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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

Mind Sciences, Philosophy, Psychotherapy and Creativeness

     EVENTS 2004

Le mostre, gli eventi teatrali, gli 'happenings'.... e tanto altro ancora.

 

Vai agli "Events" del 2003

 

Vai agli "Events" del primo semestre 2004 

Vai agli "EVENTS" del 2003

16.12.2004

JULIAN SCHNABEL A NAPOLI

(fonte: www.exibart.it)

fino al 16.I.2005
Julian Schnabel
Napoli, Mostra d’Oltremare

Lui c’era. A New York, negli anni '80. E quell’epoca l’ha vissuta intensamente. Tanto da raccontarla in due film. Pittore, regista, ma soprattutto artista “attivista”, dall’anima latina. Un’ampia retrospettiva per Julian Schnabel in anteprima mondiale. Per inaugurare la nuova kunsthalle partenopea…

 


 

venerdì 3 dicembre 2004
Il rapporto dialettico tra cultura americana ed europea sembra personificato da Julian Schnabel, cresciuto a New York ma di anima e sentimenti latini. Sposato con una spagnola, vincitore acclamato nei festival di cinema con Before Night Falls -biografia dello scrittore ed esule cubano Reinaldo Arenas- e con Basquiat, sulla vita maledetta del più famoso artista nero della storia, Schnabel è innamorato di tutto ciò che è mediterraneo. Come il calore delle luci e dei colori che è capace di restituire con una sensibilità spasmodica e con ineguagliata capacità. Indifferentemente sulla tela e sul grande schermo. Sembra perfettamente a suo agio, qui nel nuovo padiglione latino americano della Mostra d’Oltremare che da ora in poi sarà per Napoli una sorta di kunsthalle, in grado di sviluppare programmi adeguati ai principali protagonisti dello scenario internazionale.
“Questa architettura” dice l’artista “mi ricorda quella edificata dal regime di Castro a Cuba, entrambe sono i modelli utopistici del fallimento di un ideologia: quella comunista a Cuba e quella fascista a Napoli”. Le superfici dei quadri, esposti in questa unica tappa italiana di un tour europeo (Schirn Kunsthalle di Francoforte e Reina Sofia di Madrid) sono monumentali, i lavori più recenti superano i sei metri per sei, i materiali applicati sulla tela sono i più disparati.
Nell’intreccio tra figurazione, astrazione e decorazione, i frammenti hanno un valore quasi concettuale rifacendosi da un lato all’operazione del Ready made di Duchamp e dall’altro richiamando certe soluzioni tipiche dell’Arte Povera. Si va dai Plate paintings che lo hanno reso famoso alla fine degli anni ’70, ai più recenti della serie Los patos del Buen Retiro dipinti su sontuosi velluti rossi che sono un omaggio alla Spagna e alla cultura del Seicento.
julian schnabel
Guardare un mio quadro è come caderci dentro” afferma Shnabel in uno slancio di vitalità “Voglio che lo spettatore compia un viaggio, riporti sensazioni e cose”. La tendenza non figurativa contiene in sé molti elementi della figurazione, come nei suoi più recenti grandi dipinti “Large Girl with No Eyes” 2001 e “Chinese Painting” 2003. Qui l’artista reinventa un sistema di segni che, sebbene morfologicamente simile e discendente da quello della pittura europea, ha una diversa carica di significato. La sua pittura, vitale e generosa, riformula un’iconografia astratta, un vocabolario di segni che si compongono secondo strane leggi sintattiche: un’iconografia che ritroveremo animata, talvolta vitalmente aggressiva nei film che lo hanno fatto conoscere a un pubblico ancor più vasto. Si delinea così la figura dell’artista come attivista, un uomo d’azione, culturalmente impegnato, che nel suo modo d’agire dà voce al diverso e all’emarginato, a chi viene socialmente messo da parte in nome del modello culturalmente imperante. Così la parabola esistenziale di Basquiat e di Reinaldo Arenas, anche se tragica, rappresenta un modo di esistenza autentico del tutto diverso da quello che la società americana ha eletto come proprio ed esemplare modo di vita.

maya pacifico
mostra visitata il 29 novembre


Julian Schnabel
A cura di Eduardo Cicelyn
Napoli, Mostra d’Oltremare Padiglione America Latina ingresso da Viale Guglielmo Marconi (Fuorigrotta)
Fino al 16 gennaio 2005
Informazioni: 081.4976128-130
Ingresso: gratuito
Orario: 12-19 chiuso il lunedì; il 24 – 25 – 31 dicembre e 1 gennaio
Catalogo edito da Hatje Cantz Verlag, Hostfildern – ruit e distribuito da Electa Napoli
Organizzazione: Civita
e- mail izzo@civita.it



17.11.2004 

DAMIEN HIRST A NAPOLI

vai alla rassegna stampa

 

3.11.2004 "Il Bello e le Bestie" al Mart di Rovereto 

(fonte: Arte.go) 

Il Bello e le Bestie
11 dic 2004 > 08 mag 2005 - Rovereto

Mart, Rovereto

Metamorfosi, artifici e ibridi, dal mito all’immaginario scientifico


Esiste da sempre una letteratura sconfinata, che va dagli Egizi ai bestiari medievali, sul tema del rapporto fra umano e animalesco. Gli artisti hanno spesso affrontato questo tema, dai Simbolisti che re-interpretano figure legate ai miti classici come la Sfinge, il Minotauro o la Sirena, ai Surrealisti che lasciano emergere nell'opera immagini provenienti dall'inconscio. La nostra cultura visiva, e non solo quella legata alle arti propriamente dette, è frequentata dalle immagini del mostro, frutto del connubio fra nature diverse, il cui valore perturbante è conseguenza del nostro "disagio della civiltà". Un simile connubio trova anche un valore salvifico nella figura dello sciamano, l'uomo che accede al rapporto col divino proprio per tramite dell'animale. Il tema è certamente ambiguo e insidioso giacchè il rapporto dell'umano col bestiale è sgomentante e malato, ma si tratta di un mondo "altro" dove agisce il "perduto dell'uomo", quella istintualità smarrita nel corso della cosiddetta civilizzazione. La mostra intende partire da esempi della fine dell'Ottocento per proporre una selezione di opere del secolo appena trascorso e giungere fino all'epoca presente. Da Arnold Böcklin a Max Ernst, da Alberto Savinio a Francis Bacon, da Joseph Beuys a Matthew Barney, queste tematiche sono presenti nella ricerca a carattere estetico del mondo occidentale. Nel catalogo della mostra altrettanta attenzione sarà dedicata i territori della letteratura, del cinema e dello spettacolo nell'intento di ampliare la ricerca ad un ambito interdisciplinare.

mailto:info@mart.trento.it
http://www.mart.trento.it/

Il Bello e le Bestie. Metamorfosi, artifici e ibridi, dal mito all'immaginario scientifico
fino all'8 maggio 2005
Orari: martedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica 10:00 - 18:00. venerdì 10:00 - 21:00. Chiuso il lunedì
Ingresso: Intero: 8? - Ridotto: 5?
Ridotto scolaresche: 1? a studente
MartRovereto
Corso Bettini, 43 - 38068 Rovereto (Trento)
Infoline 800 - 397760 / 0464 438887
www.ilbelloelebestie.it
www.mart.trento.it
Uffici stampa:
Luca Melchionna - Mart 0464 454127
email: press@mart.trento.it
Antonella Lacchin Villaggio Globale International
041/5904234 -349/4423193
email: a.lacchin@villaggioglobale.191.it
Lucia Crespi - Mara Vitali Comunicazione
tel 02/73950962 e-mail: arte@mavico.it



1.11.2004

Dal 17 settembre al 6 gennaio in sei comuni del senese

Arte all'arte, la IX edizione curata da Bonito Oliva e Putnam

(da "Primapagina" della Regione Toscana del 9/9/2004)

09/09/2004 - Sei opere per sei città. Una mostra di arte contemporanea che esce dai confini di uno spazio delimitato e coinvolge più paesi, un'intero territorio con le sue produzioni e le sue peculiarità. E' Arte all'arte, iniziativa promossa dalla Regione Toscana (assessorati alla Cultura, Ambiente e Agricoltura), TRA ART-rete regionale per l'arte contemporanea, Provincia di Siena, e giunta quest'anno alla sua IX edizione.
Dal 17 settembre al 6 gennaio nei comuni di Buonconvento, Colle Val d'Elsa, Montalcino, Poggibonsi, San Gimignano e Siena saranno esposte 6 opere di arte contemporanea, secondo un progetto ideato e curato da Achille Bonito Oliva e James Putnam. A queste si aggiungeranno due progetti speciali, due installazioni di Joseph Kosuth e Luisa Rabbia, destinate ad arricchire l'evento e lasciare tracce 'stabili' della manifestazione.
"Arte all'arte è cresciuta nell'arco delle sue nove edizioni - spiega l'assessore regionale alla cultura, Mariella Zoppi - accompagnata nel suo percorso dalla rete TRA ART. Ha coinvolto un gran numero di artisti e molte città della Toscana. Ci ha regalato ben 15 nuove instalazioni stabili, alle quali, da quest'anno, si aggiungerà anche l'opera di Joseph Kosuth La sedia davanti alla porta, nella piazza Bagolaro di San Gimignano".
"La Regione - ha aggiunto l'assessore - ha scelto di sostenere l'arte contemporanea, uno strumento prezioso per diffondere la cultura, vitale e capace di penetrare nelle caratteristiche specifiche di un territorio. Arte all'arte raccoglie molti aspetti diversi tra loro ma complementari. L'idea di creare percorsi d'arte che coinvolgano più città nasce dalla volontà di valorizzare un'intero territorio, di fare 'rete'. In questo contesto si inseriscono anche la promozione di prodotti tipici, intinerari enogastronomici e di riscoperta delle tradizioni locali".
Alla XI edizione di Arte all'arte parteciperanno Per Barlay, che esporrà la sua opera nella chiesa di San Francesco a Montalcino, Massimo Bartolini, che lavorerà alla Rocca di Montestaffoli a San Gimignano, Antony Gormely, che disseminerà Poggibonsi di sette opere, in varie sedi, Tadashi Kawamata, che esporrà a Colle Val d'Elsa, Moataz Nasr, che avrà a disposizione la chiesa di Sant'Agostino e la Fonte del Cassero di Siena, e Lucy Orta, che a Buonconvento installerà le sue opere nel Museo di arte sacra della Val'Arbia, nel Museo della mezzadria ed in altre sedi. Per celebrare l'inizio della manifestazione si avranno tre giorni (17-18-19 settembre) in cui gli autori presenteranno le loro opere. L'intera giornata di venerdì 17, invece, sarà dedicata a Joseph Kosuth. Alle ore 15.00, a San Gimignano, l'artista parteciperà al workshop 'Arte contemporanea ed architettura dello spazio pubblico'; seguirà alle 18,30 l'inaugurazione della mostra Immacolata concezione, dedicata a progetti per spazi pubblici mai realizzati. A conclusione dell'iniziativa sarà inaugurata l'installazione permanente La sedia davanti alla porta, sedicesima opera d'arte 'stabile' realizzata in Toscana grazie ad Arte all'arte. Tra sabato 18 e domenica 19 verranno presentate le restanti opere, tra cui l'altro 'progetto speciale', Il riposo del Tempo, installazione di Luisa Rabbia presso la fonte medievale di San Gimignano.

  Pamela Pucci

 

31.10.2004 «Vita mia», di Emma Dante. Elaborato rituale del lutto di una madre che perde il figlio.

(da "Il Manifesto" del 31.10.2004)
Emma Dante ha una fervida produttività scenica: appena un mese dopo il debutto con la riscrittura di Landolfi alla Biennale teatro veneziana, eccola con la sua compagnia Sud Costa Occidentale a presentare il suo nuovo spettacolo Vita mia, che nell'ambito del Romaeuropa festival conclude la trilogia iniziata con i suoi primi lavori, M'Palermu e Carnezzeria. L'esperienza veneziana non deve averla entusiasmata, se nelle note di sala ha sentito il bisogno di specificare che l'attuale manifestazione romana è il primo festival internazionale cui partecipa. Una gratitudine che incautamente si estende alla sala che la ospita, il salone d'onore dell'augusta villa Medici, che invece con la sua pessima acustica si vendica tagliando e rendendo incomprensibili i toni alti della protagonista. Perché una donna è al centro di Vita mia, una donna cui è morto un figlio in un incidente di bicicletta, e che lo fa rivivere (sulle due ruote della vecchia cara Graziella) attorno al letto di morte dove la madre piange assieme agli altri due figli maschi.

Dei due primi lavori c'è la lingua, un siciliano fremente e frenetico, e la sintassi scenica dei movimenti sincopati e aggettanti. Tutto è estremo e tutto va verso l'esasperazione in questo rito di elaborazione del lutto nel quale la madre (Ersilia Lombardo) trascorre una intera gamma di passionalità verso quel figlio prediletto (e ogni suo complimento sembra infierire sulla sensibilità degli altri due), fino a mettersi un fiammante abito da sera per entrare anche lei, avvinghiata a lui, nel funebre catafalco.

Quest'ultimo è l'elemento scenico protagonista, serve per ospitare la salma, ficcarcisi sotto, saltarvi sulla rete come in una visione recente di Barberio Corsetti. Ma tutta quella coreografia di suoni parole e gesti, sembra alla fine coagularsi più in un disegno che in una partitura.

Si segue e si sorride anche, ma quel rito resta celibe e non arriva a trasmettere allo spettatore un dolore vero o un senso esplicito. Al rito si partecipa, ma ci si continua a chiedere perché. I figli sono Enzo Di Michele, Giacomo Guarnieri. Alessio Piazza. (g.cap.)


31.10.2004 

E' uscito "Arvo Part allo specchio" per i tipi di Saggiatore.

(fonte: sito internet della casa editrice)

Scheda bibliografica: Arvo Part allo specchio. 

Saggiatore - Collana: La cultura

Pagine 284 - Formato 14x21 - Anno 2004 - ISBN 8842812307
Argomenti: Musica.
Normalmente evaso in 3-5 gg. lavorativi

Prezzo di vendita: € 20.00

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Copertina

Negli anni Settanta, Arvo Part si impone un lungo silenzio. Sente di dover avviare una ricerca più radicale, puntare alla nuda essenzialità del suono, liberandolo dal tecnicismo e dalle artificiosità dei linguaggi contemporanei. Da quel lungo e coraggioso apprendistato nascerà lo stile tintinnabuli, una musica semplice, minimale, venata di misticismo e quasi incantatoria. Attorno al "tempo dell'attesa", preludio alla svolta tintinnabuli, ruota l'evocazione degli anni formativi in Estonia, le prime esperienze artistiche, il difficile rapporto con l'establishment sovietico fino al sofferto trasferimento a Vienna. Una seconda parte raccoglie testimonianze di musicisti che hanno collaborato con Part e una serie di saggi sulla sua poetica musicale.

Indice - Sommario


Nota introduttiva, di Enzo Restagno

 

Prima parte. Conversazioni

Conversazioni con Arvo Part, di Enzo Restagno.

Seconda parte. Saggi e testimonianze

Arvo Part e il tempo dell'attesa, di Enzo Restagno

Suono e linea come unità. Una conversazione con Arvo Part

Introduzione allo stile 'tintinnabuli', di Leopold Brauneiss

Un pezzo di vetro sul ciglio della strada. Un contributo alla discussione su Arvo Part, di Armin Brunner

La musica di Arvo Part incontra l'eternità del suono. Armonia a due voci, di Jordi Savall

Osservazioni sulla prassi esecutiva della musica corale di Arvo Part, di Paul Hillier

"Miserere", di Leopold Brauneiss

Microcosmo nella cattedrale. Intervista ad Arvo Part, di Espen Mineur Saetre


Note

Discografia selezionata

Catalogo delle opere

30.10.2004

EMIDIO GRECO A "RomaEuropa Festival"

(fonte: sito ufficiale del Festival)

EMIO GRECO | PC
FRA CERVELLO E MOVIMENTO

coreografia, regia, ideazione luci, musica e scene Emio Greco e Pieter C. Scholten
luci
Henk Danner
costumi
Clifford Portier

PRIMA PRESENTAZIONE INTEGRALE IN ITALIA 

Nella trilogia Fra Cervello e Movimento il coreografo italiano Emio Greco ed il regista teatrale e drammaturgo olandese Pieter C. Scholten investigano la diade 'cervello' e movimento': una mente che aspira al controllo ed un corpo attratto di nuove sensazioni. La trilogia è contraddistinta da una ricorrente curiosità sulle conseguenze dei limiti che la mente impone agli impulsi più intimi del corpo.

 

BIANCO
danza Emio Greco
durata 60 minuti

Bianco  è una catena di movimenti pura ed incantevole, la cui semplice perfezione riesce quasi a proiettare lo spettatore in una dimensione indipendente dal tempo e dallo spazio.
In Bianco la mente non trattiene il corpo, lo proietta in una realtà libera ed autentica come non ha mai conosciuto: quando la danza parla il linguaggio del corpo più nulla è trasparente, tutto diventa ostinato ed incontrollabile. Ogni parte del corpo segue la propria logica, insidiando l'unità di mente e corpo, forma e contenuto, mentre appaiono sconvolti tempo e spazio.

TEATRO VALLE
mercoledì 27 e giovedì 28 ottobre h 21

 

ROSSO
danza
Emio Greco
durata 60 minuti

Rosso (seconda parte della trilogia intitolata Fra cervello e movimento) mostra una catena di frizioni: il corpo e la mente, in perenne tensione, oscillano fra lotta e gioco, cercando nuove relazioni e dimensioni. Emio Greco, lanciando il suo sguardo oltre l'orizzonte del visibile, in questo assolo tende ad estendere i confini del corpo al di là dell'immaginazione.

TEATRO VALLE - PRIMA NAZIONALE
sabato 30 h 21 e domenica 31 ottobre h 17

 

EXTRA DRY
danza
Emio Greco e Barbara Meneses Gutiérrez
durata 70 minuti

In Extra dry c'è, da una parte, il perfetto controllo mentale, l'assoggettamento del corpo alla volontà del danzatore; dall'altra, la resistenza del corpo ad obbedire alla volontà. Il tentativo utopistico di Extra dry è una completa manifestazione di mente e corpo, finalmente all'unisono, mentre la divaricazione di questi due opposti sembra opporsi a questa aspirazione.

TEATRO VALLE martedì 2 e mercoledì 3 novembre h 21

Il trentasettenne coreografo italiano Emio Greco ed il regista olandese Pieter C. Scholten lavorano dal 1995 alla ricerca di una nuova forma di danza. Proprio quell'anno realizzano Bianco, primo episodio della trilogia intitolata Fra Cervello e Movimento. Del 1996 è il manifesto artistico Les sept nécessités, seguito da Rosso (1997) e dal duetto Extra Dry (1999), gli altri due episodi della trilogia. Nella serie Double Points, inauguata nel 1999 con Double Points: 1, la compagnia esprime un più energico dualismo. La serie esplora il testo, la luce e certi leit-motiv corporei in Double Points: 2 (1998), Double Points: Nero (2000), Double Points: Schau Bühne (2001), Double Points: Bertha (2002) e Double Points: + (2004).

 

27.10.2004

La piramide

(fonte: www.dramma.it)

 

mercadante teatro stabile di napoli
stagione teatrale 2004÷ 2005

La Piramide! di Copi
Con la prima assoluta del tragico varietà dell’irriverente scrittore argentino
messo in scena da Arturo Cirillo 
al via la nuova stagione del Teatro Mercadante - Stabile di Napoli
Con, tra gli altri, 
Gea Martire, Manica Piseddu, Arturo Cirillo

Con la prima de La Piramide! di Copi, messo in scena da Arturo Cirillo – il giovane attore e regista napoletano che con le regie di Mettiteve a fà l'ammore cu me! di Scarpetta nel 2002 e L’ereditiera di Annibale Ruccello nel 2003, ha conquistato il vasto pubblico e l’attenzione di critici e operatori non soltanto italiani – si alza il sipario sulla seconda stagione teatrale del Mercadante Teatro Stabile di Napoli diretto da Ninni Cutaia. 
Prodotto dal Teatro Stabile di Napoli con il Nuovo Teatro Nuovo, lo spettacolo debutterà in prima assoluta mercoledì 27 ottobre nella settecentesca sala di Piazza Municipio, sede dello stabile, dove resterà in scena fino a domenica 14 novembre 2004.

Con lo stesso Cirillo nei panni de Il topo, recitano Gea Martire (La Regina), Monica Piseddu (La Principessa), Rosario Giglio (Il Gesuita), Salvatore Caruso (L’Acquaiolo) e Fabio Palmieri (Il Turista). La voce della Vacca Sacra è di Paola Mannoni. 

L’allestimento del testo dello scrittore argentino, nella traduzione di Luca Coppola e Giancarlo Prati, si avvale delle scene di Massimo Bellando Randone, dei costumi di Gianluca Falaschi, delle musiche di Francesco De Melis e delle luci di Andrea Narese. Aiuto regia Paolo Cresta.

Un’apertura di stagione significativa che conferma l’impegno dello stabile, nell’ambito della sua proposta complessiva, di promozione, sostegno e diffusione del lavoro di artisti di nuova generazione. 

Con La Piramide!, Arturo Cirillo prosegue il suo viaggio nelle forme della comicità teatrale intrapreso con i due spettacoli sopra citati. Due testi che l’attore-regista ha rivisitato con sorprendente efficacia, nel sapiente uso di segni, tic, gesti e maschere dell’universo teatrale napoletano, restituiti con lucido e sensibile fraseggio contemporaneo. Arturo Cirillo, per anni attore di tanti spettacoli di Carlo Cecchi, è uno dei più considerati protagonisti dell’attuale panorama teatrale made in Napoli. 

“C'è un filo – dichiara il regista – che, quasi inconsapevolmente, si sta dipanando nelle mie scelte teatrali. Un percorso attraverso forme di comicità sempre più contemporanee, dove il rapporto con un passato, più o meno mitico, permane. Quindi se Mettiteve a fà l'ammore cu me! era un testo ottocentesco trasportato nel novecento, L'ereditiera era un testo contemporaneo travestito da ottocento. 
E La Piramide! ? Che cos'è La Piramide! ? La fine di un mondo (o del mondo). Una terra di nessuno in cui si ritrovano una regina inca, una principessa inca, un gesuita, un topo, una vacca sacra, un turista. Interpreti di un atroce varietà, l'ultimo varietà possibile: quello della catastrofe. Uno scrittore e disegnatore argentino, trasferitosi a Parigi, dove morì nel 1987, ci racconta come il nostro mondo ha continuamente bisogno di uccidere altri mondi (gli antichi imperi precolombiani, le civiltà mediorientali...) per continuare ad esistere. Un tempo bramosi d'oro, oggi di petrolio, annientiamo visioni della vita che crediamo "primitive". Tutta l'opera di Copi mi appare come una incessante lotta dell'irrazionale contro la ragione, del mito contro la storia: uno scandalo che dura da dieci mila anni. In un luogo di sopravvissuti, com'è il teatro, o una piramide appunto, un gruppo di attori, collaboratori e produttori daranno vita a questa folle metafora del potere.” 

