Benedetto Croce

Filosofo, storico e critico italiano (Pescasseroli 1866 - Napoli 1952), compiuti i primi studi a Napoli, si trasferì a Roma, dopo il terremoto di Casamicciola, dove perse i genitori e la sorella; qui entrò in contatto con i principali esponenti della cultura liberale dell'epoca. Iniziati gli studi in giurisprudenza, nel 1886 tornò a Napoli, dove si dedicò a ricerche storico-erudite e letterarie, maturando interessi filosofici, stimolato dalla lettura di G.B. Vico  e dalla meditazione sui problemi estetici aperti dalla critica letteraria di F. De Sanctis, quindi dalla necessità di fare i conti col materialismo storico e dallo studio approfondito di G.W.F. Hegel. Nel 1900 - Materialismo storico ed economico marxista, una raccolta di saggi in cui, oltre a criticare le teorie marxiane della caduta tendenziale del saggio di profitto e del plusvalore, sostiene più in generale il carattere non scientifico del marxismo, valido tutt'al più come "canone di interpretazione storica", pur tributando d'altra parte la massima ammirazione per la personalità politica di K. Marx, "il Macchiavelli del proletariato". Nel 1903 iniziò la pubblicazione della rivista "La Critica", mentre nel 1902 - Filosofia dello spirito. L'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale. Lo spirito nella concezione di C. si articola in attività teoretica (che si riferisce all'attività concettuale in genere nel suo esplicarsi, avendo come fine il vero) e pratica, in conoscenza e volontà. Ciascuna di queste determinazioni si articola a sua volta in due forme dello spirito, a seconda che sia volta al particolare o all'universale: così le forme dell'attività teoretica sono l'arte e la logica, le forme della pratica l'economia e l'etica. L'arte è intuizione del particolare, ma non è né uno stato psicologico, né un concetto, né una attività pratica. Siccome non è possibile intuire senza esprimere, l'intuizione è espressione, cioè è creazione di un'immagine la quale vale per la sua pura idealità. L'espressione, atto essenzialmente spirituale, non va confusa con la tecnica artistica che è atto meramente pratico. L'arte è essenzialmente "forma", linguaggio: quindi la definizione dell'estetica come "linguistica generale". Nel 1912 - Breviario di estetica; 1927 - Aesthetica in nuce. Nello stesso periodo si dedicò agli studi della filosofia hegeliana, e nel 1906 - Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel, ristampato e arricchito nel 1912 - Saggio sullo Hegel. Di Hegel C. fa propria la concezione immanentistica e storicistica, di contro alla metafisica e all'astratto razionalismo. L'errore di Hegel starebbe nell'aver preteso di allargare la "dialettica degli opposti" (che opera realmente all'interno di ciascuna forma dello spirito) anche alla relazione di distinzione reciproca che invece caratterizza le diverse forme dello spirito: le quali, anziché opporsi e superarsi l'un l'altra, rimangono distinte pur nel rapporto di unità loro conferitole dallo spirito, che nella sua attività trapassa con un moto circolare dall'una all'altra arricchendosi incessantemente. Nel 1909 - Logica come scienza del concetto puro, C. intende per logica non la "verbalistica" logica formale, ma il pensiero del concetto come "universale concreto", sintesi a priori di intuizione e concetto: definizione da dove discende, da un lato, la degradazione dei concetti scientifici a "pseudoconcetti", utili soltanto per il comportamento pratico-economico; e, dall'altro, l'identificazione del sapere filosofico col sapere storico. Nel 1909 - Filosofia della pratica. Economia ed etica, sviluppa il nesso di unità-distinzione tra volizione del particolare, cioè dell'utile, e volizione dell'universale, cioè del bene, per affermare da un lato la superiorità della moralità, che non può non realizzare anche l'utile, dall'altro la macchiavellica amoralità dell'economia e della politica, per le quali è vano seguire altra regola oltre quella dell'utile. Nel 1917 - Teoria e storia della storiografia; dove sviluppa lo storicismo implicito nella sua concezione, sottolineando il carattere di "metodologia della storia" che la filosofia assume nel delucidare le categorie del comprendere storico, cioè della ricostruzione concettuale della vita dello spirito. Particolare rilievo assume lo sviluppo delle sue concezioni in campo etico-politico. Ministro della Pubblica istruzione ne governo Giolitti del 1920-21, non scorse una reale opposizione tra il suo ideale liberal-conservatore e l'avvento del fascismo, fino a che quest'ultimo non soppresse ogni garanzia costituzionale nel 1925. Da allora, la netta opposizione antifascista, lo indusse ad approfondire la sua concezione liberale sul piano storiografico, nel 1928 - Storia d'Italia dal 1871 al 1915; 1932 - Storia d'Europa nel secolo XIX; e a rivedere la sua concezione della storia sul piano teorico, 1931 - Etica e politica; 1939 - Storia come pensiero e come azione. Se la storia in quanto conoscenza del passato non ammette giudizi morali,la storia come azione presente è guidata dall'ideale morale, cioè dalla "religione della libertà", nella quale sfocia l'intera filosofia dello spirito intesa come "storicismo assoluto". Nel 1940 - Il carattere della filosofia moderna; 1945 - Discorsi di varia filosofia; 1949 - Filosofia e storiografia; 1952 - Indagine su Hegel e schieramenti filosofici.