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Indice generale, Glossario, Bibliografia, Note;

CAPITOLO 1, CAPITOLO 2, CAPITOLO 4


 
 




 
 

PORNOGRAFIA E SOCIETÀ


 
 



 
 




CAPITOLO 3
 
 
 
 

Pornografia e società


 
 


3.1 Introduzione
 
 

Nessuno ignora come i mezzi che la tecnologia mette a disposizione dell'uomo siano sempre stati sfruttati anche a fini sessuali. Basti pensare alla fotografia prima e al cinema poi. Gli esperti di marketing sostengono unanimi che il grande successo del videoregistratore è in larga parte dovuto alla disponibilità pressoché illimitata di cassette porno.

Recentemente, grazie allo scandalo delle bollette telefoniche milionarie dovute all'uso disinibito del numero 144 da parte di adolescenti lasciati soli in casa, tutti sono venuti a conoscenza che, oltre ai telefoni azzurri, rosa e verdi, ci sono quelli a "luci rosse" attraverso i quali è possibile procurarsi qualche piacere "proibito". Assodato, quindi, che tecnologia e sesso non disdegnino il reciproco sfruttamento vediamo di intenderci sull'uso dei termini erotismo e pornografia.

Molti distinguono l'una cosa dall'altra e tracciano confini invalicabili, accettando l'erotismo con entusiasmo e ripudiando con disgusto la pornografia. È come se la sessualità avesse due facce di cui l'erotismo è quella angelica, mentre la pornografia incarnerebbe quella diabolica. Ma nessuno può dire il punto esatto dal quale l'angelo scandalizzato fugga di fronte al diavolo e al suo ghigno beffardo.

Altri non fanno alcuna distinzione ritenendo l'uno sinonimo dell'altra nel bene e nel male. In realtà il confine, se c'è, lo traccia il buon gusto, la cultura, la sensibilità per l'immagine. Il confine è personale ed è legato alla propria storia psicologica, alle personali inibizioni e ai personali tabù. Non è raro il caso in cui un amante dell'immagine del nudo femminile si offenda di fronte alla rappresentazione di un coito.

Ma andiamo oltre per poter poi entrare nel vivo del sesso informatico.

Fin dalla nascita del PC gli amanti dell'erotismo si sono dati da fare per produrre e procurarsi immagini statiche e animazioni a carattere sessuale. All'inizio, a causa della grafica del PC non certo adatto ad immagini di tipo fotografico, le scene lasciavano molto a desiderare come qualità. Poi sono arrivate le schede video con buona risoluzione e molti colori.

Oggi il mercato offre dischi fissi di grande capacità ad un costo accessibile, ma, soprattutto, sono arrivati i CD-ROM con capacità di oltre 600 MB a costi di poche migliaia di lire.

Tutti i popoli civili consumano massicciamente prodotti erotici e gli americani non si sottraggono a questa regola; è localizzata proprio negli Stati Uniti, infatti, la principale sede dei siti pornografici dai quali proviene la gran parte delle immagini "hard". In questi siti sono rappresentate tutte le forme di "perversione" in grado di soddisfare tanto il feticista, quanto l'appassionato di pratiche sadomaso.

Ma questo non è ancora l'erotismo informatico, perché è solo cambiato il media e i risultati condividono quasi totalmente i limiti della carta stampata con la somma dei vantaggi in negativo: è come se una pellicola cinematografica fosse una sequenza di fotografie che ignora le risorse del movimento e del sonoro fatto di voci e musica.

Oggi siamo solo agli albori di un erotismo nato con lo strumento informatico, perché tutto quanto è stato detto finora non è ancora nulla in confronto a quello che sarà. Un PC è uno strumento potente che, come la carta stampata, offre la possibilità di visualizzare delle immagini e, come il cinema, di avere delle animazioni accompagnate da suoni, ma in più, rispetto a tutte e due, mette a disposizione dell'utente i mezzi per interagire, modificando e stravolgendo situazioni, portando una storia a concludersi secondo i propri gusti e inclinazioni. Il PC consente di attivare meccanismi di RV (realtà virtuale) che trasportano l'utente in un mondo illusorio, che, però, confina con quello vero. Ma, senza voler invocare Pirandello, che cos'è la realtà se non la più grande delle illusioni?

A questo punto, sarebbe opportuna una considerazione di carattere culturale. Parafrasando quanto afferma Leach nel suo brillante studio sulle origini culturali del tabù(84), potremmo affermare che la pornografia innesca reazioni molto forti, in quanto essa è l'oggetto dei tabù per definizione. La risposta delle società civilizzate verso le situazioni di ambiguità coincide, infatti, con una presa di posizione categorica ed una divisione concettuale di tipo aut/aut.

Il tabù nasce proprio dall'esigenza di esclusione di tutto ciò che non può essere spiegato: l'esperienza sessuale si situa tra le vicende emozionali più intense ed ineffabili della vita di un individuo e, pertanto, necessita di una forma di controllo inibitivo, al fine di preservare l'ordine sociale. Per queste ragioni, al rapporto sessuale è stata data una connotazione del tutto negativa, connotazione che ha profondamente inciso sulla sensibilità culturale del mondo occidentale(85).

Quello che, in questa introduzione, non va dimenticato, comunque, è che il mercato del sesso on line genera un business dagli impensabili contorni. Basterà citare, in questa sede, l'ammontare degli introiti mensili di Beth Mansfield, autore del sito Kitty's Adult Links (www.persiankitty.com), sito creato nel '95 a Tacoma (Washington) per fornire gratuitamente gli indirizzi dei migliori siti porno mondiali. Secondo quanto da Mansfield dichiarato alla rivista Wired, il suo sito, visitato da 425 mila persone ogni giorno, frutterebbe 80 mila dollari al mese (circa 135 milioni di lire) derivanti dai soli incassi pubblicitari.

Il primo argomento affrontato in questo capitolo riguarda la tesi di un ricercatore statunitense che ha influenzato il congresso americano nell'approvazione del CDA fornendo una falsa rappresentazione della rete Internet.

Seguirà l'analisi delle conclusioni della ricerca della "Commission on Pornography", nota come Meese Report, che, nel 1986 su richiesta dell'allora presidente Ronald Regan, dovette esprimersi sugli effetti sociali della pornografia (con particolare interesse verso le relazioni pornografia/criminalità) in un rapporto stilato in soli 18 mesi. Le argomentazioni della commissione furono aspramente criticate sia sotto il profilo metodologico, sia sotto quello politico.

Verranno, poi, riportati i risultati di alcune ricerche condotte da diversi ricercatori statunitensi ed europei, in epoche diverse, tesi ad evidenziare le relazioni e le implicazioni derivanti dal rapporto tra la diffusione di materiale pornografico e gli effetti sulla società.

Gli esperimenti e le ricerche qui citate, se prese nella loro organicità, aiutano a capire una realtà per molti versi misconosciuta ed oggetto di incredibili pregiudizi e luoghi comuni. I risultati di queste indagini dimostrano, infatti, che la diffusione di materiale pornografico non solo non ha effetti negativi, ma, anzi, sembra porti, in determinati casi e con alcuni "distinguo", ad una maggiore consapevolezza e maturazione sociale.

Internet, infine, come si cercherà di dimostrare, non è il luogo degli incontri di un manipolo di depravati sessuali; non favorisce la diffusione della pornografia e non è il canale per lo sviluppo della pedofilia. Nella Rete esistono, al contrario, un'infinità di siti dal contenuto altamente culturale, che permettono un viaggio virtuale a chi non può permettersi quello reale(86).
 
 

3.2 La tesi di Rimm
 
 

Nel 1994, aveva suscitato molto interesse uno studio condotto tra maggio e giugno da Martin Rimm ed altri ricercatori alla Carnegie Mellon University, che indagava sulla quantità ed il successo del materiale pornografico in Internet. Lo studio, intitolato "Marketing Pornography on the Information Superhighway", è stato quindi pubblicato sia nella tradizionale forma cartacea sul Georgetown Law Journal, sia come ipertesto sul Web(87). In sintesi, la tesi di Rimm è che la Rete è un eccezionale veicolo per chi cerca pornografia. Permette, infatti, di ricevere materiale osceno senza uscire di casa, assicura la massima discrezione, è una forma di "sesso sicuro". Questi fattori favorirebbero, secondo l'analisi di Rimm, un notevole successo della pornografia in Internet. Dopo un anno di esplorazione di Internet, Usenet, World Wide Web e computer Bulletin Board System (BBS), il gruppo di ricerca aveva scoperto che una delle più comuni (se non la più comune) attività ricreativa degli utenti di reti di computer era la distribuzione ed il consumo di immagini sessualmente esplicite.(88)

Una delle conclusioni cui giunse Rimm fece scalpore: l'83,5% delle immagini reperibili sulle newsgroup sono pornografiche(89).

