finanza. Condannato
in primo grado (10 mesi) e in appello (8 mesi). Come avvocato
del gruppo Fininvest, ha trattato, fra laltro, lacquisto
del calciatore Gigi Lentini (poi
oggetto di un processo). Nel gennaio 1994 Berlusconi gli ha
affidato lorganizzazione della campagna elettorale di
Forza Italia a Sciacca e nella provincia dAgrigento.
Con buoni risultati, tra i quali il coinvolgimento di
Salvatore Bono (cognato del boss dellAgrigentino
Salvatore Di Gangi) e di Salvatore
Monteleone, arrestato nel 1993 per concorso in associazione
a delinquere di stampo mafioso e diventato, appena uscito
dal carcere, referente di Forza Italia a Montevago. Per i
suoi servizi, Berruti e stato premiato con un posto in Parlamento
già dal 1996. Con il Berruti avvocato e poi politico,
convive il Berruti uomo daffari: in Sicilia possedeva
una societa, la Xacplast, che un rapporto dei carabinieri
indicava come partecipata da uomini donore delle famiglie
mafiose di Sciacca. Il collaboratore di giustizia Angelo
Siino ha parlato anche di un incontro tra Berruti e
il boss Nino Gioè.
Biondi, Alfredo
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, per Forza
Italia. Avvocato, ex deputato liberale, ex ministro della
Giustizia nel primo governo Berlusconi (quando tentò,
invano, di far passare il famoso "decreto salvaladri").
Nel 1998 ha patteggiato la pena di 2 mesi di arresto e 6 milioni
di multa per frode fiscale: aveva evaso le tasse su parcelle
professionali per quasi 1 miliardo.
Deputato della Lega nord, eletto a Milano. In preparazione
Deputato della Repubblica. Eletto in Veneto. È stato
il regista del nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Umberto
Bossi, che ha portato la Casa delle libertà alla vittoria
elettorale del 2001. Era prete paolino e manager pubblicitario
di Famiglia cristiana. Don Aldo, giovane e brillante,
era il braccio destro del mitico don Emilio
Mammana, che aprì il primo ufficio pubblicità
di Famiglia cristiana a Milano, facendo uscire il settimanale
dall'ambiente provinciale di Alba e dalle sacrestie. Grazie
a don Mammana, Famiglia cristiana divenne uno dei settimanali
italiani più venduti e più ricchi di pubblicità.
Accanto a don Mammana c'era sempre lui, don Aldo, pretino giovane
e spregiudicato, guardato con un po' d'apprensione dalle segretarie,
per via dei suoi modi, non proprio da prete fedele al voto di
castità. I soldi che faceva girare erano tanti e il ragazzo
era svelto. Forse troppo. Tanto che don Zega, allora direttore
di Famiglia cristiana, arrivò ai ferri corti con
don Aldo. Sarà per questo, o per una donna che era entrata
stabilmente nella sua vita, ma comunque Brancher lasciò
i paolini, cambiò vita, abbandonò il sacerdozio.
Ma non la pubblicità: divenne collaboratore di Fedele
Confalonieri e manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità
della Fininvest. "Don Aldo sta facendo carriera",
dicevano di lui i suoi vecchi colleghi di Famiglia cristiana.
La carriera sembrò interrompersi nel 1993, quando fu
arrestato da Antonio Di Pietro
per tangenti (300 milioni al ministro della Sanità Francesco
De Lorenzo, per la pubblicità
contro l'Aids assegnata dal ministero alle reti Fininvest).
È subito ribattezzato "il Greganti della Fininvest"
perché in cella non aprì bocca, non raccontò
i segreti delle tangenti Fininvest. Condannato (in appello)
a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e violazione della legge
sul finanaziamento ai partiti. Per la sua fedeltà aziendale
fu premiato: divenne responsabile di Forza Italia nel Nord e
poi, nel 2001, candidato alla Camera in Veneto, eletto senza
problemi e subito nominato da Berlusconi sottosegretario alle
Riforme e alla devoluzione. Lavora accanto al neo-ministro
Umberto Bossi, che ha convinto ad abbandonare i toni
anti-Berlusconi per allearsi nel 2001 con Forza Italia.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nella quota proporzionale,
sotto il simbolo di An. È indagato per il business della
formazione professionale: gli inquirenti sospettano che durante
il suo incarico di assessore regionale al Lavoro abbia favorito
enti di formazione della sua provincia.
Senatore della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà
in Lombardia. Banchiere, fu presidente della Bnl. È stato
inquisito per corruzione e altri reati. Se l'è cavata
con alcuni patteggiamenti.
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nella lista
della Margherita in Campania. Oggi è capo della segreteria
politica dell'Udeur, dopo essere stato portavoce della Dc durante
la segreteria di Arnaldo Forlani. Pregiudicato: condannato a
1 anno e 4 mesi per falsa testimonianza. Arrestato durante Mani
pulite, la sua fotografia in manette divenne un'immagine-simbolo
di Tangentopoli.
Deputato della Repubblica. Eletto per Forza Italia nel collegio
di Corsico (Milano). Il suo nome compare nelle liste della loggia
massonica P2: fascicolo 945, numero di tessera 2232, data di
iniziazione 12 dicembre 1980. All'epoca della scoperta degli
elenchi Cicchitto era deputato e membro della direzione del
Psi. È uno dei pochi ad aver ammesso di aver sottoscritto
la domanda di adesione.
Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. È stato condannato
a un anno di reclusione per voto di scambio nel dicembre 1994.
Poi è arrivata la condanna in appello, il rinvio in Cassazione
e lassoluzione nel nuovo appello. Ora lex deputato
socialista Francesco Colucci, riconvertito a Forza Italia, è
tornato in pista con la Casa delle libertà, che lo ha
fatto eleggere in un collegio sicuro: quello milanese di Baggio,
dove, ironia della sorte, si è scontrato con un apripista
di Mani pulite: Pierluigi Mantini, candidato dellUlivo,
lavvocato che per primo denunciò un certo Mario
Chiesa, non ancora mariuolo. Nel marzo 1992 a Colucci fu sequestrato
un archivio informatico con migliaia di nomi accanto ai quali
erano segnati i favori concessi: dalle assunzioni nel settore
pubblico ai ricoveri in ospedale. Al processo, lavvocato
Domenico Contestabile (oggi senatore di Forza Italia) lo difese
affermando che la raccomandazione non è reato. Alla fine
Colucci fu assolto. Il giudice non ritenne sufficientemente
provato il collegamento tra i favori concessi e i voti ottenuti.
Ora si ricomincia.
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Lodi per la
Casa delle libertà. Compagno di scuola e poi manager
e prestanome di Berlusconi, era in contatto con Gaspare
Gambino, imprenditore siciliano vicino a
Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa
nostra. Attraverso Comincioli, la Fininvest realizzò
affari con il faccendiere sardo Flavio
Carboni. Cambiali con girata di Comincioli passarono
a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani
di Pippo Calò. Per i suoi rapporti con Cosa nostra e
banda della Magliana è stato imputato a Roma (e poi assolto).
Accusato per bancarotta fraudolenta, è stato latitante
per alcune settimane. Poi imputato nel processo per le false
fatture di Publitalia.
Craxi, Vittorio (detto Bobo) |
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Deputato della Repubblica. In preparazione.
