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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività
Mind Sciences, Philosophy, Psychotherapy and Creativeness 

  N. 3, anno 2, gennaio 2005 

"SCRIVERE DA DENTRO"

   

Man Ray, Portrait imaginaire du marquis de Sade, 1938.

 

SCRITTI DAL MANICOMIO DI CHARENTON 

del Marchese De Sade
Breve storia di Charenton di Adeline FRIDE

 

NOTE SU DE SADE del dott. L.-J. Ramon Nota editoriale di Giuseppe Leo: 

Gli scritti  qui riprodotti, sono stati tradotti da Daisy Mazzetti sulla base dell'edizione francese Sade, "Cahiers personnels (1803-1804). Textes inédits établis, préfaces et annotés par Gilbert Lely", Correa, Paris, 1953.

Nei due links qui accanto troverete una breve storia di Charenton, dalle origini alla Rivoluzione francese, a cura di Adeline  Fride (la traduzione in italiano è di Giuseppe Leo) e, al secondo link, "NOTE SU DE SADE" che raccoglie  il resoconto che il dott. L.-J. Ramon, fece dopo la morte di De Sade a Charenton.

Gli scritti qui riprodotti, nell'edizione curata da Lely, sono numerati, ed in particolare: l'"Epitaphe de D.-A.-F. Sade" porta il n. 10, la "Note relative a ma détention" porta il n. 22, ed il terzo scritto qui riportato il n. 18. La "Note relative a ma détention" (n.22), in realtà, prosegue con una nota "a l'ouvrage de Justine", che però è stata qui omessa per questioni di spazio.

Gli scritti di De Sade, pubblicati da Lely come "Cahiers personnels", risalgono ad un'epoca compresa tra il secondo semestre del 1803 e i due primi mesi del 1804. Come riportato nel terzo scritto qui riportato (n.18), il 6 marzo 1801 (15 ventoso anno IX) il prefetto di polizia Dubois, per ordine del primo console, il quale era stato attaccato insieme a sua moglie Josephine nel 'pamphlet' di De Sade intitolato Zoloé et ses deux acolythes, emana un mandato di comparizione contro il Marchese, col pretesto che quest'ultimo si apprestasse a pubblicare Juliette. Si trattava evidentemente di un pretesto assurdo,  visto che Juliette era apparso nel 1797 ed all'epoca si era venduto 'alla luce del sole'. I poliziotti irruppero dall'editore Massé, dove si trovava De Sade, e la perquisizione portò al sequestro di alcuni manoscritti autografi, tra i quali quello di Juliette, del Boccace français, dei Délassements du libertin ou la Neuvaine de Cythère, nonché un'opera politica dal titolo Mes caprices ou un peu de tout, ma anche l'ultimo tomo di Juliette e un esemplare de La Nouvelle Justine, annotato di suo pugno.

Sade ed il suo editore vengono arrestati. Quindi viene perquisita la casa di Marie-Constance Quesnet, a Saint-Ouen, dove il Marchese aveva un 'cabinet secret' ornato di 'platres licencieux' e di una 'tenture de tapisserie representant les sujets les plus obscènes, tirés la plupart du roman infame de Justine' (come si dichiarava negli 'Elements d'un rapport du préfet de police' del 15 ventoso anno IX). Il 7 marzo 1801 (16 ventoso anno IX) De Sade e Massé vengono interrogati. Dietro promessa di ottenere la libertà, l'editore rivela dove sono nascosti gli esemplari di Juliette. Il Marchese riconosce  il manoscritto, ma sostiene non essere stato scritto di suo pugno, ma da un contraffattore. Il 2 aprile 1801 (12 germinale anno IX), le autorità di polizia, preoccupate di evitare un processo che avrebbe potuto portare alla ribalta, creando uno scandalo, il pamphlet di Zoloé, fanno internare 'amministrativamente' De Sade a Sainte Pelagie, come autore di Justine.

Il 20 maggio 1802 (30 floreale anno X), Sade da Sainte Pelagie scrive al ministro della Giustizia chiedendo di essere giudicato con un regolare processo oppure di essere rimesso in libertà, e giura di non essere l'autore di Justine. Il 27 aprile 1803 (7 floreale anno XI) Sade, che si trova a Bicetre per aver 'seduit et corrompu' dei giovani detenuti a Sainte-Pélagie (secondo quanto dichiara  il prefetto di polizia Dubois), viene trasferito a Charenton, in seguito alle sollecitazioni dei parenti. Come afferma Lely, <<nonostante qualsiasi uscita gli resta proibita, tuttavia il regime di questo 'etablissement', in cui la retta viene pagata dai suoi familiari, è di fatto un soggiorno meno insopportabile di quello di Sainte-Pelagie o di Bicetre.