Successivamente, la ricerca di Rimm fu ripresa da Time del 3 luglio 1995, che gli diede vasta eco e fece credere che il popolo dei cybernauti fosse costituito da maniaci sessuali.

Ma non è così. Molti contestarono la validità scientifica del lavoro di Rimm e l'attendibilità dei risultati a cui era giunto. Primi fra tutti due professori della Vanderbilt University, Donna Hoffman e Tom Novak, i quali dal loro sito(90), accusarono lo studio di Rimm e l'articolo di Time di contenere seri errori concettuali, logici e metodologici.

Il problema fu che si fece confusione tra l'intera Internet e le sue componenti: Rimm aveva analizzato Usenet e BBS, cioè i "gruppi di discussione", ma non passò al vaglio anche le altre parti della Rete (ad esempio il World Wide Web).

Ci si collega ad una BBS digitandone il numero telefonico, che naturalmente bisogna conoscere a priori, non vi si accede casualmente o semplicemente seguendo qualche link mentre si naviga sulla Web. Sono pornografiche l'83,5% delle immagini dei Bulletin Boards per adulti, non di Internet. In realtà, malgrado tutta l'attenzione dei media, il sesso virtuale riguarda meno del cinque per cento di tutto il traffico della Rete(91).

Ma non molti fecero caso alla pur importante differenza ed il 26 Giugno 1995 il Senatore Grassley arrivò a ricordare al Congresso che, delle 900.000 immagini presenti in Internet, l'83,5% era pornografico. In questo modo, facendo apparire il cyberspazio come popolato da maniaci sessuali, la proposta del Senatore Exon di regolarlo con il Communication Decency Act fu maggiormente condivisa.
 
 

3.3 Pornografia e strumentalizzazione politica. Il rapporto Meese
 
 

Un altro caso di cattiva ricerca sotto il profilo metodologico e scientifico fu il Rapporto Finale della Commissione sulla pornografia e salute pubblica. Questa ricerca rappresenta un chiaro caso di strumentalizzazione politica volta al raggiungimento del consenso.

La Commissione del 1986 sulla pornografia, presieduta da Henry Hudson, fu istituita dal Procuratore Generale del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti Edwin Meese, con lo scopo di approfondire - e possibilmente rovesciare - i risultati della ricerca della Commissione sulla pornografia del 1970; le indagini di quest'ultima portarono alla conclusione che non esisteva una relazione evidente tra materiale sessualmente esplicito e comportamenti criminali.

Il rapporto finale della Commissione Meese fu pubblicato nel luglio 1986 e nelle sue conclusioni traspariva l'auspicio che si prendessero delle drastiche misure contro la pornografia.

In una dichiarazione alla stampa per l'annuncio della nomina dei membri della commissione, il Procuratore Edwin Meese affermò che dal 1970 "(...) il contenuto della pornografia è radicalmente cambiato, ed esiste una maggiore enfasi sulla violenza estrema (...). Il compito della commissione è di raccordare la necessità di un controllo sulla distribuzione di materiale pornografico con la tutela dei diritti offerta dal primo emendamento della costituzione. (...) La commissione svolgerà il suo compito in maniera assolutamente obiettiva (...)".

Ma queste parole furono pronunciate da un uomo che:

1) cercò di interrompere i fondi per il Comitato Nazionale contro la Violenza Domestica dichiarando che essa era un gruppo con idee a favore delle lesbiche;

2) dichiarò perfettamente legittima la discriminazione verso le persone malate di AIDS negli uffici pubblici, se fondata su motivazioni quali, ad esempio, la preoccupazione di prevenire la diffusione del virus.

Esiste il sospetto che la scelta dei membri sia stata fatta su basi ideologiche più che sulle credenziali da essi presentate; qualche dubbio sorge, inoltre, sull'obiettività e l'imparzialità della Commissione: i suoi membri, infatti, non sembravano essere privi di pregiudizi, almeno a giudicare da alcune loro affermazioni o atteggiamenti.

In particolare, il presidente della commissione Hudson ricevette un encomio dal presidente degli Stati Uniti quando, Procuratore di un sobborgo di Washington, decise di chiudere tutte le librerie per adulti e gli istituti per massaggi della contea. L'esperto costituzionalista della commissione Fredrick Shauer, docente di giurisprudenza presso l'Università del Michigan, ebbe a commentare che la pornografia "non è protetta dal primo emendamento, in quanto essa è una forma di attività sessuale, non di espressione".

Dei due scienziati sociali della commissione, uno (P. E. Dietz) era docente di legge all'Università della Virginia e consulente presso l'unità di scienze del comportamento dell'FBI. Le sue idee e convinzioni non erano senz'altro liberali: prima di entrare nella Commissione espose una sua teoria secondo la quale "la masturbazione attraverso immagini devianti" supporta e mantiene (se non ne è addirittura la causa) il comportamento deviante.

Altri tre membri della commissione erano famosi per le loro "crociate" moralistiche ed alcuni di essi erano fondamentalisti religiosi attivamente coinvolti (come Debson e Ritter). Fu, inoltre, coinvolta la presidentessa del Comitato Californiano per la Difesa dei Minori dagli Abusi, proprio allo scopo di avallare le tesi della Commissione.

In aggiunta a quanto sinora esposto, una delle affermazioni contenuta nel rapporto finale della Commissione Meese, che fecero più scalpore, fu che la pornografia rischiava di essere la "minaccia rossa" degli anni '80. La commissione fece trasparire il suo colore politico anche in altre occasioni, con asserzioni e metafore del tutto inopportune(92).

Questa "obiettiva" commissione ebbe mezzo milione di dollari ed un anno per dare all'amministrazione Regan un resoconto sullo stato della pornografia. La commissione istituita nel 1970 ebbe, invece, 2 anni e 2 milioni di dollari: queste maggiori risorse le consentirono di condurre oltre 80 esperimenti indipendenti sugli effetti della pornografia. La commissione Meese, invece, non poté far altro che passare all'esame del materiale(93) giudicato pornografico ed esprimere il suo (personale) giudizio(94).

Oltre all'uso di una grande retorica femminista la Commissione si avvalse dell'aiuto dell'associazione "Women Against Pornography" (W.A.P.), che si diede da fare per procurare testimoni che si dichiararono "vittime della pornografia".
 
 

3.3.1 Prescrizioni e conclusioni della Commissione Meese
 
 

La frettolosa e poco "scientifica" conclusione della Commissione Meese fu, quindi, che "la pornografia stimola atteggiamenti e comportamenti che porterebbero a gravi conseguenze per gli individui e per la società" e che "essa danneggerebbe la sensibilità e la salute mentale di adulti e bambini".

Nel Rapporto Finale(95) la pornografia viene distinta dal termine legale "oscenità"(96), in quanto essa contiene principalmente del materiale sessualmente esplicito e la sua intenzione primaria è la provocazione di uno stimolo sessuale(97). Per questo motivo viene esortata la formazione di "gruppi di azione cittadini" per combattere la produzione di materiale pornografico. A questi fantomatici gruppi sarebbe delegata la funzione di definire, aggiornare e rivedere, di volta in volta, quali sono i "community standard"(98) relativi alla pornografia.

Un'importante omissione nel rapporto è quella di un importante documento redatto dalla sociologa canadese Edna F. Einsiedel(99), la quale fu incaricata dalla Commissione stessa di stendere un resoconto del punto di arrivo degli studi sociologici sulla materia. Previa consultazione delle ricerche dell'epoca la professoressa Einsiedel dichiarò: "non esiste attualmente un'evidente correlazione tra i casi di molestie sessuali e l'uso di materiale pornografico: la relazione rimane un'inferenza". La studiosa fece altresì notare che l'uso della pornografia si era rivelato utile nel trattamento di alcuni pazienti da parte di molti psicoterapisti. Le sue conclusioni, pertanto, non vennero incluse e il documento finale glissò abilmente sull'argomento della carenza di dati statistici invocando maggiori ed approfonditi studi e ricerche(100).