Orario spettacoli: feriali 21.00 festivi 18.00 giovedì 17.30 
Durata dello spettacolo: 1 ora e 20 m senza intervallo
Info: biglietteria tel. 081.5513396 ÷ teatro tel. 081. 5510339÷ http://www.teatrostabilenapoli.it/

Ufficio Stampa: Sergio Marra tel. 081 4971090 | 335 1215079 | s.marra@teatrostabilenapoli.it

(fonte: Adnkronos)

Si alza il sipario sulla seconda stagione teatrale del Mercadante Teatro Stabile di Napoli, diretto da Ninni Cutaia. Ad inaugurare il calendario, dopo le autorevoli ‘anticipazioni’ di Toni Servillo e Renato Carpentieri,  sara' mercoledi' 27 ottobre la prima de "La Piramide!" di Copi, messo in scena da Arturo Cirillo, il giovane attore e regista napoletano che con le regie di "Mettiteve a fa' l'ammore cu me!" di Scarpetta nel 2002 e "L'ereditiera" di Annibale Ruccello nel 2003, ha conquistato il pubblico e l'attenzione della critica. Lo spettacolo debuttera' nella settecentesca sala di Piazza Municipio, sede dello stabile, dove restera' in scena fino a domenica 14 novembre. Con lo stesso Cirillo nei panni de ‘il topo’, recitano Gea Martire (La Regina), Monica Piseddu (La Principessa), Rosario Giglio (Il Gesuita), Salvatore Caruso (L'Acquaiolo) e Fabio Palmieri (Il Turista). La voce della Vacca Sacra e' di Paola Mannoni. Un'apertura di stagione significativa che, insieme alla creazione della nuova sala di 90 posti al secondo piano del teatro, conferma l'impegno dello stabile alla promozione, al sostegno e alla diffusione del lavoro di artisti di nuova generazione. Con "La Piramide!", Arturo Cirillo prosegue il suo viaggio nelle forme della comicita' teatrale intrapreso con i precedenti spettacoli. Due testi che l'attore-regista ha rivisitato con sorprendente efficacia, nel sapiente uso di segni, tic, gesti, maschere dell'universo teatrale napoletano, restituiti con lucida sensibilita' contemporanea. ’C'e' un filo - dichiara il regista - che, quasi inconsapevolmente, si sta dipanando nelle mie scelte teatrali. Un percorso attraverso forme di comicita' sempre piu' contemporanee, dove il rapporto con un passato, piu' o meno mitico, permane. Quindi se 'Mettiteve a fa' l'ammore cu me!' era un testo ottocentesco trasportato nel Novecento, 'L'ereditiera' era un testo contemporaneo travestito da Ottocento. La Piramide e' la fine di un mondo. Una terra di nessuno in cui si ritrovano una regina inca, una principessa inca, un gesuita, un topo, una vacca sacra, un turista. Interpreti di un atroce varieta', l'ultimo varieta' possibile: quello della catastrofe". "Uno scrittore e disegnatore argentino, trasferitosi a Parigi, dove mori' nel 1987 - racconta ancora Cirillo- ci racconta come il nostro mondo ha continuamente bisogno di uccidere altri mondi (gli antichi imperi precolombiani, le civilta' mediorientali) per continuare ad esistere. Un tempo bramosi d'oro, oggi di petrolio, annientiamo visioni della vita che crediamo "primitive". Tutta l'opera di Copi mi appare come una incessante lotta dell'irrazionale contro la ragione, del mito contro la storia: uno scandalo che dura da diecimila anni. In un luogo di sopravvissuti, com'e' il teatro, o una piramide appunto, un gruppo di attori, collaboratori e produttori daranno vita a questa folle metafora del potere, con semplicita', immediatezza, divertimento, trasfigurazione.". (Courtesy Adnkronos)

 

15.10.2004 

"DALI' A PALAZZO GRASSI"

 

banner Palazzo Grassi

(fonte: www.palazzograssi.it/ita/mostre/dali/  )

I temi della mostra

Dalí è un artista controverso, probabilmente l’artista più noto e popolare del XX secolo e al tempo stesso quello trattato spesso con leggero distacco da critici e storici dell’arte, per l’aura venale con la quale ha voluto rivestire la sua immagine, che portò Breton ad anagrammarne il nome in “Avida Dollars”.

Dalí stesso contribuì a creare una specie di dicotomia tra i due periodi della sua produzione, uno precedente ai suoi anni americani e uno successivo.

Questo spartiacque coincise con la sua espulsione dal movimento surrealista e con la pubblicazione della sua Vita Segreta.

Ma questo “secondo periodo” che va dal momento in cui Dalí si recò in esilio negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale al 23 gennaio 1989, quando Salvador Dalí passò a miglior vita, fu un periodo di circa quarant’anni, che tradotti in termini artistici sono circa metà della sua carriera e nei quali a ben guardare egli non ruppe in maniera così palese con il suo stile precedente.

La retrospettiva ufficiale, organizzata in occasione del centenario della nascita, si propone di fare il punto su tutta l’opera di Salvador Dalí, analizzando e valutando il suo percorso artistico dalle origini all’ultimo periodo, essenzialmente analizzando l’opera pittorica, tanto di grande formato quanto di formato minuto, ma con incursioni anche entro le altre attività di Dalí, che fu certamente non solo un pittore, ma anche uno scultore e uno scrittore, un incisore e un regista cinematografico, un inventore di oggetti e uno scenografo, ed esplorando inoltre il suo metodo paranoico-critico, con il quale si staccò dall’automatismo caro all’ortodossia surrealista, e affrontò temi pregnanti della esistenza umana quali la mente dell’uomo e la struttura fisica dell’universo, i quanti e la teoria della relatività, unendo in questo suo intento anche i temi cari alla religione cristiana, che vennero da lui reinterpretati e tradotti nel suo tanto singolare lessico artistico.

Emerge dalla mostra l’immagine coniata da Georges Mathieu, che definì Salvador Dalí più importante come genio cosmico che come pittore.

10.10.2004 

"DIMENSIONE FOLLIA". Fino al 9 gennaio 2005 a Trento.

Dimensione Follia

 

Soggettività, passione ed eccesso nella quotidianità

 

 

 25 settembre 2004 – 9 gennaio 2005

 

 

Galleria Civica di Arte Contemporanea Trento

 

Via Belenzani 46, 38100 Trento

 


Dimensione follia  indaga la quotidianità di alcune forme di ossessione, di schizofrenia, di alienazione, di esaltazione parossistica, di furore ... tutte quelle piccole o grandi deformazioni di una realtà percepita sempre di più come sfuggente e indescrivibile. Una vera e propria messa in luce attraverso l'arte dei non sense che pervadono la società contemporanea.

 

 

 Adel Abdessemed, Marina Abramovic, Vito Acconci, Francis Alÿs, Eija Liisa Ahtila, Monica Bonvicini, Chris Burden, Roberto Cuoghi,  Patty Chang, Sue de Beer, Mike Kelley & Paul McCarthy, Yayoi Kusama, Li Wei, Maria Marshall, Marzia Migliora, Aernout Mik, Ottonella Mocellin, Bruce Nauman, Tony Oursler, Adrian Paci, Eric Parker, Federico Pietrella, Pipilotti Rist, Gregor Schneider, Michael Smith, Monika Sosnowska, Vibeke Tandberg, Minnette Vári, Cesare Viel, Gillian Wearing

 

http://www.workartonline.net/

Ufficio Stampa

Galleria Civica di Arte Contemporanea Trento

Barbara Gambino, artlink

Tel. 0461 986138

ufficiostampa@galleriacivica.it

artlink , Bolzano

Tel 0471 500483

(fonte: www.teknemedia.net)

 Soggettività, passione ed eccesso nella quotidianità

a cura di Roberto Pinto

L'eccesso di soggettività e passione, come pure la condizione di disagio mentale, sono il territorio di indagine di questa mostra, che si inaugura il prossimo 24 settembre presso la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento. Dimensione follia, a cura di Roberto Pinto, vuole indagare in particolare la quotidianità di alcune forme di ossessione, di schizofrenia, di alienazione, di esaltazione parossistica, di furore, di tutte quelle piccole o grandi deformazioni di una realtà percepita sempre di più come sfuggente e indescrivibile. Lasciando intenzionalmente da parte tutto il territorio dell art brut e dell'arte prodotta da persone con un conclamato disagio mentale, come pure il territorio del binomio genio/follia, l'esposizione si sofferma a riflettere su come molti degli artisti contemporanei abbiano cercato di descrivere, vivere e raccontare i quotidiani spaesamenti, gli stravolgimenti della normalità logico-razionale, e il disagio ordinario, quello più nascosto e diffuso, che rasenta e supera molto spesso i canoni vigenti della società, senza però entrare in un conflitto tale da rendere la situazione completamente inaccettabile. La mostra parte da alcuni episodi riguardanti la performance e la body art intorno alla fine degli anni Sessanta quando molte delle ricerche artistiche erano tese a individuare i limiti e le caratteristiche del corpo inteso sia in senso fisico che psicologico e prosegue il suo percorso fino a giungere alla produzione artistica degli ultimi anni. Opere storiche accanto a lavori ideati specificatamente per questa esposizione creano un itinerario - ospitato oltre che presso la sede della Galleria anche in alcuni altri spazi in via Belenzani che dimostra quanto sia sottile il confine che distingue la normalità da ciò che comunemente viene definito follia, anche per il successivo spostamento del concetto di normalità che i mutamenti sociali spostano gradualmente fino ad inglobare progressivamente quanto prima era considerato folle.

Tutti gli artisti presentati hanno cercato di indagare le nozioni di 'normalità' fisica, estetica, etica, morale, forzando i concetti stessi fino a renderli non irriconoscibili, per approdare a una soglia in cui l'analisi di se stessi diventa paradigmatica dello stato e dello sviluppo della società. Le aberrazioni conseguenti alle costruzioni culturali, economiche e sociali sono state manifestate e spesso anticipate da lavori che denunciano la sofferenza individuale e l'incapacità da parte delle singole persone di relazionarsi con gli altri all interno di una società sempre più mediatica e in cui la distanza dagli altri diventa inversamente proporzionale alla possibilità tecnica di poter essere in contatto con il mondo.

 

 

 

 

9.10.2004  

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA  "LES ENFANTS TERRIBLES - IL LINGUAGGIO DELL'INFANZIA NELL'ARTE 1909-2004"

(fonte: www.exibart.it)

inaugurazione sabato 9 ottobre |ore 18.00 | museo cantonale d'arte | lugano


La mostra Les enfants terribles. Il linguaggio dell'infanzia nell'arte 1909-2004 percorre un arco di tempo che va dalle Avanguardie del Novecento ad oggi con circa 120 opere tra disegni, dipinti, sculture, video e installazioni di 30 artisti internazionali.

Les enfants terribles focalizza un tema che ha profondamente interessato le Avanguardie Storiche: il disegno infantile quale manifestazione di una creatività libera da condizionamenti e sovrastrutture culturali alla quale guardare per liberarsi dalla tradizione. L'attenzione si orienta sul confronto fra i linguaggi figurativi, cercando di porre in evidenza la presenza di forme debitrici del vocabolario infantile nell'arte moderna.

I primi artisti ad interessarsi intensamente al disegno infantile sono stati Vasilij Kandinskij con Gabriele Münter e il Gruppo del Cavaliere Azzurro. Essi hanno riunito una collezione di disegni di bambini, ora custoditi presso il Lenbachhaus di Monaco, pubblicati in parte nell'Almanacco del "Cavaliere Azzurro" a fianco di opere di Henri Rousseau e di Pablo Picasso.
Anche Paul Klee ha raccolto numerosi disegni ascrivibili a questo tema, compresi quelli del figlio Felix. In maniera meno sistematica, ma altrettanto significativa, altri artisti hanno osservato con grande attenzione il disegno infantile. Fra essi si possono citare Pablo Picasso, Juan Miró, Jean Dubuffet, Alexej Jawlensky, Fortunato Depero.
Le opere di questi artisti, in molti casi vere e proprie icone delle Avanguardie, compongono la sezione storica della mostra. Ordinata filologicamente, la sezione presenta i disegni di bambini appartenuti agli artisti (in particolare la collezione di Kandinsky e della Münter e lo straordinario gruppo di disegni raccolti da Dubuffet provenienti dal Musée de l'Art Brut di Losanna) affiancati alle opere degli artisti stessi. Grazie alla generosa disponibilità di numerosi prestatori, è stato possibile accostare capolavori e opere raramente viste in una sequenza che permette di rilevare la presenza nei loro lavori di una grande varietà di elementi caratteristici della creatività infantile.
A partire da tali antefatti storici, l'esposizione esemplifica la ricerca di una condizione di meraviglia nello sguardo da parte degli artisti quale mezzo per affrancarsi dalla cultura artistica. Progressivamente, non è più il disegno infantile ad interessare gli artisti, ma è l'essenza stessa della fanciullezza, nei suoi diversi aspetti: l'innocenza presunta, la dimensione ludica liberatoria, gli aspetti inquietanti dell'identità infantile.
Nell'arte degli ultimi decenni, la presenza di elementi appartenenti al mondo infantile è ormai ricorrente, la mostra propone un'ampia selezione di opere, realizzate da artisti ormai riconosciuti in ambito internazionale, dagli anni Sessanta ad oggi, volta a sottolineare la presenza dell'elemento puerile nell'arte contemporanea.

Elenco degli artisti in mostra
Sezione storica: Fortunato Depero, Jean Dubuffet, Lyonel Feininger, Alexej Jawlensky, Vasilij Kandinskij, Paul Klee, Fausto Melotti, Juan Miró, Bruno Munari, Gabriele Münter, Pablo Picasso, Jean Tinguely.
Sezione contemporanea: Donald Baechler, Christian Boltanski, Joseph Beuys, Gary Hill, Carsten Höller, Mike Kelley, Jeff Koons, Zoe Leonard, Urs Lüthi, Eva Marisaldi, Annette Messager, François Morellet, Liliana Moro, Yoshitomo Nara, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Pia Stadtbaumer, Rosemarie Trockel, Andy Warhol
  



Les enfants terribles. Il linguaggio dell'infanzia nell'arte 1909-2004
Dal 10 ottobre 2004 al 16 gennaio 2005
Conferenza stampa: venerdì 8 ottobre, ore 11.00
Inaugurazione: sabato 9 ottobre, ore 18.00
Orari: martedì 14-17, da mercoledì a sabato 10-17, domenica 10-18, lunedì chiuso
Ingresso: Fr.10, ? 7,00; AVS, studenti, gruppi Fr.7 ? 5,00
Museo Cantonale d'Arte, Lugano
Via Canova 10 - 6900 Lugano
tel + 41 91 910 47 80 - fax + 41 91 910 47 89
decs-mca@ti.ch
www.museo-cantonale-arte.ch
Curatori: Marco Franciolli, Direttore Museo Cantonale d'Arte, Lugano; Helmut Friedel, Direttore Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco; Giovanni Iovane, Docente di Storia dell'Arte Moderna e Contemporanea, Accademia di Brera, Milano.
Catalogo: Catalogo a colori, italiano/inglese, edito da Silvana Editoriale (Fr. 45.-; ? 30)
Con il Patrocinio del Presidente della Confederazione Elvetica Pascal Couchepin e della Città di Lugano
Con il contributo di:BSI e United Colors of Benetton



7.10.2004

 

 A TRANI (BA) la mostra "CONFINI"

fino al 24.X.2004
Confini
Trani (ba), Castello Svevo

La linea tenue dell’orizzonte, quella invalicabile di una fortificazione. E ancora i limiti delle parole e quelli di uno specchio d’acqua. Confini e alienazioni contemporanee. Secondo Pietro Capogrosso, Victoria Vesna e Moataz Nasr. Nella cornice antica del castello…

 

(Fonte:  www.exibart.it)
 

giovedì 7 ottobre 2004
Inauguratasi all’interno della manifestazione I dialoghi di Trani e presentata da un critico di confine d’eccezione, Achille Bonito Oliva - presente in catalogo con un’esauriente intervista inedita - la mostra, curata da Giusy Caroppo, prosegue nell’indagine psicologica dell’io, iniziata lo scorso anno con Delirio.
Il filo conduttore in questo caso è, come enunciato nel titolo, il confine, che si materializza agli occhi dello spettatore nelle immagini tenui e sfocate di Pietro Capogrosso (Trani, 1967); nell’installazione interattiva ed eterea di Victoria Vesna (Washington, 1959); nel video sensoriale di Moataz Nasr (Alessandria, 1961).
Si tratta di tre artisti fortemente radicati nel loro territorio di origine (il Mediterraneo e la terra di Puglia per Capogrosso, i Balcani per la Vesna, l’Egitto per Nasr) con tutte le implicazioni che ne derivano, ma nello stesso tempo con una vocazione universale, anche per i medium usati.pietro capogrosso orizzonte
Pietro Capogrosso -artista di Trani, ma che vive e lavora a Milano- presenta paesaggi dalle atmosfere rarefatte: istantanee di scorci marini che ritraggono l’orizzonte, banchine di un molo, luoghi di confine dello sguardo, appunto. I Bunker sono invece delineati artigianalmente e dettagliatamente con legni pregiati e profumati, che danno l’esatta connotazione materica di un non-luogo di uno spazio di isolamento estremo. Con un voluto il riferimento alla violenza deturpante di queste fortificazioni costruite durante la seconda guerra mondiale lungo la linea litoranea adriatica.
Victoria Vesna -artista americana di origini balcaniche- stupisce con l’installazione Balkan Ghost, situata nella Torre Maestra: sulla nuda parete in tufo, in un ambiente totalmente buio, vengono proiettate in sequenza frasi scritte dall’artista sul tema della ricerca d’identità del suo popolo; contemporaneamente, un sensore capta e proietta con un ritmo rallentato le immagini in movimento dei visitatori, che divengono così anche attori di un’opera in continuo divenire. I confini dei corpi si scompongono e ricompongono creando un’opera nell’opera.
Infine, nella Torre Sifridina, la video-proiezione di Moataz Nasr: The water ritrae volti di musulmani, riflessi in una pozzanghera e deformati dal movimento dell’acqua, che vengono cancellati quando uno stivale calpesta il piccolo specchio d’acqua. Confini tra l’opera e lo spettatore sono anche qui abbattuti grazie alla possibilità di camminare su un vero “tappeto d’acqua” installato nel pavimento della sala e di ascoltare i suoni prodotti dal video, che altro non sono che i rumori provocati della scarpa nell’impatto con la pozzanghera: un rimando continuo ed inestricabile tra opera e fruitore.
Il tutto, in una sorta di “equilibrio instabile” come è quello di un funambolo: metafora –non a caso- usata da Achille Bonito Oliva per definire l’artista, perennemente sospeso. Perché è proprio questo suo essere in bilico a rappresentare la salvezza dell’arte.

ilaria oliva
mostra visitata il 24 settembre 2004

Confini
Castello Svevo. piazza Manfredi - Trani (BA)
A cura di Giusy Caroppo
24 settembre/24 ottobre 2004
Patrocini: Soprintendenza BAP PUGLIA, Regione Puglia, Provincia di Bari, Comune di Trani
Sponsor: Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Megamark
Biglietto:intero 2.00 euro (da 25 anni a 65), ridotto 1.00 euro (da 18 a 25 - oltre 65)
Orario: 10.00/13.00 – 15.00/19.00
Web site: www.ecletticaweb.it/confini
Info:Castello Svevo P.zza Manfredi. Tel. +39 0883 506603
Catalogo con intervista ad ACHILLE BONITO OLIVA a cura di Giusy Caroppo, edito da EDITRICE ROTAS, Barletta (www.edirotas.it)
Organizzazione e allestimenti: Associazione Culturale ECLETTICA - Cultura dell’Arte / Via del mare 11 - 70051 BARLETTA
telefax +09 0883 531953 /572449
Addetto stampa: Francesca Monterisi: info@ecletticaweb.it
Web site: www.ecletticaweb.it/confini


[exibart]

 

 

27.09.2004 

dal 21 settembre al 10 ottobre 04

dal martedi' al sabato ore 21.30 – domenica ore 18.30

Compagnia del Teatro dell'Argine/ITC Teatro di San Lazzaro presenta

TIERGARTENSTRASSE 4 Un giardino per Ofelia

con Micaela Casalboni e Paola Roscioli

testo e regia di Pietro Floridia

Ofelia è una ragazza a cui piacciono i fiori. Qualcuno dice che è matta, qualcun altro che ci fa e basta. Suo padre, partito per la guerra, le ha lasciato una serra in uno stato veramente pietoso. Ma a Ofelia piacciono i fiori, sa come si trattano, parla con loro.
Il problema è che ad Amburgo, nel 1941, non è semplice trovare concimi e diserbanti. Ofelia non dispera, anzi è felice di occuparsi di loro, anche perché lei, con le persone, non si trova bene... perché parla in un modo un po' strano... è matta, e allora gli altri la prendono in giro... la spaventano. Solo una donna non la spaventa, si chiama Gertrud, fa l'infermiera, la mandano dal coordinamento di Tiergartenstrasse 4, a Berlino. E' molto gentile, le fa visita quasi tutti i giorni, si interessa della sua salute e si fa raccontare sempre come prosegue il risanamento del giardino.
Tiergartenstrasse 4, a Berlino, era l'indirizzo del famigerato centro in cui si diede realizzazione alla prima tappa del progetto nazista di creazione di una razza ariana, l' Aktion T4 , per l'eliminazione dei disabili mentali. Al processo di Norimberga, il Segretario di Stato Dottor Lammers ricordò il punto di vista di Hitler sull'”eutanasia”: «Ho sentito parlare per la prima volta di eutanasia nel 1939, in autunno: era la fine di settembre o l'inizio di ottobre quando il Segretario di Stato Dottor Conti , Direttore del Dipartimento di Sanità del Ministero degli Interni fu convocato a una conferenza del Führer e vi fui portato anche io. Il Führer trattò per la prima volta in mia presenza il problema dell'eutanasia, affermando che riteneva giusto eliminare le vite prive di valore dei malati psichiatrici gravi attraverso interventi che ne inducessero la morte. Se ben ricordo portò ad esempio le più gravi malattie mentali, quelle che consentivano di far stare i malati solo sulla segatura o sulla sabbia perché, altrimenti, si sarebbero sporcati continuamente, oppure i casi in cui i malati ingerivano i propri escrementi e cose simili. Ne concludeva che era senz'altro giusto porre fine all'inutile esistenza di tali creature e che questa soluzione avrebbe consentito di realizzare un risparmio di spesa per gli ospedali, i medici e il personale»

(fonte: www.romeguide.it/teatri/dellorologio/dellorologio.html )

 

 

 

21.09.2004 

Alla Galleria Civica di Trento 33 artisti contemporanei danno vita a "DIMENSIONE FOLLIA".

