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 NICOLA VELLA

E L'ALTA IRPINIA

di EMILIO DE LORENZO

L’illustre ignoto" amava definirsi  Nicola Vella, ironizzando su sé stesso, (da come si evince da una brevissima nota autobiografica datata 1975) e questo è chiaramente deducibile dalla sua storia politica e personale; non fu mai incline al "culto della personalità". 

Ma il suo nome non è certamente ignoto essendo legato non soltanto alla storia, alla politica e alla cultura locali; questo insigne irpino, figlio illustre di Monteverde (nacque il 22 ottobre del 1902), e di Lacedonia, ove ha lasciato un indelebile ricordo, fu un raro esempio di uomo politico di grande integrità morale, di amministratore aperto ed illuminato, di giornalista battagliero e progressista. Intellettuale libero e poliedrico tant'è che, soprattutto negli anni del ventennio fascista, pagò in prima persona determinate scelte e posizioni allora condivise in­sieme agli esponenti dell'antifascismo azionista. 

La parabola esistenziale di Nicola Vella è fatta di incurvature, di tante difficoltà, ma soprattutto di notevoli slanci che lo hanno portato ad essere un protagonista indiscutibile della storia irpina contem­poranea. Tentò egli stesso di tratteggiare un' esistenza vissuta sempre con straordi­naria dignità, intensità ed effervescenza culturale: "Sono nato a Monteverde, sono nullatenente. Sono autodidatta, - scriveva nel 1975, debbo tutto a me stesso, alla mia volontà, all'ambizione di essere qualcuno. Ho vissuto la mia prima giovinezza negli Stati Uniti del Nord America. Lavorai in fabbrica e la sera frequentai la 'Lincoln Jefferson', nel 1917 conseguii il diploma di baccelliere (grado d'istruzione che negli U.S.A. equivale alla nostra scuola media. Il Vella conseguì da privatista la licenza di maturità scientifica al suo ritorno in Italia, titolo di studi superiore che gli permise di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza, conseguendo la laurea all'Università di Camerino, n.d.A.). In Italia, ove tornai nel 1918, sono stato modesto impiegato delle Ferrovie. Poi correttore di bozze e cronista in vari giornali. Nel 1926, quando il Fascismo diventò regime, fui licenziato. Vissi insegnando in istituti privati e collaborando ad alcuni giornali con novelle, articoli di critica letteraria, storia. Partecipai al partito d'Azione clandestino; ma non svolsi alcun incarico di rilievo. Nel 1940 pubblicai Barricata ideale, raccolta di poesie. Fu sequestrata per l'eccessivo pessimismo della prefazione secondo il decreto. Lo fu, invece, perché il titolo di alcune poesie e alcuni versi esprimevano la volontà di non mollare. Ho esercitato l'avvocatura con passione, direi,  quasi, con felicità. Non ho mai avuto incarichi professionali, né incarichi politici retribuiti. Fui Sindaco di Lacedonia dal 1946 al 1951. Consigliere provinciale dal 1952 al 1960, nel periodo in cui tali cariche erano gratuite. Presidente del Consorzio idrico dell'Alta Irpinia e non percepii alcun compenso: caso più unico che raro in Italia. Avevo sempre sostenuto e sostengo che solo l'impiegato ha diritto allo stipendio. Fondai ad Avellino, nel 1952, 'Il Progresso Irpino', che diressi fino al 1958, anno in cui fondai a Napoli 'La Regione' (con caporedattore il figlio Aldo, n.d.A.). Nel 1951 diedi vita a 'Italia Forense'. Dal 1965 non ho accettato più candidature politiche, per far posto ai giovani. Non esercito più da due anni e vivo solo con la pensione molto modesta. Mi basta perché conduco una vita, essa pure, molto modesta. Se fossi stato meno intransigente, meno coerente, meno idealista, avrei posizione migliore. Ma non mi pento perché ho pensato e agito secondo i miei principi, le mie tendenze. Sono, perciò, sereno, soddisfatto. Non ho acquistato un gran nome; ma sono contento per essere riuscito ad onorare quello modesto che porto". In realtà Vella, allorquando scrisse queste poche righe autobiografiche, tralasciò, se