Un ulteriore errore metodologico commesso dalla Commissione fu quello di dividere arbitrariamente il materiale pornografico in alcune categorie, senza dare una rigorosa definizione dei termini. Le categorie erano quattro: materiale sessualmente violento; attività sessuali esplicite con rappresentazioni di sottomissioni, umiliazioni, degradazioni e "dominio" sessuale; attività sessuali esplicite senza rappresentazioni di sottomissioni, umiliazioni, degradazioni e dominanza sessuale; semplici nudità. A questa categorizzazione non corrispose un'adeguata definizione dei termini usati: di parole come "violenza", "sottomissione", "attività sessuale", ecc., infatti, non venne data nemmeno una sommaria descrizione operativa.

La stesura del rapporto risente di altri gravi errori metodologici. La scelta del linguaggio, ad esempio, non risponde ai fondamentali criteri di obiettività e chiarezza espositiva. Più che un trattato scientifico, il rapporto sembra simile ad una lettura biblica, dove vengono riportati degli esempi che sembrano presi dalla letteratura del Vecchio testamento.

Il Procuratore generale concluse, così, sulla base di ipotesi derivanti in gran parte da studi di laboratorio, che esiste una relazione causale tra il consumo o l'esposizione a diversi tipi di materiale pornografico e molti effetti "antisociali", tra cui l'uso della violenza verso le donne e l'aumento della criminalità.

Sulla base di queste conclusioni la Commissione fece appello ad una maggiore severità non solo nell'applicazione delle leggi, ma anche in fase di elaborazione delle stesse, con maggiori strict legal measures non tradizionalmente incluse nelle leggi contro l'oscenità.

Un'eccezione alle severe deliberazioni della Commissione viene dal materiale scritto (text only words), il quale verrebbe escluso dalle precedenti analisi in quanto ritenuto meno nocivo e meno "potente" rispetto alle rappresentazioni fotografiche o audio/video. Il presidente Hudson, comunque, in una sua dichiarazione individuale ha affermato che, a suo avviso, questa esclusione è, per dirla con parole sue, disturbing.
 
 

3.4 Studi sociologici sugli effetti della pornografia
 
 

In questo paragrafo verranno riportati i più recenti ed accreditati studi socio-psicologici sulla pornografia.

I dati da me riportati derivano in parte da una ricerca effettuata su Internet presso il sito del PsycLIT Database (il database dell'American Psychological Association - APA)(101) ed in parte dalla consultazione diretta di riviste specializzate.

La maggior parte di questi studi punta a stabilire se la pornografia possa determinare ripercussioni od effetti indesiderati sulla società o, al contrario, essa possa promuovere una sorta di maturazione culturale, anche in campi dove la sessualità sembra non essere in diretta relazione.

Una parte delle ricerche, invece, tenta di stabilire quale sia l'atteggiamento delle persone nei confronti della pornografia: si cerca, cioè, di determinare quale sia il "sentimento" o l'ideologia dominante nella società quando si trova a dover scegliere tra la censura di materiale considerato "osceno" o libertà di espressione.

Un altro importante filone di ricerche è quello riguardante la relazione tra consumo di materiale pornografico e abuso sessuale sui minori. La discussione si dipanerà, in questo caso, anche sulla delicata questione della pedofilia con la testimonianza di alcune lettere di pedofili dichiarati spedite al sito http://www.pedowatch.org (un sito istituito in collaborazione dell'FBI per monitorare l'attività dei pedofili in rete e procedere alla cattura degli stessi sulla base delle denunce pervenute).

Ho pensato di dividere il materiale in sub-paragrafi contenenti studi similari, in modo da conferire una certa omogeneità e rendere più agevole la lettura.
 
 

3.4.1 Pornografia e stupro. Simulazioni di laboratorio
 
 

Questo campo di indagine viene definito di "laboratorio" (laboratory studies) dagli studiosi d'oltreoceano, poiché la ricerca viene effettuata solamente su ipotesi ed esperimenti non riproducibili(102). L'indagine è, perciò, simulativa, in quanto tenta di predire ciò che potrebbe accadere nella realtà se si verificassero delle condizioni simili a quelle dello studio.

Il risultato della ricerca, inoltre, è una probabilità, una percentuale od un dato che esprime la potenziale tendenza all'aggressione o allo stupro(103) da parte di individui di sesso maschile sottoposti a determinate sollecitazioni.

Ciò che sembra affiorare da questo tipo di studi è che la visione di materiale pornografico non influenzi né le tendenze o le propensioni verso l'aggressione, né la propensione verso atteggiamenti definibili come "sessisti"(104).

In un esperimento condotto nel 1986 da Malamuth e Ceniti vennero misurate le probabilità di un'aggressione od uno stupro in relazione alla ripetuta esposizione a materiale pornografico violento e non. L'esperimento coinvolse 42 studenti universitari, alcuni dei quali vennero casualmente assegnati alla visione di film, testi, immagini ad alto contenuto pornografico, per un totale di 10 esposizioni in 4 settimane.

Successivamente, gli studenti parteciparono ad un altro esperimento (che essi ritenevano non correlato) volto a "misurare" le tendenze e le inclinazioni ad atteggiamenti di violenza sessuale verso le donne.

Venne, infine, calcolato un indice rivelatore della "probabilità di stupro" ed i risultati ottenuti con i soggetti sottoposti a stimoli sessuali furono confrontati con quelli dei soggetti non sottoposti ad alcun tipo di stimolo: non fu rilevata alcuna differenza nell'atteggiamento dei soggetti verso l'aggressione e lo stupro.

Questo filone di indagine ha portato, in tempi recenti, ad intensificare le sperimentazioni. Risale al 1994 un'interessante esperimento sulla probabilità di aggressione effettuata da Fischer e Greneir. In due esperimenti venne analizzato l'impatto di materiale pornografico violento sulle fantasie, i comportamenti e gli atteggiamenti di 79 maschi non laureati.

Nel primo esperimento i soggetti vennero sottoposti a stimoli derivanti da materiale pornografico violento, erotico non violento ed altri stimoli "neutrali". Le fantasie sessuali, la percezione delle sollecitazioni, il desiderio sessuale post-esposizione e gli atteggiamenti verso il sesso femminile furono testati.

Nel secondo esperimento i soggetti furono provocati da una ricercatrice e, successivamente, sottoposti alla visione di una pellicola dove una donna veniva aggredita sessualmente, ma sembrava trarne piacere. I soggetti poterono, poi, dialogare con la ricercatrice che li aveva provocati parlandole attraverso un interfono e le loro reazioni vennero rilevate con un sistema elettronico in grado di registrare le "scariche" elettriche emesse durante il colloquio.

Il risultato di questi esperimenti fu sorprendente. Si dovette ammettere che l'esposizione alla visione di materiale pornografico, anche dopo un'esplicita provocazione, non produce nessuno degli effetti immaginati o previsti: non si registrarono, infatti, fantasie, comportamenti o "aggressività" sessuali contro il genere femminile.

Alcune recenti ricerche hanno portato a stabilire, tuttavia, che i maschi con pregiudizi sessuali discriminanti(105) hanno la tendenza ad essere più motivati verso l'aggressione sessuale e propendono verso una visione della donna molto vicina allo stereotipo "donna-oggetto"(106). Le persone con questo genere di visione, inoltre, dimostrarono di essere maggiormente stimolate nel fare delle advances ad una donna dopo la visione di un film pornografico.

Il problema, in questo caso, è, però, culturale. Le ragioni di una simile visione e sentimento vanno ricercate in altre direzioni. Importante, in questo senso, è il sistema culturale vigente nella società in quel determinato frangente temporale; il sistema dei ruoli e le funzioni culturali assegnate dalla società ai generi sessuali. Nel Medioevo e nella prima fase dell'industrializzazione la violenza (non solo sessuale) nei confronti delle donne era un aspetto comune del matrimonio. Nel sistema giuridico del secolo scorso, non v'era traccia di una norma che impedisse ad un uomo di maltrattare una donna, a meno che non si arrivasse al ferimento grave o all'omicidio.