Deputato della Repubblica. In preparazione.
Senatore della Repubblica. Eletto a Trapani. Di Forza Italia.
Sottosegretario all'Interno nel secondo governo Berlusconi.
Già vicepresidente della commissione Finanze, per un
breve periodo è stato il responsabile economico di Forza
Italia. La famiglia DAlì Stati è una delle
più potenti, facoltose e riverite del Trapanese. Le immense
tenute agricole, le saline tra Trapani e Marsala, le molte proprietà
e (fino al 1991) la quota di controllo della Banca Sicula costituivano
limpero governato con autorità da Antonio
DAlì senior, classe 1919, che fu direttamente
amministratore delegato della banca di famiglia fino al 1983,
anno in cui fu coinvolto nello scandalo P2 (il suo nome era
nelle liste di Gelli) e preferì
passare la mano al nipote Antonio junior, che poi nel 1994 aderì
a Forza Italia e fu premiato con un bel seggio al Senato. La
Banca Sicula era uno dei più importanti istituti di credito
siciliani per numero di sportelli e per mezzi amministrati.
Allinizio degli anni Novanta la banca trapanese, già corteggiata
anche dallAmbroveneto di Giovanni Bazoli, fu acquistata e incorporata
dalla Banca Commerciale Italiana, alla ricerca di un partner
per superare la sua storica debolezza in Sicilia. In seguito
alloperazione, Giacomo DAlì,
professore associato di Fisica, figlio di Antonio senior e cugino
di Antonio junior il senatore, è entrato a far parte
del consiglio damministrazione della Banca Commerciale. La
Banca Sicula, prima di rigenerarsi dietro le rispettabilissime
insegne della Commerciale, era stata oggetto di un allarmato
rapporto di un commissario di polizia, Calogero
Germanà, che poi, trasferito a Mazara, aveva subito un
attentato da parte di Leoluca Bagarella
in persona e oggi è dirigente della Dia (la superpolizia
antimafia) a Roma. Il rapporto ipotizzava che listituto di
credito fosse uno strumento di riciclaggio di Cosa nostra. E
sottolineava il fatto che come presidente del collegio dei sindaci
della banca fosse stato chiamato Giuseppe
Provenzano (il futuro deputato di Forza Italia e presidente
della Regione Sicilia), già commercialista della famiglia Provenzano
(laltra, quella dellattuale numero uno di Cosa nostra). Il
rapporto non ebbe però alcun seguito. Prima dellincorporazione,
la Banca Sicula aveva realizzato un aumento di capitale di 30
miliardi. Niki Vendola, allora
vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, nel
1998, in un rapporto inviato alla Vigilanza della Banca d'Italia,
chiese: da dove erano arrivati quei soldi? Chi aveva finanziato
la ricapitalizzazione?
La risposta della famiglia D'Alì: tutto regolare; laumento
di capitale della Banca Sicula è stato finanziato da Efibanca,
contro pegno di un rilevante pacchetto azionario», senza ingresso
di nuovi soci; il finanziamento è stato poi integralmente estinto
con il ricavato della successiva vendita delle azioni alla Comit,
che provvide a versare direttamente allEfibanca le somme di
competenza».
La famiglia DAlì ha avuto come campieri alcuni membri
delle famiglie mafiose dei Messina Denaro.
Francesco Messina Denaro, il vecchio capomafia di Trapani,
fu per una vita fattore dei DAlì, prima di passare la mano
come boss e come fattore» al figlio
Matteo Messina Denaro, classe 1962, che dopo essere stato
uno degli alleati più fedeli di Totò Riina
ai tempi dellattacco stragista allo Stato è oggi considerato
il boss emergente di Cosa nostra, forse il nuovo capo della
mafia siciliana, allombra del vecchio Bernardo
Provenzano. A riprova dei rapporti tra la famiglia DAlì
e il boss, l'allora vicepresidente della Commissione parlamentare
antimafia Nichi Vendola nel 1998 esibì i documenti che provano
il pagamento a Matteo Messina Denaro, ufficialmente agricoltore,
di 4 milioni ricevuti nel 1991 dallInps come indennità di disoccupazione.
A pagargli i contributi era Pietro DAlì, fratello di
Antonio il senatore e di un Giacomo DAlì che, negli anni Settanta,
era stato attivista di un gruppo neofascista siciliano.
Anche il fratello di Matteo Messina Denaro, Salvatore,
ha lavorato per i DAlì: è stato funzionario della Banca Sicula
e poi, nel 1991, è passato alla Commerciale. Peccato che nel
1998 sia stato arrestato per mafia.
Cè unaltra vicenda in cui le strade dei DAlì si incrociano
con quelle dei boss di Cosa nostra. Francesco
Geraci, notissimo gioielliere di Castelvetrano, gran
fornitore di preziosi alla famiglia di Totò Riina, dopo essere
stato arrestato con laccusa di essere uno dei prestanome di
Riina, ha raccontato: Nel 1992 Matteo Messina Denaro mi ha
chiesto di acquistare dai DAlì un terreno per 300 milioni da
regalare a Riina». Si tratta della tenuta di Contrada Zangara,
a Castelvetrano. I firmatari del contratto sono Francesco Geraci
il gioielliere e Antonio DAlì il futuro senatore. Io sono
intervenuto solo al momento della firma», racconta Geraci. Dopo
la stipula andai spesso alla Banca Sicula e mi feci restituire
i 300 milioni». Quel terreno, poi, nel 1997 è stato confiscato
in quanto considerato parte dei beni di Riina.
I DAlì hanno sempre ribattuto su tutto. Francesco Messina Denaro,
dicono, fu assunto dal nonno di Antonio junior, lingegner Giacomo
DAlì, classe 1888, quando si era ben lontani dallevidenziarsi
di fenomeni che rivelassero la instaurazione di uneconomia
criminale». Matteo Messina Denaro era alle dipendenze come
salariato agricolo», fino a quando non si scoprì chi fosse».
Il passaggio della tenuta di Zangara dai DAlì a Riina è una
vicenda svoltasi allinsaputa del venditore».
Gli impegni di senatore a Roma non lo distolgono dallattività
a Trapani: con Francesco Canino (Cdu)
e Massimo Grillo (Ccd) costituisce
il triumvirato informale che decide la politica della città.
Anzi, ne è luomo emergente, mentre gli altri due hanno dovuto
negli ultimi anni accusare dei colpi. È questo triumvirato che
nel maggio 1998 raggiunge laccordo per candidare a sindaco
di Trapani Nino Laudicina. Pochi
giorni dopo lelezione, Canino (uno dei politici più bersagliati
dalle critiche di Mauro Rostagno)
viene arrestato per concorso nellassociazione mafiosa che avrebbe
monopolizzato gli affari e spartito gli appalti del Comune di
Trapani. Poi, nellottobre 2000, tocca allassessore Vito
Conticello, arrestato mentre intasca una tangente. Era
entrato in giunta solo otto mesi prima, spinto da DAlì, che
subito dopo larresto lo difende: Conosco la capacità lavorativa
dellassessore Conticello e la sua correttezza; mi auguro, pertanto,
che il risultato dellazione investigativa al più presto riveli
una diversa valutazione dei fatti». Salvatore
Cusenza, della segreteria regionale dei Democratici di
sinistra, insieme ai politici dellopposizione denuncia il partito
degli affari e chiede chiarezza. DAlì ribatte: Colgono ogni
occasione per criminalizzare gli avversari, con tentativi di
sciacallaggio politico di stampo bolscevico». Il 24 aprile di
questanno è il turno del sindaco Laudicina, arrestato per corruzione
con altre sette persone. Perfino il vescovo di Trapani grida:
È arrivata lora di reagire. No allo strapotere, è ora di svegliarci!».