Nelle Marche dal 19 al 29 settembre "ACQUE TERRE", rassegna del Teatro Stabile delle Marche.Verrà presentata l'"Orestea", trilogia nata da un progetto della Biennale di Venezia e della Fondazione Orestiadi di Gibellina. Si inizia il 19 settembre con "Agamennone - sono tornato dal supermercato e ho preso a legnate mio figlio", di Rodrigo Garcia con la compagnia spagnola La Carniceria Teatro. Il 20 settembre, "Coefore", nella traduzione di Pier Paolo Pasolini, con la regia di Monica Conti e l'interpretazione di Annamaria Guarnieri, nel Teatro Bramante di Urbania.  Il 29 settembre, al Comunale di Cagli, "Eumenidi" di Vincenzo Pirrotta. Infine, dal 19 al 23, ci sarà la proiezione, nel Ridotto del Teatro di Cagli, di "Appunti per un'Orestiade Africana" che Pasolini girò durante un viaggio in Kenia, Tanzania ed Uganda. Per informazioni:  www.stabilemarche.it

 

20.09.2004 

"TEATRO DELL'AMORE E DELLA MORTE". A Venezia inizia un nuovo progetto teatrale dedicato a Carmelo Bene.

 

19.09.2004                 

  AUTOBIOGRAFIA CON SERPENTI
D di repubblica 1 maggio 2004 di Monica Capuani

Marina Abramovic in un  ritratto

ANTEPRIMA Marina Abramovic approda al teatro portando a Roma il racconto, emozione per emozione, di tutta a sua vita

Lo sfondo è giallo oro, accecante come il sole allo zenit. Una donna crocifissa, sospesa nell’aria come una martire contemporanea, la lunga gonna ocra, il seno nudo, due grandi pitoni che s'attorcigliano, compiendo evoluzioni come volessero prolungare le sue braccia. A terra, sotto di lei, un cumulo di ossa bianche, scarnificate. Entrano due dobermann e le annusano con una foga amplificata dalla tecnologia. Siamo al teatro Palladium di Roma, quartiere Garbatella, dove Marina Abramovic è in procinto di cominciare le prove (aperte solo agli studenti dell'Università Roma 3) di The Biography Remix, che in realtà andrà in scena al RomaEuropaFestival solo a fine settembre.
Questo approdo al teatro è una bella storia per la Abramovic, artista visiva e performance creator oggi tra le più affermate. Il suo primo lavoro, Rhythm 10, consisteva in un'esibizione di un'ora in cui, armata di venti coltelli, metteva in scena il gioco di passarseli in velocità tra le dita di una mano aperta, col sangue che macchiava il grande foglio di carta sul quale avveniva l'azione.
Di lì in poi, ha usato il corpo come una tela bianca, infliggendogli ogni genere di prova, al di là della più strenua resistenza fisica: assumendo farmaci per la catatonia e la schizofrenia, incidendosi sul ventre una stella a cinque punte, facendosi percorrere da cinque serpenti e mantenendo una totale immobilità, o urlando fino a perdere la voce, ballando otto ore al ritmo di un tamburo africano fino allo sfinimento, camminando 90 giorni sulla Grande Muraglia Cinese fino a incontrare Ulay, partner per dodici anni nella vita e nell'arte, proveniente dalla parte opposta.
The Biography può essere considerato il suo pezzo cardine: l'esegue dal '92 e continuerà ad arricchirlo per tutta la vita, visto che è proprio della sua vita che la performance si nutre. Il regista Michael Laub, amico di Marina da quasi trent'anni, è alla console, controlla l'effetto della potente scena d'inizio.
"Molti anni fa io e Ulay vivevamo in auto, e giravamo il mondo con le nostre performance, così il nostro unico indirizzo fisso era la Appel Gallery di Amsterdam. Ventisette anni fa, tra la posta che passavamo a ritirare ogni tanto, trovammo una videocassetta, senza nome o indirizzo, d'una performance di teatro punk, intitolata Maniac Production. Ci piacque moltissimo, ma dopo tre mesi avevamo perso le speranze di rintracciarne l'autore. Un giorno che eravamo là, Michael Laub ed Edmondo

Zanolini vennero a riprendersela. Nacque immediatamente un'amicizia che portò alla collaborazione tra noi quattro, nella magnifica Villa Romana a Firenze, all'inizio degli anni Ottanta. Li c'è il primo nucleo di The Biography. Dopo la Muraglia Cinese e la separazione da Ulay, la disperazione mi ha condotta di nuovo a quel pezzo, per la possibilità che mi avrebbe dato di stare su un palcoscenico osservandomi però da una certa distanza. Mettere in scena il dolore, era questa la mia idea. Ma volevo farlo proprio nel luogo in cui nulla è reale, il teatro, dove avrei potuto portare la verità del mio dolore, e del sangue che avrei versato davvero".

Una donna crocifissa, coi seno nudo, due pitoni attorno, alle braccia. Il suo corpo è ancora una volta usato come una tela bianca: Cidea è mettere in scena il dolore,nello spazio insieme falso e verissimo dei palcoscenico"

Marina è una donna di grande intensità, 58 anni insospettabili se non li dichiarasse in scena e una voce calma che scandisce l'inglese un po' duro della sua nascita a Belgrado. Michael, invece, è magrissimo, una cascata di riccioli sulle spalle; il fisico minuto e nerovestito di una rockstar. "Mi ha sempre interessato il teatro non narrativo", racconta, "così avevo finito per esibirmi nei festival dell'arte, dove la sola differenza, tra me teatrante e gli artisti erano le prove. Ho preso dalla performance art la realtà del "qui e ora", opposta alla tendenza che ha il teatro verso la necrofilia. E questo apprezzo di Marina, la sua grande capacità di "essere" sul palcoscenico in tempo reale ma in totale opposizione con il recitare. È una intensità che pochi raggiungono, un mettersi in gioco pericolosamente. In questo nuovo allestimento vorrei essere fedele al suo lavoro, scegliendo le scene che risultano contemporanee ancora oggi. E nello stesso tempo vorrei essere molto irrispettoso, nello stesso modo in cui lo è lei stessa nei confronti della sua arte. Questo gusto per il sabotaggio di noi stessi e l’autoironia, è qualcosa che davvero ci fa sentire in sintonia",
Dopo una pausa, arrivano i ragazzi per i provini. Si siedono a coppie, uno di fronte all'altra. si schiaffeggiano ritmicamente. La posa ricorda una delle tante performance di Marina e Ulay, Breathing in Breathing out, in cui i due respiravano l'uno nella bocca dell'altra.
Durante il casting, Marina racconta che in scena ci sarà il figlio di Ulay, e che gli somiglia in modo impressionante. Oggi ha 32 anni, la stessa età che aveva suo padre all'inizio della relazione con lei.
" The Biography è una performance basata su un'assoluta necessità. Ulay mi aveva lasciata per una meravigliosa venticinquenne cinese. Io avevo quarant'anni e mi sentivo grassa, brutta, indesiderata. Avevo, perso tutto e l'unica idea praticabile mi sembrava mettere in scena la mia vita. Oggi, però, sto cercando qualcos'altro. Un modo per trasformare questo materiale in qualcosa che coinvolga le generazioni più giovani, che non hanno la minima idea di chi sono io".

"Lo spettacolo è nato anni fa qyando Ulay miabbandonò peruna splendida 25enne cinese. Avevo 40 anni e mi sentivo, grassa, brutta, indesiderata. Oggi vorrei aggiornare questo materiale"

Per esempio il tema della universalità della sofferenza d'amore. Marina è un'artista dai capelli scuri e il volto classico: confessa in video i momenti forti della sua vita, dal 1946, "Nata a Belgrado/madre e padre partigiani", al 1975, l’incontro con Ulay/forte attrazione/30 novembre 30 novembre nati lo stesso giorno", poi racconta il lungo work in progress, fino a oggi. Nell'assoluta convinzione che la verità superi qualsiasi sovrastruttura e parli al cuore di tutti. "Anche ai ragazzi che adorano i film di Tarantino", aggiunge Michael.
In camerino, la Abramovic vuole mostrarmi sul catalogo dei suoi lavori una vecchia foto di lei, Ulay, Michael ed Edimondo a Firenze. "Mi ricordo perfettamente di quando ho rinunciato alla pittura e alla sua limitante bidimensionalità. Stavo dipingendo nuvole quando il cielo venne attraversato da aerei militari che vi lasciarono impresse bellissime strisce. Andai al comando a chiedere se potevano ripetere la cosa e loro mi guardarono come se fossi pazza".
Poi mi porta nel magazzino in cui si trovano tutti gli abiti e accessori di scena. E quello è un altro mondo. Abiti gialli, neri, camicie bianche "tutto acquistato nei mercati delle pulci di New York per pochi dollari", sottolinea Marina - parrucche che simulano la sua pettinatura, una varietà di coltelli, abiti militari e il berretto originale di sua madre partigiana di Tito, che fino a 29 anni, quando ancora viveva con lei, la faceva rientrare a casa entro le dieci di sera. E poi scheletri di vari materiali, e altro ancora. Marina sembra una bambina nella stanza dei balocchi, entusiasta e orgogliosa.
Torniamo nella bella platea dalle poltrone multicolori del Palladium. "Negli anni Settanta, l'Italia era il Paese che meglio accoglieva l'arte contemporanea", ricorda lei. "Mi dicono che oggi la situazione culturale di questo Paese è molto cambiata. Questo mi dà ancora più voglia di fare questo pezzo a Roma, in questo momento storico. Del resto, il pubblico è come un cane. Se sei falso, sente la tua falsità... Se sei insicuro, sente la tua insicurezza. Dipende tutto da te".

 

 

A sinistra: una scena di The Biografy remixed durante le prove a Roma. Lo spettacolo debutterà al RomaEuropaFestival alla fine di settembre.
A destra: un momento della performance The House with the Ocean View.

 

Debutta il RomaEuropaFestival

Oltre 300 artisti invadono la capitale

Giunto alla sua XIX edizione, con 35 eventi previsti in cartellone, il Romaeuropa Festival può offrire alla città quanto di meglio si muove in Europa e nel Mondo, in fatto di tendenze e realtà artistiche. Vetrina indiscussa di caratura internazionale, il Romaeuropa Festival si pone come appuntamento imprescindibile per gli appassionati di danza, musica, teatro, letteratura, arti visive, performance.

Appuntamento obbligato per chi ama la musica, la danza e il teatro, il Romaeuropa Festival 2004 non rinnega la sua vocazione primaria, quella di essere luogo di incontro e scambio, di confronto e discussione, di creatività collettiva e di spazio aperto alle nuove generazioni dell’arte.

Roma aprirà i propri spazi alle proposte spettacolari del Festival: dalla “nuova casa” del Teatro Palladium, vivacissima realtà teatrale nel cuore popolare di Roma, in collaborazione con l’Università Roma Tre; alla consueta sede dell’Accademia di Francia di Villa Medici, che sin dalla prima edizione ha ospitato gli eventi del Festival; dall’Auditorium Parco della Musica, ai teatri Argentina e Valle – spazi nobili e antichi che sanno accogliere anche gli innovativi spettacoli del Festival – fino al Brancaleone, propulsore indiscusso e inarrestabile della Roma musicale underground. In questi spazi si articolerà il Romaeuropa Festival 2004: con proposte, spettacoli, incontri, reading e altre performance di altissima qualità.

Da sempre legato ai “suoi” artisti di riferimento, il Festival ospita alcuni tra i protagonisti più amati della scena internazionale: Bill T. Jones, Socìetas Raffaello Sanzio, Sidi Larbi Cherkaoui e Les Ballets C. de la B., Akram Khan, William Yang, Alessandro Baricco. Artisti che hanno già arricchito i cartelloni delle passate edizioni del Festival, ma che tornano con nuove e dirompenti proposte. A questi si affiancano autori del calibro di Ping Chong, Emio GrecoMotus, DJ Spooky e molti altri.

A Bill T. Jones che intreccia danza, musica e racconto autobiografico, il compito di aprire "le danze". Il celebre coreografo americano si esibirà all'Auditorium il 16, 17 e 18 settembre. Subito seguirà Marina Abramovic, affiancata dal regista Michael Laub, che propone una versione teatrale originalissima e smagliante del proprio percorso umano ed artistico. L'appuntamento è fissato per il 29 e 30 settembre e per il 1 e 2 ottobre. Al Teatro Palladium. Tra le sorprese del Festival la giovane drammaturga Emma Dante che con il suo nuovo spettacolo "Vita mia", investiga i riti del lutto e della pietà familiare.

(fonte www.tgcom.it)


15.09.2004

  Biennale Teatro

 

("Scene del presente" di Luciana Borsatti; fonte www.turismovenezia.it)

La drammaturgia italiana contemporanea, quella scrittura teatrale rimasta spesso

in secondo piano tra teatro di regia e di ricerca: questo il tema del 36°

Festival Internazionale del Teatro della Biennale diretto da Massimo Castri, che

si svolge dal 15 settembre al 2 ottobre. Perché, dice Castri, 'il testo e il

linguaggio teatrali possono parlare ancora dell'oggi', e dunque va data

'visibilità ai progetti di giovani autori e artisti che nell'ultimo decennio

hanno riacceso l'interesse di critica e pubblico'.

E se i punti di partenza sono due grandi del Teatro del Novecento come Pier

Paolo Pasolini e Giovanni Testori, il programma vuole così testimoniare anche

l'attuale realtà drammaturgica italiana, in confronto dialettico con la

scrittura europea.

Ad aprire il festival il 15, al Teatro delle Tese all'Arsenale, è la figura

della Monaca di Monza nella reinvenzione di Testori: portato per la prima volta

in scena da Luchino Visconti nel 1967, senza mancare di suscitare polemiche, il

testo affronta il tema della fanciulla malmonacata - un topos della nostra

letteratura, da Dante a Manzoni e al Novecento - facendo riemergere la

protagonista dalla tomba e richiamando sulla scena gli spettri di chi le è

vissuto accanto. Ad interpretare la protagonista è Lucilla Morlacchi con la

regia di Elio De Capitani, che tornano entrambi a Venezia e alla Biennale nove

anni dopo il successo - nell'allora quasi inedito scenario dell'Arsenale - del

pasoliniano 'I Turcs tal Friul'. Da Testori alla traduzione di Pasolini, con un

progetto nato alle Orestiadi, di Gibellina per concludersi proprio a Venezia e

affidato a tre registi chiamati ad affrontare tre episodi dell''Orestea' di

Eschilo: l'ispanoargentino Rodrigo Garcia con il suo attualissimo 'Agamennone';

Monica Conti con il lato femminile della tragedia nelle 'Coefore'; il texano

Caden Manson e il suo sperimentale Big Art Group con le sue tecnologiche

'Eumeneidi'. Tre linguaggi diversi per i tre episodi, nelle diverse

ambientazioni delle Tese alle Vergini, del Piccolo Arsenale e del Teatro alle

Tese. Ancora Pasolini, questa volta come autore, con 'Bestia di stile' - opera

che frantuma tutte le regole e le forme e le forme della scrittura teatrale,

sorta di autobiografia e testamento dell'autore - messa in scena dal

trentacinquenne napoletano Antonio Latella, rivelazione di questi ultimi anni.

Apre invece la sezione dedicata alla drammaturgia contemporanea Sarah Kane, una

delle autrici più frequentate dell'ultima generazione: il suo 'Purificati', che

guarda alle aberrazioni del ventesimo secolo ed è ambientato in un campus

universitario simile ad un campo di concentramento, è affidato alla regia del

trentenne Marco Plini. E a quella stessa Inghilterra di Sarah Kane guarda anche

'Binario morto - Dead End' della ventitreenne Letizia Russo, centrato su un

gruppo di adolescenti senza centro e senza identità, commissionato dal National

Theatre di Londra e diretto a Venezia da Barbara Nativi. Alla drammaturgia

nordeuropea si interessa invece la compagnia 'O Zoo no' di Benedetta Francardo e

Massimo Giovara, alla Biennale con 'Prima/Dopo' del tedesco Roland

Schimmelpfennin. Drammaturgia di corpi invece per Emma Dante, che dopo

'mPalermu' e 'Carnezzeria' trova nella riscrittura di un testo di Tommaso

Landolfi ad opera di Elena Stancanelli il nucleo ispiratore del suo spettacolo

'La scimia'. Chiudono infine il festival 'Roma 4 giugno 1944' di Ascanio

Celestini, rievocazione dell'ultimo giorno dell'occupazione nazista; 'Scanna' di

Davide Enia, l'attesa di un padre antifascista in un rifugio antiaereo; 'Io ti

guardo negli occhi' di Andrea Malpeli, premiato al 47° Festival di Riccione, con

la regia di Cherif.

 

9.09.2004 

16 settembre 2004 ore 21
Cervignano, Teatro Pasolini
 
Balletto Civile
Il Corpo Sociale
ideazione, canti e coreografia    Michela Lucenti
con Emanuele Braga, Francesca Brizzolara, Maurizio Camilli, Renato
Cravero, Yuri Ferrero, Francesco Gabrielli, Claude Gerster,
Michela Lucenti, Ambra Senatore, Emanuela Serra
una produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
 
Come si può "danzare l’anima"? Come dare corpo ai movimenti della psiche, ai labirinti della sofferenza mentale? Otto danzatori, capitanati da Michela Lucenti - danzatrice e coreografa di talento europeo, cresciuta alla scuola di Pina Bausch - entrano nel "corpo sociale" di cui parla Franco Basaglia, il riformatore della psichiatria contemporanea, quando afferma: "Non siamo solo corpo organico, ma anche corpo sociale, perché la malattia avviene nella vita, è espressione delle contraddizioni della realtà".
"Dopo anni di nomadismo teatrale, io e i miei danzatori - spiega Lucenti - abbiamo scelto di vivere per oltre un anno all’ex ospedale psichiatrico di Sant’Osvaldo, a Udine. Grazie a una legge d’avanguardia come la 180, quei luoghi non sono più di contenzione e violenza. Oggi è un luogo pieno di memorie dure e di un presente dolce. Vogliamo raccontare, con un linguaggio che restituisce sensazioni, quanto ci è successo in questi mesi, anche dopo il lavoro che ci ha permesso di incontrare in un’esperienza diretta, gli utenti del DSM, i loro amici, i parenti, gli operatori dei dipartimenti. Tutto questo mondo l’abbiamo tradotto con il linguaggio del corpo, con il canto. Traducendo con quei linguaggi, le parole di Basaglia, la sua passione umana e scientifica, il suo instancabile interrogarsi sulla malattia mentale".
Corpi cantano e danzano, sollevano, cadono, segnano semplicemente un volume, insieme, in una partitura collettiva, studiati e osservati da un uomo e una donna eleganti che paiono prendere appunti, incamerare sensazioni. Salvo poi essere talmente influenzati da quella danza minuziosamente scrutata da avere la tentazione di interagire…
 
Estratti dalla rassegna stampa
 
…le emozioni esplodono portandoci in un universo chiuso ma di assoluta libertà e creatività. […] Ci sono momenti particolarmente intensi, come quello acquatico finale al suono di One more kiss, ma è la lingua stessa unitaria del corpo e della voce a impressionare. Non solo per la rivelazione strepitosa di un talento fuori della norma, ma per la felicità, seppure dolente, che riesce a comunicarci.
Gianfranco Capitta - Il manifesto - 20 aprile 2003
 
I danzatori si sostengono, si spingono, si strattonano, si sollevano, si scalciano, si spostano in un fluido contact, lento e aggraziato, ma pronto a esplodere in assalti di furore. […] Si toccano vertici di assoluta poesia nel passo a due centrale, e momenti emozionanti nel collettivo che rimanda a certi gruppi bauschiani o, all’opposto, alle dinamiche energiche dei DV8. Ed è bello registrare la crescita artistica di Michela Lucenti: una coreografa ormai di respiro europeo.
Andrea Porcheddu - del Teatro - 15 aprile 2003
 
…anche il pubblico non specialistico resta ammirato dalla forza che ha questa coreografa trentenne di elaborare, letteralmente, un lessico di posizioni e movimenti. […] Momenti anche di vera commozione, in palcoscenico e tra il pubblico: tanto più emozionanti e belli perché provocati dalla sola composizione delle figure e dal risuonare nudo, senza parole, del canto.
Roberto Canziani - Danza & Danza - giugno 2003
 
1.09.2004 "FESTIVAL DELLA MENTE" a Sarzana.

Venerdì 3 settembre a Sarzana si inaugura la prima edizione del "Festival della mente". 

Come e perchè nascono le idee. Interventi, performance, spettacoli sulla creatività, tra arte, scienza, letteratura, musica e sport.

Si inizia il 3 settembre con una conferenza di Edoardo Boncinelli dal titolo "Come nascono le idee". Lo stesso giorno, a seguire, Lella Costa con Giorgio Gallione presenteranno "A proposito di Alice. Appunti per uno spettacolo futuro", Diego Marani con Andrea Moro in "L'invenzione della lingua perfetta", Alessandro Bergonzoni in "Celeberrime. Genesi dell'innato", e, per concludere la giornata, Alessandro Mendini con Massimo Caiazzo presenteranno "Decori vaganti" con la partecipazione di Raiz, Triggerz, Pulsar Dance company e D.I.M..

Sabato 4 settembre sarà la volta di Dino Risi con Beppe Cottafavi in "La mente è un film", quindi Alberto Oliverio in "Dall'immaginazione all'opera d'arte", Enrico Rava con Alberto Riva in "Note necessarie ad alta voce", Piergiorgio Odifreddi in "Creare è una questione di logica", Umberto Galimberti in "La creatività viene dal sacro",  Luciano Garofano in "Il puzzle del delitto perfetto. Nella mente del killer", Ed infine Enrico Rava con Marco Di Gennaro e Daniele Formica condurrà un reading concert dal titolo "Note necessarie".

Domenica 5 settembre Annamaria Testa con Paolo Rossetti presenterà "Duetti tra parole ed immagini. Quasi un workshop", quindi Jorge Valdano con Darwin Pastorin e Pierpaolo Marchetti in "Tra pensiero e azione. L'idea del tocco di palla", Ekkehart Krippendorff con Gianni Vattimo in "Non c'è politica senza arte", Vincenzo Cerami in "La creatività viene dal silenzio", Gore Vidal con Giulietto Chiesa in "Americans' Mind", Vittorino Andreoli in "Nella mente degli adolescenti", ed infine Giuseppe Cederna con Pietro Laureano e Giuseppe Baresi presenterà "Una notte d'estate tre viaggiatori".

