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ulle cellule staminali embrionali è stato detto e scritto tanto, ma è difficile dichiararsi soddisfatti della qualità del dibattito. Troppo spesso la contrapposizione tra fautori e oppositori di questo filone di ricerca ha finito per togliere respiro alla scienza, all’etica e perché no anche alla politica. L’obiettivo di questo speciale di darwin è di provare ad illuminare la ricerca sugli embrioni a partire da nuove angolazioni. Le staminali embrionali si preparano a fare il grande balzo dai laboratori ai letti dei malati, qualcuno penserà che la scienza corre troppo in fretta, altri si augureranno che si liberi dai lacci e spicchi finalmente il volo. In ogni caso ora che le prime sperimentazioni cliniche si avvicinano occorre cambiare registro anche nell’informazione. Quando le staminali embrionali hanno fatto il loro debutto in grande stile, era il 1998, si è fatta strada l’idea di poter ricorrere alla cosiddetta clonazione terapeutica per produrre tessuti da trapianto confezionati su misura per ogni singolo paziente. Oggi questa strada sembra meno probabile, ma il potenziale delle staminali embrionali resta altissimo. Il rapporto della Johns Hopkins University che apre questo speciale esplora quella che al momento sembra la via maestra: la creazione di banche cellulari a cui i pazienti potrebbero rivolgersi per trovare cellule da trapianto con il più alto grado di immunocompatibilità possibile. Ma è bene non illudersi: sarà comunque necessario sacrificare degli embrioni per creare nuove linee cellulari che possano soddisfare le necessità dei diversi gruppi etnici. In caso contrario c’è il rischio che soltanto una minoranza fortunata possa avere accesso alle terapie del futuro.
Nuove linee cellulari saranno necessarie anche prima, perché le poche approvate dalla Casa Bianca rappresenterebbero una fonte di inutile pericolo per i pazienti che partecipano alle sperimentazioni cliniche. A questi aspetti è dedicato il secondo articolo dello speciale, preparato per darwin dallo stesso working group della Johns Hopkins University. Al di là del loro innegabile valore scientifico, questi contributi suonano come un atto di accusa nei confronti della Casa Bianca – e indirettamente dei paesi europei proibizionisti come Italia e Germania – perché dimostrano come le scelte intransigenti fatte in nome dell’etica rischiano di avere conseguenze profondamente unethical. Le pressioni sull’amministrazione americana sono in aumento, e anche in Europa ci sono paesi che stanno rivedendo il proprio quadro normativo in senso più liberale, la Spagna e la Francia ad esempio.
Come afferma Davor Solter nell’intervista rilasciata a darwin i divieti sono inevitabilmente destinati a saltare se l’opinione pubblica dimostrerà di volerlo davvero. Ma al momento nella comunità scientifica occidentale non può che crescere un sentimento di rammarico. Le linee cellulari disponibili per la ricerca pubblica sono per lo più ammassi cellulari mal caratterizzati. Che senso ha che i ricercatori europei e americani per lavorare su linee migliori – come le 17 prodotte recentemente da Douglas Melton con il sostegno della Fondazione per la ricerca sul diabete giovanile – debbano rinunciare a utilizzare i fondi comunitari o i grant dei National Institutes of Health?
Se le regole sono queste è inevitabile che l’epicentro della mappa globale della ricerca si sposti sempre più a Oriente, come documenta l’ultima parte dello speciale con un viaggio tra le nuove tigri scientifiche: Corea, Cina e Singapore. Il parlamento italiano qualche mese fa ha deciso di chiudere ogni spiraglio approvando una legge sulla fecondazione assistita che vieta ogni tipo di ricerca sugli embrioni. Resta l’ipotesi del referendum abrogativo. E resta un mondo assai vasto al di là dei nostri confini.


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