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Il mio approccio

Nel trattamento psicoterapeutico utilizzo un approccio integrato con una chiave di lettura analitico transazionale (vedi il Modello A.T.).
L’intervento consiste di 3 fasi:
1- fase di in-take: all’interno dei primi 2 o 3 colloqui, dopo un primo momento di conoscenza reciproca, analizzo la richiesta del paziente focalizzando il problema presentato. A tale scopo utilizzo spesso dei questionari che somministro durante le sedute. Sulla base del problema e delle specifiche richieste e caratteristiche individuali del paziente, discutiamo insieme le possibilità di intervento (ad es. è utile affrontare un percorso psicoterapeutico? E’ opportuno effettuare un invio presso una altra struttura o contesto più adatto?). Questa fase somiglia, per obiettivi e procedimenti utilizzati, alla consulenza. (Vedi le
differenze tra consulenza e psicoterapia). Solo se il paziente è sufficientemente motivato ad intraprendere un percorso di psicoterapia, si passa alla seconda fase.
2- fase dell’intervento terapeutico: Il primo passo consiste nello stabilire, insieme al paziente, un obiettivo principale e dei sotto-obiettivi da raggiungere al termine del trattamento. Una volta concordati gli obiettivi procedo alla pianificazione del trattamento, che intendo come una sorta di griglia da tenere presente durante l’intervento, non rigida ma piuttosto flessibile e modificabile in relazione a nuovi elementi importanti che emergono durante la terapia.
3- Fase di follow-up: al termine delle sedute di terapia, a distanza di un mese circa, viene effettuato il follow-up, ossia la verifica dei risultati raggiunti: All’interno di 1 o 2 sedute, cioè, verifico insieme al paziente se, dopo la conclusione della terapia e l’interruzione dei nostri incontri, ha mantenuto i risultati raggiunti.

Un esempio di intervento.
Chi richiede il mio intervento è un giovane studente universitario che indicherò con la lettera “X”, inviatomi da una collega.
X sembra inizialmente confuso sia rispetto al problema per cui vuole aiuto, sia rispetto alle sue aspettative. Appare subito evidente la sua timidezza e l’imbarazzo nel confronto interpersonale; il desiderio di fare qualcosa per sè e nello stesso tempo il timore di non farcela. Il primo passo per iniziare il nostro lavoro è quello di aiutare X a riformulare il suo problema (che inizialmente definisce come uno stare male generico, che si riflette soprattutto nell’ansia sperimentata durante gli esami e nel rapporto con gli amici, con una compromissione del percorso normale degli studi e della progettualità futura), e individuare insieme degli obiettivi di cambiamento.
Durante i primi 2 incontri di in-take X chiarisce insieme a me cosa desidera ottenere dalla terapia: dopo aver focalizzato il suo problema in termini di “difficoltà a relazionarsi con le persone” in diversi contesti (quello universitario e degli amici), e una volta effettuata una prima diagnosi di “ansia sociale”, stabiliamo insieme l’obiettivo e i sotto obiettivi che intende raggiungere al termine della terapia. X desidera imparare ad aprirsi con gli altri, affermando se stesso anzichè ritirarsi per il timore di essere giudicato (obiettivo principale). Nello specifico (sotto obiettivi), desidera imparare ad esprimere la propria opinione nel confronto con i professori durante gli esami anzichè rimanere in silenzio per il timore di sbagliare ed essere deriso; a prendere l’iniziativa nel rapporto con gli amici (ad es. organizzare feste, uscite...), anzichè passivizzarsi ed aspettare; sentirsi sereno e sicuro di sè durante il confronto con persone nuove (appena conosciute), anzichè nascondersi e ritirarsi per il timore di essere rifiutato o ridicolizzato.
A partire dal sintomo specifico presentato da X (l’ansia sperimentata agli esami e nel confronto con le persone), abbiamo in questo modo individuato le principali aree problematiche e  formulato gli obiettivi di cambiamento sui quali concentrare il nostro lavoro.
La mia ipotesi è che imparando ad affermarsi nei rapporti interpersonali X potrà gestire in modo soddisfacente le difficoltà attuali nei suoi contesti interpersonali.
Fissiamo dunque un ciclo di sedute per raggiungere i nostri obiettivi. Durante tali incontri il mio lavoro è focalizzato sull’analisi dei processi disfunzionali che X mette in atto per mantenere il suo problema (la svalutazione di sè ad esempio), e del loro collegamento con apprendimenti passati (dove e quando ha imparato a svalutarsi?). Una volta raggiunta la consapevolezza del modo in cui  X stesso contribuisce oggi a mantenere il suo problema, può esprimere il desiderio di agire in modo diverso e più funzionale rispetto ai suoi contesti attuali. Il passo successivo è quello di aiutare X a passare all’azione; a mettere cioè in atto i cambiamenti desiderati nei diversi contesti, monitorando e rinforzando i suoi progressi. Durante il processo terapeutico mi avvalgo degli strumenti dell’A.T. e del modello Cogntivo-Comportamentale. Al termine della terapia, e raggiunti i risultati attesi, terminiamo le nostre sedute. Il mese successivo (durante la seduta di follow-up), G. conferma il mantenimento dei risultati raggiunti con la terapia: prosegue con gli esami universitari sentendosi più sicuro e fiducioso nelle proprie capacità (anzichè rimanere in silenzio e manifestare l’ansia si afferma dandosi fiducia); ha stretto nuove amicizie con le quali si sente libero di prendere l’iniziativa.

                                                                                                                    Dott.ssa Ida Lopiano

 

 

 

 

 

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