Yupana - L'abaco Inca

 

Yupana, Cultura Inca, 1440-1532
pietra, cm 31,5x27

Indice

1. La scoperta
2. Il funzionamento
3. Operazioni matematiche
4. Mappe LDI
5. Rappresentazione dei numeri
6.
Approfondimenti
7. Semplici esercizi
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2. Il funzionamento

di Nicolino De Pasquale

Partendo da uno dei disegni tratti dall'opera "Nueva Cronica y buen gobierno" 1, riproducente un abaco a cinque righe e quattro colonne (figura 0), è possibile decriptare il metodo di calcolo usato dagli Incas; l'abaco, riprodotto in figura 1, è contraddistinto da cerchi vuoti e pieni, implicanti la scontata impostazione che vuole quelli vuoti solo con funzione indicativa e quelli pieni con valore dipendente dalla posizione impegnata.

Figura 0

Figura 1

Riservandoci di ritornare successivamente sull'abaco riprodotto, al fine di analizzarne le profondità magistralmente suggerite, procediamo al richiamo di concetti indispensabili alla comprensione del metodo di calcolo Inca.

Come è noto, in tutte le tradizioni i numeri primi 1, 2, 3, 5, essendo divisibili solo per se stessi e per l'unità, rappresentano ambiti elevati; in particolare l'uno è direttamente collegabile alla divinità ed il cinque all'uomo, per il numero delle sue estremità (capo ed arti). I numeri 3 e 5 presentano anche la particolarità di essere, ciascuno, la somma dei due numeri precedenti; infatti:

3 = 2 + 1 .e .5 = 3 + 2 . . . . . [a]

il numero seguente della successione sarebbe 8 (5 + 3 = 8) che non è primo e quindi non è da prendere, per il momento, in considerazione.

Ora i numeri 1, 2, 3 e 5 sono chiaramente individuabili dal numero dei cerchi vuoti contenuti nei riquadri, secondo lo schema di figura 2.

Figura 2

con le relazioni [a] ricavabili anche con una semplice osservazione, dal momento che la terza e la quarta colonna sono la somma visiva delle due colonne precedenti, secondo le modalità di figura 3.

Figura 3

Sostituendo i cerchi vuoti con dei cerchi pieni o semi (d'ora in poi li chiameremo così per fare riferimento all'uso di calcolo pratico degli Incas), gli stessi non possono avere ovunque lo stesso valore, altrimenti non sarebbero suddivisi così decisamente in quattro colonne. Come procedere dunque?

Figura 4

Partendo da destra, la prima colonna è quella delle unità (1), che può contenere un solo seme, per un valore totale pari a uno; la seconda colonna è quella delle coppie (2) e, al massimo, può contenere due semi per un valore totale di quattro (2 x 2); la terza colonna è quella delle terne (3) che può contenere tre semi, esprimendo un valore totale pari a nove (3 x 3); infine la quarta colonna è quella delle cinquine (5) che, al massimo, può contenere cinque semi in grado di esprimere il valore totale di venticinque (5 x 5). Indicando in figura 4 i valori parziali e totali caratteristici di ogni riquadro, si deduce che la prima riga dell'abaco Inca, completamente piena, esprime il numero:

1 + 4 + 9 + 25 = 12 + 22 + 32 + 52 = 39

numero che ripresenta la successione 1, 2, 3 e 5 con ciascun termine elevato al quadrato, al fine di evidenziare un senso di totalità (le singole operazioni di elevamento al "quadrato" sono suggerite con forza anche dalla geometria dei "quadrati" che contengono i semi). D'altro canto la stessa riga completamente vuota rappresenta la assenza contemporanea dei numeri che vanno da 1 a 39 (siamo obbligati, per il momento, a non parlare di zero e questo si capirà in seguito). Riassumendo, la prima riga, con tutte le combinazioni possibili, è dedicata alla rappresentazione dei numeri che vanno dalla assenza a trentanove, per un totale di 40 condizioni.