DAlì dichiara: Nessuno può arrogarsi il diritto di giudizi
sommari, né di strumentalizzazioni».
Da oggi comunque Antonio D'Alì, un tempo oggetto di indagini
di polizia, alla polizia darà ordini.
Senatore della Repubblica. In preparazione
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio più chic
di Milano. È, tecnicamente, un "pregiudicato".
È stato infatti condannato a Torino per false fatture
e frode fiscale continuata. Sentenza definitiva, stabilita dalla
Cassazione: 2 anni e 3 mesi di carcere. Ma non eseguita, perché
i suoi avvocati sono riusciti a tirare in lungo e a congelarla
davanti alla Corte costituzionale. DellUtri è poi
sotto processo anche per altre faccende: a Milano per corruzione
e a Madrid per le irregolarità nella gestione di Telecinco.
A Palermo è sotto processo per concorso esterno in associazione
mafiosa. Tutto questo non ha impedito a Silvio Berlusconi di
candidarlo al Senato, nel collegio più centrale di Milano.
Marcello lo ha confessato in tv: "Mi candido per legittima
difesa".
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Milano-Niguarda-Sesto
per la Casa delle libertà. È tra i repubblicani
che con Giorgio La Malfa sono passati con Berlusconi. In passato
è stato vicesegretario nazionale del Pri e più
volte parlamentare. Una testimone racconta che a fine anni Settanta
Del Pennino era tra i frequentatori delle bische clandestine
gestite a Milano da Angelo Epaminonda. Lì era chiamato
"Del Pennazzo". Il 13 maggio 1992, agli albori di
Mani pulite, quando era deputato del Pri e capogruppo repubblicano
alla Camera, è stato raggiunto da un'informazione di
garanzia. L' ipotesi di reato: ricettazione, per aver ricevuto
denaro provento di tangenti. Nel 1993 la Camera ha respinto
la richiesta di autorizzazione a procedere per violazione delle
norme sul finanziamento pubblico dei partiti: i magistrati di
Milano l'avevano richiesta per contributi in denaro che Del
Pennino avrebbe ricevuto da fondi neri costituiti presso l'
Associazione industriale lombarda (Assolombarda). A luglio 1994
Ha patteggiato una pena di 2 mesi e 20 giorni (convertita nella
sanzione di 4 milioni) nel processo per le tangenti Enimont.
A ottobre 1994 altro patteggiamento: di una pena di 1 anno,
8 mesi e 20 giorni per tangenti relative alla Metropolitana
milanese. Il 25 gennaio 2000 la settima sezione penale del tribunale
di Milano lo ha prosciolto nel processo per le tangenti Atm,
per le forniture di autobus all azienda dei trasporti milanese
(in precedenza, lo stesso tribunale aveva respinto una sua richiesta
di patteggiamento, perché la pena concordata con il pubblico
ministero non era stata ritenuta congrua rispetto alla gravità
dei fatti contestati). Alla fine del 2000 Antonio Del Pennino
è rientrato nel Pri, giusto in tempo per partecipare
al "ribaltino" che ha portato il glorioso partito ad allearsi
con Berlusconi.
Senatore della Repubblica. Eletto in Abruzzo, con il recupero
proporzionale, nella lista del Girasole. Del Turco fa parte
del partito socialista di Enrico Boselli,
alleato con il centrosinistra. È stato dirigente sindacale,
vicesegretario generale della Cgil. Poi, dopo il crollo di
Bettino Craxi accusato di tangenti, nel 1993 è
stato eletto segretario del Psi. È stato ministro nel
secondo governo Amato. Il costruttore Vincenzo
Lodigiani, arrestato per tangenti nel 1993, ha dichiarato
di aver dato soldi anche a Del Turco, quando era dirigente sindacale.
Senatore della Repubblica. In preparazione
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Modica. Notabile
ed ex vicepresidente nazionale del Ccd, 45 anni, ex presidente
della Regione siciliana (tra il 1998 e il 1999), è indagato
per una vicenda che riguarda proprio il periodo in cui era alla
guida del governo regionale: avrebbe omesso di presentare il
rendiconto dei soldi da lui spesi (200 milioni lanno).
Si è difeso dicendo che il rendiconto per le spese del
capo del governo siciliano non era necessario, trattandosi di
"fondi riservati". In realtà, nessuna norma
regionale prevede questa prassi di spesa, seguita anche dal
predecessore di Drago, Giuseppe Provenzano, di Forza Italia,
anchegli inquisito per gli stessi motivi.
Deputato della Repubblica. Eletto in un collegio di Roma. Il
suo nome compare negli elenchi della loggia massonica segreta
P2: fascicolo 646, numero di tessera 1878, data di iniziazione
10 ottobre 1978. Fiori, all'epoca deputato democristiano, ha
smentito di essere iscritto. Oggi è membro di An.
Senatore della Repubblica. In preparazione
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nel collegio di
Giarre. È nato a Desio, in Lombardia, ma fa l'imprenditore
in Sicilia, nel settore della telefonia, ben introdotto nei
subappalti della telefonia di Stato (quando c'era). Nel 1994
"scese in campo" sotto le bandiere di Forza Italia,
fu eletto alla Camera nel collegio di Giarre e divenne sottosegretario
al Bilancio nel governo Berlusconi. Gli investigatori della
Dia (la Direzione investigativa antimafia) lo misero sotto osservazione
perché Gioacchino La Barbera, uno dei mafiosi responsabili
della strage di Giovanni Falcone, nei giorni precedenti e seguenti
la strage aveva comunicato anche con cellulari intestati a unazienda
di Floresta. Questioni di lavoro, spiegò La Barbera.
Uscito pulito da questa storia palermitana, Floresta entrò
in una vicenda catanese: un collaboratore di giustizia, Giuseppe
Scavo, raccontò di aver visto Floresta negli uffici dellautoparco
di Sebastiano Sciuto, uomo donore calabrese del clan Ercolano,
poi arrestato in seguito alloperazione Orsa Maggiore.
Le affermazioni di Scavo sono rimaste però senza conferme
e riscontri, così la procura ha chiesto larchiviazione
del caso
Senatore della Repubblica. In preparazione
Senatore della Repubblica. Eletto in Veneto, nel collegio di
Verona città. Ex parlamentare democristiano, oggi fa
parte di Forza Italia. Il suo nome compare negli elenchi della
loggia massonica P2: fascicolo 533, numero di tessera 1705,
data di iniziazione 1 gennaio 1977. Frau ha ammesso di aver
conosciuto Licio Gelli, ma ha smentito la sua iscrizione alla
P2.
Deputato della Repubblica. Eletto in Puglia. Un nome, una garanzia.
