Friedrich Gottlieh Klopstock

Quedlinburg - 1724; Amburgo - 1803, poeta e drammaturgo tedesco, di famiglia agiata, dopo gli studi classici nel celere istituto di Schulpforta, si dedicò allo studio della teologia a Jena e a Lipsia. Grande successo ebbe la pubblicazione, sulla rivista "Bremer Beiträge", dei primi tre canti del Messias - 1748, accolti dalla Germania colta come un vero e proprio miracolo poetico. Invitato a Zurigo dal critico J.J. Bodmer, che, insieme con J.J. Breitinger, sosteneva un'estetica nuova, in opposizione al rococò. Klopstock deluse il suo illustrissimo ospite per il suo contegno troppo spregiudicato e troppo sensibile agli svaghi mondani. Nel 1751 K., indignato contro re Federico II, che non lo aveva riconosciuto come poeta della nazione, accettò una pensione annua dal re di Danimarca Federico V e si stabilì a Copenaghen nel 1751. Si era intanto innamorato di Meta Moller (la Cidli delle sue odi), con cui scambiò una corrispondenza tra le più commoventi del Settecento tedesco e che sposò nel 1754; ma Meta morì dopo solo quattro anni di matrimonio. Tornato in Germania nel 1770, fu salutato come un maestro dai poeti del gruppo di Gottinga. Dopo aver aderito con entusiasmo agli ideali della rivoluzione francese, si ritrasse sbigottito dinanzi agli eccessi del Terrore. Visse ad Amburgo i suoi ultimi anni. La lirica di Klopstock costituisce una novità rispetto alla letteratura precedente, sia sotto l'aspetto formale (per il ritorno ai metri classici) sia sotto quello contenutistico (per le nuove dimensioni che vi assumono temi come l'amicizia e l'amore per la natura). Particolarmente notevoli sono odi come An mein Freunde, 1747 - Ai miei amici e Der Zürchersee, 1750 - Il lago di Zurigo, celebrazioni, in chiave religiosa, dell'amicizia poetica, e l'inno Die Frühlingsfeier, 1759 - La festa della primavera, forse la poesia più celebre di Klopstock, con cui ha inizio il grande mito settecentesco della tempesta primaverile, sentita come festa del rinnovamento della natura: non a caso è la lirica che commuove i giovani protagonisti del Werther goethiano. Molte note liriche Die frühen Gräber, 1764 - Le tombe precoci e Die Sommernacht, 1764 - La notte estiva, dove il dolore per gli amici scomparsi si rasserena nella contemplazione di un notturno lunare e delle prime, tenui luci dell'alba.  Ma il capolavoro di Klopstock è il poema epico-religioso in esametri Der Messias, 1748-73 - Messiade, dove il racconto della passione e della risurrezione di Cristo assume la forma di un grandioso oratorio musicale, rispecchiando quel sentimento antidogmatico della rinascita spirituale che è l'elemento essenziale del pietismo. Di modesto valore poetico, ma di grande interesse culturale sono i drammi religiosi come Der Tod Adams, 1757 - La morte di Adamo, e quelli patriottici, come Hermanns Schlacht, 1769 - La battaglia di Arminio, Hermanns und die Fürsten, 1784 - Arminio e i principi e Hermanns Tod, 1787 - La morte di Arminio, che percorrono la letteratura "bardita" (poesia che canta di eroiche imprese, da bardo, poeta cantore presso gli antichi Celti). Significativo, infine, è il trattato Die deutsche Gelehrtenrepublik, 1774 - La repubblica tedesca dei dotti, in cui si auspica la formazione di un'accademia politico-culturale assolutamente indipendente dallo Stato, affermando così per la prima volta la separazione tra cultura e politica.  Considerato il padre della poesia tedesca moderna, Klopstock ha avuto un singolare destino: già alla fine del Settecento era iniziato il suo declino, perché gli elementi innovatori della sua poesia erano stati assimilati e portati a esiti ben più maturi da J.W. Goethe, F. Schiller, F. Hölderlin e dagli altri poeti romantici. Eppure la generazione dello Sturm und Drang credette di riconoscere in Klopstock il proprio precursore; e, anche se manca nel poeta sassone un'ispirazione rivoluzionaria che possa giustificare un tale ruolo di padre nobile degli Stürmer, si deve tuttavia riconoscere che Klopstock, con la sua concezione del vate ispirato da Dio e del "bardo", guida profetica della propria patria, introduce nella letteratura una nuova concezione della dignità del poeta, non più asservito alle corti: "fu il primo in cui il genio poetico ebbe coscienza di sé" scrisse di lui Goethe.