Tutto questo ci fa capire che determinate idee e sentimenti sono radicate nel nostro sistema culturale(107) ed il cammino per combatterle ed arrivare alla condivisione del rispetto è ancora lungo.

La pornografia, come dimostrano questi studi, c'entra poco o nulla. Essa può, forse, contribuire a radicare ulteriormente determinate idee nella mente di chi già ce le ha, ma non ha il potere di generarle ex novo. La percezione oggettuale del sesso femminile deriva, in realtà, da tutta una serie di atteggiamenti ed insegnamenti appartenenti alla fase iniziale della socializzazione umana(108).

Lo dimostra uno studio correlazionale condotto da Padgett nel 1989, nel quale si tentò di stabilire quale fosse la relazione tra consumo di pornografia e percezione/atteggiamento verso le donne. Per la ricerca venne utilizzato un campione di 184 studenti di psicologia e di 20 clienti abituali di cinema e teatri porno.

I risultati non furono privi di sorprese.

In primo luogo, il numero di ore di esposizione ai filmati non poté essere messo in correlazione con l'atteggiamento verso il sesso femminile.

Gli abituali consumatori di film porno, poi, dimostrarono di avere, nei confronti delle donne, atteggiamenti più democratici e rispettosi se confrontati con quelli degli altri soggetti (sia maschi che femmine).

In un terzo esperimento condotto da Padgett, infine, 75 studenti vennero divisi ed assegnati casualmente alla visione di 4 ore di filmati erotici e 4 di documentari di psicologia per 5 giorni consecutivi. Dai test che i soggetti compilarono in seguito, emerse una diversa percezione soggettiva della natura erotica dei filmati, ma l'atteggiamento verso le donne non venne influenzato dal tipo di filmato visionato.
 
 

3.4.2 L'aggressione sessuale. Studi empirici
 
 

Questo filone di studi si contraddistingue dal precedente poiché si basa su ricerche empiriche. Ci si basa, cioè, sui dati reali forniti dalle forze dell'ordine (denunce, fascicoli riguardanti aggressioni, ecc.), dai centri di osservazione demografica e dalle interviste alle persone direttamente implicate nelle vicende di aggressione (sia detenuti, sia donne che hanno subito stupri o maltrattamenti).

I risultati delle ricerche sono in parte controversi. Se, a livello di laboratorio, si può affermare che la pornografia non incida sul comportamento di una persona normale, in questo filone di ricerche vi sono alcune testimonianze che sembrerebbero affermare l'imputabilità della pornografia nello stimolo all'aggressione in soggetti già "turbati" o violenti. Ma il materiale di cui si dispone è ancora troppo povero per poter parlare di una teoria o permettersi di fare qualche generalizzazione.

Quello che ci si propone di trovare o confutare è una relazione empirica tra pornografia ed aggressioni sessuali, correlate, però, ad altre variabili quali, ad esempio, la zona geografica ed il clima culturale o la percentuale di giovani sulla popolazione totale della comunità esaminata, ecc..

Spesso la pornografia viene considerata, in questo campo di indagini, come variabile indipendente inserita in un contesto di analisi macrosociologica multivariata.

Un primo esempio di questo approccio viene dall'interessante ricerca a cura di Baron (1990) che indagò sulla relazione tra la circolazione di riviste erotiche e l'uguaglianza sessuale nei diversi stati federali americani.

La parità sessuale venne misurata attraverso un indice chiamato GEX (Gender Equality indeX), il quale era la risultante sintetica di altri 24 indici relativi allo stato delle donne nelle relazioni tra politica, economia e diritti civili.

Per dimostrare l'ipotesi che ad un alto tasso di circolazione di riviste pornografiche corrispondesse un basso livello di parità sessuale, vennero utilizzati dei modelli di regressione multipla(109). Ma, contrariamente a quanto supposto nell'ipotesi, i risultati di quest'analisi furono che in corrispondenza di alti tassi di circolazione di riviste hard si registrarono i GEX più elevati. Questo sembrerebbe suggerire che pornografia e uguaglianza sessuale fioriscono entrambe in una società tollerante.

Una ricerca che portò a simili conclusioni fu quella di Garcia (1986).

Questo studio investigò sulla relazione tra esposizione a materiali sessualmente espliciti e attitudini verso lo stupro esaminando un campione di 115 maschi non laureati. I dati rilevati portarono alla conclusione che, contrariamente a quanto affermato nell'ipotesi iniziale della ricerca, i soggetti con un'elevata esposizione a materiali sessualmente espliciti dimostrarono di avere atteggiamenti decisamente più aperti e liberali verso le donne per quanto concerne la sfera sessuale.

La pornografia, secondo questi studi, sembra avere effetti positivi. A conforto di questa ipotesi, si possono citare due distinti studi del grande sociologo danese Berl Kutchinsky(110), uno dei più accesi sostenitori della teoria della catarsi pornografica(111).

La prima ricerca (del 1991) fu condotta su 4 territori diversi, dove si riteneva vi fosse un'ampia diffusione di materiale pornografico: Stati Uniti, Svezia, Danimarca e Germania). L'aggregazione dei dati raccolti portò all'esclusione dell'ipotesi secondo la quale la diffusione della pornografia ha deleteri effetti sui crimini a sfondo sessuale.

Il secondo studio risale al 1973 e riguarda la relazione tra la facile disponibilità di materiale pornografico e l'incidenza dei crimini sessuali in Danimarca. Questa ricerca rilevò che, mentre vi era un aumento della disponibilità di materiale pornografico, si registrò un significativo decremento dei crimini sessuali registrati a Copenaghen. Diversi fattori suggerirono che fosse la pornografia la principale causa di questo decremento.

Esistono, comunque, delle critiche mosse a queste teorie a favore della pornografia. Alcune ricerche, infatti, hanno portato a conclusioni decisamente a sfavore della pornografia.

In particolare, si è affermato(112) che in un paese dove esiste una maggiore tolleranza verso la pornografia, le donne tendono a non denunciare molti stupri. Questa tendenza sarebbe motivata dal fatto che, in una società dove lo stupro e la pornografia vengono presentate e trattate con leggerezza, una donna potrebbe pensare che le autorità non tratterebbero con serietà la sua vicenda.

Vi sono tre ulteriori analisi empiriche che sembrerebbero affermare l'imputabilità della pornografia nei crimini sessuali.

La prima è del 1987 e riguarda un'intervista sottoposta a 64 carcerati che si sono proposti come volontari (38 imprigionati per stupro e 26 per molestie sessuali su minori)(113).

Questa ricerca volle indagare sulla quantità di materiale pornografico consumata nella storia familiare, evolutiva e criminale di alcuni soggetti detenuti per reati a carattere sessuale. L'indagine venne condotta attraverso l'uso di un questionario scritto e compilato a mano dai soggetti intervistati.

I risultati mostrarono che, mentre a casa e nell'adolescenza i soggetti riportarono simili abitudini e consumi, in fase adulta i detenuti arrestati per violenza su minore aumentarono i loro consumi di materiali pornografici. Essi si dimostrarono, inoltre, più propensi all'uso di detti materiali prima e durante le offese sessuali e dichiararono di adottare la pornografia quale impulso all'azione(114).

Una seconda ricerca intitolata "Pornography and rape: a causal model"(115), stabilì quali fossero le condizioni affinché un uomo decidesse di commettere uno stupro. Si affermò che la pornografia concorresse ad aumentare la probabilità di questa decisione perché:

1. "Essa predispone alcuni uomini allo stupro ed intensifica le predisposizioni in altri uomini già presenti".

2. "Essa mina le inibizioni verso il passaggio all'azione in chi già desidera attuare un'aggressione".

3. "Essa mina le inibizioni sociali verso l'azione".

Benché questa ricerca non fosse granché rigorosa sul piano scientifico, essa pone alcuni quesiti meritevoli di approfondimenti.