Info:  www.festivaldellamente.it

 

31.08.2004 

"Le opere e i giorni: VANITAS alla Certosa di Padula"

vai al link      

 

30.08.2004

Il Festival Oriente Occidente 2004 si svolgerà dall’1 all’11 settembre a Rovereto, Trento, Verona e Mantova. 

Organizzato dagli Incontri Internazionali di Rovereto con il sostegno della Provincia Autonoma di Trento, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, del Comune di Rovereto, della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, dell’ APT di Rovereto e della Vallagarina e con la collaborazione della Cantina La Vis quale sponsor principale, della Cassa Rurale di Rovereto, della Trentino Servizi, di Fro, Marangoni, Arcese, O’Neill, Mazzotti, Ballarini, Metalsistem il Festival Oriente Occidente giunge quest’anno alla XXIV edizione.

Il team di Oriente Occidente è presieduto da Paolo Baldessari e si articola nella direzione artistica di Lanfranco Cis e Paolo Manfrini, in quella amministrativa di Dario Piconese e in quella organizzativa di Oriana Cescatti.

Il Festival, come consuetudine, interseca le linee di punta della danza di oggi e indaga sulle tendenze artistiche e le contaminazioni tra le arti presentando otto prime italiane e una prima europea, tra cui la coproduzione dello spettacolo “Les Reflets d’Ulysse” di Bud Blumenthal.

Un ambito di contaminazione concerne l'intensificazione della collaborazione con il Festivaletteratura di Mantova volto a sviluppare il tema del rapporto danza e letteratura attraverso quattro spettacoli e una serie di incontri con scrittori, saggisti e poeti in programma al Mart di Rovereto per la sezione Linguaggi. L'Odissea di Omero e l'Ulisse di Joyce sono i testi ispiratori di due, dei tre spettacoli, creati dal coreografo belga Bud Blumenthal e presentati al Festival. L'opera corale Les reflects d'Ulysse (Rovereto, Auditorium Melotti l'8) e il solo Les Sentiers d'Ulysse (Mantova, Teatro Bibiena il 10) sono opere aperte, ibride, ad immagine del viaggio dell'eroe di Omero, pieno di deviazioni. Il terzo pezzo è un lirico assolo del 1996, mai visto in Italia e danzato dall'autore, che prende le mosse dagli haïkus giapponesi e che si sviluppa in una suite coreografica costruita sulle qualità proprie di queste brevi liriche: la delicatezza, la tangibilità dell'istante, la risonanza della semplicità (Rovereto il 5 e Mantova il 10).

Altro tema del festival è il rapporto danza e atletismo, acrobazia e pericolo ben incarnato da due compagnie statunitensi ospiti di questa edizione: Project Bandaloop, uno straordinario gruppo di ballerini di San Francisco che appesi a corde da scalata si esibiscono nel vuoto calandosi da pareti rocciose e costruzioni imponenti (Crossing, Stories of Gravity and Transformation prima europea a Rovereto, piazza Mart l'1 e il 3, poi repliche a Verona - Torre dei Lamberti il 4 e a Mantova - Castel San Giorgio il 9) e la compagnia Streb di Elisabeth Streb le cui investigazioni passano attraverso lo studio scientifico del corpo umano, dalla gravità allo sviluppo della forza e i cui lavori danno al pubblico un forte segnale di pericolo, vere e proprie esperienze per semi-eroi (Verona, Teatro Nuovo 6,7 - Rovereto, Auditorium Melotti 10,11).

Altro e non meno curioso interrogativo del Festival nato nella città di Depero viene dal lavoro di Louis-Philippe Demers e dalle sue performance-installazioni con i robot. Si domanda Demers: "Le macchine possono danzare?" La risposta è ovviamente positiva: i robot possono danzare, sono in grado di eseguire movimenti guidati da una sorta di "volontarietà", ma questa capacità costituisce un tradimento della loro intrinseca natura autoreferenziale e funzionale.(Rovereto, piazza del Mart, dal 7 al 9).

Infine non possono mancare uno sguardo a Oriente e alle sue relazioni con l'Occidente ben rappresentate dai gruppo cinese-americano Shen Wei Dance Arts al Festival con Rite of Spring e Folding, due lavori di straordinaria bellezza frutto dell'ibridazione delle due culture (Trento, Sociale il 2, 3) e l'attenzione alla coreografia emergente. In questa edizione sono di scena la giovane coreografa di origine italiana, attiva in Belgio, Manuela Rastaldi e il più consolidato autore brasiliano Guilherme Botelho fondatore a Ginevra della compagnia Alias.

Manuela Rastaldi presenta il suo ultimo spettacolo Loom nel quale si interroga sull'apparire e sullo sparire in scena del corpo (Rovereto, Auditorium Melotti il 2), mentre Botelho con Escucha mi cantar si sofferma sull'analisi di tre spazi abitativi, tre stanze, tre 'spaccati di vita' che lo spettatore fruisce come voyeur di sentimenti, intimità ed esperienze quotidiane (Rovereto, Auditorium Melotti il 6). A rappresentanza della danza di casa nostra, la compagnia veronese Ersilia Danza di Laura Corradi con l'ultima creazione Il Corpo. Un lavoro per cinque interpreti che riflette sulla potenza comunicativa del corpo, sul suo vibrare, sul suo essere filtro tra l'io e il mondo (Rovereto, Auditorium Melotti il 4).

Una la proposta formativa di Oriente Occidente per il CID di Rovereto (Centro Internazionale Danza di Rovereto): il laboratorio di Manuela Rastaldi.

La coreografa Manuela Rastaldi proporrà ai partecipanti al laboratorio una serie di 'tecniche' di composizione da lei sperimentate negli ultimi anni di attività. Punto di partenza del lavoro di Rastaldi il corpo, inteso come impronta spaziale e temporale che, partendo da un processo spontaneo, riesce a creare all'istante una composizione complessa. Da questo rapporto tra l'improvvisazione e il pre-determinato nascono tutte una serie di sfaccettature e variazioni sul tema che Rastaldi intende indagare. Dalla nozione di 'improvvisazione sottomessa a regole', passando per l'utilizzo di frasi coreografiche stabilite su strutture temporali predeterminate, fino alle combinazioni di diversi gradi di libertà tra danza, musica, voce, partner, il workshop mira a fornire ai danzatori degli strumenti che possano essere d'aiuto allo sviluppo delle caratteristiche individuali per la produzione di movimento e per la composizione coreografia. Al termine del laboratorio (25 agosto - 4 settembre), i danzatori saranno chiamati a presentare un evento spettacolare, frutto del loro lavoro, al Mart di Rovereto.

Per la sezione Linguaggi, nata in collaborazione con il Festivaletteratura di Mantova, la Biblioteca Civica di Rovereto e il CID, sono in programma numerosi incontri con coreografi, studiosi e letterati che accompagneranno gli eventi spettacolari della manifestazione.

(fonte www.orienteoccidente.it)

 

2.08.2004
Armunia Festival - Costa degli Etruschi
Piazza della Vittoria, 1, Castiglioncello (Li). Info: 0586 754202 e 0586 759021.
Sito ufficiale: www.armunia.it

Note: Armunia Festival, giunto quest’anno alla settima edizione, si presenta come di consueto articolato in quattro sezioni: Inequilibrio, Accrepapelle (teatro di strada e clownerie nei paesi collinari), Summerbeat (musica di qualità alla Villa Guerrazzi loc.La Cinquantina di Cecina) e Contrappunti (danza, teatro, cabaret alla Villa Guerrazzi loc. La Cinquantina di Cecina, in agosto).
Inequilibrio (7-18 luglio) è la prima sezione del Festival, s’inaugura il 7 luglio, a Castello Pasquini di Castiglioncello (LI), proponendo una kermesse di undici intensi giorni con spettacoli che sintetizzano dodici mesi di ospitalità a Castello Pasquini, che Armunia ha offerto agli artisti e alle compagnie per lavorare alla creazione delle loro opere. Le sale di castello Pasquini, il piccolo Anfiteatro nel parco, la Tensostruttura e altri spazi all’aperto distribuiti nel suggestivo parco del castello affacciato sul mare, ospiteranno ogni giorno a partire dalle 19, spettacoli e rappresentazioni, incontri con gli artisti.
Fedele alla sua natura “in-equilibrio”, ovvero instabile ed incerta e per questo più preziosa, si presenta come una mappa per orientarsi tra le esperienze più significative della scena contemporanea soprattutto italiana. Il programma segue un criterio “armonioso” rispetto agli spettacoli scelti, quasi tutti border-line tra danza, teatro e improvvisazione, nella ricerca di esplorare le commistioni tra le arti sceniche, come per esempio nel nuovo studio “Concerto” di e con Virgilio Sieni e Francesco Giomi, che sarà presentato in prima a Inequilibrio, dove un danzatore e un compositore-ingegnere del suono esplorano lo spazio, il suono e il movimento. O ancora nel caso dello spettacolo “Map me” del duo belga Charlotte Vandeneynde e Kurt Vandendriessche, dove lo spazio del corpo corrisponde a quello dell’immagine proiettata. Quest'anno Inequilibrio ospita una sezione dedicata ai "soli" di giovani danzatrici italiane: Solididonne”, troviamo infatti in questa sezione: Giovanna Velardi con La Marionetta. Cinzia Scordia con "Processing Bbalata", Alessandra Fazzino con “Le parole hanno fame”, Elisa Cuppini "I don't Know?".
Tra le altre proposte di Inequilibrio: Sistemi Dinamici Altamente Instabili di Alessandra Sini con "Tonine", Company Blue con “La Casa invisibile”, Compagnia Virgilio Sieni Danza con “Cado”, Antonio Taglierini con “Titolo provvisorio: senza titolo”.
Bobo Rondelli, un personaggio eclettico, presente in più ambiti della scena artistica italiana. Sei anni or sono la regista Roberta Torre lo chiama per scrivere insieme a Pacifico le musiche del film che sta per girare, Sud Side Story.
In seguito all'incontro con Bobo, la regista stessa decide che sarà proprio lui il protagonista del musical, un lavoro che avrà un grande riscontro al Festival di Venezia e riceverà premi al Festival di Berlino. Musicista, cantautore e attore fuori da ogni schema ed etichetta, Bobo Rondelli approda al teatro per riproporre la “storica”piece di Roberto Benigni diretta da Giuseppe Bertolucci “Cioni Mario di Gaspare fu Giulia” prodotto da Armunia che proporrà in prima a Inequilibrio per la regia di Alessandro Benvenuti.
Massimiliano Civica sarà presente al Festival con un nuovo spettacolo, anche questo prodotto da Armunia: “Gran Guignol” dove quattro uomini recitano storie del Grand Guignol che hanno come protagoniste delle donne. Sono donne che cercano una qualità alta della vita, che inseguono la necessità di una presenza piena nello scorrere del tempo, che chiedono ai loro uomini una capacità di attenzione ai dettagli dello stare insieme. Cercano evasione nel sogno dell’amore romantico, nel dolore, nell’allucinazione. Tre storie senza un lieto fine. Lo spettacolo è il segno di una perdita, di una assenza: ciò che gli spettatori vedono in scena non esaurisce quello che c’è da vedere. Lo spettacolo è il calco, il negativo fotografico di una presenza, di azioni e persone che sono state, e di cui rimane nello spazio e nella memoria l’eco di una nota tenuta. Quattro uomini recitano delle storie di donne, perché è impossibile parlare di quello di cui si vuole parlare. Perché è necessario porre una distanza, indossare una maschera, cercare lo scarto, la mattonella fessa del muro del racconto per testimoniare quello che non si può dire. Nell’ambito di Inequilibrio Massimiliano Civica proporrà anche la ripresa di “Andromaca” dove straordinario protagonista “solo” è Andrea Cosentino, 35 anni, attore dalla comicità colta e diretta che mescola il farsesco e il comico al tragico. Tra le altre proposte ancora spettacoli prodotti da Armunia La Compagnia Teatro Setaccio di Cesar Brie con “Il cielo degli altri”, (…nel cielo degli altri non riconosci le stelle che vedevi da bambino, quando avevi curiosità e tempo per guardarle. Il cielo degli altri è il cielo della nostalgia, della solitudine, della perdita e dell’assenza. Credo malgrado tutto che gli italiani abbiano ancora memoria, che ci siano ancora persone generose, accoglienti, sensibili che non sono ancora stanche della povertà degli altri. C.Brie) Egum Teatro con “Loretta Strong” di Copì (I testi di Copì sono così…un inno alla vita…un ballo con la morte…e un pic-nic in mezzo ai morti viventi. UNA FESTA! Egum Teatro), EdgarLuve con “Felicità” liberamente ispirato a A.Camus, Alessio Pizzech con “Parole di sale” da Giorgio Caproni, Leonardo Capuano e Renata Palminiello con “Due”, e Roberto Abbiati e la sua mini tenda da circo montata nel parco del castello, per raccontare le avventure di Zarafa, la prima giraffa arrivata in Europa.
E poi ancora Claudio Morganti e Alkestis Teatro con la prima di “Waiting for Caligola”, l’Archimandrita Teatro con “Furio Caligola”, l’Hotel de la lune di Gian Maria Tosatti con “Circo”, Roberta Biagiarelli con “Rapporto Chernobyl ”, Fortebraccio Teatro con “PER ECUBA neutro plurale”, Remondi e Caporossi con due spettacoli: l’ormai “classico” “Sacco” e il nuovo “Me e me”. Quindi ancora un’anteprima, quella del Teatro della Valdoca con “Paesaggio con fratello rotto” per la regia di Cesare Ronconi, Scena Verticale con “Kitsch Hamlet.” e Corte Ospitale con “ I Miti oggi”.
25.07.2004

«Estate a Radicondoli»

Gli edifici, le vie e le piazze medievali del Comune di Radicondoli, nella provincia di Siena, dal 26 luglio al 14 agosto ospitano il festival «Estate a Radicondoli», nel segno di danza e teatro, principalmente, ma anche di musica e poesia.

Nata quasi per gioco, l'associazione Radicondoli Arte promuove anche quest'anno, per la 16esima edizione, il festival che promette un'intensa estate di appuntamenti culturali. In primo piano la danza più o meno imparentata con il teatro con nomi molto interessanti: Kinkaleri e Company Blù di Alessandro Certini che sono affermati ed altri gruppi come Secondo Taglio, Florence Dance, Adarte , Giardino Chiuso, e i pisani Sacchi di Sabbia che cominciano a farsi conoscere. Ci sono insieme gli allievi del Balletto di Toscana, i solitari performers Leonardo Capuano e Leone Barilli.

Dalla danza al teatro con il recital di Paolo Hendel e la sua comicità sferzante e i suoi siluri contro lo stato delle cose nella nostra repubblica; torna inoltre a Radicandoli Carlo Monni, che insieme a Paolo Hendel, leggerà alcuni brani tratti dal libro che raccoglie, per la prima volta, un secolo di storia dei comici toscani: dal vernacolo popolare attraverso i Giancattivi e Benigni.

E poi ancora teatro-danza toscano con il gruppo Zermrude; teatro-poesia con il concerto spettacolo dantesco «A riveder le stelle» di Marco Andriolo e Galatea Ranzi, fino ad arrivare al teatro civile del gruppo belga residente in Toscana Teatro Azione ed infine il teatro in musica dell'«Arca Azzurra» con «L'ultimo sogno di Lorenzo Da Ponte».

Per informazioni, costo dei biglietti e orari è possibile consultare il sito di Radicondoli Arte.

 

Radicondoli arte
E-mail: Radicondoli arte
Comune Radicondoli

Provincia Siena

 
22.07.2004

Al Mittelfest di Cividale del Friuli (UD):

"Kinder-Traum Seminar"


Autore: Enzo Moscato
Artisti: Enzo Moscato, Cristina Donadio, Gino Grossi, Carlo Guitto, Pasquale Migliore e con Salvio Moscato, Francesco Moscato, Gianki Moscato, Giuseppe Affinito jr.
Regia: Enzo Moscato
Scenografia: Tatia Barbalato
Costumi: Tatia Barbalato
Musiche: Donamos (ricerche musicali)
Luci: Cesare Accetta
Sede: Mittelfest di Cividale (UD), in tournée durante la prossima stagione

Recensione di renato palazzi  (da www.delteatro.it)

Kinder-Traum Seminar di Enzo Moscato è uno spettacolo per molti aspetti anomalo, non soltanto perché è riapparso al Mittelfest di Cividale dopo essere stato rappresentato per poche sere a Napoli, lo scorso anno, finendo poi inspiegabilmente nel dimenticatoio: insolitamente, l'autore lo definisce «studio scenico su un pensiero-parola», e davvero la parola - recitata, detta, cantata, spesso incomprensibile in uno stretto partenopeo o in un tedesco gutturale - sembra andare oltre il suo stesso significato, incarnando stratificate dimensioni della coscienza su un fenomeno di incommensurabile portata come l'Olocausto.

Formalmente, il lavoro di Moscato è una sorta di concerto nel quale brani letterari, frammenti poetici, cronache dei lager si intrecciano in un inestricabile impasto visivo e sonoro con spezzoni musicali e coi movimenti collettivi degli attori che mimano il passo dell'oca o i rigidi gesti di automi impazziti dietro la rete metallica che delimita lo spazio della scena: tutto questo però non ha nulla della semplice lettura o dello scarno «oratorio», ma richiama piuttosto un sinistro presepe meccanico, le cui figure sincronizzate con ottusa precisione si affacciano all'immaginario dello spettatore come oscuri fantasmi della psiche. Il titolo, preso da Jung, allude tanto ai sogni dei bambini quanto a bambini visti in sogno. E davvero il più immane genocidio del Novecento affiora come attraverso una trasparenza onirica, dove ogni frase assume l'ossessiva ripetitività propria degli incubi, e un fanciullo in grembiulino azzurro ricorda le piccole vittime dei campi di sterminio, ma è anche pronto ad accodarsi trucemente alla marcia dei persecutori, o a cantare «Colonnello non darmi pane, voglio piombo per il moschetto», trasformandosi all'istante in straziante simbolo dell'altra infanzia violata, quella di chi crescendo diverrà responsabile o complice dei massacri.

Moscato traduce in napoletano testi di Primo Levi, di Elie Wiesel, persino di Kantor, che risuona stranamente commovente nella lingua di Eduardo. Il fortissimo impatto emotivo dello spettacolo passa così in gran parte attraverso l'insolito contrasto fra la parlata vesuviana - che assurge qui a lingua dei morti e dei deportati - e le aspre cadenze teutoniche che esprimono gli ordini e la burocratica inflessibilità dei regolamenti che guidano le stragi. Ma sopra ad esso incombe un altro contrasto ancor più lacerante, tra il candore infantile richiamato dalle note di Stille Nacht e la memoria dell'atroce, interminabile bagno di sangue.

 


21.07.2004

Volterrateatro '04
festival internazionale di teatro, musica, danza, video, arte e cultura
19 luglio - 1 agosto 2004

Volterra, Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina e Monteverdi Marittimo (Pisa)

I TEATRI DELL'IMPOSSIBILE - XVIII edizione
direzione artistica Armando Punzo
organizzazione Carte Blanche

Il progetto di Laboratorio Teatrale nel Carcere di Volterra nasce nell'agosto del 1988, a cura di Carte Blanche sotto la direzione di Armando Punzo, con il contributo della regione Toscana, della Provincia di Pisa, del Comune di Volterra, dell'USL 5 Volterra.

In 14 anni di lavoro la Compagnia della Fortezza composta dai detenuti-attori del carcere di Volterra ha prodotto circa ogni anno uno spettacolo nuovo. A partire dal 1993 gli spettacoli della Compagnia della Fortezza sono stati rappresentati fuori dal carcere e sono stati invitati nei principali teatri e festival italiani, numerosi inviti sono giunti anche dai maggiori festival internazionali.

Nel 1994 è stato costituito il primo Centro Teatro e Carcere basato su un accordo di programma tra Regione Toscana, Provincia di Pisa e comune di Volterra. Nel 1998 il dipartimento dello Spettacolo presso la presidenza del Consiglio dei Ministri e l'Ente Teatrale Italiano sono intervenuti con un contributo a sostegno del progetto di laboratorio teatrale all'interno del carcere.

Dal dicembre 1996 Carte Blanche gestisce il Teatro San Pietro di Volterra.

Dal 1997 Carte Blanche ha ottenuto la direzione artistica e organizzativa del Festival Volterrateatro nel quale ha proposto per 5 anni consecutivi il progetto I Teatri dell'Impossibile.

Nel 2000 è stato firmato un protocollo d'intesa per l'istituzione del "Centro Nazionale Teatro e Carcere" dal Ministero della Giustizia dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, la Regione Toscana, la Provincia di Pisa, il Comune di Volterra e l'Ente Teatrale Italiano.

Nel 2001 il Ministero dello Spettacolo ha riconosciuto a Carte Blanche il Progetto Speciale per il lavoro della Compagnia della Fortezza.

PROGRAMMA GENERALE

Ospite d'onore del Festival
Armand Gatti

Armand Gatti incontra il pubblico
Dal 26 al 31 luglio

La Parola Errante. Armand Gatti incontra il pubblico
27 luglio ore 17
Centro Studi S.Maria Maddalena della Cassa Risparmio di Volterra S.p.A.