Già, ma qual è il nome? Nel collegio dove
Silvio Berlusconi lha candidato, in Puglia, è
Carlo Frigerio, com'era scritto sui manifesti. A Milano, dove
da decenni fa politica, è Gianstefano. Eppure è
sempre lui: come segretario regionale della Dc in Lombardia
(e cassiere occulto del partito) ha incassato decine di tangenti,
è stato arrestato tre volte tra il 1992 e il 1993, è
stato coinvolto in molti processi. È accusato di aver
accettato mazzette per le discariche lombarde, per il depuratore
di Monza, per gli appalti alle Ferrovie Nord. Alcune tangenti
le ha ammesse, pur minimizzando il proprio ruolo. Ha confessato,
per esempio, di aver ricevuto 150 milioni da Paolo
Berlusconi, in cambio dei permessi alla Fininvest per
gestire la discarica di Cerro Maggiore.
Ha accumulato tre condanne definitive: 1,4 anni per finanziamento
illecito ai partiti, 1,7 per finanziamenti illeciti e ricettazione,
3,9 per corruzione e concussione. Ciò nonostante, dopo
aver lasciato la Dc si è inventato una nuova vita come
consigliere personale di Silvio Berlusconi e influente membro
di Forza Italia, di cui dirige il centro studi. Mentre i giudici
dellesecuzione stavano esaminando le sentenze definitive
che pesano su di lui per decidere il cumulo della pena da scontare,
Gianstefano scompare e ricompare, in Puglia, Carlo: lì
si è conquistato un bel seggio in Parlamento. Il 31 maggio,
primo giorno di riunione della nuova Camera dei deputati, Frigerio,
è stato arrestato. Dovrà scontare una pena di
6 anni e cinque mesi.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nel collegio di
Augusta. Giuseppe, detto Pippo, è esponente del Cdu.
Ha 53 anni, è medico di Solarino ed ex sindaco di Priolo.
Deputato regionale dal 1991 al 1996 per la Dc, è poi transitato
nellUdeur di Clemente Mastella ed è stato anche componente
della commissione Sanità. Nel 1998 è stato arrestato e poi condannato
a tre anni (tribunale di Siracusa, primo grado) per una mazzetta
di 25 milioni per lappalto di lavori nella pineta cittadina.
Il leader del Cdu Rocco Buttiglione lo aveva definito «un
prezioso capitale per la sua città, per la regione e per lintero
partito». Dopo la condanna lo ha nominato coordinatore
regionale del Cdu siciliano.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia. Forzista doc.
Nel 1998, quando era vicecoordinatore per la Sicilia di Forza
Italia, la procura di Palermo chiese il suo arresto per complicità
con la mafia. Silvio Berlusconi commentò: "Essendo
Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo
avuto quindi rapporti con lonorevole Gianfranco
Micciché, non si può neppure immaginare
alcun alone di dubbio intorno a lui, perché altrimenti
non avrebbe potuto avere quellincarico". Secondo
laccusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa
di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere
e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per
ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva
fare: "Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti
lì", gli ripetevano. Gli elementi raccolti dallaccusa
erano tali da far escludere alla giunta parlamentare per le
autorizzazioni a procedere che ci fosse fumus persecutionis
nei confronti del parlamentare. Perfino il "supergarantista"
Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da
eccepire contro la richiesta dei magistrati. Eppure la Camera
dei deputati il 16 luglio 1998 bocciò (303 voti a 210,
con 13 astenuti) la richiesta darresto. Non solo, i deputati
sottrassero al giudice elementi di prova: impedirono (287 voti
a 239, con 3 astenuti) lutilizzo processuale dei tabulati
Telecom, quelli da cui erano documentati i rapporti e la dipendenza
di Giudice dagli uomini delle cosche.
Senatore della Repubblica. Eletto in Liguria, nel collegio di
Chiavari. Ex democristiano, nel 1994 sedeva in Parlamento tra
i banchi del centrosinistra, ma saltò (nomen omen)
nel centrodestra, permettendo a Silvio Berlusconi di avere la
maggioranza per formare il suo primo governo (e avendo in premio
una poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio).
Nel 2001 è stato rieletto per Forza Italia. Appena messo
piede in Senato, il primo giorno d'attività di Palazzo
Madama, ha ricevuto un invito a comparire spedito dalla procura
di Milano: per una vicenda che risale a quando Grillo era sottosegretario
di un governo di centrosinistra e permise l'affidamento di una
consulenza miliardaria per uno studio sull'Alta velocità
ferroviaria in Liguria. L'ipotesi di reato su cui la procura
di Milano indaga è truffa aggravata.
Senatore della Repubblica. In preparazione
Deputato della Repubblica. In preparazione
Deputato della Repubblica. Eletto a Palermo (quota proporzionale).
Oggi è un esponente di An e parlamentare della Casa delle
libertà. Tanti anni fa, il 24 ottobre 1969, quando aveva
32 anni, fu fermato vicino a Palermo dai carabinieri insieme
a quattro camerati (tra cui Pierluigi Concutelli, capo militare
dellorganizzazione neofascista Ordine nuovo). Nella sua
automobile fu trovata una quantità considerevole di armi
da guerra avvolte in carta da giornale. Concutelli fu condannato
a 2 anni, Lo Porto a 16 mesi. Lo Porto è stato poi indagato
(senza conseguenze penali) per rapporti con ambienti mafiosi.
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio
di Merate. Esponente di Comunione e liberazione, vicino alla
Compagnia delle opere. È stato candidato dopo essere
stato coinvolto nell'inchiesta giudiziaria sulla cascina San
Bernardo di Milano. Da assessore al Comune di Milano, insieme
al collega Antonio Verro, aveva fatto approvare una concessione
per far diventare la cascina un centro polivalente con finalità
sociali. Poi, con un repentino cambio di marcia, la cascina
era stata trasformata in una struttura sanitaria privata da
20 posti, naturalmente affidata agli amici della
Compagnia delle opere. Subito dopo l'elezione alla Camera,
come prevedibile, è arrivata la richiesta di rinvio a
giudizio per truffa e falso.
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Varese. Leghista,
ex ministro dell'Interno nel primo governo Berlusconi. È
coinvolto in tre inchieste giudiziarie. Per gli scontri con
la polizia, inviata a perquisire la sede della Lega a Milano,
è stato condannato in primo grado a 8 mesi per oltraggio
e resistenza a pubblico ufficiale. Come capo delle "camicie
verdi", è indagato dalla procura di Verona per reati
come attentato contro l'integrità dello Stato. Infine, la procura
di Roma lo vuole processare per favoreggiamento di una presunta
compravendita di voti. Candidato al ministero della Giustizia
nel governo Berlusconi, ha dovuto farsi da parte, tra le polemiche.