L'ultimo studio empirico che si pone contro la pornografia risale al 1987(116). Esso valutò la presenza dello pornografia e l'uso di violenza sia sessuale che non, nella vita di 44 donne vittime di maltrattamenti.

I dati provennero da alcuni gruppi di discussione psicoterapeutici e vennero confrontati con un campione di 32 donne prese da una popolazione universitaria sessualmente matura.

Ponendo a confronto i dati dei due gruppi di donne, il risultato fu che i partner delle vittime degli abusi erano soliti consumare un ammontare di materiali pornografici di gran lunga superiore alla quantità consumata dai compagni delle donne del campione universitario.

In aggiunta, alla domanda "Si è mai innervosito il tuo compagno quando ti sei rifiutata di fare ciò che lui aveva visto o letto nei libri, giornali o film?" il 39% delle donne vittime di violenze risposero affermativamente, contro il 3% del gruppo di universitarie.

Ovviamente, va precisato, che, in questo caso, non è possibile stabilire con certezza un rapporto di causazione. Anzi, è assolutamente possibile che il maggior uso di determinati materiali sia l'effetto, anziché la causa di determinati comportamenti devianti.

Benché non sia prerogativa di questa tesi indagare a fondo sui fattori concorrenti all'aumento dell'incidenza dei reati sessuali, sarà opportuno riportare i risultati di altre ricerche destinate a fare chiarezza sull'argomento.

In una recente analisi condotta negli Stati Uniti sulla base dei dati raccolti da Uniform Crime Reports(117), venne impostato un modello causale pornografia/aggressioni sessuali e ne venne misurata la validità rispetto ad altri modelli basati su altre variabili. Le unità di analisi furono alcune aree metropolitane considerate "standard".

I risultati dell'analisi portarono alla confutazione del modello pornografia/stupro e sottolinearono l'importanza di altre variabili sociali implicate nell'incidenza delle aggressioni. Nell'osservazione della dinamica dei crimini a sfondo sessuale venne attribuita grande importanza alle seguenti variabili sociologico/demografiche:

1) dimensione della popolazione;

2) percentuale dei giovani sessualmente maturi sul totale della popolazione;

3) percentuale dei divorzi;

4) cambiamenti strutturali della popolazione.

Un'interessante studio a cura di Corne (1992), indagò su un aspetto generalmente tralasciato dagli studi sugli effetti psicologici e sociologici della pornografia.

Venne condotto uno studio che mirava a stabilire il limite e la misura in cui l'uso della forza o della violenza nei rapporti sessuali apparisse, per alcune donne, un fatto ai limiti del romantico. In relazione a quest'attitudine venne indagato il ruolo della pornografia.

Venne proposto un questionario a 187 donne non laureate, le quali risposero a delle domande riguardanti la loro visione personale della violenza sessuale.

Ciò che emerse fu che nei casi in cui venne rilevata un'esposizione precoce a materiali pornografici, essa condusse ad una percezione alterata del rapporto sessuale, percezione che indusse a considerare lo stupro come avvenimento "normale" o, addirittura, romantico nella vita di una donna.

Va citato in questa sede, infine, uno studio trasversale che cercò di stabilire l'impatto della presentazione di un film hard in un campus universitario(118).

Vennero sottoposte ad un questionario di tipo "self-report" 230 studentesse, e venne loro chiesto di riportare le loro esperienze di aggressione sessuale da parte di uomini sia alcune settimane prima della visione che dopo.

Non vennero riscontrate differenze di rilievo nei livelli di aggressività e negli atteggiamenti degli studenti maschi che videro il film, comparando:

1) i dati con quelli registrati alcune settimane prima;

2) le esperienze delle donne a contatto con studenti che videro il film e di quelle a contatto di studenti che non lo videro.
 
 

3.4.3 Studi sulla percezione della pornografia
 
 

Questo campo di indagine ricerca quali sono le impressioni e le idee diffuse nella società sull'argomento pornografia.

In particolare, sono state svolte delle ricerche per scoprire quali fossero i sentimenti della popolazione sul tema della regolazione della pornografia e la libertà di espressione. I risultati non sono scontati.

Ciò che risulta evidente è che l'opinione delle persone viene influenzata, in buona misura, dalle ideologie politiche e religiose.

Nella ricerca di Cottle(119) emersero chiaramente tre modelli di individui: religioso-conservativo, liberale, femminista antipornografo. Questi modelli derivavano da un'inchiesta su un campione volontario di 85 individui ai quali venne chiesto di dare una definizione di pornografia e indicare quali fossero, a loro parere, le implicazioni sociali e politiche di una sua diffusione.

Vennero analizzate le risposte sotto il profilo etico e politico, ma non fu possibile sostenere alcuna generalizzazione su dei possibili allineamenti politici, poiché esse esprimevano dei punti di vista troppo incompatibili tra loro.

Un altro fattore determinante nelle opinioni è il genere degli intervistati.

Lo testimonia lo studio di M. E. Thompson (1990), nel quale vennero intervistati 39 uomini e 64 donne sulle loro opinioni riguardanti la regolazione della pornografia.

Gli uomini si dimostrarono decisamente più propensi a sostenere i possibili effetti positivi della pornografia. Essi approvarono la tesi che la pornografia rilassa la tensione sessuale per le persone insoddisfatte, e riduce le inibizioni verso il sesso.

In ogni caso, sia uomini che donne convennero che la pornografia potesse avere degli effetti negativi; fu opinione largamente condivisa che la pornografia deumanizzasse la donna e portasse uomo e donna a perdere rispetto l'uno nell'altra. La pornografia violenta fu accusata di violare i diritti civili della donna.

Come ultimo dato, è interessante rilevare che il 65% dei soggetti ritennero che la pornografia dovrebbe essere protetta dal diritto alla libertà di parola ed espressione oltre che dal diritto di stampa.

Ma la ricerca più interessante e completa su queste tematiche è quella di Lotters (1990), nella quale vennero intervistati 663 studenti universitari.

Il campione era formato da persone di razza prevalentemente caucasica, laureati o studenti di un'università statale del Midwest. Agli intervistati venne sottoposto un questionario destinato a cogliere le impressioni e gli atteggiamenti nei riguardi di materiali sessualmente espliciti.

La maggior parte degli intervistati definì la pornografia come un "media che riporta ed illustra attività sessuali"; venne largamente condivisa, inoltre, l'opinione che gli adulti debbano avere accesso a simili materiali, riconoscendo a questi ultimi effetti sia positivi che negativi.

I soggetti, infatti, abbracciarono entrambe le visioni sulla pornografia: che essa è estremamente dannosa, non ha effetti positivi e dev'essere regolamentata o, all'opposto, che, non essendo nociva, può avere diversi effetti benefici e non dev'essere in alcun modo regolamentata.

Un dato importante fu che donne, soggetti più religiosi e soggetti con vite sessuali meno "attive", diedero pareri decisamente più sbilanciati verso gli effetti negativi e la regolamentazione dei materiali sessualmente espliciti.

Un importante parametro nell'analisi delle opinioni delle persone, si diceva in apertura, è l'ideologia o le convinzioni politiche.

È, in ogni caso, difficile tracciare un disegno generico delle attitudini politiche e relative posizioni ideologiche rispetto a determinate tematiche.

Si è portati a pensare che una persona con ideali politici tendenti a sinistra(120) abbia una maggiore propensione e sensibilità rispetto a problemi relativi alla libertà di espressione o pensiero. Ci si aspetta che essa abbia delle vedute maggiormente liberali.

Una generalizzazione di questo tipo, benché condivisibile, è, tuttavia, erronea. Occorre distinguere anche in questo caso, poiché, anche se nessuno potrebbe negare che il movimento femminista abbia forti radici nel pensiero della sinistra, è noto che le femministe si pongono tradizionalmente contro la pornografia.

Un'interessante ricerca, di matrice più squisitamente politologica, è quella di Thorton apparsa nel 1986 nel Journal of Sociology. Essa analizza le opinioni contrastanti di donne femministe, classificate da Thorton come liberali, conservatrici e radicali.

Sul tema della relazione tra sessualità e pornografia le femministe radicali hanno espresso opinioni molto interessanti, sostenendo una distinzione tra "realismo sessuale" e pornografia e tra quest'ultima ed i materiali definiti "erotici".