Progetti speciali

Progetto Compagnia della Fortezza

Teatro delle Ariette
Un ricordo per Ada delle Grotte

Progetto speciale per i Comuni di Pomarance, Castelnuovo V.C., Montecatini V.C., Monteverdi M.mo
  • Teatro delle Ariette
    Secondo Pasolini - evento innaturale
    19 luglio, ore 19
    Monteverdi M.mo, partenza da Piazza della Chiesa
    21 luglio, ore 19
    Montecatini V. C., partenza da Piazza Garibaldi
    23 luglio, ore 19
    Castelnuovo V.C., partenza da Piazza del Plebiscito
    25 luglio, ore 19
    Pomarance, partenza da Piazza Cavour

  • ASSENTI un progetto sperimentale
    27, 30 luglio, ore 24
    28, 29 luglio, 23.30
    Ex Circolo Arci Malaonda - Torre Toscano

  • HAPPY HOURS - Incontri aperitivo
    da lunedi 26 a sabato 31 luglio, dalle 18 alle 20
    Ex Circolo Arci Malaonda - Torre Toscano

Ospiti internazionali

Wee Company - Norvegia
Z - I love you honey bunny
prima nazionale
27 luglio, ore 20.30 - 28 luglio, ore 22
Teatro Persio Flacco

Theatre National de la Communautè Wallonie Bruxelles - Belgio
L'Homme du jour
prima nazionale
28 luglio, ore 20.30 - 29 luglio, ore 17
Teatro di San Pietro

Andrés Morte - Spagna
Lo sguardo sequenziale
Workshop condotto da Andrés Morte
dal 27 luglio al 1 agosto

Ospitalità, progetti, incontri

Progetto Slow Theatre
Da un'idea di Armando Punzo
  • Tutto su di me - un Pescecane fuor d'acqua
    prima nazionale
    Interventi di Stefano Cenci
    20 luglio, ore 19
    Calanchi di San Cipriano
    22 luglio, ore 19
    Abbadia di Montebradoni


Teatri della Resistenza
Turni di guardia. L'eccidio - Ode ai minatori
prima nazionale
24 luglio, ore 19
Vallino della Niccioleta - Castelnuovo Val di Cecina

Capuano - Palminiello
Benvenuti s.r.l. - Armunia
Due - primo movimento
prima nazionale
26 luglio, ore 18
Teatro di San Pietro

Mutti - Musella
Kamikaze - il guerriero
prima nazionale
26 luglio, ore 21
Sotterranei Pinacoteca

Teatro di Nascosto - Hidden Theatre
Dinieghi
26 luglio, ore 22.30 - 1 agosto, ore 18
Sotterranei della Pinacoteca

Libera Mente
Teatrosfera / Teatro Laboratorio di San Leonardo - FestTeatro Tirano
La Bellezza
27 luglio, ore 21.45
Teatro di San Pietro

Isole Comprese Teatro
Progetto Risvegli
  • Io sto bene
    28 e 29 luglio, dalle 18.30 in poi fino al calar del sole
    Parco del Conservatorio di San Pietro

  • Risvegli - La scena Impossibile
    dal 26 luglio al 1 agosto
    Corridoio del Conservatorio di San Pietro


Compagnia Terzo Mondo
Materiali di isolamento
33 PARADISO - dell'esilio di Dante e Pasolini
prima nazionale
28 e 29 luglio, ore 23.30
Sotterranei della Pinacoteca

Corte Ospitale di Rubiera
La Ballata di Franz
29 luglio, ore 20.30
Teatro Persio Flacco

Teatro Laboratorio San Leonardo/Teatrosfera
Psicosi 4.48/Cantico
30 luglio, ore 20.30
Teatro di San Pietro

Compagnia I Liberanti
Calderon, il padre,il figlio, la torre, il palazzo
31 luglio, ore 21
Sotterranei della Pinacoteca

Progetto di valorizzazione del giovane teatro toscano

Presentazione del progetto
a cura di Massimo Luconi Direttore Teatro Metastasio Stabile della Toscana

Anonimascena
Narcisus set
31 luglio, ore 17 e ore 18.30
Teatro di San Pietro

Teatro Morfico di Cabotin
Binario Zero
30 luglio, ore 23.30
Sotterranei della Pinacoteca

Musica

Yo Yo Mundi
"54"

dal testo dei Wu Ming
29 luglio, ore 22
Piazza dei Priori

Les Triplettes Trio
Canzoni di Seconda Mano

27 luglio, ore 23
Cortile della Pinacoteca

La Contrabbanda
Street Parade e concerto

30 luglio

Color Sound - Africa Unite
Un'altra ora - Live

1 agosto, ore 22
Piazza dei Priori
In collaborazione con l'associazione Forever Young

Spettacoli e laboratori per bambini

Circusbandando - Il teatro del clown
  • Quanta fretta! Ma dove corri?
    27 luglio, ore 18
    Piazza San Giovanni

  • Da capo a piedi
    29 luglio, ore 18
    Piazza San Giovanni

Progetto Imparalarte
Sopralluoghi - I bambini sui luoghi del festival
dal 26 luglio al 1 agosto

I laboratori di Volterrateatro
Tutto il programma dei laboratori

Video

Nella Tana del Lupo
Un documentario di Matteo Bellinelli / TSI 1 Televisione Svizzera Italiana
28 luglio, ore 17
Centro Studi S.Maria Maddalena della Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.

Fuori dal Tunnel
Un documentario di Antonia Moro / RAI Educational
Un Mondo a Colori
28 luglio, ore 18
Centro Studi S.Maria Maddalena della Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.

Teatro e Carcere - Appunti per un documentario
Immagini raccolte durante il Circolo di Studio "Identità e differenze"
Provincia di Pisa - Carte Blanche
31 luglio, ore 12
Centro Studi S.Maria Maddalena della Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.

Altri video sulle attività di teatro e carcere in Italia saranno presentati nel corso delle giornate del Convegno "Videocronache dal teatro in carcere".

Incontri e presentazioni
Il programma degli incontri

Incontro con il Teatro Reportage dell'Hidden Theatre
26 luglio, ore 23 circa (dopo lo spettacolo Dinieghi)
Sotterranei della Pinacoteca

La Parola Errante
27 luglio, ore 17
Centro Studi S.Maria Maddalena della Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.

Video Cronache dal Teatro in Carcere
27, 28 luglio dalle 16.30 in poi
31 luglio dalle ore 12 in poi
Centro Studi "Santa Maria Maddalena" della Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.

Incontri all'Happy Hour del Teatro delle Ariette
Ex Arci Malaonda - Torre Toscano

Presentazione della pubblicazione
Velathri - Volaterrae - Volterra
"l'acqua - la terra - l'aria - il fuoco"

30 luglio Piazza dei Priori
nel corso della "Festa della Città"

Mostre

I Pescecani ovvero la Compagnia della Fortezza dal carcere alla tournèe
dal 26 luglio al 1 agosto
Cortile della Pinacoteca

Clowns
dal 26 luglio al 1 agosto
Enoteca La Vena di Vino

Scarti 2004
dal 26 al 31 luglio, ore 18.30
Spazio Ariette - Ex Arci Malaonda - Torre Toscano

L'estate. Fine - immagini e parole da un progetto impossibile.
da lunedì 26 a sabato 31, dalle18 alle 20
Spazio Ariette - Ex Arci Malaonda - Torre Toscano

Risvegli - La scena impossibile
dal 26 luglio al 1 agosto
Corridoio del Conservatorio di San Pietro

 

Fino al 27 luglio si svolge a Volterra e nei comuni limitrofi la XVII edizione del festival VolterraTeatro, organizzato dall'Associazione Carte Blanche con la direzione artistica di Armando Punzo. Da segnalare la nuova produzione della Compagnia della Fortezza (che in questo 2003 compie quindici anni), I pescecani - ovvero cosa resta di Bertolt Brecht, in scena come di consueto all'interno della Casa Penale di Volterra (dal 21 al 24 luglio ore 15). Lo spettacolo è un grido di denuncia contro le ingiustizie, l'arroganza e soprattutto la sete di denaro e potere che dilagano nel mondo. I pescecani prevede la partecipazione straordinaria della Filarmonica Giacomo Puccini di Pomarance e del gruppo musicale Ceramiche Lineari.
- Quest'anno si intitola DisCanti ed è caratterizzato dall'incrocio tra canzone e narrazione teatrale, il festival che si tiene a Melpignano, in provincia di Lecce, a fine luglio. Apre il 23 Giovanna Marini con Francesco De Gregori sull'onda del successo del Fischio del Vapore. Il 24 sarà in scena Ascanio Celestini, con la sua vertigine narrata dell'eccidio nazista delle Fosse Ardeatine, mentre il 26 luglio è PerGraziaRicevuta con Lindo Ferretti a rilanciare il tema della memoria cantata.
- Si presenta come percorso di scoperta sul filo dell'arte contemporanea la seconda edizione della mostra Via del Sale, che si inaugura il 26 luglio in diversi comuni dell'Alta Langa. L'iniziativa, nata da un progetto concepito da Nico Orengo e Silvana Peira, coinvolge artisti come Gilberto Zorio, Luigi Mainolfi, Marco Gastini, Luisella Carretta, che espongono le loro opere e installazioni all'interno di torri, castelli, pievi e antichi mulini in pietra. Info: il.fondaco@tiscali.it
- Il documentario tra memoria e attualità è il tema della scuola estiva organizzata a Locarno dal 3 al 9 agosto 2003 dall'Università della Svizzera italiana con il Festival internazionale del film. Fra gli ospiti dei seminari Charles Musser (Yale University) e Pierre Sorlin (Università Sorbonne Nouvelle Paris III).

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
12.07.2004

Festival Teatrale di Borgio Verezzi

PROGRAMMA sul sito www.festivalverezzi.it

(dal sito del festival)

UNA BELLA GIORNATA (20-21 luglio 2004)
di Dennis Lumborg

Note di regia
La tripla faccia della verita'

La prima immagine che noi ci facciamo di una persona è da proverbio considerata quella che conta. Molto spesso a questa prima immagine se ne sovrappone una seconda, una terza.. per poi ritornare inevitabilmente alla cosiddetta "prima impressione". Ma ogni giorno nei giornali e telegiornali ci scontriamo con storie dove la violenza ha la faccia dell'onestà, della mitezza, della semplicità. Quante volte ci diciamo: "Ma chi? Quello? Ha ammazzato moglie e figli?... Sembrava un tipo così normale…" . E quindi la prima faccia della verità si cambia nella seconda, la faccia nera, oscura, dell'animo umano.

Questo testo racconta la terza faccia della verità. Quella che ci fa arrossire del nostro dito puntato sulla seconda, che ci sorprende nella nostra ingenua accusa dell'"uomo nero", che ci lascia la bocca amara sulla velocità con cui condanniamo senza nessuna prova. Succede ogni giorno.

"Una bella giornata" di Dennis Lumborg, testo inglese degli ultimi anni è un racconto. Un racconto delizioso perché lievissimo, costellato di scoppii di humor che allontanano britannicamente il nostro "mostro" dalla sua immagine di carnefice, che lo rendono assolutamente "normale", terribilmente "normale", quel "normale" che purtroppo qualche volta risponde a realtà. Edoardo è un padre cui vengono allontanati i figli per un sospetto caso di pedofilia. E'un uomo allegro, innamorato dei suoi bambini e della sua famiglia, che decide di rispondere all'educazione repressiva della madre con un rapporto libero e chiaro riguardo l'educazione sessuale dei figli.

E' un testo sul dubbio, sulle migliaia di piccole incursioni che noi adulti non ci rendiamo conto di fare nel mondo dei bambini, di quanto l'amore per loro possa a volte tracimare nel traumatico. E di quanto spesso famiglie nel posto sbagliato al momento sbagliato vengano ingiustamente distrutte, smembrate, traumatizzate, poste di fronte alla bigotteria del mondo che nello stesso momento lascia violare altre vittime, altri bimbi, altre famiglie.

Ogni giudice direbbe "Ma come si fa…" allargando le braccia. Certo, come si fa. I bambini sono sempre più il centro della nostra vita, rappresentano il lusso di una famiglia moderna, sono enormi consumatori della nostra economia. Eppure sono anche consumo, scambio abietto, oggetti innocenti di animi senza scrupoli. Come si fa a sapere se si ha torto o ragione, se un genitore è un uomo libero dalle convenzioni o un orco cattivo? A volte il confine si traccia con una linea netta, a volte è un capello sottilissimo. Nel dubbio, condanniamo.

E così Edoardo racconta la "bella" giornata della sua famiglia, mostrando al pubblico le immagini della sua vita e raccontando la "sua verità", fatta di ricordi, di buffi aneddoti, di scoppi di risa, di sospiri, di rabbia, di responsabilità di un papà che diventa un leone in gabbia senza i suoi cuccioli. E'la sua verità. La prima? La seconda? La terza? Onestamente non lo so. Però non me la sento di alzare il mio dito.


Sarah Biacchi

 

11.07.2004
Ultimo film di Bergman bloccato in Rai
Lo ha rivelato a Bologna la produttrice di 'Saraband'
(ANSA) - BOLOGNA, 10 LUG - 'La Rai ha a disposizione l' ultimo film di Ingmar Bergman 'Saraband' dal maggio dello scorso anno, ma non l' ha mai trasmesso'. Lo ha rivelato, in una conferenza stampa nella sede della Cineteca comunale Pia Ehrnvall, produttrice del film, oggi in prima nazionale a Bologna a chiusura della rassegna de 'Il Cinema Ritrovato'. 'Questo e' sorprendente ma soprattutto e' un gran peccato per il pubblico', ha spiegato la Ehrnvall. 

 

SARABAND, ÚLTIMO FILM DE BERGMAN (da Zinema.com)


Ingmar Bergman dijo más de una más vez, que tras Fanny y Alexander, hace ya más de veinte años, no esperásemos más películas suyas: su relación con el cine había terminado definitivamente. Sin embargo, y afortunadamente para su público, se retractó de su declaración o, si se prefiere decir, de su amenaza (a no ser que imágenes en movimiento, fotografiadas, compuestas y montadas con un sentido artístico y visual evidente, concebidas como acciones dramáticas destinadas a la televisión, no se consideren relacionadas con el cine.)

Lo mismo dijo de Saraband, una obra estrenada recientemente en la televisión sueca. Pero esta vez existen sólidas razones para creerle, no sólo porque Bergman haya cumplido 85 años. En esta película, uno tiene la intensa impresión de estar viendo un epílogo de su existencia, de sus temas, de su arte: su testamento tanto como ser humano como cineasta profesional. Tras Saraband, no hay nada más que añadir. El título hace alusión al cuarto movimiento de la suite número cinco para violonchelo de Johann Sebastian Bach, un motivo musical que constituye el tono que impregna este drama: Bergman retorna a Johan y Marianne, la pareja que al final de Escenas de un matrimonio, -serie de televisión de renombre internacional, distribuida en salas de cine-, se separaba.

Los encontramos treinta años más tarde. Los actores son los mismos: Erland Josephson y Liv Ullmann. Unas manos levemente temblorosas indican que el primero, (de 80 años de edad), padece la enfermedad de Parkinson. Pero su interpretación y su elocución son más brillantes y contundentes que nunca, y Ullman, con 64 años, es su partenaire perfecta.

Cuando comienza la historia, Marianne no ha tenido ningún contacto con Johan en todo este tiempo. Está sentada a la mesa, y sobre ella se extienden una serie de fotografías que ilustran la vida en común de ambos: ella comienza a hablar directamente a cámara, a nosotros los espectadores. Abogada especialista en divorcios, todavía en activo, nos cuenta como, por un repentino impulso, decide visitar a Johan. Tras haber heredado una fortuna, y con más de ochenta años, ahora él es un profesor de psicología jubilado que vive sólo en una casa de campo, a la orilla de un bonito lago. Parece que sigue siendo tan egocéntrico, narcisista y pueril como antaño, el intelectual emocionalmente congelado de Pasión y de Gritos y Susurros. Ella, por el contrario, siendo veinte años más joven, se nos muestra como una persona mucho más madura, afectuosa y dulce, que acepta con filosofía el envejecimiento y el hecho de haber sufrido una extirpación de útero y ovarios. A diferencia de Johan, ella sí sabe escuchar.

A pesar de la distancia, parece que precisamente la llegada repentina de Marianne a casa de Johan provoca el inicio de un drama familiar, doloroso y cruel, una lucha de poder cruda y amarga, ( un fenómeno nada extraño en el universo de Bergman, habitado aquí como tantas otras veces en el pasado por una burguesía acomodada, desavenida y neurótica.) No obstante en esta ocasión los desórdenes fluyen más profundamente que en el pasado, avenando el incesto, una tentativa de suicidio profusamente detallada y una grave psicosis.

Hay otros tres personajes principales, dos vivos y un tercero ya fallecido. Henrik, hijo de Johan (pero no de Marianne), de 61 años de edad, es profesor jubilado anticipadamente y un consumado violoncelista. Vive en una casa de los alrededores, con su hija, la nieta de Johan (Julia Dufvenius): Henrik está preparando su carrera como violoncelista para conciertos, y le enseña la música de Bach mientras la mantiene unida a él de un modo malsano. Un tema familiar de las películas de Bergman: el vampirismo del artista, pero en esta ocasión de un modo incestuoso, sugerido más que discretamente. Un tercer personaje, la mujer de Henrik y madre de Karin, Anna, murió de cáncer dos años antes. Pero su presencia es continua a través de un retrato fotográfico en blanco y negro que ocupa un papel central en toda la imaginería del drama; domina el encuadre en más de una toma y acoplado a la relación entre padre e hija, crea la sensación de que Henrik ha transferido de un cierto modo a su hija el amor por su esposa muerta y su profunda necesidad de Karin es mostrada como un proceso emocional y psíquico muy alejado de un comportamiento normal.

El mismo Bergman ha denominado este drama "un concerto grosso para cuatro instrumentos", y lo dividió en diez breves actos, en los que tanto las situaciones como el método narrativo recuerdan a un gran número de sus películas: un reducido grupo de personajes, decorados confinados y claustrofóbicos, agresiones, acusaciones y un odio angustiosos que manan mediante intercambios verbales venenosos; éstos, al menos para los oídos suecos, tienen un sabor eminentemente literario pero en ningún caso disminuye el impacto psicológico, emocional y dramático. El talento excepcional para la composición visual permanece intacto, así como la intuición que encuentra el instante exacto en el que un plano general, (filmado por la cámara como si fuese una máquina de rayos X o un detector de mentiras), descubrirá la máscara defensiva del personaje y pondrá al desnudo su intimidad más profunda.

Una vez más la proverbial capacidad del cineasta para inspirar a sus actores se manifiesta de modo evidente. Haciendo las veces de observadora, oyente, terapeuta y mediadora, Ullman proyecta una autoridad natural que comienza y toma fin en forma de prólogo y epílogo, formalmente audaz, dirigiéndose a nosotros los espectadores. Josephson y Ahlstedt ( el tío Karl Ekdahl de Fanny y Alexander) se superan en un enfrentamiento entre Johan y Henrik, de una intensidad y gravedad monstruosas y aterradoras de las que brota el desprecio despiadado de un padre hacia su apabullado hijo. Su relación está envenenada por la humillación y el odio. En otro cara a cara, esta vez entre Henrik y Karin, interpretado impecablemente por Dufvenius, (el nuevo descubrimiento de Bergman), la hija que ha sido sometida a abusos y violada "por amor", exige por fin su libertad y su derecho a elegir su propio futuro. Es inevitable pensar en Sonata de Otoño, donde Bergman parecía proyectar a través de la madre y célebre pianista interpretada por Ingrid Bergman su mala conciencia de artista respecto a las relaciones con sus hijos. De algún modo se arrepiente en Saraband, donde el personaje de la hija lucha por zafarse de la sofocante dependencia del padre y de la obsesión posesiva y destructora de éste que desea determinar la vida de su pequeña.

Numerosos personajes y episodios de guiones, películas y series de televisión de Bergman tienen sus raíces en las propias experiencias del director, fundamentalmente durante su infancia y juventud. Independientemente del número de protagonistas, su trabajo siempre ha sido un reflejo de él mismo, de sus conflictos y sus crisis psicológicas, morales, religiosas e intelectuales. Pocos cineastas han utilizado del mismo modo el medio cinematográfico como un instrumento de auto-examen, de auto-terapia, con el fin de exorcizar el pasado y lavar el sentimiento de culpabilidad.

Sucede lo mismo en Saraband, quizás todavía más dado que el film se muestra como un balance y una intervención por parte de Bergman. Es posible afirmar, que aquí, como en tantas otras ocasiones anteriores, todos los personajes representan las diferentes facetas del propio cineasta. Por ejemplo, existe un interesante y conmovedor efecto de espejo entre Henrik y Bergman en un documental sobre el rodaje de Saraband, programado por la televisión sueca la víspera del estreno. En Saraband, Henrik dice que cree que encontrará a su amada Anna cuando muera. Bergman se quedó viudo de un modo trágico hace ya algunos años, cuando su esposa Ingrid von Rosen murió de cáncer; está claro, tanto por testimonios de aquellos que lo conocen bien como por sus memorias publicadas, que todavía llora intensamente su pérdida. En el documental, con Josephson y Ullmann a su lado, expresa su ferviente convicción de que la encontrará en el más allá. Existe a pesar de todo un momento sorprendente en la película en el que los rayos de luz que atraviesan la vidriera de una iglesia para iluminar a Marianne parecen haber perdido todo su poder trascendental.

Esta escena, la lectura de una carta rodada en un plano general, las miradas continuas sobre la fotografía de la esposa muerta y el estilo desnudo, minimalista, a menudo austero de la puesta en escena y del aspecto visual recuerdan, entre otras, a Los Comulgantes, Escenas de un Matrimonio, Fresas Salvajes ( el viejo profesor forzado a enfrentarse a su existencia), La Hora del Lobo (la vulnerabilidad del artista, los demonios interiores, el miedo a la muerte), Gritos y Susurros (Agnès muriendo de cáncer), Sonata de Otoño (como ya se ha dicho) y En Presencia de un Payaso (psicosis, hospital psiquiátrico.)

Hacia el final de Saraband, Johan se despierta a media noche (hora a la que Bergman se ha referido a menudo como "la hora del lobo"), gimiendo por la angustia y el miedo. Entra en la habitación de invitados y suplica a Marianne que le deje acostarse a su lado, y le insiste en que ambos se despojen de toda vestimenta. El se quita su camisón, en pie ante ella, ante nosotros, mientras la sombra oculta el desnudo de Marianne: un anciano suplicante, frágil, tembloroso y desnudo; juntos en la cama, después de treinta años, todo lo que se concentra en esta pareja de ancianos y un silencio mutuo incómodo, y rápidamente, ambos se giran dándose la espalda. Lo que debería haber sido un momento de consuelo se transforma en su lugar en una nueva expresión de aislamiento y desolación emocional que se prolonga hasta la secuencia siguiente, cuando Marianne visita a una de las dos hijas que tuvo con Johan.

Al reunir los motivos, los temas, los protagonistas y las figuras de estilo características del arte de Bergman, Saraband, que en ocasiones sucumbe ante lo teatral y ante lo literario, es sobretodo un drama a veces conmovedor y a veces aterrador sobre la culpabilidad, el horror de envejecer, los consiguientes pensamientos acerca de la muerte, la necesidad de ser reconfortado y de reconciliación con el pasado. Y sin restarle importancia, también es una película sobre las relaciones entre padres e hijos.

