La mia città

Napoli, naturalmente

 

 

 

 

 


                         

                                            

il Maschio Angioino

 

" Napule ride 'int'a na luce 'e sole

 Chiena 'e feneste aperte e d'uocchie nire…"

-?Ferdinando Russo -

 

Non parlerò di Napoli come città; neanche della sua storia, delle sue origini, dei suoi caffè storici o dei suoi locali caratteristici. Queste sono notizie facili da reperire e diciamo pure alla portata di chiunque volesse saperne. Né cederò alla tentazione del folklore, sia pure quello legato alla cucina e alla tarantella, al sole e alla spensieratezza dei napoletani; quest'ultima tanto vituperata, ma che risale nelle origini a quel " Carpe diem " che Orazio ingentilì nei suoi versi. Certo mi piacerebbe parlare dei monumenti, delle piazze, delle strade, magari raccontando storielle e aneddoti, perché è proprio con questo stile che voglio parlare della mia città. Ma mentre lascio ad altra Rubrica questo compito, voglio in questa presentare Napoli attraverso la poesia, le leggende, i racconti, ma soprattutto i fatti che si sono tramandati. Citerò solo accenni, troppo spazio ci vorrebbe per dirla tutta, e poi l'intento è solo quello di stimolare il lettore a far da sé, se non dopo averlo pungolato nella curiosità e nel sentimento.

Non c'è stato poeta romantico che non vi abbia soggiornato, decantandola con i versi di una lirica. Parlerò di Napoli con la voce dei suoi personaggi, Pulcinella, magari, o Masaniello, che seppure non fosse napoletano d'origine, ha in qualche modo lasciato il suo segno nella storia partenopea. E che dire sulla Repubblica partenopea e dei suoi martiri?…..

" La Repubblica Partenopea del 1799 fu il risveglio di una città: Napoli, e con essa di tutto il Sud. Fu, una fiammata; una violenta eruzione del Vesuvio; un terremoto che scosse profondamente il Meridione; conferendo quella volontà e capacità di lottare, che secoli e secoli di asservimento avevano completamente annullato. Lo spargimento di sangue che ne seguì, la morte di migliaia di innocenti, testimoniano la violenta esplosione di un popolo, lasciato solo in balìa di se stesso, e manovrato abilmente da un cardinale e dai baroni. Illustri nomi, dotti e insigni, si batterono per la libertà, forse solo il popolo non era ancora pronto. Ma le idee di libertà, quelle sì erano forti e pronte sia pure per l'estremo sacrificio. Le cose non cambiarono, semplicemente perché i tempi non erano maturi. "

A dire il vero il popolo napoletano ha manifestato più volte l'insofferenza alla dominazione. Lo ha sempre fatto fino alle sanguinose cinque giornate, dell'ultimo conflitto bellico. Ma non sempre l'ardore e la voglia tenace di libertà sono bastevoli per vincere. Nel secolo precedente a quello degli eventi legati alla Repubblica Partenopea, un altro momento di sospirata liberazione fu vissuto. Erano gli anni della prima metà del '600, un pittoresco personaggio, venuto dal popolo, fa il suo ingresso sul proscenio partenopeo……

 " Nel 1647 un tal Tommaso Aniello da Amalfi, capeggiò il popolo napoletano che si era rivoltato contro il mal governo spagnolo. Masaniello, come popolarmente era conosciuto, si guadagnò il grado di capitano generale del popolo che gli era stato attribuito perché trattasse con il viceré d'Arcos. Fu di certo la figura più caratteristica che ricordi la lunga storia delle sventure e delle glorie napoletane. Di lui qualcuno ha scritto che nessun uomo, né prima né dopo, più completamente ha riassunto in sé l'indole, le passioni, i vizi e le virtù del suo paese. Con un'espressione retorica, ma che ben s'addice alla sua irruenza, temerarietà e ardore, si potrebbe definire che Masaniello è Napoli; morì perché fu tradito, e con la sua morte si spense ancora una volta la speranza di libertà. Di lui lo storico d'Italia Carlo Botta , scriveva: niuno di lui fu più umile nella potenza, niuno di lui più magnanimo nella povertà, niuno di più desideroso di bene nei tumulti".