La loro idea di pornografia, in ogni caso, è quella di un qualcosa che provoca violenza sessuale nei confronti delle donne sia diretta che indotta. La loro tesi sottolinea le potenzialità offensive dei materiali sessualmente espliciti ed invita ad una presa di posizione forte da parte dei governi.

Le conclusioni di Thorton, comunque, sono che la pornografia è un easy target. Secondo l'autore, il problema è di matrice culturale ed è radicato nell'impostazione culturale della sessualità ed delle relazioni sessuali tra uomini e donne. Una proibizione legale della pornografia, infatti, darebbe un precedente per prendere di mira altri diritti, incluso quello relativo alla libertà di parola per le femministe(121).
 
 

3.5 Internet, sesso e pornografia
 
 

Quanto finora esposto non risponde ancora ad alcuni importanti quesiti.

In primo luogo, è diversa la pornografia presente su Internet da quella che possiamo acquistare nelle edicole?

Quali sono le differenze economiche, sociologiche e psicologiche per il consumatore di materiali "hard" nel passaggio dai supporti cartacei ed audiovisivi a quelli "virtuali"?

Quali differenze vi sono nel tipo di materiali pornografici proposti?

Se accettiamo l'ipotesi che la pornografia può avere effetti deleteri, allora, è davvero più "pericolosa" la Rete rispetto ai mezzi tradizionali?

Ancora e soprattutto, è possibile applicare anche alla pornografia presente sulla Rete le implicazioni delle ricerche sulla pornografia "convenzionale"(122)?

Non è sicuramente possibile rispondere, allo stato attuale della ricerca, a tutte queste domande con sicurezza assoluta. È, tuttavia, possibile azzardare delle ipotesi sulla base dei dati oggettivi a nostra disposizione.

Per poter rispondere, comunque, sarà necessaria una breve premessa di natura tecnica.

È innegabile, si diceva, che sulla Rete delle reti esistono siti con contenuti pornografici. Quello che occorre precisare, in questa sede, è la natura e la forma di questi siti e dei loro contenuti.

Per accedere ai siti pornografici è sufficiente digitare l'indirizzo e sottoscrivere alcune condizioni, tra cui quella in cui viene richiesta conferma della maggiore età dell'utente. Quasi sempre viene affermato a chiare lettere che il contenuto del sito può risultare offensivo per alcuni(123).

Molti siti propongono a livello dimostrativo alcune fotografie gratuite. Chi fosse interessato ad un abbonamento mensile, trimestrale o annuale (o, in alcuni casi, a vita) non deve far altro che sottoscrivere un contratto, fornendo alcuni dati personali ed il numero della carta di credito (il contratto è molto spesso anonimo, l'unico elemento importante è la carta di credito). I prezzi proposti sono piuttosto bassi, se paragonati a quelli di una rivista (alcuni siti propongono contratti mensili a 1-2 dollari al mese).

Attraverso Internet, i materiali vengono proposti e distribuiti in forme relativamente poco variabili. La forma dominane è costituita dalle rappresentazioni fotografiche.

Esistono, in ogni caso, dei siti che propongono, oltre alle classiche fotografie, anche dei brevi filmati e dei clip audio. La diffusione di questi materiali è, tuttavia, modesta, in quanto esistono dei seri problemi insiti nella natura di questi due supporti.

I filmati, infatti, sono costituiti da una serie di immagini in successione, che, riprodotte ad una certa velocità, danno la sensazione dell'animazione: sono necessarie almeno 8 immagini al secondo per ingannare l'occhio umano e generare l'illusione dell'animazione, ma per ottenere una qualità accettabile sarebbero opportuni 15 fotogrammi per secondo. Un'immagine di formato 320x200 pixel (in un monitor da 15 pollici equivale ad una finestrella di 10x10 cm. circa) a 65535 colori occupa circa 12,5 Kb in formato compresso; se il filmato viene riprodotto con una frequenza minima (8 frames al secondo) occorrono circa 100 Kb ogni secondo.

I clip audio necessitano anch'essi di diversi Kilobytes per un campionamento(124) sonoro accettabile(125). Se il file, inoltre, è stereofonico è necessaria una dimensione doppia. La grandezza del file sonoro, comunque, dipende sia dal numero di bit usati per la scansione, sia dalla frequenza di campionamento. Se consideriamo che per un secondo di audio campionato in formato Wav a 22 kHz, 8 bit mono (qualità appena accettabile) sono necessari circa 80 Kb (per un minuto occorrono più di 4 Mb), è facilmente spiegata l'assenza o la scarsità dei files audio nei siti pornografici.

Oltre a quanto sopra esposto, occorre sottolineare che, in Italia, l'utenza Internet privata media sfrutta quasi esclusivamente le normali linee telefoniche (60,2%) per il collegamento alla Rete, (i collegamenti ISDN(126), molto più costosi, sono diffusi solo presso le aziende che hanno necessità di collegamenti veloci) e riesce a collegarsi a 28800 bit per secondo (bps)(127). Questo significa che l'utente medio riesce a "scaricare" i files da Internet ad una velocità massima di circa 2,5 Kb al secondo.

In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, sono diffusi sistemi di comunicazione che consentono collegamenti sicuramente più veloci rispetto a quelli dell'utenza italiana, ma difficilmente si possono superare i 40/60 Kb per secondo.

Il problema principale, inoltre, è costituito dal fatto che, il più delle volte, il rallentamento deriva dal server che non riesce a trasmettere oltre una certa velocità (2/4 Kb per secondo). Quindi, anche con un modem(128) molto veloce, la velocità di download rimane praticamente invariata.

Con queste premesse è facilmente derivabile il motivo per cui l'uso di supporti audio e video nei siti "erotici" è decisamente limitato. Pochi utenti, infatti, sarebbero così pazienti da aspettare 5-10 ore per vedere un filmato di 10 minuti scarsi, quando hanno la possibilità di acquistare delle videocassette della capienza di diverse ore (senza considerare il costo di una telefonata di 10 ore).

Un discorso diverso è quello delle immagini.

Esse presentano una qualità ed una risoluzione spesso molto alte e, grazie alle possibilità offerte dalle attuali tecnologie di "compressione"(128) è possibile ottenere dei files di dimensioni relativamente contenute.

È questa, infatti, la principale forma di commercio elettronico presente nei siti "hard". Con un semplice click del mouse, l'utente può visionare il materiale e decidere se "salvarlo" sul disco rigido o passare in rassegna un'altra immagine.

Le fotografie sono spesso ordinate per generi e, la completezza delle descrizioni permette al visitatore di decidere sia il numero dei partecipanti all'incontro erotico sia il tipo di pratiche sessuali. Forme di deviazione sessuale quale feticismo, sadismo o masochismo sono contemplate con sezioni specifiche ad esse riservate, mentre per gli omosessuali esistono dei siti a loro interamente dedicati.

Il caricamento di una singola fotografia (che ha dimensioni variabili tra i 20 ed 100 Kb) richiede, comunque un certo tempo e non si può certo dire che il consumatore di pornografia "virtuale" possa "sfogliare" il sito come sfoglierebbe un giornale od una rivista.

Un'ulteriore servizio fornito dai siti pornografici è la "Chat line", simile ai servizi dei famosi numeri 144 che imperversavano fino a pochi anni fa.

Attraverso la IRC (Internet Relay Chat), l'utente può comunicare con altre persone collegate e scambiare impressioni ed esperienze sessuali, oppure può viverle in diretta. La comunicazione avviene in tempo reale(130) e può avvenire sia in forma pubblica (tutti possono vedere ciò che l'utente scrive) che in forma privata (l'utente dialoga solo con una o più persone specifiche alle quali manda messaggi diversi).

A questo punto, è possibile rispondere ad alcune domande poste all'inizio del paragrafo.

La pornografia presente su Internet non è sostanzialmente diversa da quella che si può trovare sui banchi delle edicole, ma esiste una profonda differenza nelle modalità di consumo del materiale, in quanto i tempi di caricamento delle immagini sono molto lunghi.

Internet offre il vantaggio di poter selezionare il materiale (quasi totalmente fotografico) che l'utente vuole visionare, diversificando notevolmente la scelta; attraverso la Rete, inoltre è possibile contattare (tramite l'IRC) delle persone, rendendo possibili rapporti virtuali interattivi tra una o più persone (il cosiddetto "cybersesso").