All'epoca di questi scritti De Sade era un uomo obeso di 63 anni, il cui ritratto ' fisiognomico'  può essere letto in alcune righe di Charles Nodier (in Souvenirs, Episodes et Portraits de la Restauration et de l'Empire, Paris, 1831). Egli sarebbe vissuto ancora per altri due lustri. 

La 'Note relative à ma detention' (n. 22), qui sotto riportato come secondo scritto, è un interessante resoconto delle torture psicologiche e morali a cui fu sottoposto De Sade nelle precedenti prigioni di Vincennes e dalla Bastiglia.

 

Foto: un fotogramma del film "Quills" (2000)
 

EPITAFFIO DI D.-A.-F. SADE,

detenuto sotto tutti i regimi.

O tu che passi,

inginocchiati per pregare

vicino al più sciagurato degli uomini.

Nacque nel secolo passato

e morì in quello in cui siamo. 

Il dispotismo dalla fronte orrenda1

in tutti i tempi gli fece la guerra2:

 sotto i re questo mostro odioso3

s'impadronì della sua vita intera4;

Sotto il Terrore egli riparava

e mette Sade sul bordo dell'abisso  ;

sotto il Consolato rinasce7  :

Sade ne è ancora la vittima.

 

Note di G.Lely:

1) Nel manoscritto originariamente compariva non 'hideux', ma 'sanglant' (sanguinario).

2) "lui fit la guerre", ma originariamente era "S'appesantit sur sa carrière" .

3) "odieux", ma nella versione originaria era "effrayant" (spaventoso).

4) Originariamente: "Deux ou trois fois lui fit la guerre", ma una seconda versione riportava "Pendant treize ans lui fit la guerre".

5) Questa è la versione originaria. Una seconda versione era "Sous l'anarchie on le revoit", una terza versione invece era "Sous la Terreur il se maintient".

6) Versione originaria: "Pour plonger Sade dans l'abime".

7) La versione definitiva era "il revient", una seconda versione "il s'accroit".

 

NOTA RELATIVA ALLA MIA DETENZIONE 

Facevo notare che la situazione in cui mi tenevano e le farse che mi facevano mi costringevano a confondere gli eventi reali con quelli prodotti dall'imbecille malvagità degli scellerati che mi conducevano; cosa che, rendendomi insensibile nei confronti di quelli che  erano organizzati, mi rendeva ugualmente insensibile verso quelli  dovuti al destino o alla natura, per cui per l'interesse del mio riposo  preferivo non prestare fiducia a nulla e diventare indifferente a tutto. Da ciò derivava la terribile e pericolosa situazione di supporre che mi avessero ingannato annunciandomi la verità più funesta anziché credere a tale verità appena mi fosse stato vantaggioso di metterla nel novero delle menzogne che mi si moltiplicavano per costringere o far nascere delle situazioni; e, certo, si può ben dire che non ci fosse nulla al mondo di più funesto tanto per il mio cuore quanto  per il mio carattere. Tutto ciò veniva diretto contro il mio spirito: avevano torto, non conoscendomi come avrebbero dovuto conoscermi; commettevano una  sciocchezza, in quanto avrebbero dovuto sapere che ci vuole molta forza e filosofia per mettersi al di sopra di tali assurdità. Ma il cuore si corrompeva, il carattere si inaspriva, tutti effetti tanto perniciosi che  dannosi da produrre e che non provavano altro che la più grossolana stupidità in questi tormenti degni dei rozzi automi che li eseguivano o li consigliavano. Quali effetti funesti produsse ancora su di me il rifiuto dei buoni libri che avevo chiesto e gli ostacoli che mi misero nel lasciarmi comporre delle buone opere! Ma di cosa non dovevano essere capaci persone che, creando dei codici segreti e dei segnali, avevano, mandandomi a Bicetre, sacrificato il mio onore e la mia reputazione? 