Figura 5

Ad esempio il numero 19 può essere scritto in varie maniere, due delle quali sono riprodotte in figura 5; la prima (2 x 5 + 3 x 3) è ottenuta con due cinquine e tre terne, la seconda (2 x 5 + 2 x 3 + 2 + 1) con due cinquine, due terne, una coppia ed una unità, il che fa intuire l'estrema versatilità di questo sistema di rappresentazione, versatilità basata sulla possibilità di passare semi da una colonna all'altra, osservando alcune semplici regole che saranno riportate successivamente. Per il momento conviene insistere sul significato profondo attribuito al numero 40 da tutte le tradizioni: la durata del diluvio universale è di 40 giorni, Mosè si ritira sul Sinai per 40 giorni e per 40 anni girovaga nel deserto con il suo popolo, prima di raggiungere la terra promessa; il Salvatore medita 40 giorni nel deserto prima di affrontare la sua missione; nel cristianesimo ed in molte altre religioni un digiuno di 40 giorni è il preludio ad un importante evento spirituale; c'è da pensare che anche per il grande popolo degli Incas il 40 fosse un numero di importanza tanto capitale da determinare perfino il metodo di calcolo. Dunque passando al secondo livello dell'abaco, quindi ad un grado superiore, troviamo certamente il numero 40! Conservando anche la successione fondante 1, 2, 3, 5, avremo le prime due righe dell'abaco con i numeri indicati in figura 6, con i totali rispettivi e le potenze di 40 generatrici.

Figura 6

Ma quale legame c'è tra i due livelli, ossia quale è la condizione per passare dall'uno all'altro? Anche in questo caso la conoscenza della tradizione ci viene in aiuto: i Mondi diversi sono collegati dagli stati intermedi o sottili, alla stessa maniera del Cielo e della Terra che comunicano attraverso l'Atmosfera; ma se il Cielo ha come simbolo geometrico il cerchio (della perfezione) e la Terra il quadrato (per i suoi quattro elementi costitutivi: Terra, Acqua, Aria e Fuoco), è spontaneo pensare all'ottagono (quindi all'otto) come simbolo della Atmosfera e di tutti i sottili momdi intermedi; sicché proprio l'otto è il numero di transizione da un livello all'altro, secondo lo schema riportato in figura 7, dal momento che sussiste l'uguaglianza 8 x 5 = 40.

Figura 7

Oltrettutto l'otto, pur non potendo trovare sistemazione palese nell'abaco (dal momento che non è primo), è in intima relazione con la successione chiamata fondante (1, 2, 3, 5), potendo essere ottenuto, alla stregua del 3 e del 5, come somma dei due elementi precdenti; per giunta esso è il sibolo dell'armonia, poiché l'Atmosfera che rappresenta trasmette tutte le onde sonore, quindi la musica. Anche in molte civiltà preinca alla atmosfera ed alla funzione sacerdotale - intermedia per eccellenza - viene attribuito come numero distintivo l'otto; ad esempio nella sepoltura del Signore di Sipàn, ritenuto monarca e sacerdote, sono stati rinvenuti diversi sonagli con otto globetti2. E quale altro magico numero, se non l'otto, dovrebbe connettere in modo sottile livelli contigui, eliminando tutte le disarmonie visive? Quando, con operazioni aritmetiche, nel primo livello si supera il valore 40, nella quarta colonna vengono a trovarsi 8 o più semi, da trasferire al secondo livello a gruppi di 8, riducendoli nel rapporto 1/8.

Questa impostazione strategica sull'otto trova una decisa ed entusiasmante conferma in uno scritto di padre José de Acosta: "Vederli usare un'altra specie di quipus, con chicchi di granoturco, è perfetta letizia. Allo scopo di eseguire calcoli molto difficili per i quali un contabile capace avrebbe bisogno di carta e penna, questi indiani fanno uso delle loro granaglie. Ne mettono una qu, tre in un altro posto, e otto non so dove. Muovono qua e là un chicco e la realtà è che sono capaci di completare i loro calcoli senza fare il più piccolo errore. In verità, nell'esercizio della matematica sono migliori di noi "3.

E se decidessimo di scendere di livello conservando le stesse regole? Otterremmo lo schema di figura 8, con il risultato di introdurre i numeri decimali.