Tramite le newsgroup ed i forum dedicati ad argomenti sessuali, inoltre, è possibile leggere e scrivere messaggi come ci si trovasse di fronte ad una grande bacheca virtuale. Esistono anche dei giochi multiutenza (Multi User Dimension), che prevedono un'interpretazione attiva e fantasiosa di un certo ruolo. Tutti gli aspetti della sessualità alimentano le oltre 200 newsgroup(131) dedicate all'argomento, dalla tenerezza alla stranezza(132).

Gli svantaggi del cyberporno sono che è decisamente lento: a causa di questo motivo deriva la limitazione costituita dal fatto che i materiali sono costituiti solo da fotografie. Un'interessante novità per gli amanti del cybersesso è costituita dal Cu-seeme (see you see me), un software che permette una maggiore interazione tra gli utenti grazie all'impiego di una telecamera in bianco e nero, che, però, rende il tutto estremamente lento.

Da un punto di vista psicologico esistono alcune interessanti differenze:

1. l'utente riesce a conservare l'anonimato e supera brillantemente gli imbarazzi che possono derivare, ad esempio, dall'acquisto di una videocassetta o una rivista presso un'edicola;

2. nelle IRC dedicate al sesso si instaurano delle conversazioni assolutamente disinibite, dove gli utenti possono esprimersi liberamente, forti del muro di anonimato garantito dalla tastiera e dal monitor. Quando l'utente è sicuro di non poter essere visto, infatti, si comporta in maniera diversa e supera le barriere inibitorie.

3. su Internet l'utente è stimolato dall'interattività(133), che gli regala un'effimera sensazione di libertà. Questa sensazione, unita all'anonimato(134), aumenta, probabilmente, l'eccitazione ed il senso del proibito, favorendo la tolleranza verso la lentezza del sistema.

Le differenze, a livello, economico andrebbero comparate, quindi, con i vantaggi e gli svantaggi derivanti dall'uso della nuova tecnologia.

Se, da un lato, un abbonamento ad un sito pornografico consente di spendere solo per l'abbonamento e la bolletta telefonica (oltre ad una quota delle spese generali per il collegamento), l'acquisto del materiale in edicola comporta una spesa maggiore connessa, però, ad una maggiore qualità e quantità (un film di 1 ora e 30' non può essere ancora trasmesso via Internet).

Scegliere la pornografia di Internet significa, quindi, risparmiare perdendo in qualità e quantità, guadagnando, però, sul fronte della novità.

Sotto questi punti di vista, quindi, anche accettando l'ipotesi che la pornografia fa male, non si può certo dire che Internet sia più pericoloso rispetto ai media tradizionali.

Si è detto, nel paragrafo 3.4.2, che la pornografia può essere incentivante nei casi di aggressione sessuale. Se, però, consideriamo che sulla Rete i filmati circolano con maggiori difficoltà, e che una violenza carnale illustrata con delle immagini statiche è molto meno incisiva, ne deriva che i mezzi tradizionali hanno un potenziale di dannosità significativamente più alto. È innegabile, infatti, che una videocassetta pornografica possa rappresentare molto più efficacemente e dettagliatamente un'aggressione sessuale rispetto a delle fotografie, proprio in virtù della multimedialità del film(135).

È, quindi, assolutamente ingiustificato attribuire alla pornografia presente su Internet un potenziale dannoso maggiore rispetto ai mezzi classici.

Ritengo, infine, che le ricerche sulla pornografia da me citate in questo capitolo siano assolutamente pertinenti. Lo scopo, più o meno dichiarato, di questa tesi è di comprendere se è giusto che debba prevalere il diritto alla libertà di parola ed espressione rispetto ad una possibile operazione di censura giustificata da presunti motivi garantisti nei riguardi dei minori e della società in generale. Occorre, cioè, considerare il problema nel suo duplice aspetto, valutando per astratto se è eticamente e moralmente giusto purgare i contenuti "osceni" della Rete ed in concreto se la pornografia può davvero avere effetti deleteri.

Riguardo al primo problema, se ne è discusso nel capitolo precedente.

La pornografia, invece, sembra non avere controindicazioni, e, da quanto ho finora esposto, se anche dovesse averne, la Rete dovrebbe essere posta alla stregua dei comuni media, in quanto esistono sicuramente i mezzi per filtrare i materiali sessualmente espliciti(136).
 
 

3.6 Il problema della tutela dei minorenni
 
 

Quello che non è stato ancora discusso, in questa sede, è il problema della pornografia legato alla tutela dei minori.

Si ritiene, infatti, che i minorenni non debbano avere accesso a determinati materiali, in quanto una precoce esposizione a riviste, fotografie o videocassette dal contenuto pornografico potrebbero avere un impatto devastante sulla loro dinamica valoriale.

Ammesso, quindi, che la pornografia possa avere questi "effetti collaterali", qual è l'età oltre la quale una persona può tranquillamente assistere ad un proiezione "hard" senza subire effetti di sorta?

Siamo assolutamente certi che, nel momento in cui una persona supera il 18° anno di età, diventi emotivamente "invulnerabile"?

Non sarà, forse, che gli effetti di una foto o di un video dipendano dalla sensibilità ed educazione personali, associate ad alcuni fattori culturali?

Sarebbe senz'altro interessante (ma improponibile) sperimentare gli effetti di una pellicola pornografica su un campione di persone scelte in base al tipo di educazione e al livello di "puritanesimo religioso". Ma, anche senza ricorrere ad una simile sperimentazione, è facile supporre che una persona, la quale abbia ricevuto un certo tipo di educazione (ad esempio un prete od una anziana signora molto religiosa), avrà delle reazioni e subirà degli effetti sicuramente più pesanti rispetto ad un sedicenne nato negli anni '80.

A mio avviso, il problema va affrontato sul piano culturale oltre che educativo.

È sicuramente importante che una persona che non voglia vedere determinate cose, sia posta nella condizione di non vederle. Questo è un principio fondamentale e va tutelato con ogni mezzo(137), anche perché la libertà di espressione e pensiero non deve varcare il confine che la separa dall'invadenza. Il fatto di avere il diritto di parola non implica per gli altri il "dovere di ascolto".

Se, al contrario, qualcuno volesse vedere e capire, quando saremmo giustificati nel purgare questi desideri?

Se dovessimo prendere ispirazione dalla natura, il problema potrebbe essere risolto imponendo un limite all'accesso sotto i 12 anni, in quanto sotto quest'età un essere umano può difficilmente essere in grado di riprodursi.

Ma il problema è molto più complesso.

L'uomo è sì un animale, ma è, per dirla con Aristotele, uno zoon politikon, un "animale della polis", ossia un essere sociale.

Come tale, l'uomo si è creato una serie di regole e norme che, istituzionalizzandosi, hanno dato vita ad un corpus culturale dal quale tutti noi attingiamo in diverse fasi della nostra vita, sia nella fase di prima socializzazione, sia quando ci troviamo a dover decidere se qualcosa è "bene" o è "male", secondo il nostro "senso di giustizia".

Queste regole sono il frutto di secoli di tradizioni e, se sono fino ad oggi sopravvissute, hanno probabilmente svolto il loro ruolo in maniera efficace.

Ma siamo sicuri che esse siano assolutamente giuste(138), o che siano ancora valide, se rapportate alla nostra evoluzione ed alle moderne dinamiche sociali?

Se dessimo uno sguardo alle culture orientali ci accorgeremmo che i nostri parametri culturali sono decisamente diversi.

Nella cultura asiatica, infatti, il sesso non è mai stato culturalmente precluso ai più giovani.

La dimostrazione viene osservando alcuni dati demografici relativi al periodo preindustriale, quali, ad esempio, l'età al matrimonio o l'entità della prole, i quali pongono in evidenza la profonda diversità che separa i dati asiatici da quelli europei.

In Asia, l'età del matrimonio è stata significativamente più bassa rispetto a quella europea(139). Il numero medio di figli per coppia, inoltre, scende incredibilmente in Occidente, mentre è molto più alto in Oriente. È come se in Europa, nello stesso periodo storico, si fosse stati più attenti alle problematiche economiche e si fosse scelto di avere meno figli per vivere e poterli fare vivere più agiatamente.