  Bicetre: vai al sito della STORIA DI BICETRE 

Tale sistema di segnali e di codici cifrati, impiegato da questi banali mascalzoni tanto alla Bastiglia quanto nella mia ultima detenzione, aveva ancora l'estremo pericolo di farmi abituare ad attaccarmi ai fantasmi favorevoli alla mia speranza ed alle ipotesi che l'avrebbero alimentata. Ciò aveva impresso al mio spirito questo carattere sofistico che mi si rimprovera nelle mie opere.

Come ultima riflessione, come è possibile portare la non consequenzialità a tal punto da dire che se ho creato Justine, è alla Bastiglia, e di rimettermi in una situazione ancora peggiore di quella in cui ho, si dice, composto tale opera? Ecco, ciò dimostra in un modo incontrovertibile che tutto ciò che mi ha riguardato non è stato che l'opera del fanatismo degli imbecilli devoti e dalla grossolana imbecillità dei loro adepti... Oh! come aveva ragione Sofocle quando diceva: <<Quasi sempre uno sposo trova la sua perdizione o nella donna che prende o nella famiglia alla quale si lega>>!

 

 

 

Fui arrestato il 15 ventoso da M.Massé. dove mi trovavo per i miei affari riguardanti i Crimes de l'amour. Fui testimone del sequestro fatto lì da lui. Quando finì, mi si notificò un mandato di comparizione. Fui dapprima in rue des Trois-Fréres per  prendervi le chiavi di Saint-Ouen. Trovai Madamemolto inquieta ed agitata. Mi promise di non abbandonarmi. Fui condotto a Saint-Ouen dove si fecero le perquisizioni più accurate, che non portarono ad altro se non al sequestro di qualche opuscolo, di tre miei quadri e della tappezzeria del mio 'boudoir'. Da lì mi portarono alla Prefettura, dove non potei ottenere di andarmene a casa insieme ad un guardiano, come avevo chiesto. Mi misero per due notti e due giorni in isolamento; per il resto con riguardi e cortesie. Il 16, fui interrogato due volte da Moutard, al mattino dalle due alle quattro, la sera dalle otto alle dieci.  Mi riferii al foglio che avevo preparato al mattino. Moutard mi interrogò una terza volta il 18, mi presentò i manoscritti presi da Massé: ne riconobbi due come miei e dichiarai riguardo agli altri due quello che avevo detto a proposito di Justine. Il settimo giorno, Madame non aveva ancora potuto vedermi. L'ottavo giorno, mi si concesse di prendere dalla mia scatola delle carte di cui avevo bisogno, e mi si disse che il prefetto, non avendo voluto pronunciarsi sul mio caso, l'aveva rinviato al ministro della Polizia. Madame comparve con B.L., ma non li potetti vedere. Il 25, vennero e mi scrissero che la mia vicenda si sarebbe conclusa l'indomani. Il 27, Madame mi scrisse che mi consigliava di vedere un avvocato difensore. Che contrarietà! Si può agire in questo modo con un uomo che soffre? Il 28, vidi M. Jaillot, di Versailles, ed il 30 mi fecero uscire dalla piccola camera per stare cogli altri. Il 5 germinale, ritornai all'interrogatorio; mi presentarono una lettera che non riconobbi come mia. Al ritorno, abbracciai Madame mentre passava. Così, al mio centoventesimo giorno, ebbi il mio quarto interrogatorio. L'11 uno dei detenuti mi avvisò che sarei stato trasferito a Pélagie. Effettivamente lo fui il 12. Il 13, vidi Madame per la prima volta nel parlatorio di Pélagie; aveva l'aria di temere delle 'cabale' da parte della mia famiglia. Aveva ottenuto il permesso di vedermi tre volte ogni dieci giorni. Notai nei suoi discorsi molte contraddizioni, e credetti di comprendere da allora che si impiegava contro di me il sistema delle cifre come alla Bastiglia.

 

Note:

1) M.me Quesnet.