non omise di proposito, date, momenti e tappe importanti della propria biografia politica e giornalistica. La poliedrica ed eminente figura di intellettuale antifascista emerge nell'impegno politico come, del resto, nell'intesa e lunga atti­vità pubblicistica. L'insofferenza verso il Fascismo, una volta divenuto vero regi­me, si manifestò subito. Tornato in Italia nel 1918, dopo che era emigrato, ai tempi della grande emigrazione transoceanica, nel 1914, giovanissimo da Monteverde negli Stati Uniti per studiare e contemporaneamente lavorare, in modo da potersi mantenere agli studi, prima come minatore e successivamente in fabbrica; tornato in Italia, dunque, trovò impiego nelle Ferrovie per poi essere licenziato a causa del suo manifesto antifascismo. Nel frattempo affiancò al lavoro una fervente ed in­stancabile attività di organizzatore politico e culturale, impegno che farà dell'av­vocato Vella un intellettuale "engagé" ante litteram. Nel 1923, ad Avellino e in altri centri della provincia, cominciò a costituire sezioni del Partito Repubblicano, a cui si era sempre sentito vicino per affinità politica ed ideologica, e di cui divenne, intanto, segretario dell'allora costituenda federazione provinciale. Di grande spes­sore umano ed intellettuale si rivelò il sodalizio che legò, in questo periodo, Nicola Vella ad un'altra grande figura storica, per caratura culturale e personalità, appar­tenente alla memoria storica di Monteverde e dell'intera comunità irpina: Giuseppe Leonida Capobianco, interventista democratico e leader del movimento combattentistico altoirpino. Sempre nel 1923 Vella iniziò la corrispondenza per "La Voce Repubblicana" (dirigendo, nel contempo, il periodico "La Fiamma") scri­vendo articoli molto duri contro il Fascismo e criticando, apertamente, il trasformismo di numerosi esponenti politici locali, ma allora latente in tutta la vita politica nazionale. Queste nette ed intollerabili, per le autorità fasciste, posizioni gli procurarono minacce e persecuzioni culminate nel novembre del 1923, quando a Napoli pubblicò a cura del Gruppo giovanile d'Azione di Monteverde, a cui si fa accenno più innanzi, un polemico e acuto opuscolo intitolato "Riflessioni di un ex fascista sul Fascismo Irpino", nel ritiro della pubblicazione e quindi nell' immediato sequestro da parte della polizia. Occorre ricordare che Vella, come tutti i giovani della sua generazione, nei primi anni del fascismo, aderì a quello che era visto come 'un'ondata di cambiamento", per poi ravvedersene staccandosi definitivamente, nel novembre del 1922, da quello che era stato il primo fascismo irpino per schierarsi sul fronte degli intellettuali antifascisti, nel frattempo, già organizzatosi in Irpinia. In effetti l'avvicinamento del giovane intellettuale al fa­scismo va letto e interpretato in chiave, quasi esclusivamente, culturale e, proba­bilmente, deve esser fatto risalire ai tempi della collaborazione a "Messidoro", foglio culturale dove, curiosamente, si riscontrano, in alcuni articoli, suggestioni per il Futurismo. Sul Vella letterato, ad ogni modo, si offrirà l'occasione per soffermar­si, per il momento ci si limiterà a citare i titoli di tre raccolte di versi: "I Canti del tormento" 1923), "Parentesi" (1926), "Barricata ideale", pubblicata nel 1940 e prontamente sequestrata per "disfattismo". Egli fu, inoltre, brillante epigono e, dal 1924 al 1927, tra i migliori rappresentanti del movimento artistico giovanile "La scapigliatura meridionale". A proposito della sua poesia è stato acutamente scritto: "La poesia di Vella è spontanea, sensibile, velatamente malinconica; una lirica piena di calore e di umanità; una creazione artistica che invita l'anima a ripiegarsi su sé stessa e a sognare". Ritornando all'opera di organizzatore politico, ma è bene sottolineare che non è facile né tantomeno corretto operare una scissione...

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