Nel libro dal titolo "Il miracolo europeo" il grande storico ed economista Eric L. Jones tratta l'argomento con grande oggettività ed acume, giungendo a concludere che la differenza culturale tra il mondo occidentale ed orientale trae origine dalla profonda diversità climatica e geografica delle due regioni. Secondo questa suggestiva tesi, infatti, la prolificità e l'ampia produzione di capitale umano deriva, in Asia, da un'esigenza di conservazione della specie, poiché quelle terre, a causa della loro condizione climatico-geografica, erano molto più soggette a catastrofi naturali(140) e la sopravvivenza della specie era affidata più al capitale umano che a quello economico.

In altri termini, l'uomo asiatico instaurò un certo rapporto con le forze della natura che gli imposero un determinato modello culturale. I cardini di questo modello erano fondati su delle tradizioni e delle norme sociali create per assicurare una quantità di capitale umano tale che, in caso di cataclisma, la prosecuzione della specie umana fosse garantita.

In quest'ottica di garantismo quantitativo (e non qualitativo), non stupisce affatto l'incredibile approccio che hanno, per noi occidentali, le popolazioni asiatiche su temi quali "il sesso" o "i diritti umani".

Il sesso è visto come la chiave della continuità. Non sono mai esistiti, in Asia, allattamenti prolungati volti ad alterare la fertilità femminile (forma contraccettiva tipica dell'Europa medioevale) o dei santi e delle festività che inducessero i fedeli all'astinenza sessuale(141). La religione e la filosofia asiatica non si contrapposero alla sessualità, ma la studiarono e ne divulgarono l'arte(142).

Per noi occidentali, tutto questo sembra inconcepibile e soltanto oggi, a distanza di 30 anni dalla rivoluzione sessuale, stiamo iniziando a cambiare atteggiamento. Ma non fino in fondo.

Quello a cui voglio arrivare è che l'uomo occidentale osserva dei meccanismi culturali derivanti da una serie di regole volte alla razionalizzazione della vita, delle regole che gli impongono dei modelli distorti di realtà.

Chi può negare che il sesso porta piacere?

Pochi, ma nessuno può affermare che, con 15 figli a carico, un operaio conduca una vita agiata.

Il nostro stile di vita sembra studiato in modo da evitare che la passione ci travolga e ci porti a vivere una vita "non inquadrata". Il nostro concetto di proprietà, peraltro assente in moltissime culture tribali(143), porta a fare delle valutazioni che, spesso, hanno un carattere esclusivamente economico.

Generalmente, infatti, una coppia che decida di sposarsi, vaglia tutta una serie di fattori che, nella nostra cultura, sono considerati di vitale importanza. Si pensi alla casa, alle spese per sostenere un matrimonio, alle prospettive di lavoro presenti e future, ecc. Se, poi, si pensa di mettere al mondo un figlio, intervengono le problematiche inerenti al suo mantenimento e le implicazioni che una nascita avrebbe nella vita dei singoli coniugi e della famiglia stessa(144).

Per accettare più facilmente questa forma di velato egoismo ed evitare che le coppie avessero troppi figli sembra che la nostra amata civiltà abbia inventato il tabù del sesso, accompagnato da tutta una serie di prescrizioni relative al suo uso e consumo.

Una delle prescrizioni più incisive è senz'altro quella riguardante l'età del primo rapporto. È, infatti, socialmente e moralmente accettato che quest'età sia da collocare in una fascia che va dai16 ai 18 anni.

Conseguentemente, i genitori educano e fanno in modo che i loro figli evitino di avere rapporti sessuali prima di quel limite (per ragioni che si intrecciano e confondono ai confini tra questioni di ordine economico e religioso); oppure si adoperano affinché adottino delle precauzioni per non avere "guai" (e qui la ragione è più dichiaratamente economica).

Qualcuno potrebbe obiettare che esistono altre importanti ragioni per impedire ad un ragazzo di avere rapporti sessuali prima del matrimonio o della maggiore età; si potrebbe argomentare, ad esempio, che, prima di una certa età, un giovane non sia in grado di comprendere e cogliere appieno l'importanza di tale gesto.

Sebbene tale osservazione abbia sicuramente un fondo di verità, occorre allora chiedersi il motivo per il quale la natura abbia posto il limite della maturità sessuale ad un'età inferiore.

Sarebbe troppo presuntuoso ed ottuso concludere che la natura sbaglia e che è la nostra civiltà ad aver ragione, in quanto siamo riusciti a "liberarci" di una schiavitù comportamentale impostaci sin dalla notte dei tempi.

Occorre ammettere che siamo abituati a pensare che vivere bene significa vivere agiatamente, e che il nostro concetto di famiglia difficilmente si stacca dall'idea del focolare domestico (domus=casa), magari con un televisore, una radio e un minimo di comfort che ci facciano sentire diversi e superiori rispetto ad altre popolazioni o rispetto all'intero mondo animale.

In questo senso, allora, la pornografia diventa una minaccia, poiché potrebbe sovvertire quest'ordine, attaccando le menti, ancora non del tutto "inquadrate", dei minorenni. Queste menti, infatti, non sono ancora completamente irretite dal meccanismo circolare "lavoro-denaro-felicità" che la società moderna ci propone, e, pertanto, potrebbero uscire dai binari mettendo in pratica ciò che hanno visto, mettendo al mondo dei figli, "rovinando", così, la loro vita ed incrinando il sistema economico.

È necessario mettersi a nudo e capire che le norme sociali, etiche ed economiche (in una parola culturali) che regolano la nostra società hanno delle radici di dimensioni impensabili e che i tabù che l'uomo occidentale si è creato sono semplicemente compatibili con la vita che si è scelto. In altre parole, stiamo bene pensando che il mondo funziona come crediamo funzioni, ma, se abbiamo il coraggio di andare fino in fondo, c'è il pericolo di scoprire che la nostra vita sia il frutto di millenni di trasformazioni sociali attraverso le quali l'uomo è riuscito a costruirsi un anfratto di mondo dove credere alle cose che ritiene giuste.

Questo non ci vieta di stare bene con le regole che la società ci impone sin dalla nascita (come normalmente accade), ma queste considerazioni servono per poter acquistare un po' di consapevolezza ed avere una parvenza di visione globale.

Il pericolo che corre la pornografia è proprio quello che ho tentato di descrivere. Si rischia, cioè, di confondere ciò che si vorrebbe con quello che si pensa sia universalmente giusto.

Se desideriamo che un giovane sotto la maggiore età od una persona dissenziente non vedano immagini o pellicole pornografiche, può andare bene. Ma non possiamo impedirlo anche a coloro che lo vogliono adducendo motivazioni etiche o religiose.

Non esiste la prova che la pornografia faccia male.

La questione, quindi, si sposta sul piano educativo. Spetta, cioè, al genitore decidere se e quando consentire che il figlio minorenne consumi dei materiali sessualmente espliciti.

Alle istituzioni, invece, resta il compito di far sì che le convinzioni ed i sentimenti della società si riflettano correttamente a livello politico e giuridico. Le leggi che scaturiscono da questo processo avranno l'inconfessata velleità di proporsi come giuste, anche se non saranno prive di incongruenze e paradossi(145).

Quello che conta, in definitiva, è che, se riteniamo giusto proibire la visione di materiale pornografico ai minorenni, esistano i mezzi tecnici e giuridici per farlo.

Nel capitolo II si è trattato del problema sotto il profilo giuridico.

Se, quindi, accettassimo che le nostre idee di maggiore età e maturità sessuale sono delle congetture e convenzioni culturali, rimarrebbe, comunque, il problema di creare delle barriere all'accesso, da parte dei minorenni, a materiali pornografici.

Nelle conclusioni del presente studio indicherò quali sono i metodi utilizzati per impedire che, su Internet, un bambino acceda, casualmente o volontariamente, a determinate immagini o contenuti. Queste procedure, come si vedrà, sono di grande efficacia e, molto probabilmente, svolgono la loro funzione meglio di quanto la svolgano le "bande censorie" apposte sulle riviste "hard" nelle edicole.