 

 

 


BREVE STORIA DI CHARENTON DALLE ORIGINI ALLA RIVOLUZIONE FRANCESE.

di Adeline FRIDE

 
Nota editoriale: questo breve saggio di Adeline Fride è la versione italiana di un capitolo della sua "These pour le Doctorat de troisieme cycle en Psychologie" che ha conseguito nel 1983 sotto la direzione del Prof. G. Lanteri Laura. Si ringrazia, oltre che l'autrice, anche SERPSY ( www.serpsy.org ), ed in particolare Marie Leyreloup, per aver autorizzato la pubblicazione su "Frenis Zero" di questo contributo.

   cliquez ici pour la version française

 

 I.1 - Fino alla rivoluzione:

 

Risale al 1641 la creazione di un ospedale nell'area di Charenton da parte di Sébastien LEBLANC, "Sieur de saint-Jean", consigliere del Re e 'controleur povincial des guerres'. Egli affidò il servizio ospedaliero ai religiosi della Carità dell'ordine di San Giovanni di Dio, ordine che sembra aver occupato un posto importante lungo il XVII secolo nelle cure e nelle opere di beneficienza destinate agli alienati.

Jean Philippe Gaussens nella sua 'memoire' ricorda che:

"L'apertura dell'ospedale di Charenton si situa dunque nel  contesto generale del <<Grande Internamento>> dell'età classica, così come viene definito da Michel Foucault, atteggiamento di politica di  risanamento poliziesco che assume una forma istituzionale con il decreto di fondazione dell'ospedale generale da parte di Luigi XIV nel 1656".

Si cerca di mettere ordine nel disordine che induce la miseria mediante la creazione di luoghi di segregazione in cui vengono anche reclusi  degli alienati. Sempre secondo J. P. Gaussens:

"Nel settembre 1660, un atto del parlamento di Parigi ordinò che gli alienati fossero accolti all'"Hotel Dieu" per esservi trattati in locali specializzati. Secondo certi autori, gli alienati così ricoverati venivano rapidamente trasferiti, i più fortunati alle 'Petites maisons' nella 'rue de Sévres' ed a Charenton, quanto ai poveri, per quanto riguarda gli uomini erano indirizzati a Bicetre, le donne a la Salpetriere. (...) questo atto del parlamento di Parigi è la prima traccia legislativa mirante all'ospedalizzazione specializzata dei malati di mente".

Charenton riceveva alienati e detenuti inviati per ordine del re, anche se nel 1790 il numero di questi ultimi si era notevolmente ridotto, cercando i Frati della Carità, per quanto in loro potere, di separare queste due categorie di ospiti. Si seguiva la procedura di internamento su 'ordine di giustizia' oppure 'su odine del re', cioé per 'lettre de cachet'. Gli alienati prendevano posto tra i differenti tipi di devianti: 'sperperatori, libertini e persino spie o giansenisti' (1) e dovevano essere repressi ed isolati. Tali istituzioni, allorquando erano private come lo era Charenton all'epoca, possedevano dei beni dovuti alle rendite dei terreni in campagna, degli affitti in città, alla circolazione delle donazioni e dei lasciti che esse raccoglievano. 

Così a Charenton il reclutamento dei malati proveniva soprattutto dalla media borghesia e dalla piccola aristocrazia, essendo la retta da pagare piuttosto alta. Da ciò deriva che la vita all'interno poteva essere relativamente gradevole: la biblioteca della Carità era ben provvista, abbonata alle gazzette; si poteva giocare a diversi giochi di società (scacchi, dama, biliardo...) e passeggiare nei giardini. A livello delle cure, si utilizzava il salasso, i bagni e tutta la farmacopea dell'epoca, così come le preghiere a fini terapeutici nella prospettiva della redenzione delle anime malate. Si suddividevano gli alienati in diverse categorie secondo la gravità della loro malattia: la 'force', la semi-libertà e la libertà.

Le testimonianza e gli archivi che si sono conservati su quest'epoca sono assai scarsi e sono essenzialmente costituiti dagli 'atti capitolari' o  verbali delle riunioni del capitolo della comunità medico-religiosa dell'ospedale. Vi si aggiunge il 'memoire historique et statistique de la Maison de Charenton' di Esquirol del 1835 (2). Tutti qusti documenti sembrano concorrere a mostrare che in questa fine del XVIII secolo, Charenton era considerato come un esempio di successo nelle cure agli alienati. In un articolo de 'L'Information psychiatrique', P. Sevestre (3) cita un rapporto di Tenon e menziona che:

"Luigi XVI il quale era a conoscenza che a Charenton ci fossero delle condizioni molto favorevoli ai malati, fece redigere a Colombier, Medico dell'ospedale, Ispettore generale degli Ospedali e delle prigioni del regno, una direttiva, pubblicata nel 1785 dalla stamperia Reale di Parigi, su 'la maniera di governare gli alienati e di lavorare per la loro guarigione negli asili che sono loro destinati'".