En este último contexto, Bergman deja a su heroína bajo un apunte muy oscuro. Hasta ese momento, sólo los hombres, Johan y Henrik han sido vistos a través de una luz negativa, como extremadamente egoístas, posesivos, sujetos de los que apiadarse; al contrario, las mujeres, Anna, Karin y la narradora Marianne han sido objeto de retratos idealizados en mayor o menor medida y compasivos. Ahora el momento de la verdad de Marianne ha llegado, el día de su ajuste de cuentas. Una de las dos hijas está físicamente ausente porque vive en Australia; la otra, Martha, mentalmente ausente, está confinada desde hace años en una institución psiquiátrica. Es importante resaltar que el hecho de que aunque las hijas hubieran existido o hubieran sido mencionadas en Escenas de un Matrimonio, nunca fueron presentadas visualmente, lo que empujó a algunos detractores feministas de Bergman a ver en esta ausencia un reflejo de la actitud del cineasta hacia su propia prole (tiene ocho hijos.)

De vuelta a la mesa del comienzo del film para concluir la acción, Marianne nos dice que ha visitado recientemente a Martha. En un breve flash back, la vemos sentada ante una mujer de unos treinta y tantos años, muda, envarada, que abre los ojos un par de segundos en respuesta a la caricia de su madre, y vuelve a cerrarlos, prisionera de su mundo, catatónica, inalcanzable. Cámara sobre Marianne en su mesa, último plano. Atrae nuestra atención sobre un "hecho enigmático... Por primera vez en nuestras vidas, he sentido que conmovía a mi hija. Mi niña" Mirando directamente a cámara exactamente como Harriet Andersson fijaba en nosotros su mirada cincuenta años antes al final de Un Verano con Mónica, ella comienza a llorar.

 

 


(da zinema.com)

Texto: Saraband. L’ultime somme

Autor: Jan Aghed

Publicación: Revista Positif. Febrero 2004. num. 516

Traducción del francés: Esmeralda Barriendos

Sitio web del editor: www.jmplace.com


 
 

 

9.07.2004

FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI

IN SCENA IL DRAMMA OMOSESESSUALE DI FASSBINDER

Dopo uno studio andato in scena al Festival delle Colline, debutterà ufficialmente nella prossima stagione “Come gocce su pietre roventi” del drammaturgo tedesco, in una messinscena di Teatridithalia

Debutterà nel gennaio del 2005 al Teatro dell'Elfo di Milano, dove vi resterà per un mese per poi intraprendere una tournée italiana nella stagione 2004-2005. Per il momento, invece, è solo uno studio sul testo di Rainer Werner Fassbinder “Come gocce su pietre roventi”, andato in scena il 5 e 6 luglio scorsi alla Cavallerizza Reale di Torino nell'ambito del Festival delle Colline Torinesi.

L’ironia del drammaturgo tedesco descrive la routine di una coppia maschile omosessuale, in passato eterosessuale. Il tragico finale suicida viene smorzato dal prolungarsi di divertite pratiche erotiche di gruppo. Messo in scena da Teatridithalia, la compagnia nata a Milano nel 1973 grazie a Gabriele Salvatores, Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, questo studio si avvicina comunque a quella che sarà la versione definitiva dello spettacolo: un dramma che si annuncia scarno ed avvincente, ambientato in una scenografia ridotta ai minimi termini e animata da quattro personaggi. Sul palco quattro sedie nere, un pavimento di marmo bianco, come fondale una tappezzeria a fiorami. Il regista ha già spiegato che le sole modifiche che apporterà alla messinscena riguarderanno alcuni segni scenografici in più, per rendere, a noi latini, immediatamente identificabili le lontane atmosfere tedesche.

 

8.07.2004

Mittelfest a Cividale del Friuli (17-25 luglio)

(da www.regione.fvg.it/mittelfest)

 

Il tempo dell’avventura umana e le mille voci che hanno contribuito a scandirlo. Ma anche il tempo interiore, quella dimensione personale di esplorazione che avvicina e dispone all’ascolto delle voci “altre” da sé. Intorno a questi temi e a queste riflessioni ruotano gli eventi della tredicesima edizione di MittelFest. “Perché – spiega il direttore artistico Moni Ovadia – è la dimensione del tempo quella che meglio accoglie ed esprime la vera natura e la vera essenza dell’uomo. Il tempo, dice un versetto della Bibbia, è il santuario della vita dell’uomo. Non lo spazio: lo spazio crea confini, impone steccati, sottolinea differenze con tutto quello che di tragico questo comporta e ha comportato nella storia dell’umanità.”. Sui palcoscenici e negli spazi spettacolari di MittelFest si alterneranno così una pluralità di voci e di espressioni artistiche, manifestazioni di quell’immaginario che ha nel concetto fertilissimo di Mitteleuropa il suo riferimento storico e culturale. Voci di una Europa che si è allargata nel tempo, prima ancora che nello spazio, sconfinando nei territori di un’arte sempre più senza confini. Un’arte dell’uomo per l’uomo, che il tempo con i suoi ritmi segna e valorizza nella pienezza di un’avventura unica, assoluta, misteriosa: la vita da amare e rispettare sempre dovunque e comunque.

Le voci che uniscono gli appuntamenti in cartellone per questa edizione 2004 di MittelFest tracciano ponti fra mondi lontani, come quelle, tutte al femminile, di Sœur Marie Keyrouz, la religiosa-cantante diventata popolarissima in tutta Europa, impegnata a Cividale negli Hymnes à l’espérance; e sempre nel segno del canto, dai monti Rodopi, in Bulgaria, approda in Italia Valja Balkanska, la cantante che è la voce stessa della Bulgaria. Ma ci sarà un’altra voce, amata e autorevole, a raccontare le meravigliose leggi del cosmo: quella di Margherita Hack, impegnata, anche in scena, per il debutto teatrale del testo Variazioni Sul Cielo. E dal racconto di stelle e pianeti, si torna a una rappresentazione dei sogni e delle fragilità umane attraverso il lavoro di una straordinaria icona della danza e dello spettacolo mondiale, l’artista e coreografa Pina Bausch, che ha riletto un suo spettacolo-cult Kontakthof mit Damen und Herren ab ‘65, affidato a 26 protagonisti ultra sessantenni.

 
 
Foto: Kontakthof

 

 Con Assaggi di Potere, e con un’idea coreografica sulle lotte di potere all’epoca della Firenze rinascimentale, a Cividale farà tappa anche Susanne Linke, coreografa tedesca, esponente storica del Tanz-theater. E, ancora nel segno della danza, giunge al festival anche uno degli esempi più completi della danza contemporanea con la performance della ballerina ungherese Andrea Ladanyi, che sconfina tra l’atletica, l’acrobazia, il contorsionismo e la danza orientale.

Si configura come un’appassionante indagine intorno all’uomo la PROPOSTA TEATRALE di MittelFest 2004. A partire dalla favola patriottica giocata sui registri della satira fantastica Salmagundi, la nuova produzione scritta e messa in scena dal regista Marco Martinelli per la Compagnia delle Albe. Giorgio Pressburger, artista che incarna l’anima di questa nuova Europa, presenta, invece, il suo testo Il rabbino di Venezia, rappresentazione, in forma classica e con un finale da testo chassidico, di alcuni grandi temi del nostro tempo: la solidarietà, l'amore, l'amore per la vita, la concezione della trascendenza, la scienza e la fede, la vita individuale e la società. Intorno all’uomo e a una delle più immani tragedie del nostro tempo, gravita il progetto che MittelFest dedica all’olocausto, affinché la memoria non ne abbia a perdere la sconvolgente drammaticità e unicità. Kinder - Traum Seminar, ovvero I sogni dei bambini ma anche I bambini nei sogni, titola lo studio scenico che Enzo Moscato ha scritto e interpretato su un pensiero-parola dedicato alla memoria collettiva dell’olocausto. La seconda parte del progetto Gli altri colori dell’olocausto si focalizza attorno alle altre numerose vittime che, accanto agli ebrei, ebbero a patire delle persecuzioni naziste. In particolare gli oltre cinquantamila omosessuali (triangolo rosa), ricordati nel testo Bent dell’inglese Martin Shermann, i cinquecentomila zingari (triangolo nero) e i moltissimi politici (triangolo rosso), la cui memoria echeggerà nelle letture di Zingari e Politici affidate alla Compagnia Il Teatrino del Rifo, per le musiche di Taraf da Metropolitana. Fra le produzioni del Festival spiccano ancora Il Custode Delle Partenze, un lavoro di Renata Molinari e di Massimiliano Speziali, che dipanerà in scena queste Pagine di diario per attore solo, oltre ai due studi della Scuola sperimentale dell’attore di Pordenone, allestiti da Ferruccio Merisi: Pais de Cucagne e Arlecchino e il suo Doppio. In coproduzione con il Centro Servizi e Spettacoli di Udine MittelFest presenta ancora Cantiere West, uno spettacolo allestito sullo studio di Michela Lucenti e Alessandro Berti. A MittelFest 2004 anche il debutto italiano della produzione slovena One Hundred Minutes, liberamente tratto dai Fratelli Karamazov, del regista Tomaz Pandur. Completano il percorso teatrale in cartellone La ballata di Franz, uno spettacolo ispirato al testo di Alfred Doblin Berliner Alexanderplatz, messo in scena da Franco Brambilla sulle musiche Alfredo Lacosegliaz, oltre a due proposte di teatro di strada, Femina, una pièce della compagnia polacca Teatr Cogitatur e Chi di spada, uno spettacolo di e con Vanni De Lucia. Mentre un doppio appuntamento darà voce ad una importante esperienza di teatro-danza, quella della compagnia slovacca Studio Tanca, con Sectio – Mirakulos.

Come sempre, MittelFest dedicherà ampio spazio anche al TEATRO DI FIGURA, presente al Festival con spettacoli di compagnie italiane e straniere.

Un ideale viaggio nel tempo e in sonorità musicali espresse da tradizioni differenti, che proprio in Europa si sono incrociate e spesso contaminate, caratterizza anche il CARTELLONE MUSICALE di MittelFest 2004, che sarà inaugurato da una delle più prestigiose e creative personalità musicali del panorama contemporaneo, il compositore Fabio Vacchi, autore del Concerto per MittelFest. Subito dopo, in Goles – Concerto per cantare l’Esilio, il direttore artistico di MittelFest Moni Ovadia sarà affiancato da Lee Colbert e dalla Moni Ovadia Stage Orchestra per un viaggio struggente nella spiritualità, nei racconti e nei suoni dell’esilio. E a raccogliere il testimone di questo inaugurale omaggio all’ ‘arte dell’esilio’, sarà il Grande Concerto Finale, proposto proprio in chiusura di Festival, nella produzione curata per MittelFest dal compositore russo Anton Rosenblati. Tra le produzioni musicali troviamo ancora le tre operine Canto del Cigno, dell’autore contemporaneo Giampaolo Coral, Hin und zuruck, di Paul Hindemith, e Rayok, di Dimitrij Sostakovic, allestite per raccontare il tempo così come lo hanno visto tre compositori per molti versi distanti, eppure accomunati dal gusto per la sperimentazione. Il Maestro Carlo Boccadoro presenterà, invece, una suggestiva escursione Al di là dell’est, su musiche multiformi, da Errki Sven Tuur a Philip Glass, affidate ai musicisti della compagnia Sentieri Selvaggi, con la partecipazione in scena di Moni Ovadia. Fra le ospitalità musicali, spicca l’eccezionale presenza dell’ Yiddish Theatre of Israel, protagonista di due diversi appuntamenti di Yiddish Musical, Gebirtig, di Yehoshua Sobol, dedicato al mondo cantato dal più grande trobadour del XX secolo Mordechai Gebirti e The Parry Sisters, di Michaela Ronzoni, storia di un esilio fisico ed emozionale, quello delle sorelle ebree Malka e Haya Parry. E ancora alla musica yiddish è dedicato il concerto Yiddish songs Recital, con la storica voce della TheaterOrchestra. Un altro grande protagonista della musica contemporanea, il pianista Konstantin Bogino, sarà di scena nella celebre formazione del Trio Tchaikovsky, per la prima nazionale de I tempi delle Stagioni. Ancora un grandissimo pianista, l’italiano Massimo Gon, per un omaggio musicale allo scrittore rumeno Emil Cioran, con La caduta nel Tempo, viaggio sentimentale a ritroso negli affetti della memoria. E a presentare un altro itinerario inedito nel tempo e nella storia sarà il Duo Dressler & Fliter, protagonista del concerto su musiche di Brahms, Busoni, Bartok, Martinu, Farkas e Tcherepnin.

“Time.Voices”: the time of human adventure and the thousands of voices which have contributed to marking its passage. But also interior time, that personal dimension of exploration which approaches and listens to voices “other” than one’s own. These are the themes and considerations permeating the thirteenth edition of MittelFest. “Time is the dimension which best encapsulates and expresses the true nature and the true essence of mankind” explains the artistic director, Moni Ovadia. “According to a passage from the Bible, time is the sanctuary of the life of mankind. Not space: space creates limits, imposes barriers, emphasises differences with all of the tragic consequences seen throughout the history of mankind.” The stages and the performance spaces of MittelFest therefore will alternate with a plurality of artistic voices and expressions, manifestations of that imagery which has its historical and cultural reference in the fertile concept of MittelEuropa. They are voices of a Europe which have broadened in time, before broadening in space, crossing frontiers in an art that is increasingly without borders. It is an art by people for people, which the rhythms of time marks off, bringing out the fullness of a unique, absolute and mysterious adventure: that of life, to be loved and respected at all times, in all places and in all ways.

 

 

 

6.07.2004

Salento Negroamaro - Il Programma


Il Salento è terra di musica, arte, teatro, scrittura e soprattutto vino. Da questa idea nasce il festival che nelle sue diverse edizioni ha esaltato l’immagine di una terra di approdi e di partenze ospitando progetti artistici che provengono da tutto il mondo.

Grazie alla Festa Europea della Musica, organizzata dall’associazione Altreforme con la collaborazione di Euronews, per tre giorni (19/21 giugno) una carovana di musicisti di strada provenienti da Olanda, Croazia, Francia, Inghilterra, Spagna, Madacascar, Australia, Cuba sconvolgerà tutto il barocco centro storico di Lecce.

Nell’edizione 2004 sarà protagonista soprattutto l’area portoghese e lusitana con l’incontro-scambio con il festival “Sete Sois sete Luas” che vede come suoi presidenti onorari i premi nobel Dario Fo e José Saramago, che incontrerà tutti i suoi lettori il 26 luglio a Lecce. Il programma di questo segmento prevede le esibizioni di Ana Moura (Portogallo), Jorge Tuna (Portogallo) e Tcheka (Capoverde) e la messa in scena di un recital tratto da testi di Saramago (con Laura Morante, Marisa Paredes e Maria De Medeiros) e dello spettacolo «Mario, ovvero me stesso, l'Altro» del grande Manoel de Oliveira che sarà presente nel Salento.

Sempre dal Portogallo arriva lo spettacolo Lusiadas, una prima assoluta (21-22) per il festival Salento Negroamaro, tratto dal testo scritto da Luis de Camoes nel cinquecento.

La sezione arte sarà dedicata a Carmelo Bene con “La casa del genio” una mostra che racchiuderà scritti inediti e vita privata dell’artista salentino (2-31 luglio). Per il secondo anno consecutivo Tricase (9-10 luglio) ospiterà la consegna del premio “Lo straniero” promosso dall’omonima rivista diretta da Goffredo Fofi. Il 23 luglio sarà la volta della consegna del Premio Negroamaro assegnato dall’Associazione Italiana Sommelier al miglior vino del Salento.

La sezione Cinema sarà dedicata al Cinema del reale con una rassegna che si propone di sensibilizzare ed informare sul film documentario italiano con dodici film in concorso.

La vocazione al viaggio che per necessità o scelta appartiene alle genti del Salento è rappresentato dalla musica dei Sud Sound System. Da San Donato, dove si svilupperà il progetto “Boom Blast Summer Night” (quattro dance hall e un concerto finale), a Cracovia, Berlino, Varsavia, Vilnius, Spagna, Portogallo in un tour targato Salento Negroamaro per raccontare delle “radici nosce” solide nel Mediterraneo e aperte sull’Europa e sulle culture del mondo. La chiusura del Festival, per il secondo anno consecutivo, è dedicata al Festival “La notte della Taranta”con i maestri concertatori Ambrogio Sparagna e Giovanni Lindo Ferretti.

Boom Blast Summer Nights
San Donato (impianti sportivi)
Ogni settimana dal 26 giugno al 25 luglio
26 giugno Dance hall con Villa Ada Posse da Roma
1 luglio Dance hall con Saxon dall'Inghilterra
10 luglio Dance hall con One Love Hi Powa da Roma
17 luglio Dance hall con General Levy da Londra
25 luglio Sud Sound System e Daddy Freddy dalla Giamaica
Ingresso gratuito

La casa del genio. Mostra sulla figura e l’arte di Carmelo Bene
Lecce - Museo Sigismondo Castromediano
dal 2 al 31 luglio
Ingresso gratuito

Premio Lo straniero
Tricase - Palazzo Gallone
9 luglio ore 20.30 - 10 luglio ore 19.00
Ingresso gratuito

Sete Sois Sete Luas
con la collaborazione della rivista Crocevia di Besa Editrice
e del Teatro Pubblico Pugliese
Lecce - Tricase
8 - 26 luglio

Incontro con Almeida Faria e Julio Monteiro Martins
Lecce - Palazzo Adorno
8 luglio – ore 19.00
Ingresso gratuito

Una storia portoghese. Esposizione fotografica di Fausto Giaccone
Tricase – Palazzo Gallone
10 – 31 luglio

Mario, ovvero me stesso, l'Altro di Manoel de Oliveira a seguire Laura Morante (Italia), Marisa Paredes (Spagna), Maria De Medeiros (Portogallo)
presentano: Omaggio a Josè Saramago. Recital su testi di José Saramago
Tricase – Palazzo Gallone
10 luglio – ore 21.00
10 euro








Concerto di Ana Moura (Portogallo)
Lecce – Palazzo dei Celestini
13 luglio – ore 21.00
Ingresso gratuito





Incontro con José Agualusa e Danilo Manera
Lecce - Palazzo Adorno
15 luglio – ore 19.00
Ingresso gratuito




Concerto di Jorge Tuna (Portogallo)
Lecce – Palazzo dei Celestini
15 luglio – ore 21.00
Ingresso gratuito









Concerto della Orquestra de Harmonicas de Ponte de Sor (Portogallo) e di Thecka (Capoverde)
Lecce – Palazzo dei Celestini
16 luglio – ore 21.00
Ingresso gratuito




Evento straordinario – Incontro con il premio Nobel per la letteratura José Saramago
Lecce – Palazzo dei Celestini
26 luglio – ore 21.00
Ingresso gratuito





Io al Santo ci credo
primo studio per uno spettacolo sui Santi
Lecce – Cantieri Koreja
14-15 luglio – ore 21.00

Lusiadas
Lecce - Palazzo dei Celestini
21-22 luglio – ore 21.00
10 euro

Cinema del reale
Galatone - Palazzo Ducale
22-24 luglio (il 22 dalle ore 20.00 – il 23 e 24 dalle ore 18.30)
Ingresso gratuito

Premio Negroamaro
Cannole - Masseria Torcito
24 luglio – ore 21.00
Ingresso gratuito

Notte della Taranta
Salento
8 - 21 agosto
Ingresso gratuito

UFFICIO STAMPA
Cooperativa CoolClub
ufficiostampa@coolclub.it - www.coolclub.it
Pierpaolo Lala 0832 303707 – 3394313397
Osvaldo Piliego – 3401431618



 

 

5.07.2004

Mostre d'arte contemporanea in Valle d'Itria e in Costiera Amalfitana:

1) a Cisternino (BR) "Mondi a parte"

(da "Exibart" di venerdì 25 giugno 2004)
Da venerdì 25 giugno parte al Mavù di Cisternino (Brindisi) la rassegna di videoarte “Mondi a parte –tra fantascienza, favola e surrealtà” curata da Antonella Marino.
La rassegna presenta una selezione di video di dodici giovani artisti, ben inseriti nel circuito artistico nazionale. Tra fine giugno e fine agosto le proiezioni si succederanno con cadenza monografica: un autore a settimana, con uno o più video mandati in loop su un grande schermo collocato in un campetto circondato da muri a secco, come una saletta cinematografica a cielo aperto. Dopo un’anteprima con Deborah Hirsch, l’ospite di questa settimana è Sarah Ciracì.


Elenco degli artisti ospiti:
Debora Hirsch
Sarah Ciracì
Myriam Laplante
Karin Andersen
Gabriele Di Matteo
Bianco - Valente
Sara Rossi
Margherita Morgantin
Marcella Vanzi
Eva Marisaldi
Elisabetta Benassi
Grazia Toderi
SPECIAL GUEST: SILVIE FLEURY

Dalle 23 all’alba di venerdì e sabato verranno proiettati i video:
-Rapimenti 1, 2, 3 , 2000-2001
-Trebbiatori celesti, 2001
Mavù si raggiunge dalla strada provinciale Locorotondo-Cisternino.
Il percorso sarà facilitato da indicazioni lungo la strada.
Info al 348.856.99.05.
(Info stampa al 333.48.84.606)


[exibart]

2) a Ravello (SA) nell'ambito del Festival:

(da "Exibart" di sabato 26 giugno 2004)
Due sono le mostre principali che fanno da cornice all’edizione appena iniziata del Ravello Festival, una delle principali manifestazioni culturali d’inizio estate.
Sogni è la mostra fotografica di Grete Stern (a cura di Irma Arestizabàl e Cesare de Seta), con le immagini dei fotomontaggi (per la prima volta esposti tutti e 140) della serie “Sueños” pubblicati dalla rivista Idilio (1948-1951) di Buenos Aires.
L’altro evento è dedicato alle opere grafiche di Michele Spera che propone, nella mostra La vita è segno, un completo panorama delle sue opere grafiche dall’esordio nel 1960 ad oggi. La reinvenzione dell’immagine politica per il Partito Repubblicano fece epoca: in un ambito in cui la cultura visiva era assai grezza Spera ruppe i canoni vigenti e creò una nuova immagine per il partito allora guidato dal suo amico Ugo la Malfa.