Figura 8

Nessuna difficoltà interviene quando si rende necessario aggiungere altri livelli, verso l'alto o verso il basso, corrispondenti a potenze del 40 crescenti o decrescenti, come mostra la figura 9.

Una considerazione a parte meritano le rappresentazioni di zero e di infinito nell'abaco inca. I concetti di vuoto e di pienezza totale non hanno alcun riscontro nel mondo della manifestazione: sono idee astratte alle quali ci si può solo vagamente avvicinare. Bene! Un numero comunque grande può essere sempre superato passando semplicemente al livello superiore dell'abaco, così come, per trovare un numero inferiore ad uno comunque piccolo, basta scendere di un livello! Nell'abaco inca infiniti ed infinitesimi vengono trattati alla stessa maniera; l'indeterminatezza più sconvolgente emerge sia nella rappresentazione posizionale dell'infinito, sia in quella dello zero: la corrispondenza tra metodo matematico e filosofia è perfetta! Come non evidenziare che, a livello di pensiero, niente di equivalente può essere vantato dalla coeva matematica occidentale, tanto orgogliosa dei vantaggi derivanti dall'aver saputo circoscrivere lo zero4 ? E che dire del senso di profonda angoscia suscitata da un abaco che si estende infinitamente sia verso l'alto che verso il basso, desolatamente svuotato, dal disordinato insieme delle forze ctonie, nel tentativo di rappresentare lo zero? Possibile che non possa rimanere in qualche remoto angolino, magari al di fuori della nostra vista -o comprensione-, un semino di folle speranza, in grado di opporsi arditamente al nulla? O forse è più comprensibile la consolatoria immagine dello stesso sconfinato abaco, pazientemente riempito in ogni singola posizione per simulare l'infinito? Quale Essere dispone dell'eternità per portare a termine tale compito, dando amorevolmente un pertinente valore anche al più trascurabile semino? E che succederebbe se si flettesse questo estesissimo abaco fino a fargli assumere la forma di una semicirconferenza? Non saremmo costretti a disporre sulla semicirconferenza complementare i numeri negativi, con il risultato sconvolgente di far coincidere - con + , circostanza decisamente proibita dai rigidi assi che scandiscono gli spazi euclidei?

Figura 9

Alla luce di queste semplici considerazioni c'è da ritenere, obbiettivamente, che la superiorità degli Incas nei nostri confronti sia al di fuori di ogni discussione, forse non solo nelle discipline matematiche, e che l'intuizione di questa superiorità da parte di padre de Acosta, anche se basata solo su osservazioni di calcolo pratico, sia stata più che felice.

Con queste premesse così dense di significato, come faremo a meravigliarci affermando che tutti i calcoli vengono effettuati a livello visivo, con una velocità insuperabile e senza rischi di errore? Volendo ad esempio effettuare la divisione 24 : 12 = 2, trascurando gli indicatori di livello ormai mentalmente acquisiti, useremo lo schema logico di figura 10.

Figura 10

Ma il calcolo mostrato in figura 11 è altrettanto logico ed istantaneo, e corrisponde alla complicata operazione 984 : 12 che richiede -beninteso in senso occidentale!- carta, penna e quasi un minuto per arrivare al risultato di 82.

Figura 11

Per non parlare della operazione, indicata in figura 12, che corrisponde a 39.384 : 12 = 3.282 e vede dilatare notevolmente i tempi occidentali di esecuzione, con l'inevitabile crescita di rischi di errore.

Figura 12

Quando le operazioni sono meno semplici le cose non si complicano poiché i semi diventano mobili, potendo passare da una casella all'altra osservando alcune semplici regole come quelle indicate in figura 13.

Figura 13

 

Note

1 Attribuita in modo controverso a Felipe Guaman Poma de Ayala

2 Alva W., Antico Perù, Bergamo, 1999, p.284

3 De Acosta J., Historia natural y moral de las Indias, Libro VI, cap. VIII

4 I logaritmi naturali e decimali rispondono sì a questa impostazione, ma sono stati introdotti, rispettivamente, nel 1614 e nel 1624 da Napier e Briggs, con la loro caratteristica di noiosa complicatezza, ben nota a tutti gli studenti

 

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