 

I.2 - La rivoluzione: 

 

il 1789 segna l'inizio della tempesta rivoluzionaria e con essa, la condanna dell'arbitrio che si suppone regnare nei manicomi. Si aboliscono le 'lettres de cachet' per decreto del 27 marzo 1790, il Comitato d'inchiesta visita Charenton e conclude a favore dell'ospedale. Ma il 18 aprile 1792 gli ordini religiosi vengono soppressi e Charenton è chiuso il 12 messidoro anno III (30 luglio 1795). I suoi beni vengono allora annessi ai 'Domaines Nationaux'. I folli vengono dispersi, alcuni vanno allo "Hotel Dieu", e quando ci si rende conto che questo ospedale non è attrezzato per trattare gli alienati in così grande numero e che le loro condizioni di vita erano particolarmente terribili, si apre la "Maison Nationale de Charenton" con atto del 27 Pratile anno V del Direttorio (15 giugno 1797). Essa viene sottoposta alla tutela diretta del Ministero dell'Interno.

Bisogna a questo punto parlare del notevole lavoro di Gladys Swain e di Marcel Gauchet (11) i quali hanno riflettuto in maniera molto rigorosa su questo momento della riapertura di Charenton, momento in cui esiste l'idea della curabilità della follia, per cui esiste di conseguenza l'idea del suo trattamento e del suo trattamento medico. I metodi di cura allora applicati all'hotel Dieu erano esclusivamente fisici: contenzione, salassi, bagni, ed è ciò che sarà respinto da Philippe Pinel (4) il quale, nel suo trattamento degli alienati, si distingue dalla pratica medica dei suoi contemporanei. 

Egli sostiene che ha appreso da coloro che si occupano dei folli, come il sorvegliante Pussin a Bicetre, ben più di quanto non abbia fatto da tutti i suoi colleghi. Egli da ciò introduce la nozione di un sapere pratico sull'alienazione mentale tanto importante quanto quello teorico. Swain e Gauchet avanzano l'ipotesi che i progetti di Pinel di riconvertire la Salpetriere in luogo "consacrato alla guarigione degli alienati" così come la creazione della clinica privata di rue Buffon (di fronte alla Salpetriere) che egli affiderà al suo allievo Esquirol, fossero destinati a entrare in concorrenza col "monopolio relativo di cui aveva goduto un tempo Charenton". Per questi due autori, mentre la riapertura di Charenton, che tuttavia corrisponde al desiderio di porre fine all'internamento degli alienati dentro luoghi come l'hotel Dieu, procede "secondo l'intenzione di adattare per conservare", la Salpetriere sarà al contrario l'espressione "di una volontà radicale di innovazione". 

Effettivamente, a partire dal 1797, si comincia la ricostruzione della "Maison nationale de Charenton" con l'aggiunta di più edifici, dovuta all'incremento della popolazione internata. ma quando un decreto del Ministero dell'Interno, del 17 giugno 1802, previde l'accoglienza degli alienati indigenti (uomini e donne), tali decisioni furono modificate nel 1806, indirizzando come prima gli indigenti maschi a Bicetre e le femmine alla Salpetriere. Si trova allora ristabilito il reclutamento selettivo della clientela ospedalizzata.

Tale periodo sarà contraddistinto soprattutto dall'assenza totale di un regolamento interno all'ospedale, cosa che permetterà al direttore, l'Abate de Coulmiers di esercitare un potere dispotico tanto sul piano gestionale che medico (5), mentre già all'epoca il potere medico si mette in piedi nel territorio della follia e viene riconosciuto legittimo dalle autorità.

Lasciamo ad Esquirol di farci conoscere il suo pensiero a tale proposito nel suo "Memoire historique et statistique sur la Maison Royale de Charenton".

"Il Ministro dell'Interno nel ristabilire la 'maison de Charenton' commise una grave colpa accontentandosi di nominare i principali capi dell'Ospedale (...) senza fornire alcun regolamento né alcuna modalità di contabilità, senza definire le attribuzioni dei diversi funzionari, ed infine senza stabilire una sorveglianza regolare. Ne risulta che il Sig. de Coulmiers fu un amministratore assoluto".