Ma è comunque diventato ministro al Welfare.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, al proporzionale,
nelle liste di Forza Italia. Il suo nome compare nelle liste
della loggia massonica P2, scoperte nel 1981: aveva presentato
la domanda d'iscrizione, poi non perfezionata. Martino ha sempre
negato, ma nei documenti P2 c'è una domanda d'iscrizione
da lui stesso firmata, con data 6 luglio 1980, e la testimonianza
del "fratello" presentatore, il collaboratore di Licio
Gelli Giuseppe Donato. È ministro alla Difesa.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Ragusa. Esponente
di Forza Italia. Quando era presidente della Provincia di Ragusa,
nellagosto 1998, fu arrestato con alcuni suoi collaboratori
con laccusa di corruzione: avrebbe ricevuto denaro da
sei professionisti che volevano ottenere incarichi per lo studio
e lo sviluppo di progetti ambientali (come la bonifica delle
discariche e il piano territoriale provinciale) finanziati dallUnione
europea. Al momento dellarresto, il coordinatore regionale
di Forza Italia Gianfranco Micciché denunciò linizio
di "una campagna dagosto" contro il suo partito e lo definì
"uno dei più stimati amministratori siciliani". Il capo
dimputazione era pesante: "associazione per delinquere
finalizzata ad atti di corruzione". In attesa che si concluda
il processo a suo carico, è entrato in Parlamento. Subito
dopo, nel giugno 2001, è stato condannato in primo grado
a 1 anno e 2 mesi.
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, per Forza Italia,
dopo che per volere di Silvio Berlusconi era stato candidato
nel collegio di Cefalù. Avvocato, per molti anni è
stato presidente della Camera penale (l'organismo che riunisce
gli avvocati) di Palermo, dopo aver retto la Camera penale di
Termini Imerese. Tra i suoi assistiti vi sono boss di rango
di Cosa nostra, come i membri della famiglia Madonia; e anche
il collega avvocato Francesco Musotto, processato (e poi assolto)
con l'accusa di aver ospitato nella sua villa il capomafia Leoluca
Bagarella. Anche Mormino, insieme ad altri due penalisti, è
finito sotto inchiesta per contatti con gli ambienti mafiosi,
sulla scorta delle dichiarazioni di cinque collaboratori di
giustizia. Ma nel maggio 1996 la procura di Palermo ha chiuso
l'indagine contro di lui, non avendo trovato elementi sufficienti
a dimostrare che i contatti non fossero di natura esclusivamente
professionale.
Deputato della Repubblica. In preparazione
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Termini Imerese,
per la Casa delle libertà. Ha 59 anni e una lunga esperienza
allAssemblea regionale siciliana. Ex democristiano, lascia
alle spalle una contrastata esperienza di assessore regionale
alle Finanze, nella quale tentò di coprire parte del buco di
bilancio con una tassa sul metano Snam che attraversa il territorio
siciliano. Fu coinvolto nel processo per le assunzioni pilotate
alla Forestale di Palermo, assieme ad altri 35 imputati. Fu
anche inquisito e arrestato per voto di scambio. Assolto dal
tribunale di termini Imerese, gli è stato riconosciuto un risarcimento
di 250 milioni per ingiusta detenzione.
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste
di Forza Italia. Ex democristiano, è stato per anni deputato
dc e sottosegretario al Tesoro e alla Difesa nei governi del
pentapartito. Nel secondo governo Berlusconi è finalmente
ministro: di un nuovo dicastero che si chiama "Attuazione
del programma di governo": una sorta di musiliana "Azione
Parallela".
Nell'estate 1981, Pisanu, sardo e amico di Armando
Corona (che poi diventerà Gran Maestro della massoneria)
conosce in Sardegna il banchiere Roberto
Calvi (tessera P2 numero 1624). L'uomo che fa incontrare
Calvi e Pisanu è Flavio Carboni,
faccendiere sardo che era in contatto con un imprenditore milanese
che voleva fare affari in Sardegna: Silvio
Berlusconi (tessera P2 numero 1816). Pisanu è
il padrino politico di Carboni, che presenta come un «interlocutore
valido per le forze politiche richiamantesi alla stessa aspirazione,
cioè quella cattolica». Dichiara Pisanu al magistrato
titolare dell'indagine su Calvi e il suo Banco Ambrosiano: «Il
Carboni si diceva congiuntamente interessato alle televisioni
private in Sardegna: ciò in un'ottica di inserimento
nella regione del circuito televisivo Canale 5, facente capo
al signor Silvio Berlusconi di Milano. Il Carboni mi spiegò
che il Berlusconi aveva interesse a espandere Canale 5 alla
Sardegna, talché lo stesso Carboni si stava interessando
per rilevare a tal fine la più importante rete televisiva
sarda, Videolina. Sempre riferendosi all'oggetto delle sue attività,
il Carboni mi disse di essere in affari con il signor Berlusconi
non solo con riferimento all'attività televisiva, ma
anche con riguardo a un grosso progetto edilizio di tipo turistico
denominato "Olbia 2". Fin dall'inizio ritenni di seguire
gli sviluppi delle varie attività di Carboni, trattandosi
di un sardo che intendeva operare in Sardegna e che peraltro
mostrava di avere vari interessi e vari contatti con persone
qualificate» (Testimonianza Pisanu al pm Dell'Osso).
Poi Carboni ebbe vari guai giudiziari. Girò assegni del
Banco Ambrosiano agli usurai della Banda della Magliana. Subì
arresti e condanne. Ma almeno fino alla primavera 1982 restò
in stretto contatto con Giuseppe Pisanu che, mentre era sottosegretario
al Tesoro, si interessò attivamente della vicenda Calvi-Ambrosiano.
Nei mesi frenetici che precedono la scoperta della bancarotta
dell'Ambrosiano e la fuga all'estero di Calvi, Pisanu incontra
Calvi per quattro volte, sempre accompagnato da Carboni. L'ultimo
appuntamento avviene il 22 maggio 1982, quando Pisanu vola a
Milano sull'aereo di Carboni. Poi, il 6 giugno, il sottosegretario
risponde in Parlamento ad alcune interrogazioni sulla situazione
della banca di Calvi, dopo che erano ormai filtrate voci sulla
drammatica crisi finanziaria che stava attraversando. Pisanu
risponde tranquillizzando: la situazione è normale; il
sottosegretario non accenna minimamente alla gravissima situazione
debitoria in cui versa il Banco Andino, controllato dall'Ambrosiano.
Alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, dichiarerà
Angelo Rizzoli: «A proposito
dell'Andino, Calvi disse a me e a Tassan
Din che il discorso dell'onorevole Pisanu in Parlamento
l'aveva fatto fare lui. Qualcuno mi ha detto che per quel discorso
Pisanu aveva preso 800 milioni
da Flavio Carboni». Dopo lo scandalo P2 e il crac Ambrosiano,
nel gennaio 1983 Pisanu è indotto a dimettersi da sottosegretario
al Tesoro. «A causa di fatti incontrovertibili»,
secondo una dichiarazione del deputato radicale Massimo Teodori
al Corriere della sera: «I rapporti strettissimi
e continuativi fra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu con
Calvi tramite Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni
per la sistemazione del Corriere della sera; i rapporti
di Pisanu con Calvi e Carboni quando, sottosegretario al Tesoro,
il ministro prendeva importanti decisioni sull'Ambrosiano»
(Corriere della sera, 22 gennaio 1983).
Il 18 luglio 1982 Calvi fu trovato impiccato sotto un ponte
di Londra. Pisanu, dopo le sue dimissioni, scomparve per molto
tempo dalla scena. Ricompare nel 1994, quando torna in Parlamento
e diventa vicecapogruppo dei deputati di Forza Italia: lasciata
la Dc, si è schierato con il partito di Berlusconi, ex
socio d'affari del suo protetto Carboni. E Berlusconi, nel 2001,
pur di dargli una poltrona da ministro, inventa il curioso dicastero
dell'"Attuazione del programma". Accanto, alle riunioni
di governo, avrà il più feroce dei suoi accusatori,
ai tempi della vicenda Calvi: Mirko Tremaglia.