GRETE STERN
Catalogo Electa Napoli
Ravello, Sale di Villa Rufolo, dal 28 giugno al 31 agosto 2004, ore 9.00-24.00
Entrata € 5 (comprensivo di ingresso alla Villa)
Vernissage, domenica 27 giugno, ore 19.00 (ingresso libero su prenotazione)

LA VITA E’ SEGNO
Catalogo Electa Napoli
Ravello, Cappella di Villa Rufolo, dal 29 giugno al 28 luglio 2004, ore 10.00-22.00
Ingresso libero
Vernissage, lunedì 28 giugno, ore 19.00 (ingresso su prenotazione)
Info:
Novella Mirri - Tel.06.6788874 – cell.335.6077971 - E-mail: ufficiostampa@novellamirri.191.it
Maria Bonmassar - Tel. 06.4825370 – cell. 335.490311 - E-mail: maria.bonmassar@tiscali.it


[exibart]

 

4.07.2004

A PASSARIANO (UD): LOVE/HATE. DA MAGRITTTE A CATTELAN

(da www.artplus.it)

E’ partito “in quarta” il nuovo Centro d’Arte Contemporanea del Friuli Venezia Giulia. 
La consacrazione ufficiale al pubblico è avvenuta con lo spettacolare evento multimediale, “Every/Body” nel giardino tra le esedre. 
L’appuntamento con l’arte contemporanea di Villa Manin è scandito da quattro eventi: ruolo portante ha la mostra dal respiro internazionale “Love/Hate. Da Magritte a Cattelan” curata da Francesco Bonami, chiamato alla direzione artistica del neonato centro affiancato dalla curatrice Sarah Cosulich Canarutto. Si tratta di una selezione di 52 capolavori di pittura, scultura, video, fotografia e installazione dei più famosi artisti moderni fino ai nomi più noti del contemporaneo giunta dalla Collezione del Museo d'Arte Contemporanea di Chicago, una delle collezioni più rinomate degli Stati Uniti e del mondo. Uno sguardo attento all’arte degli ultimi sessant’anni, coerente e concreta, partirà dalla presentazione di opere storicizzate come Magritte, Debuffet e Balthus che hanno dato il via alla collezione, seguendo passo passo l’evoluzione dell’arte contemporanea attraverso il lavoro dei più grandi artisti internazionali. Un’opportunità esclusiva di vedere delle opere d’arte uniche in Italia, divenute già pietre miliari dell’arte contemporanea, come Felix, di Maurizio Cattelan, realizzato appositamente per il museo di Chicago, o Rabbit, di Jeff Koons, che sarà presentato per la prima volta in Italia.
Un primo spiraglio sulla situazione italiana è invece “Vernice. Sentieri della Giovane Pittura Italiana”: questa mostra è il frutto di un'analisi dell'espressività artistica italiana, volta all'individuazione (attraverso il lavoro di circa 30 giovani artisti che lavorano su tutto il territorio italiano) dei nuovi parametri della ricerca pittorica. L'obiettivo di questa mostra è di comprendere come questo linguaggio si sia trasformato e come l’influenza di nuove tecnologie e nuovi modi di comunicare abbia cambiato sia il soggetto della pittura sia la relazione della nuova generazione di pittori con lo spazio simbolico della tela. A simbolo dell’incontro della Villa settecentesca con la contemporaneità è stato realizzato un progetto specifico dall’artista danese Jeppe Hein, che interpretando la fontana classica crea due sculture d’acqua: due fontane "labirinto", nelle quali il pubblico sarà invitato ad entrare ed interagire. Dalla panoramica internazionale si approda, infine, alla valorizzazione della produzione artistica regionale con il progetto Spazio FVG parte una serie di mostre personali dedicate agli artisti del Friuli Venezia Giulia.

 

 

La mostra “Love/Hate. Da Magritte a Cattelan” si potrà visitare fino al 7 novembre nelle sale di Villa Manin. Orario: mar-mer-gio dalle 10 alle 18 / ven-sab-dom dalle 10 alle 20. Info: 0432 906509, info@villamanincontemporanea.

 

 

 

2.07.2004

Alla Milanesiana confronto tra R. Sakamoto e P. McGrath su creatività e follia:

(da "Il Corriere della sera" del 13.6.04) 

Il programma della manifestazione. Si apre con Aznavour il 21 giugno

Milanesiana, la poesia gioca con la scienza

Un'idea prende forma alimentandosi da tutte le parti. «Da tutte le pArti», con la «A» maiuscola di Arti, precisa Elisabetta Sgarbi, rammentando il motto - «Da tutte le pArti», appunto - che sintetizza la linea editoriale della Milanesiana fin dall'esordio nel 2000. Come possiamo farci un'idea degli armeni, per esempio? Mettiamo la sera del 21 giugno a Milano: davanti a noi sta Charles Aznavour che, con la presenza scenica del grande chansonnier, legge in anteprima brani da I giorni prima (in uscita da Rizzoli). Narra i giorni trascorsi con la famiglia in Armenia e quelli della celebrità, segnati dall'erranza, con le canzoni popolari che echeggiano nella mente come suono costante della nostalgia delle origini. Un pianoforte suona Debussy, le mani di Campanella corrono sui tasti in omaggio alla Francia e all'evocazione, mentre l'ex ambasciatore a Mosca, Sergio Romano, inquadra gli anni di Aznavour e racconta il genocidio degli armeni, con Ferruccio de Bortoli che armonizza parole e suoni. E' l'apertura della Milanesiana 2004, così la racconta Elisabetta Sgarbi, ideatrice e direttrice editoriale del festival giunto alla quinta edizione. Da tutte le arti nasce la creazione che poi si incanala in un linguaggio: «Da quel momento le arti scorrono parallele, ciascun artista chiuso nel suo ambito a percorrere le vie della letteratura, della musica, del cinema. La mia sfida è creare momenti dove quelle vie tornino a incrociarsi. Pensando alle Interviste impossibili di Manganelli, provoco incontri impossibili: per la prima volta, senza nessuna prova, due o più autori si trovano assieme su un palco creando una serata non replicabile, che a ogni occasione mi stupisce per l'energia sprigionata». Le occasioni della Milanesiana 2004 saranno sedici, fino al 12 luglio (promosse dalla Provincia e dal Comune di Milano con il contributo degli sponsor). Sgarbi: «Vi spiego come nasce una serata, prendiamo il 2 luglio: Patrick McGrath leggerà brani da Port Mungo , storia di due pittori che escono di senno. Ora, qual è il pittore più pazzo del secolo? Dalí! Risultato: McGrath narrerà la pazzia e l'Oscar Ryuichi Sakamoto improvviserà musica a partire dalle foto di Dalí, concesse in anteprima dalla mostra che Palazzo Grassi allestirà per il centenario del pittore». Pittura, cinema, letteratura e musica non sono affiancate, chiarisce Elisabetta Sgarbi: «Non mi interessa lo spettacolo, sarebbe stato facile chiamare nomi altisonanti e buttarli su un palco. Centrale è il testo che si crea». Da tutte le «pArti» ha pescato Umberto Eco per La misteriosa fiamma della regina Loana (Bompiani). In un'amnesia parziale il protagonista del romanzo ricorda canzoni, fumetti, immagini della sua vita. Alla prima presentazione del libro, il 28 giugno, il pubblico vedrà smontate come un giocattolo le componenti di questa creazione. Eco legge, le immagini che lo hanno ispirato accompagnano il pubblico dagli schermi e nel cortile di Palazzo Isimbardi risuonano Lo sai che i papaveri , Se potessi avere mille lire al mese , Besame mucho , ossia le canzoni che il protagonista ricorda. Il romanzo diventa un musical. «L'unico modo per sapere cosa è accaduto l'11 settembre - scrive Frédéric Beigbeder - è inventarlo». Lo scrittore leggerà alcuni dei 120 capitoli del suo Windows on the World (uscirà da Bompiani) che corrispondono ai 120 minuti del count down prima del crollo delle Torri; e ci saranno poesie per la pace lette da Fernanda Pivano, il racconto delle tragedie americane di Giulio Giorello, un blob di interviste inedite di Enrico Ghezzi (curatore della sezione cinematografica) e Alice canterà una sola canzone: Non insegnate ai bambini di Giorgio Gaber. La Milanesiana è una manifestazione inclusiva: «Ogni anno - spiega la sua ideatrice - entra una nuova arte. Nel 2004 tocca alla scienza. Il Nobel della chimica Roald Hoffmann il 30 giugno presenterà l'inedito Linguaggio della scienza, linguaggio della poesia spiegando, da poeta affermato qual è, che cosa c'è di scientifico nella struttura di una poesia e che cosa di poetico in una formula chimica. Di libero arbitrio parleranno il Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini e Armando Torno: il tema ha segnato teologia e filosofia ma il libero arbitrio sta anche, quale facoltà esclusiva, nelle nostre cellule di umani». L'anno scorso fu la volta della filosofia che l'inclusività della Milanesiana ha mantenuto: Giovanni Reale, per esempio, darà una sorprendente lettura filosofica della Primavera di Botticelli. Un filosofo alle prese con la pittura: «Mettersi in gioco in ambiti non strettamente propri è un'altra caratteristica della Milanesiana». Lo proverà anche Amin Maalouf il 7 luglio, che ha scritto alcune delle canzoni che George Moustaki terrà in concerto. Secondo la stessa logica, l'8 Fleur Jaeggy si farà critica cinematografica dell'unico film mai girato da Léontine Sagan. Proprio al gioco e al mettersi in gioco sarà dedicata la serata del 24 giugno con Erica Jong e Tahar Ben Jelloun; e il 12 luglio la musa dell'esistenzialismo, Giuliette Greco, metterà in gioco i suoi sentimenti. Il premio Omaggio al maestro andrà quest'anno a James Ellroy durante la serata cinematografico-letteraria del 22 giugno. Il teatro Strehler (nuovo spazio per la Milanesiana, che si affianca a palazzo Isimbardi, all'Oberdan e al teatro Dal Verme) ospiterà l'anteprima europea il concerto Free Nation per Ornette : Ornette Coleman, il padre del free jazz , carico della sua storia di segregazione razziale e della sua maestria, leverà da Milano le sue imprevedibili note.  

 

1.07.2004

Eventi teatrali recensiti nel "Domenicale" de "Il Sole 24 ore" del 27 giugno 2004 da R. Palazzi:

Rassegne d''estate


di renato palazzi


L'estate teatrale entra nel vivo, e nei programmi della settimana in corso spiccano soprattutto gli appuntamenti che caratterizzano due interessanti rassegne, il Festival di Asti e quello delle Colline Torinesi. Il primo, in special modo, anche in questa ventiseiesima edizione - come d'altronde storicamente ha spesso fatto in passato - concede ampio spazio ai copioni di nuovi autori italiani e stranieri.

Fra i più promettenti, in particolare, due testi del trentasettenne milanese Massimo Sgorbani, Angelo della gravità, interpretato da Franco Branciaroli e diretto da Benedetta Frigerio (mercoledì e giovedì nell'ex-chiesa di S. Giuseppe) e Tutto scorre con la regia di Antonino Iuorio (giovedì nell'ex-chiesa di S.Michele). La trentunenne Renata Ciaravino propone invece Canto a me stessa, che ha quale insolita protagonista la prima partner di Giorgio Gaber negli anni Sessanta, l'attrice e cantante Maria Monti (domenica e lunedì nell'ex-chiesa di S. Giuseppe).

Per il Festival delle Colline Torinesi, mercoledì e giovedì alla Cavallerizza Reale di Torino torna in scena un piccolo classico degli anni Settanta, Hamletmaschine di Heiner Müller, ad opera del gruppo Egumteatro con la regia di Annalisa Bianco e Virginio Liberti, che dello scomodo drammaturgo tedesco avevano già allestito Quartett. Sabato e domenica, sempre a Torino, a Villa Genero, tocca invece a un'altra deflagrante personalità della scena europea, l'argentino-madrileno Rodrigo Garcìa con uno spettacolo del 2002, La historia de Ronald, el payaso de Mcdonald's, che sarà poi al Festival di Avignone.

 

1) "Branciaroli, candida ferocia dell'obeso. L'allucinato <<monodramma>> di Massimo Sgorbani nella messa in scena di Benedetta Frigerio. Recensione di Renato Palazzi dello spettacolo "L'angelo della gravità".

Angelo della gravità


Autore: Massimo Sgorbani
Artisti: Franco Branciaroli
Regia: Benedetta Frigerio
Scenografia: Gabriella Campagna
Costumi: Gabriella Campagna
Sede: Asti, ex Chiesa San Giuseppe, in tournée durante la prossima stagione teatrale

di maria grazia gregori

Per una volta l'ossessiva presenza sulle scene italiane del monologo, che non nasce da un'urgenza ma da scelte finanziarie, non ci disturba. Perché questo Angelo della gravità, presentato al ventiseiesimo Festival di Asti (dedicato quasi interamente alla drammaturgia contemporanea) nasce da un'idea forte che trova in un Franco Branciaroli in stato di grazia la sua maschera e il suo megafono. Coprodotto dal festival con l'Associazione Teatrale Pistoiese il testo di Massimo Sgorbani, che ha ottenuto il Premio speciale della giuria al Riccione 2001, avrà dunque una sua vita autonoma e sarà programmato con facilità nell'ambito del circuito nazionale perché merita di essere visto.

Angelo della gravità racconta la terribile, inquietante, tristissima storia di un ragazzo grasso, la cui bulimia nasce da un bisogno d'amore, e la sua vera e propria follia nei confronti del cibo, vissuto come una necessità per ingrassare il corpo e renderlo corazzato contro la vita. Racconta anche le visioni sconnesse, tipiche della mente malata di un individuo che sente le voci degli angeli che volano leggeri in aria (mentre il suo, che è un angelo della gravità, ha il suo da fare a tirarlo verso il basso), il piacere quasi rituale verso il cibo, compreso il proprio sperma considerato come un mezzo attraverso il quale Dio vuole manifestare il suo amore. Perché il Dio del protagonista è dappertutto, compreso il cibo, compresa quella epifania per lui straordinaria del proprio sesso che identifica con un atto d'amore totale. Figlio di genitori che non si amano più, con la donna del padre in casa dopo la morte della madre, andato in America per studiare l'inglese e trasformatosi in uno dei più tenaci frequentatori di supermercati, vive gradino dopo gradino la propria discesa all'inferno fino al culmine dell'assassinio di una ragazza grassa come lui che però lo rifiuta.

Condannato a morte per un delitto orrendo e per atti di cannibalismo, non può essere impiccato perché nessuna corda riesce a reggere il suo peso: e pur di raggiungere la morte, vissuta come un'espiazione ma anche come il raggiungimento di quegli angeli leggeri che svolazzano sopra di lui, non mangerà più per dimagrire.

Ispirato a un fatto di cronaca, Angelo della gravità è un testo bellissimo, di sapore quasi testoriano che però può aprirsi all'improvviso su impensabili squarci comici, scritto da un autore come Massimo Sgorbani che si è già segnalato come uno fra i più interessanti nel panorama della nuova drammaturgia italiana. A metterlo in scena ponendone in risalto la grande forza emotiva è una giovane regista, Benedetta Frigerio che lo ha scandito nello spazio e nel tempo come le stazioni di una via crucis blasfema, un'ascensione verso l'autodistruzione, il dolore e la morte del protagonista. E qui Franco Branciaroli con il suo abituccio di ragazzo troppo cresciuto, le polacchine di gomma, le calze a righe, il viso stralunato è un indimenticabile clown tragico, di eccezionale bravura e lucidità. (30 giugno 2004)

Da www.delteatro.it 

 

2) Dal festival delle Colline Torinesi "Amleto perso fra le bende". Recensione di Renato Palazzi di "Hamletmaschine" di Heiner Muller  nella regia di Virginio Liberti e Annalisa Bianco. 

FESTIVAL TEATRALI ESTIVI: APPUNTAMENTI DA NON PERDERE

 

ASTI TEATRO 

19 giugno - 2 luglio 2004

(da www.drammaturgia.it)

Il Festival AstiTeatro, che quest'anno giunge alla 26esima edizione, resta fedele alla sua missione di promuovere, mettere in scena e presentare al pubblico il lavoro di nuovi autori della drammaturgia contemporanea. È questo l'intento della sezione principale del Festival, "AstiScritture", in cui si darà particolare rilievo a nuovi nomi del teatro italiano e straniero, quali ad esempio Massimo Sgorbani, Renata Ciaravino e Abi Morgan, ma anche ad autori già apprezzati all'estero e meno conosciuti in Italia, come Marius von Mayenburg e Edward Bond. L'idea di base è quella di coinvolgere attori già affermati e giovani drammaturghi e registi in un proficuo scambio di esperienze ed idee.

La prima parte di "AstiScritture", "Focus Italia", si apre con la messa in scena di Angelo della gravità di Massimo Sgorbani, vincitore del premio speciale Riccione 2001, in cui un interprete di carattere come Franco Branciaroli si affiderà alla regia della trentenne Benedetta Frigerio. A seguire, un altro testo di Sgorbani, Tutto scorre, per la regia di Antonio Iuorio. Tramite una scrittura provocatoria ed ardita, Sgorbani opera un impietoso smascheramento delle profonde motivazioni e delle manie che si celano dietro le azioni umane. Più pacata e intimista l'opera di Renata Ciavarino, Canto a me stessa, diretta da Valeria Talenti e con Maria Monti, interprete di spicco del teatro-canzone degli anni Sessanta, nel ruolo della protagonista. Della Ciavarino si rappresenterà anche Ballare di lavoro, per la regia di Veronica Cruciani, con cui si chiude la parte del Festival dedicata alla nuova drammaturgia italiana.

"AstiScritture" prosegue con "Focus Gran Bretagna" che si apre con la giovane autrice Abi Morgan, le cui opere sono espressione di un ritorno al romanticismo e all'umorismo nella drammaturgia britannica dopo il teatro crudo di Sarah Kane, Ravenhill, Butterworth. Per la prima volta in Italia si rappresenterà Tiny Dinamite, dramma sull'amicizia e la memoria, per la regia di Vicky Featherstone. Segue Undici canottiere (Eleven Vests) dell'ormai affermato autore Edwuard Bond, maestro di un teatro politico contro la violenza caratterizzato da un lucido e razionale smascheramento delle dinamiche insite nei comportamenti collettivi. Per la regia di Undici canottiere, un dramma sulle difficoltà dell'adolescenza, Bond ha scelto il giovane regista Chris Cooper.

 


Il "Focus Germania" presenterà un solo autore, Marius von Mayenburg, già affermato in Germania ma ancora poco conosciuto in Italia. Delle sue opere, volte a rappresentare con sarcasmo e cinismo la realtà politica contemporanea e la vita straniante delle metropoli, verranno messe in scena Faccia di fuoco, per la regia di Adriana Martino, e La bambina gelata, in cui l'affermata regista Sofia Pelczer dirigerà un nutrito gruppo di giovani attori.

La seconda sezione del Festival è dedicata al ricordo di Vittorio Alfieri, celebrato da un lato con la rappresentazione di Saul con Massimo Foschi diretto da Lamberto Suggelli, dall'altro con un concorso di idee rivolto a drammaturghi italiani under 35. Le cinque opere vincitrici, rielaborazioni originali in chiave contemporanea delle opere di Alfieri, verranno rappresentate in forma di demo nei luoghi alfieriani ad Asti. Nella terza sezione, "AstiPalcoscenico", il Festival ospiterà personalità affermate del teatro internazionale come Jérôme Savary, interprete ed autore di La mia vita d'artista, in prima assoluta ad Asti, e Marcel-lí Antúnez, tra i fondatori del gruppo La Fura dels Baus. Di Antùnez verranno rappresentati Afasia, rielaborazione interattivo multimediale dell' Odissea di Omero, e Pol, spettacolo meccanico elettronico per due attori-attivatori, cinque robot e un'attrice.

 

Alla fucina teatrale piemontese è invece dedicata la sezione "AstiTerritorio", con tre rappresentazioni in prima assoluta: Vicini diretto e interpretato da Giorgio Boccassi; quel silenzio di Michela Fasone diretto da Laura Bombonato e Andrea Brioschi, infine Il mio doping scritto e diretto da Luciano Nattino e con Emanuele Arrigazzi.

Per tutta la durata del Festival si terranno, nel cortile del palazzo Ottolenghi, non solo incontri con gli artisti in veri e propri happy hours serali, ma anche numerosi spettacoli speciali ed eventi musicali per la sezione "AttornoAlleUndici". Tra questi segnaliamo: Klinke, spettacolo ideato da Paolo Stratta in cui teatro e danza si uniscono alle tecniche del circo contemporaneo; il "concerto fisico e carnoso" Bar West con Alessandro Berti, una produzione della Comunità Teatrale Nomade L'impasto e di CSS Teatro Stabile d'Innovazione del FVG; Lalala, la grande canzone francese, omaggio alla canzone francese interpretata da Benedetta Laurà con l'accompagnamento di Gianpietro Marazza alla fisarmonica. Dalla canzone francese a quella siciliana, la sezione "AttornoAlleUnidici" si conclude con N'gnanzoù di e con Vincenzo Pirrotta, uno spettacolo diretto da Pasquale De Cristofaro con canzoni e musiche dal vivo nate dal recupero dei canti e delle storie dei pescatori siciliani.

[Roberta Carnevale]


Per il programma completo:
http://www.astiteatro.it/Ita/Asti/AstiTeatro.asp

Info: +39.0141.399032

 Da www.linus.net 
La stagione di Medea
di Renato Palazzi
 
Che cosa rende così attuale la vicenda della cupa eroina celebrata fin dai tempi di Euripide?
 