Il Sig. de Coulmiers preconizza ad es. il regime delle docce, quello del 'bagno a sorpresa', l'uso del mezzo di contenzione come i 'gilets de force', i 'mannequins d'osiers', ecc. per calmare gli agitati. 

Non tiene alcun registro ufficiale dei malati poiché la follia ha una cattiva stampa, ed il suo discredito può ricadere sui parenti degli alienati e perciò c'è il rischio che le stesse famiglie si riprendano gli ospiti, principale fonte delle rendite. Egli utilizzerà anche l'intera gamma dei comportamenti patologici dei malati per delle rappresentazioni teatrali pseudo-terapeutiche che attireranno tutta Parigi negli anni intorno al 1800. Accoglierà il SIG. DE SADE fino al 2 dicembre 1814, data della morte del "Divino marchese" e ne farà l'organizzatore di tali feste. La "detenzione" di Sade è proprio la prova del carattere abusivo degli internamenti praticati in questo periodo, dipendendo senz'altro da sanzioni politiche, morali o familiari anziché da alienazione mentale. Infine, il Sig. de Coulmiers vivrà innumerevoli conflitti con Royer Collard, nominato medico 'chef' nel 1806 ed imposto dall'Accademia di Medicina.

BIBLIOGRAFIA:

-  " Mémoire historique et statistique sur la Maison Royale de Charenton " 1835 de la page 539 à 706.


- " Les Maladies mentales considérées sous le rapport médical, hygiénique et médico-légal " d'ESQUIROL (Paris, J.B. BAILLERE, 1838, Tome II)


-  Charles STRAUSS : " la Maison Nationale de Charenton (Paris, Imprimerie Nationale, 1900).

- Albert LEHALLE : " la maison de Charenton " Paris Université de Paris VI. 1972 (Thése de Médecine).


- "Mémoire de fin d'assistanat de l'Ecole Nationale de Santé Publique de Jean Philippe GAUSSENS : " Histoire institutionnelle de la maison de Charenton " Rennes. Septembre 1978.

Notes :

1) Robert CASTEL : L'ordre psychiatrique. Editions de Minuit, Paris, 1976

2) ESQUIROL : Des maladies mentales. Tome 2, p. 539 et suivantes

3) P. SEVESTRE : Eloges de la maison de Charenton in l'Information Psychiatrique, 52-3, 1976, p. 361 à 369.

4) Voir Glady SWAIN qui situe dans " le sujet de la folie " p.40, le geste devenu mythique de PINEL faisant enlever les fers aux aliénés de Bicêtre : " avant de devenir pour la mémoire collective l'homme d'un geste, PINEL a été pour ses contemporains l'homme d'un livre, de l'œuvre clé où s'est comme cristallisée l'invention diffuse dans l'air du temps. Dans le traité Médico-Philosophique toute une époque du savoir s'est reconnue et a reconnu le lieu de sa rupture avec le passé.

5) Il faut lire à ce sujet le mémoire de maîtrise présenté par Dominique GIRAUD à l'université de Paris IV sur " la maison de Charenton de Louis XIV à Louis XVIII : de la prison à l'hôpital " juin 1980 où à l'aide de documents des Archives Nationales, elle analyse le conflit de COULMIERS-ROYER COLLARD.

6) G. LANTERI-LAURA : " Savoir et pouvoir dans l'œuvre de Ph. PINEL" in " Perspectives Psychiatriques", 1978 - I, N°65, p.77 à 85, où l'auteur analyse sur quels principes philosophiques et politiques PINEL a fondé la légitimité de sa pratique asilaire.

7) Cf G. SWAIN et M. GAUCHET : " La pratique de l'esprit humain" op. Cité

8) G. LANTERI LAURA : " Savoirs et pouvoirs dans l'œuvre de Ph. PINEL " article cité. Où l'auteur explique à propos des conceptions de PINEL sur son personnel : " Au dessous de lui, ne se dispose aucun corps intermédiaire et, à la différence d'Esquirol qui organise toute une pyramide de médecins subordonnés et d'infirmiers divers, PINEL entend que l'autorité s'exerce sur une classe uniforme de gens de service dont la fonction essentielle se résume à exécuter ponctuellement les ordres reçus avec beaucoup de patience à l'endroit des aliénés, mais sauf exception, sans la moindre initiative. "

9) P. SEVESTRE : " Eloge de la maison de Charenton. Article déjà cité

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