Deputato della Repubblica. Eletto a Roma. Avvocato personale
di Silvio Berlusconi, ha ereditato lincarico professionale
dal padre, che aiutò il giovane Silvio a fondare la Fininvest,
in un turbine di strane società svizzere e di anonime
fiduciarie. È dunque uno dei consulenti che conoscono
i segreti delle origini di Berlusconi. Nato a Reggio Calabria
67 anni anni fa, crebbe professionalmente nello studio del padre,
a Roma. Pur non avendo mai rinnegato le sue origini politiche
neofasciste, nel 1994 Berlusconi gli chiese di "scendere
in campo" con Forza Italia e lui accettò un posto
al Senato prima e un ministero poi. Oggi è imputato nel
processo "toghe sporche", per aver corrotto i giudici
di Roma perché emettessero sentenze favorevoli a Silvio
Berlusconi e alla Fininvest. Cesare Previti ha rischiato (come
Amedeo Matacena e Gianni De Michelis) di non trovare posto nelle
liste di Forza Italia. Per lui però il Cavaliere alla
fine ha fatto uneccezione, piazzandolo nel posto sicuro
di capolista di Forza Italia nel proporzionale in Calabria,
oltre che nel collegio uninominale di Roma Tomba di Nerone.
Senatore della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà
in Abruzzo, nel collegio di Teramo. Presidente democristiano
della giunta regionale abruzzese nei primi anni Novanta, fu
arrestato (con l'intera giunta) nell'ambito di un'indagine giudiziaria
sui finanziamenti europei alla Regione. L'accusa: aver falsificato
la graduatoria per l'assegnazione dei fondi. Patteggiò
una condanna a 1 anno e 4 mesi. Poi, nel 1999, fu rieletto consigliere
regionale, nelle liste di Forza Italia (fu il candidato che
ottenne il maggior numero di voti nella regione Abruzzo, oltre
12 mila). Divenne vicepresidente della giunta e assessore alla
Sanità. Ma Salini, in quanto condannato, era ineleggibile
al Consiglio regionale e su questo sta infatti decidendo il
tribunale amministrativo regionale dell'Aquila, che potrebbe
anche decretare lo scioglimento dell'assemblea, rendendo quindi
necessarie nuove elezioni. Ineleggibile alla Regione, Salini
si è presentato al Senato, nel 2001, ed è stato
eletto.
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Treviso. Ex
democristiano, oggi è esponente di An. Il suo nome compare
negli elenchi della loggia massonica P2: fascicolo 623, numero
di tessera 1814, data di iniziazione 26 gennaio 1978. All'epoca,
Selva era direttore del Gr2 Rai. Ha smentito di essere iscritto
alla loggia. Sospeso dalla Rai dal Consiglio d'amministrazione,
ha presentato ricorso al pretore del lavoro, che però
lo ha respinto.
Deputato della Repubblica. Eletto in Liguria. Classe 1948, di
Imperia, democristiano nato in una famiglia democristiana. Il
padre Ferdinando, dirigente Inps, fu segretario della Dc locale
e sindaco dImperia fin dal 1952. Due anni dopo dovette
dimettersi, perché travolto da uno scandalo: il cognato
aveva ottenuto il posto di primario chirurgico nellospedale
locale e si malignava che fosse stato aiutato dal potente sindaco
democristiano. Erano altri tempi, bastava niente per costringere
alle dimissioni. Ma la politica restò una malattia di
famiglia. Il testimone passò dapprima al figlio maggiore,
Alessandro, che divenne anchegli sindaco dImperia
nel 1972, poi ancora nel 1977, e nel 1979 fu eletto in Parlamento.
Claudio era il più piccolo dei tre figli del notabile
dc. Ma venne anche il suo momento. Aveva respirato aria democristiana
fin dalla culla: sua madrina di battesimo era stata Maria
Romana De Gasperi, figlia del grande capo della Dc. Già
negli anni del liceo e poi delluniversità si era
impegnato nel movimento giovanile democristiano. Non è
un teorico, ma un amministratore, un organizzatore: diventa
presidente dellospedale Novaro, poi dellUnità
sanitaria locale; è anche segretario provinciale della
Dc. Nel 1982, a 34 anni, diventa sindaco dImperia, come
il padre Ferdinando, come il fratello Alessandro. È una
festa, in famiglia. Peccato che un anno dopo esploda lo scandalo
dei casinò. È il primo grande intreccio tra politica
e affari in cui compare, nel nord del Paese, lo zampino della
mafia. La storia è complessa e ancora oggi non svelata
in tutte le sue pieghe, ma è semplice nella sua essenza:
si era saldato un triangolo, tra imprenditori che puntavano
a gestire le case da gioco, politici che concedevano gli appalti
per la gestione, ma volevano qualcosa in cambio, e mafiosi che
attorno ai casinò ronzano da sempre e che hanno ottimi
argomenti, finanziari e non solo, per arrivare al controllo
del business. Nella notte di giovedì11 novembre 1983
polizia, carabinieri e guardia di finanza circondano e perquisiscono
a tappeto i casinò di Sanremo, Campione dItalia,
Saint Vincent e Venezia. Gli arrestati sono una quarantina.
Il «blitz di San Martino», come verrà chiamato,
convolge imprenditori, politici e boss mafiosi, e azzera due
gruppi dirigenti locali, gli amministratori pubblici del Comune
di Sanremo e della Valle dAosta. Che cosa era successo,
nei mesi precedenti? In Liguria si erano affrontati due gruppi,
che puntavano a conquistare la gestione del casinò di
Sanremo. Da una parte Michele Merlo,
titolare della società Sit, che aveva stretto accordi
con i democristiani Osvaldo Vento,
sindaco di Sanremo, e Manfredo Manfredi,
parlamentare dImperia. Dallaltra il conte
Giorgio Borletti, ultimo rampollo della famiglia che
a Milano aveva fondato la Rinascente, che era tornato dal Kenya,
aveva fondato la società Flowers paradise e per
battere Merlo e conquistare il casinò si era rivolto
ai socialisti milanesi Antonio Natali
e Cesare Bensi. Per vincere, sia
Merlo, sia Borletti avevano messo mano al portafoglio. Erano
state pagate o programmate tangenti per 4 miliardi («parte
a Roma»: ma di questo non si è mai appurato niente).