Sarà per puro caso, sarà per una sorta di inconsapevole ma urgente orientamento collettivo, sta di fatto che quella appena conclusa è parsa per molti aspetti la stagione di Medea: sui palcoscenici italiani sono stati infatti almeno quattro gli spettacoli che - seppure con intenzioni e angolature assai diverse - negli ultimi mesi hanno variamente affrontato il mito tragico della barbara maga venuta da lontano, spietata assassina della propria rivale e soprattutto dei propri stessi figli. Segno, comunque, che questo tema forte e a suo modo estremo rappresenta un qualche nodo antropologico profondo, dotato di un’oscura capacità di parlare alle coscienze contemporanee.
Quali sono le componenti che fanno sentire così pressante e attuale ai registi di oggi, ma evidentemente anche agli spettatori, la vicenda della cupa eroina abbandonata da Giasone, che dai tempi di Euripide è stata celebrata in mille forme fino ai nostri giorni? Passata la ventata post-femminista degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, che ha indotto a vedere forse un po’ schematicamente nel suo atto un atroce simbolo del riscatto della donna e del ribaltamento degli equilibri di potere fra i sessi, in questa nuova fase storica paiono imporsi codici interpretativi meno ovvi e necessariamente più sfumati.
Fermo restando che il nocciolo centrale resta quello della famiglia, dei suoi rapporti di forza, dei suoi legami ancestrali, a balzare così prepotentemente in primo piano sono due motivi all’apparenza separati, in realtà sottilmente legati e ugualmente conficcati nel ventre buio della cronaca di ogni giorno: da un lato il tema dell’estraneità della protagonista, della necessità che essa sembra imporre - e che sentiamo assai presente - del confronto con una cultura diversa e improntata a valori primordiali. Dall’altro l’insondabile mistero dell’infanticidio, della vita che viene dolorosamente interrotta proprio per mano di colei che l’ha data.
è soprattutto l’incombente incubo del delitto di Cogne - ma anche di tante altre terribili e inspiegabili vicende, ormai all’ordine del giorno - a fare del disperato gesto di Medea l’archetipo di un’angoscia che appartiene senza dubbio al nostro mondo, alla nostra società e vi si radica e la ossessiona come un moderno tabù, non meno destabilizzante di quello incestuoso che conduce alla rovina lo sventurato Edipo: anzi, in questo senso si può dire che l’antico patrimonio tragico continui a svolgere efficacemente quella sua originaria funzione di portare alla luce i fantasmi della psiche collettiva, per aiutarci a riconoscerli e in qualche modo a neutralizzarli.
Ma i due aspetti sono strettamente collegati, perché l’atto di uccidere i propri figli ci appare ancora talmente smodato e sconquassante che non possiamo non provare a consegnarlo a una qualche forma di distanza geografica o temporale, etnica o mentale: al di là del fatto che Medea, nella tradizione narrativa che ne tramanda la figura, giunge a Corinto dall’esotica Colchide - portatrice dei riti e dell’atavica sapienza di un remoto universo matriarcale - quel comportamento è per noi così incomprensibile o impossibile da accettare che malgrado tutto il disincanto del quale ci nutriamo riusciamo a considerarlo soltanto collocandone l’origine fuori dalla nostra Storia, o al di là di un abisso interiore altrimenti invalicabile.
Il regista tedesco Peter Stein, nella messinscena della tragedia euripidea curata al Teatro Greco di Siracusa, restituisce addirittura alla protagonista la sua origine divina, un aspetto che le interpretazioni più recenti tendevano in genere a mettere decisamente in secondo piano. La sacralità del personaggio si manifesta soprattutto nel convulso finale, in cui Medea sale al cielo su un gigantesco disco luminoso che si staglia sopra la sua misera baracca abbagliando gli spettatori e persino investendoli con violente ondate di calore: è il carro del Sole, il nume di cui lei è discendente, che abbatte la casupola e vola in alto sollevato da una gru, fra sordi brontolii sismici e vistose fumate rosse.
Per approdare a questo effetto mozzafiato Stein dev’essere partito più o meno chiedendosi come si possa rendere realistica un’esplosione di furia tanto sovrumana. E poiché renderla realistica in effetti non si può, e ogni tentativo in tale senso parrebbe destinato a naufragare come dimostra l’esito non proprio convincente delle scene iniziali, quando la donna in preda a raptus domestico lancia dalla finestra pentole e paioli - allora tanto vale spingere decisamente la situazione nella direzione opposta, sublimarla in una vera esplosione di luce e di suono, proiettarla verso quell’immagine quasi fantascientifica, che riporta il personaggio alla sua sfera ultraterrena.
L’abbacinante apoteosi chiude forse definitivamente i conti con una linea drammaturgica che ha fatto in questi anni di Medea l’emblema di una modernità disgregata e segnata da conflitti etnici e sessuali. L’incandescente raffigurazione che ne traccia Maddalena Crippa sfugge a ogni ipotesi di facile attualizzazione. Anche il coro si muove come un coro, senza turbanti né kefiah, senza neppure i casalinghi aspirapolvere di cui l’aveva dotato Ronconi in un suo celebre allestimento. Ricondotta alla classicità, l’azione non perde il suo impatto, trascende solo i canoni di vicinanza o lontananza per collocarsi in una dimensione impenetrabile alle mere categorie del quotidiano.
Pur utilizzando una trascrizione moderna della vicenda, il furioso, accidentato monologo Medea-material di Heiner Müller, il regista russo Anatolij Vassiliev tende addirittura a trasformare la protagonista in una sorta di inquietante idolo primordiale. Nell’impressionante spettacolo realizzato un paio d’anni fa al Festival di Avignone, e proposto per poche sere lo scorso maggio a Milano, la donna in cerca di se stessa evocata dallo scrittore tedesco, ansiosa specialmente di liberarsi dal peso del passato - segnato dalla colpa di aver tradito per Giasone la propria famiglia - diventa una presenza di una fissità febbrile, ossessiva, quasi un’immagine sacrale ottusa e degradata.
Seduta su una specie di rudimentale trono, immobile come una statua di cera, le gambe provocatoriamente semiaperte, l’attrice Valérie Dréville punta oltre il pubblico uno sguardo orrendamente vacuo, morto, inespressivo. Rigida, le mani per lo più artigliate alle ginocchia, compie poche azioni con movenze di una meccanicità disumana, accende un sigaro, straccia dei fogli di carta su cui sembra voler leggere il testo, si passa sul volto e poi sul corpo denudato della biacca, cui si appiccicano ripugnanti pezzi di cellofan. Ma soprattutto traduce la sintassi concitata del testo di Müller in una parlata che sembra risalire dai millenni, ispirata alle sonorità profonde e gutturali delle preghiere tibetane e di altre fonti rituali cinesi e giapponesi.
La Medea di Vassiliev ostenta in ogni maniera il suo impulso ferino, svela sotto il vestito una natura ermafrodita rappresentata da un lungo fallo di plastica trasparente che le spunta dal pube, provoca il simbolico incendio in un catino del mortale abito nuziale avvelenato inviato in dono per bruciare viva la nuova sposa di Giasone, e quindi nelle stesse fiamme getta i due manichini in miniatura che raffigurano i suoi bambini: ma l’aspetto più lancinante, più pauroso dell’incalzante messinscena è proprio quel vocione artefatto, ruvido, raschiante che scardina e tritura ogni significato del testo, la voce di un’entità aliena e primitiva, di una strega, di un’assassina annidata nell’inconscio.
Anche una figura fra le più innovative del teatro italiano di ricerca, la giovane regista siciliana Emma Dante, per la sua prima produzione impegnativa in uno Stabile si è rifatta alle suggestioni del testo di Euripide, assimilandole però al proprio linguaggio, calandole nelle liturgie e nelle ribollenti tensioni di quel suo Sud violentemente arcaico e fuori dal tempo, eterno paesaggio di ex voto e lumini votivi. Al centro di questa intensa chiave di lettura, più che il tema della vendetta, è la maternità come terreno di scontro fra potere maschile e femminile, l’esasperazione di un’idea di fertilità assunta come patrimonio tribale ed elementare strumento di autoaffermazione.
A folate, ad accesi spezzoni visionari la Dante fruga sotto gli strati razionali dello spettatore, attinge a un immaginario che si colloca alle origini della specie, mostrando un’insolita Medea ancora incinta dei figli di Giasone, il ventre gonfio esibito con orgoglio alle donne del coro, incarnate da uomini in vesti muliebri che in ambigue penombre si carezzano le pance molli vagheggiando paradossali gravidanze negate loro da fatali limiti anatomici. Nella città sterile, senza futuro, la straniera Medea è la depositaria della vita: e la sua scelta di ammazzare i figli va ben oltre il mero infanticidio, è una sentenza nei confronti di un’intera comunità, condannata a un’inesorabile fine.
è uno spettacolo a corrente alterna, quello firmato dall’estrosa regista di Palermo, che funziona soprattutto dove lei è più libera di dare corpo a fantasie inconfondibilmente personali, mentre in momenti più canonici sembra come schiacciato dal peso del modello classico. Ma la scena nella quale Medea - interpretata con qualche impaccio da Iaia Forte - si appresta ai suoi efferati crimini indossando un candido velo da matrimonio di paese, e correndo con Giasone sotto un sinistro lancio di riso augurale, o il livido finale in cui stende a gocciolare gli abitini dei neonati uccisi non sono solo folgoranti invenzioni poetiche, sono un piccolo viaggio nei substrati di un pensiero e di una civiltà.
Una Medea senza Medea, una Medea soltanto trasversalmente, allusivamente collegata al grande ciclo ellenico degli Argonauti è invece quella realizzata dal giovane gruppo emiliano "Teatrino Clandestino" con Madre e assassina, che questa storia di una brava casalinga trascinata da un raptus improvviso a sgozzare spietatamente i suoi bambini sembra averlo direttamente ritagliato dalle pagine di un qualunque quotidiano: i fatti si svolgono in un’altra epoca, gli ormai inoffensivi e non provocatori anni Cinquanta, ma sono evidenti i richiami tanto alla tragedia greca, che resta sullo sfondo, quanto a noti episodi che hanno impresso una scia sanguinosa sulle nostre giornate.
Qui non c’è un Giasone che tradisca e ripudi la sua inquieta compagna, non c’è gelosia né impulso di rivalsa, c’è solo l’impenetrabile segreto di una povera creatura un po’ fragile e insicura che una mattina, senza ragione apparente, afferra un coltello da cucina e compie un’inconcepibile strage. Forse la spiegazione - che l’autore-regista, Pietro Babina, giustamente si astiene dal fornire - è proprio in quell’assenza di motivazioni, è nell’ovattata routine di una mogliettina che come nella pubblicità di una rivista femminile prepara ogni giorno la colazione alla famiglia, fa la spesa, cura il giardino, inseguendo un’immagine di sé tanto perfetta da risultare irraggiungibile.
Come in uno stralcio di cronaca nera, questo orrore ci appare vicinissimo, le grida dell’invasata risuonano nel buio a pochi passi da noi, le domande con cui un’intervistatrice la incalza potrebbero rimbalzare la sera sui nostri teleschermi: eppure anche qui subentra il filtro di un’incommensurabile distanza, che stavolta è però di tipo tecnologico: il giardino, i bambini, tutto ciò che si stagliava con nitidezza quasi fotografica non c’è, non esiste, è solo il risultato di sofisticate elaborazioni elettroniche proiettate su schermi trasparenti per creare un sorprendente effetto tridimensionale. Anche lei, l’assassina, è una parvenza, uno spettro digitale che riflette il vuoto di una personalità sfuggente, tenuta insieme da labili cliché comportamentali.


FESTIVAL "INTEATRO" DI POLVERIGI (WWW.INTEATRO.IT). 

notizia del 01/07/2004
TEATRO, LE AVANGUARDIE A POLVERIGI

In programma da stasera fino al 4 luglio

(ANSA)- ROMA, 1 LUG - Si apre oggi il festival delle avanguardie teatrali,'Inteatro' di Polverigi, in provincia di Ancona, in programma fino al 4 luglio.Uno dei primi eventi e' 'Consiglio di famiglia' diretto da Nicola Humpel,regista della scena tedesca.''Il Festival di Polverigi -rilevano gli organizzatori -e' diventato famoso per le sue SCOPERTE tra le fila delle avanguardie europee e americane. Una linea storica rimasta coerente dall' inizio con risultati che hanno influito sul gusto moderno del teatro''.

 

L'avanguardia si ritrova a Polverigi
(da www.delteatro.it)

di enzo fragassi


Nei quattro giorni che vanno dal primo al 4 luglio Polverigi, in provincia di Ancona, diventa lo spioncino attraverso il quale guardare il futuro di forme d'espressione diverse e complementari: teatro, danza e musica si alternano in un caleidoscopio di link, contaminazioni, rimandi.

Tra le attrazioni più attese vi è senza dubbio Il consiglio di famiglia (Der Familienrat) della compagnia teatrale berlinese Nico And The Navigators, che interpreta in chiave dadaista il quotidiano, soffermandosi sugli aspetti più paradossali e traendone spunto per dare vita a spettacoli che frullano teatro fisico e visuale, danza, testo (ridotto all'essenziale) e design. Il gruppo è capitanato dalla giovane regista Nicola Humpel e si avvale delle scenografie dell'artista plastico Oliver Proske. Inteatro_Teatro Stabile di Innovazione, che organizza il Festival, ha anche coprodotto il nuovo spettacolo della compagnia tedesca: Kain, Wenn & Aber.

All'insegna della multimedialità anche il corposo programma di danza, che comprende la quarta edizione di ADE, Art Digital Era, il progetto europeo che si avvale del sostegno di Programma Culture 2000, per promuovere l'incontro tra i linguaggi tradizionali dell'arte e le tecnologie digitali.

Tra i debutti previsti in cartellone c'è quello della compagnia inglese, di Birmingham, Stan's Cafe. Presenterà in anteprima per l'Italia It's Your Film, spettacolo che in soli tre minuti omaggia il regista David Lynch e il cinema noir. La visione dello spettacolo è consentita a uno spettatore alla volta.

Tra le proposte teatrali italiane, segnaliamo il debutto del nuovo spettacolo di Massimiliano Civica, uno tra i più promettenti giovani autori (leggi la nostra intervista). Grand Guignol è il titolo del suo spettacolo.

Informazioni e programma dettagliato del Festival Internazionale Inteatro di Polverigi si trovano sul sito di Inteatro.

(Da www.delteatro.it del 21 giugno 2004)

 

ORESTIADI DI GIBELLINA 

   (DA WWW.GENTEVIAGGI.IT)

Per le Orestiadi di Gibellina il rapporto con i luoghi dove si svolgono e con la storia di quei luoghi è sempre stato centrale. Questa costante, insieme alla scelta di un teatro di impegno in stretto rapporto col presente, può ben essere esemplificata da due episodi particolarmente significativi e felici della loro attività: l'Orestea di Eschilo, nella traduzione contemporanea in siciliano di Emilio Isgrò, momento costitutivo di tutte le attività delle Orestiadi di Gibellina, la cui Fondazione ne ha preso, non a caso, il nome; Il silenzio, di Pippo Delbono spettacolo concepito in memoria del terremoto che nel 1968 distrusse la città vecchia, ma che tanti altri "terremoti" ha saputo evocare e che, tra i tanti successi, ha anche segnato la definitiva consacrazione in Francia di Delbono e della sua compagnia. Il programma delle Orestiadi 2004 muove da questi due significativi riferimenti per proporre dal 29 giugno al 3 luglio, al Cretto di Burri - Ruderi di Gibellina Vecchia, come anteprima assoluta del Festival d'Avignone, Urlo, la nuova creazione di Pippo Delbono, alla quale portano il loro contributo, in un vitale confronto di esperienze diverse, Umberto Orsini, Giovanna Marini e la Banda della Scuola Popolare di Testaccio. Tema di Urlo è il potere, nelle sue molteplici forme: il potere politico e religioso, quello della cultura ma anche i meccanismi di dominio celati nel ricatto sentimentale e nell'intreccio delle nostre relazioni. Con questo spettacolo Delbono torna al liguaggio fisico-vocale dei suoi primi spettacoli, a un teatro del corpo che danza, del gesto silenzioso che sa raccontare, mentre la voce e il canto diventano l'urgenza a dire e le parole si caricano di senso. Già dallo scorso anno, con Agamennone, del regista ispano-argentino Rodrigo Garcia - che ha sconvolto chi l'ha visto per la violenza e la poesia con cui ha affrontato le tematiche del potere e della sua legittimazione, della spartizione delle risorse, della giustizia e della responsabilità - aveva preso il via il nuovo progetto sulla Orestea di Eschilo. Tre registi diversi (per sesso, nazionalità, cultura e formazione), tutti sotto la soglia dei quarant'anni, sono stati chiamati a realizzare le tre parti della trilogia. Dopo il già citato Garcia, sarà quest'anno la volta di Monica Conti che si avvale di altri linguaggi (come il canto e la musica) per affrontare il "lato femminile" della tragedia, quelle Coefore che sono il luogo di transito obbligato tra un"passato che non passa" e un futuro che resta oscuro e quasi impossibile da razionalizzare. Caden Manson e il suo Big Art Group statunitense si affacciano invece sulla dimensione futura di Eumenidi, usando il progresso della tecnologia come strumento di interpretazione e progettazione del nuovo. Ad essi la Fondazione Orestiadi ha suggerito solo due chiavi di lettura, strettamente legate tra loro: la prospettiva dell'Africa, che poche miglia dividono dalle coste siciliane con tutte le cronache di dolore di questi anni ma anche di felice integrazione, e il lavoro poetico di Pier Paolo Pasolini, che non solo tradusse Orestea nel 1960 per Vittorio Gassman, ma trovò proprio nell'Africa il luogo di contatto tra il mito e noi, come dimostrano i suoi film, in particolare quel saggio poetico che sono gli Appunti per un'Orestiade africana.

   Foto: P.P. Pasolini

 Coefore ed Eumenidi, prodotte rispettivamente dallo Stabile delle Marche e dal Centro Teatrale Bresciano e realizzate in collaborazione con la Biennale Teatro diretta da Massimo Castri, debutteranno a Venezia tra il 16 e il 20 settembre per approdare subito dopo a Gibellina. Il programma dell'edizione 2004 delle Orestiadi prevede inoltre uno sguardo sull'Africa profonda con un omaggio a L.S. Senghor, uno degli intellettuali più in vista della rinascita culturale e politica del continente africano e raffinato poeta di lingua francese, che fu presidente del Senegal dal 1960 fino al 1980. Il concerto-recital, dal titolo Ostie nere, è realizzato da un ensemble di musicisti e attori senegalesi e italiani; attraverso la musica e con la parola poetica di L.S Senghor, David Diop, Aimè Cesaire e altri poeti africani di lingua francese, si entra nel mondo della negritudine, delle tradizioni ancestrali ma anche nei fermenti e nelle speranze deluse del grande continente. Un'Africa poetica e forte, colta e raffinata, diversa da quella streotipata del folklore, non a caso immune da certe violenze estreme di cui ci giunge periodicamente la terribile eco. L'impianto scenico dello spettacolo è costituito dalle opere che Moussà Traore, uno dei più interessanti artisti senegalesi realizzerà nel suo Workshop a Gibellina (29 giugno-3 luglio), utilizzando polemicamente, come di consueto, materiali di recupero e rifiuti della nostra civiltà opulenta. Infine, il 9 e 10 luglio, due serate dedicate a un giovane quanto apprezzato autore/attore palermitano, Davide Enia, arrivato al successo non ancora trentenne con la mitologia calcistica di Italia - Brasile 3 a 2, monologo da stadio per un artista inventatosi cantastorie moderno (Premio Ubu 2003). Nel suo nuovo spettacolo, Maggio '43, è la polvere della guerra di 60 anni fache si dirada e lascia scorgere tra i cumuli delle macerie raccontate la Palermo colpita dai bombardamenti degli Alleati nel maggio del '43, coi 1500 morti, i quartieri distrutti, lo sciacallaggio, il mercato nero, gli stupri della milizia fascista. Calendario 29 giugno-3 luglio L'urlo di Pippo Delbono, anteprima assoluta di Avignone 2004 Cretto di Burri produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione - Modena; Festival d'Avignon; Le Volcan Scène Nationale du Havre; Maison de la Culture de Bourges; Scène Nationale de Sète; Spieltzeiteuropa Berliner Festspiele; Teatro di Roma; Théâtre de la Cité; Théâtre Nationale de Toulouse 29 giugno-3 luglio Workshop dell'artista visivo senegalese Moussa Traore Baglio di Stefano 4 luglio Ostie nere. Concerto-recital in omaggio a Leopold Sedar Sendor voci: Valentina Banci, Fernando Maraghini, Papa Faye musiche originali eseguite da: Mirio Cosottini - piano, tromba; Dialy Mady Cissoko, Kora - percussioni, canto; Mirko Guerrini - sax, flauti Papi Thiam - percussioni ,canto Installazione di Moussà Traore Progetto Metastasio Stabile della Toscana, a cura di Massimo Luconi 10 luglio Italia-Brasile 3 a 2, di e con Davide Enia 11 luglio Maggio '43 di e con Davide Enia 20-30 settembre Coefore, regia Monica Conti, con Annamaria Guarnieri Baglio Di Stefano Produzione Teatro Stabile delle Marche Eumenidi, regia di Caden Manson, con il Big Art Group Baglio Di Stefano Produzione Centro Teatrale Bresciano Gli ultimi due spettacoli debutteranno in anteprima assoluta alla Biennale Teatro 2004 di Venezia tra il 16 e il 20 settembre, assieme alla prima parte della trilogia eschilea, Agamennone, realizzata a Gibellina nel settembre 2003 da Rodrigo Garcia e prodotta dal Teatro Stabile di Napoli. Tutte e tre le produzioni godono del sostegno produttivo delle Orestiadi di Gibellina e della Biennale di Venezia. con cortese richiesta di pubblicazione ufficio stampa: simona carlucci - 00 39 06 7009459 / 3355952789 - essecci@libero.it

 

 FESTIVAL DI SANTARCANGELO 

Quasi 90 ore di spettacolo in 10 giorni, con 4 co-produzioni, 8 prime assolute e 5 prime nazionali. Sono questi i numeri della 34esima edizione del Festival Internazionale Santarcangelo dei Teatri che si svolgera', dal 2 all' 11 luglio a Santarcangelo di Romagna, e sara' dedicata a Pier Paolo Pasolini.

  Foto: P.P. Pasolini

 Accanto alle compagnie del teatro di ricerca italiano, da sempre protagoniste del festival, questa edizione 2004 vedra' anche la partecipazione dei piu' creativi innovativi gruppi teatrali dell'area europea. Grazie al sostegno della regione Emilia Romagna, inoltre, il festival avra' quest'anno un maggior numero di spazi a disposizione.
''Mi piace definire Santarcangelo la nostra Avignone - ha spiegato l'assessore regionale alla cultura Marco Barbieri, oggi a Bologna in occasione della conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa - un festival di cui apprezzo l'apertura e la pluralita' di offerta anche temporale, dal giorno alla notte. Il tutto poi - ha proseguito - si svolge in un luogo non scontato, in provincia, una realta' locale che pero' riesce a proporre spettacoli e coproduzioni la cui qualita' artistica e' di livello europeo''.

''Il festival di Santarcangelo - ha spiegato inoltre Pier Silverio Pozzi, presidente associazione 'Santarcangelo dei Teatri', intervenuto alla conferenza di oggi - e' una manifestazione che non teme confronti a livello nazionale e una delle piu' antiche. Oggi - ha aggiunto - siamo in grado di colloquiare con le piu' importanti manifestazioni teatrali europee che operano nell'ambito della ricerca e della sperimentazione''. Ricchissimo, dunque, e quanto mai internazionale il calendario di questa edizione, curata dal direttore artistico Silvio Castiglioni. La rassegna sara' aperta dai ''Motus'' con una nuova produzione tratta da ''Teorema'' di Pier Paolo Pasolini e dal gruppo Kinkaleri con un'allestimento ispirato a ''I Cenci'' di Antonin Artaud. Tra le compagnie piu' sperimentali e' da segnalare quella del Teatro delle Ariette, che mettera' in campo un progetto che prevede la coltivazione di 6.600 metri quadrati di terra lavorata dagli attori -contadini. Scenografia, luci, forme e drammaturgia saranno affidate a vegetali e animali che gli artisti stanno coltivando, gia' da febbraio, in una sorta di campo-palcoscenico.

(Fonte Andkronos)

 

 

 

 


         

   

    

        

 

 

        

 

 Responsabile editoriale: Giuseppe Leo

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