La rivolta di Masaniello (1648)

 

Per fortuna le sorti della città non sempre sono state funeste. La generosa terra ha dato i natali ad artisti, scienziati, lirici. Un doveroso omaggio va tributato al massimo poeta napoletano: Salvatore di Giacomo, ……

" Fu poeta dialettale, novelliere e commediografo, ha fatto rivivere schiettamente l'anima e la vita sentimentale del suo popolo in versi e prose di toccante semplicità. Molte delle sue poesie vernacoli sono state musicate e divenute famose. E' uno dei poeti più vivi del suo tempo (1860-1934). Cultore di studi storici, ha sviscerato la vita intima di Napoli " . A Fuorigrotta, sulla via Consalvo una lapide immortala ai cittadini il ricordo:

                               "A Salvatore di Giacomo

                                     medico esimio

                            di letteratura arte e filosofia

                                cultore eccellentissimo     

che animo sognatore visse sempre di pura idealità e cuore di apostolo.

        Ebbe palpiti per tutte le miserie. Il suo paese, in ricordo e riconoscenza su questa casa ove tranquillamente chiuse nel 18 Marzo 1918 la feconda sua giornata.

                                                               I fuorigrottesi 1920"

 

E se abbiamo citato di Giacomo, allora soffermiamoci un po' sulla poesia. Napoli di certo è stata fertile genitrice di poeti; penso a Ferdinando Russo e lascio che siano le sue parole a parlare di poesia:

"Il risveglio della poesia dialettale, da qualche anno è assai notevole, specie qui a Napoli, divenuta - come a me pare - un gran giardino, festeggiato da una eterna primavera e fecondato dai baci di un perenne sole…….Col vostro volumetto la poesia dialettale si è davvero arricchita di un altro nome simpatico, simboleggiante il colore, l'espressione, l'originalità, la vivacità dell'ambiente popolare nostro…..".

Con queste parole, Ferdinando Russo salutava l'uscita di un volume in versi 'A Storia 'e Roma, scritto nel 1902 da Ernesto Murolo.

 

Un altro illustre napoletano, di adozione, fu Benedetto Croce, che visse e morì in questa città. Nacque a Pescasseroli, ma studiò a Napoli, dove fondò e diresse la rivista " La critica " che suscitò un grande fervore di studi filosofici. Particolarmente importante fu la sua opera nel campo storico: la storia non è scienza, ma arte. Così la storia non è un ricordare il passato, ma un viverlo come reale. A ben titolo ha rappresentato tra i più autorevoli, la cultura partenopea. Molto bene ha parlato e scritto di Napoli, pregevole per raffinatezza di stile e per l'abbondanza di contenuti è il volume " Storie e leggende napoletane " scritto dal Croce per l '  " affetto per le vecchie memorie napoletane ". E rimanendo nel tema delle storie e leggende non può mancare il Basile.

" Giambattista Basile nacque a Napoli il 1575 e morì a Giugliano, presso Napoli, nel 1632. Fu autore di vari scritti secondo la moda del tempo. ma le sue opere più famose sono quelle in dialetto : " Le muse napoletane " e, soprattutto, " Il Pentamerone ", che raccoglie cinquanta favole, dieci al giorno raccontate per cinque giornate. Tra le favole famosa è " La gatta cenerentola ".

Di quest'opera il Croce commentò  « L'Italia possiede nel " Cunto de li Cunti " o " Pentamerone " del Basile il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari  ».

Altra opera meritoria nella cultura popolare napoletana è "  La Cantata dei Pastori " di Andrea Perrucci. Lasciamo che sia Vittorio Paliotti a parlarcene:

" Per oltre due secoli, a Napoli, nella notte di Natale si è usato mettere in scena « il vero lume tra le tenebre ovvero la spelonca arricchita, ovvero la nascita del Verbo Umanato », meglio e più brevemente conosciuto come « La Cantata dei pastori ». Per la notte di natale quest'opera era nel cartellone di tutti i teatri cittadini. La tradizione risaliva al 1699. Poi fu vietata; Benedetto Croce scrisse : « Debbo segnalare la fine di questa secolare tradizione, perché in questo Natale 1899 il prefetto di Napoli, conte Cadronchi, l'ha spezzata proibendo d'ora innanzi la recita natalizia  del « Verbo Umanato » per ragioni d'ordine e di decenza pubblica ». Farraginosa, accademica, retorica, eppure appassionante, avvincente, esaltante, « La Cantata dei pastori  » presenta un susseguirsi di congiure demoniache che hanno lo scopo di impedire la nascita di Gesù Bambino e che vengono sempre sventate dall'arcangelo Gabriele ".