Dietro ciascuna delle due cordate, poi, si muovevano, nellombra,
altri personaggi: il finanziatore di Merlo, per esempio, era
Ilario Legnaro, uomo legato ai clan catanesi di Nitto
Santapaola e a Gaetano Corallo,
che aveva già messo le mani sul casinò di Campione;
quanto a Borletti, si era affidato a Lello
Liguori, il re dei night, il padrone del Covo di Nord-Est
di Santa Margherita, che gli aveva presentato alcuni amici»
come Angiolino Epaminonda detto
il Tebano, Salvatore Enea detto
Robertino e Giuseppe Bono. Il primo
era il principe della «mala» a Milano, gli ultimi
due erano i boss delle «famiglie» palermitane al
Nord. Bella gara: da una parte la Sit, con democristiani e catanesi,
dallaltra la Flowers paradise, con socialisti e
palermitani. Con queste formazioni, naturali i ricatti, le minacce,
il doppio gioco, i tradimenti... Il sindaco Vento, interrogato
dai magistrati dopo larresto, spiega: nel partito, il
metodo delle tangenti è stato accettato non soltanto
«per motivi economici, ma anche politici», perché
«chi non accettava il piano di corruzione di fatto si
isolava», «il dissenso avrebbe significato una vera
e propria emarginazione». In questo clima teso e confuso,
si arriva alla gara, il 25 marzo 1983. I commissari nominati
dai partiti aprono le due buste con le offerte di canone al
Comune per la gestione del casinò di Sanremo. La Sit
di Merlo offre 21 miliardi, la Flowers paradise di Borletti
18 miliardi e 900 milioni. Destinata a vincere, a suon di tangenti,
era la Sit, ma evidentemente qualcuno allultimo momento
aveva fatto il furbo ed era passato dallaltra parte: la
commissione aveva stabilito che lofferta non poteva superare
i 20 miliardi e 980 milioni, così la Sit è sconfitta
perché, in questo gioco miliardario, sfora il tetto per
20 miseri milioni... Scoppia il finimondo. Tra i politici è
tutto un accusarsi a vicenda. Tra le due imprese invece comincia
la guerra delle carte bollate, con ricorsi in Giunta, al Tar,
al Coreco, al Tribunale... è in questa baraonda che fa
la sua comparsa sulla scena Claudio Scajola, sindaco di Imperia
ed esponente autorevole della Dc provinciale. Il 20 maggio 1983
si reca, con il collega di Sanremo Osvaldo Vento, a un incontro
segreto con Borletti, a Bourg Saint Pierre, in Svizzera. È
Vento, che stava trattando con entrambi i contendenti, a chiedere
a Borletti di poterlo incontrare, «in modo riservato»,
insieme a un altro politico, «in un clima di sospetto
e di timore che potesse essere violata la segretezza»,
scrive il magistrato. Borletti accetta. Lincontro avviene
in un ristorante. Dopo il blitz di San Martino, il conte racconterà
che «i due politici sostanzialmente gli comunicarono che
subito dopo le elezioni avrebbe ottenuto la casa da gioco»,
ma «ad alcune condizioni»: la prima, che «la
gestione fosse improntata a criteri di imparzialità nei
confronti delle forze politiche e quindi senza etichette socialiste»;
la seconda, che «venisse compiuto un gestoche
potesse controbilanciare lofferta fatta dal Merlo a favore
degli sfrattati» (Merlo aveva offerto al Comune di Sanremo
centinaia di milioni per dare unabitazione ad alcune famiglie
restate senza casa); terzo, che venisse pagata una tangente
di 50 milioni. Borletti riferisce subito tutto al suo avvocato
Pier Giusto Jaeger e ad altre due persone (Lorenzo
Acquarone e Sergio Carpinelli).
Quando i magistrati di Milano cominciano a indagare sui casinò,
Borletti racconta dellincontro e i tre confermano. Ecco
allora che anche Scajola viene arrestato. Nella loro requisitoria,
i pubblici ministeri Corrado Carnevali
e Marco Maiga scrivono:
«Sono stati raccolti elementi sufficienti per giustificare
e imporre il rinvio a giudizio dei due prevenuti (cioè
Vento e Scajola, ndr). A loro carico vi sono le dichiarazioni
precise e dettagliate della parte offesa (Borletti, ndr), inequivoche
nella loro portata accusatoria; le stesse dichiarazioni hanno
trovato conferma in numerose testimonianze (Lorenzo Acquarone,
Sergio Carpinelli, Pier Giusto Jaeger)». E ancora: «Benché
limputato Scajola abbia recisamente respinto laddebito,
sostenendo che la richiesta oggetto di contestazione non venne
mai avanzata nel corso della conversazione, (...) le sostanziali
ammissioni sul punto del Vento (...) devono debbono ritenersi
determinanti in ordine alleffettiva sussistenza del reato,
di cui sono presenti gli elementi costitutivi tutti. La presenza
dello Scajola nel particolare contesto, (...) lavere il
Borletti, nelle confidenze effettuate ai testi di cui sopra
si è detto, riferito lindebita richiesta a lui
avanzata ad entrambi i pubblici amministratori presenti nelloccorso,
devono essere ritenute circostanze sufficienti perché
lo stesso Scajola sia chiamato a rispondere del reato a titolo
di concorso morale nel medesimo».
Il giudice istruttore Paolo Arbasino,
ricevute le richieste del pubblico ministero, non ritiene invece
che gli elementi a carico di Scajola siano sufficienti per un
rinvio a giudizio e il 31 gennaio 1989 lo proscioglie. Scajola
aveva spiegato di essere andato allincontro con Borletti,
ma soltanto per capire la situazione, che era alquanto confusa.
Aveva confermato di aver posto il problema della «gestione
imparziale»(cioè non filo-socialista) del casinò,
ma aveva ribadito di non aver chiesto, né sentito chiedere,
alcuna tangente.
Per la cronaca: la guerra per il casinò di Sanremo finisce con
un accordo tra le due cordate che prevede il ritiro di Borletti,
in cambio di 1 miliardo e 900 milioni subito, più 4 miliardi
in seguito, a grosse rate mensili. Il processo per lo scandalo
dei casinò termina invece con molte condanne definitive, che
confermano nella sostanza limpianto accusatorio.
E Claudio Scajola? Ritorna subito a fare politica. Torna a sedere
sulla poltrona di sindaco nel 1990, sempre sotto le bandiere
della sua Dc. Nel 1995 ci riprova, ma intanto la Dc si è
dissolta in cento rivoli. Mette in piedi una lista fai-da-te,
«Amministrare Imperia», che si scontra con una lista
dellUlivo e una del Polo. Nella foga della campagna elettorale,
degli avversari di Forza Italia e An dice: «Sono soltanto
dei fascisti». Vince il centrosinistra. Ma lanno
dopo, nellaprile 1996, mostra di essersi ricreduto: si
candida alla Camera per Forza Italia e viene eletto. Amministratore
tenace, organizzatore efficiente, democristiano a 24 carati,
si fa subito notare da Silvio Berlusconi,
che gli affida un compito impegnativo: costruire il partito.
Nominato coordinatore nazionale di Forza Italia, lavora sodo.
Trasforma il partito di plastica in un partito vero.
Come premio, Berlusconi gli affida il più delicato dei
ministeri, quello dellInterno: con Scajola, al Viminale
torna un democristiano doc, uno della tempra dei Taviani, Scelba,
Restivo... Scajola, per i suoi trascorsi è, effettivamente,
un esperto del ramo. A Genova, però, non lo dimostra:
responsabile dell'ordine pubblico al G8, sbaglia tutto.
Senatore della Repubblica. Eletto ad Agrigento. Membro del Ccd,
è stato sindaco di Agrigento. Nell'aprile 2001 ha subito
una condanna in primo grado a 1 anno e mezzo di reclusione per
avere permesso labusivismo edilizio in cambio di vantaggi
elettorali. Con Sodano sono stati condannati a un anno di reclusione
anche alcuni suoi ex assessori. Gli imputati, secondo laccusa,
non avrebbero posto in essere né provvedimenti né
iniziative per bloccare labusivismo edilizio tra il 1991
e il 1998, non solo nella Valle dei Templi, ma in tutta la città.
Deputato della Repubblica. In preparazione
Senatore della Repubblica. In preparazione
Urbani, Giuliano
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio
di Vimercate. E' un professore, Giuliano
Urbani, docente di Scienza politica all'università
Bocconi. Nel 1985 è tra i fondatori del circolo
Società civile di Milano. Nel 1994 la sua critica
della vecchia politica si acquieta nel nuovo partito di
Silvio Berlusconi: partecipa addirittura alla formazione
di Forza Italia, in cui confluisce la sua Associazione per
il Buon Governo. Berlusconi lo premia con una candidatura
in Parlamento, in cui entra nel 1994. Subito dopo lo chiama
a reggere il ministero della Funzione pubblica. Oggi, nel
secondo governo Berlusconi, è ministro dei Beni culturali,
un po' infastidito dal protagonismo del suo sottosegretario
Vittorio Sgarbi. Parallelamente
alla politica, Urbani ha mantenuto una attività professionale:
è stato a lungo, per esempio, presidente di Domina,
una delle società del finanziere Ernesto
Preatoni. Soprannominato "il raider di Garbagnate",
Preatoni era stato per anni oggetto di indagini da parte della
magistratura italiana e della Consob, l'autorità di
controllo della Borsa. Gli innumerevoli procedimenti giudiziari
aperti sulle sue attività finanziarie non erano mai
riusciti ad approdare a una condanna, ma Preatoni aveva comunque
pensato di cambiare aria, trasferendo i suoi affari prima
in Islanda e poi in Estonia, diventata, come tutto l'Est europeo
dopo la caduta del comunismo, un paradiso per le scorribande
finanziarie. La sua holding finanziaria e immobiliare era
diventata la Pro Kapital, con sede a Tallin, in Estonia. La
società italiana Domina aveva però continuato
a controllare le attività turistiche del gruppo, tra
cui un noto villaggio a Sharm el-Sheik. Centro dell'impero
di Preatoni resta la Peak Mount Corporation, con sede nella
inespugnabile (ai giudici) Vaduz. Urbani, stretto collaboratori
di Berlusconi, è rimasto presidente della Domina almeno
fino a poco tempo fa. «Conosco
Urbani da tempo», ha dichiarato Preatoni al
Corriere della sera il 9 agosto 2001, «ma di recente
ha dato le dimissioni dal suo incarico in Domina». Quanto
di recente, onorevole deputato e signor ministro? Ai primi
d'agosto era circolata la notizia che la Borsa estone aveva
deciso di sospendere dal listino la Pro Kapital: gli affari
di Preatoni sono troppo poco trasparenti anche per l'Estonia,
ma evidentemente non lo erano per il poco avveduto Urbani.
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, a Firenze,
nelle liste di Forza Italia. A Firenze lo chiamano il Berlusconi
della Toscana. Presidente della banca Credito cooperativo fiorentino,
dopo un'ispezione della Banca d'Italia nel suo istituto, è
stato indagato per falso in bilancio. È editore del
Giornale della Toscana e possiede quote del Foglio
di Giuliano Ferrara. Il pubblico ministero di Firenze ha chiesto
per Verdini anche un rinvio a giudizio per violenza sessuale:
sarebbe saltato addosso, nel suo ufficio, a una signora che
andava a chiedergli di ottenere un prestito dalla sua banca.
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio
di Cremona. Esponente di Comunione e liberazione, vicino alla
Compagnia delle opere. E' stato candidato dopo essere stato
coinvolto nell'inchiesta giudiziaria sulla cascina San Bernardo
di Milano. Da assessore al Comune di Milano, insieme al collega
Maurizio Lupi, aveva fatto approvare una concessione per far
diventare la cascina un centro polivalente con finalità
sociali. Poi, con un repentino cambio di marcia, la cascina
era stata trasformata in una struttura sanitaria privata da
20 posti, naturalmente affidata agli amici della
Compagnia delle opere. Subito dopo l'elezione alla Camera,
come prevedibile, è arrivata la richiesta di rinvio a
giudizio per truffa e falso.
Deputato della Repubblica. Eletto in Campania. Noto ai bei tempi
della Prima Repubblica come "Mister centomila preferenze"
della Democrazia cristiana, ora è parlamentare della
Casa delle libertà. Ex impiegato dellEnel, si buttò
in politica, nella Dc, con grande impegno. Si dice che nel suo
ufficio elettorale riuscisse a ricevere più di 200 persone
al giorno. Il soprannome se lo guadagnò con i risultati
elettorali conseguiti nel 1985, 1987 e 1992: fu eletto prima
al Consiglio regionale della Campania (con 120 mila voti), poi
alla Camera dei deputati (con 160 mila voti) e infine di nuovo
al Parlamento (con 104 mila preferenze). Poi arrivò Mani
pulite: fu indagato, arrestato e processato per tangenti. La
Direzione distrettuale antimafia di Napoli chiese al Parlamento
lautorizzazione a procedere contro di lui anche per concorso
esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, sospettando
suoi rapporti con la Camorra. Alfredo Vito indossò allora
il saio del pentimento: "Torno alla mia famiglia; con la
politica ho chiuso". Scrisse: "Lascio il mio vecchio
partito, la Dc, e invito tutti i parlamentari inquisiti a seguire
il mio esempio: fatevi da parte, perché solo così
si potrà procedere al rinnovamento dei partiti e della
classe politica". Patteggiò una condanna e restituì
più di 4 miliardi di lire. Sono stati impiegati per costruire
un parco pubblico alla periferia di Napoli, ribattezzato dalla
fantasia popolare "Parco Mazzetta". Ma non ha mantenuto
la promessa di stare lontano dalla politica: ha riallacciato
i contatti di un tempo, ha riaperto un ufficio a Roma ed è
tornato alla carica con la Nuova democrazia cristiana (fondata
nel 2000 insieme con Flaminio Piccoli). Nel 2001 è stato
accolto a braccia aperte nella Casa delle libertà, che
lo ha portato in Parlamento.
Senatore della Repubblica. Eletto in Sicilia. Palermitano, ex
segretario del Psdi, cinque volte deputato (la prima a soli
28 anni), tre volte ministro, è stato responsabile tra
laltro del dicastero delle Poste e di quello della Marina.
Nel 1993 è rimasto coinvolto nello scandalo Enimont con
laccusa di aver ricevuto un finanziamento illecito di
300 milioni. Condannato in primo grado, in appello strappa una
prescrizione. Fu assolto dal Tribunale dei ministri anche dallaccusa
di aver ricevuto mazzette mentre era al ministero delle Poste.
Giovanni Brusca ha incluso il suo nome nella lista di politici
che la mafia voleva far fuori dopo le stragi di Capaci e via
DAmelio. Nel giugno del 1999 Vizzini, amico di Silvio
Berlusconi e di Marcello DellUtri, è entrato nel
Consiglio di presidenza di Forza Italia. Nel 2001 ha vinto il
confronto elettorale nel collegio senatoriale di Palermo centro.
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In preparazione anche le schede di amministratori pubblici,
consiglieri comunali, provinciali, regionali.
Presidente della Provincia di Imperia. In preparazione.
Consigliere comunale di Milano. In preparazione.
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