I personaggi dell'opera sono diavoli, pastori, pescatori, cacciatori e l'accattivante Razzullo (diminuitivo di Orazio) che senza dubbio è il più simpatico tra i personaggi. Tra il Settecento e l'Ottocento da parte degli attori fu aggiunto un altro personaggio, il cui nome rimase poi famoso: Sarchiapone, un barbiere nanerottolo.

E parlando di letteratura teatrale è doveroso dare un cenno anche al teatro, primi tra tutti Edoardo Scarpetta, i De Filippo e Totò.

"Eduardo Scarpetta, nacque a Napoli il 13 marzo del 1853, dedicò quasi l'intera sua vita al teatro a cominciare dall'età di quindici anni. Visse per il teatro, scrisse per far ridere, ritenendo che solo l'ilarità potesse dare all'uomo la possibilità di salvarsi dalla ripetitività della vita quotidiana. Il teatro per Scarpetta è allora l'occasione per evadere e realizzare sogni".

"I De Filippo, che dire di loro? erano figli d'arte, il loro padre fu Eduardo Scarpetta. Hanno ben rappresentato lo scenario umano; l'hanno fatto da quel palcoscenico che solo nella tradizione trova le parole adatte a dar vigore e sincerità alla scena, per loro tre quel palcoscenico era Napoli. Istrione Peppino, drammatico Eduardo e tra loro Titina ora ironica ora toccante nell'invenzione scenica del dramma umano. Per Eduardo alla base del suo modo di far teatro c'era l'uomo, con i suoi conflitti e con le sue incomprensioni."

"Totò, non a caso dopo Scarpetta e dopo Eduardo. Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe Costantiniana dei Focas Angelo Flavio Ducas Comneno di Bisanzio, principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo, ecc. ec.. in arte: Totò, aveva interpretato sia l'uno sia l'altro. Di Scarpetta interpretò quattro commedie al cinema: Miseria e nobiltà, Il turco napoletano, Sette ore di guai, Il medico dei pazzi.  Totò aveva recitato Scarpetta tante volte , del resto a Scarpetta si rifacevano tutti i comici napoletani dell'epoca.  Di Eduardo aveva recitato nel film "Napoli milionaria", passando per la prima volta al neorealismo. Mi piace chiudere raccontando un divertente aneddoto: " Una sera Totò dal suo camerino, il migliore del teatro, essendo lui il primo comico della compagnia, sentì che due attori stavano litigando perché uno di essi pretendeva che l'altro gli cedesse il proprio camerino, che era più grande. « Io ho una parte più importante della tua e me lo devi cedere! ». Totò uscì e disse: « Prenditi il mio, e falla finita. ». « Niente affatto: voi, siete il primo comico. »Totò a queste parole, inarcando le sopracciglia, e scandì bene questa frase: « Io so' TOTO'! è n'ata cosa ! ».

 

Dopo la poesia, la letteratura e il teatro, non può mancare la scienza, uno per tutti: Renato Caccioppoli. Nacque a Napoli il 20 gennaio del 1904. suo nonno fu l'anarchico Michail Bakunin. All'età di 26 anni ebbe la cattedra di Analisi algebrica e infinitesimale all'Università di Padova; nel '33 ottenne la cattedra a Napoli. Nel '53 l'Accademia dei Lincei lo premiò come uno dei più grandi matematici della nostra epoca. Sempre dubbioso e distaccato, soleva affermare: "Non ho certezze, al massimo probabilità". Morì suicida a Napoli il 1959.

 

       In conclusione di queste poche righe, che evidentemente non bastano a dire " ho parlato di Napoli ", lascio l'indicazione di alcuni testi che ho trovato interessanti e che approfondiscono alcune delle cose che ho descritto.

 

Letteratura su Napoli di particolare interesse:

ü    STORIE E LEGGENDE NAPOLETANE, di Benedetto Croce

ü    NAPOLI ROSSO E BLU, di Vittorio Paliotti

ü    LA CANTATA DEI PASTORI, di Andrea Perrucci

ü    IL PENTAMERONE, di Basile (pregevole edizione della BUL)

ü    'A STORIA  ' E  ROMA, di Ernesto Murolo

ü    LE POESIE E LE NOVELLE, di Salvatore di Giacomo

ü    IL TEATRO E LE CRONACHE, di Salvatore di Giacomo

ü    LA POESIA DIALETTALE NAPOLETANA, di Enrico Malato

 

Aggiornato  sabato 9 giugno 2001

 

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