La Letteratura e il Romanticismo

Il termine Romanticismo indica il movimento letterario, filosofico e artistico nato in Germania tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento e diffusosi rapidamente in Europa investendo tutti gli aspetti della vita e della cultura. Il termine Romanticismo deriva dall'aggettivo romantic, già usato nell'inglese di fine Seicento nel significato di romanzesco, cioè relativo al romance, romanzo cavalleresco medievale; e proprio nella letteratura inglese incominciò a identificarsi col gotico e con il medievale in contrapposizione al classico e all'antico.

 I primi fermenti della sensibilità romantica germogliarono in Europa in coincidenza con l'affermarsi del gusto neoclassico, intorno al 1770. Anche se il neoclassicismo di J.J. Winckelmann è un fenomeno collaterale al romanticismo, romantica è tuttavia, in esso, l'aspirazione all'Ellade (dell'antica Grecia) come patria ideale dello spirito, come rifugio nelle forme perfette dell'arte, al di sopra delle disarmonie della storia. Dall'interno della cultura illuministica è intanto venuto, con J.J. Rousseau, il pressante invito a seguire spontaneamente le inclinazioni del sentimento e le suggestioni della natura. Ancora più radicale è l'atteggiamento dello Sturm und Drang, che concepisce il sentimento come una forza scatenata e selvaggia, libera espressione del genio dell'artista, intollerante di ogni limite posto alla propria affermazione dalle costrizioni sociali. La medesima aspirazione alla libertà assoluta dello spirito, priva tuttavia della gioiosa e ottimistica baldanza degli Stürmer e percorsa da una vena di inguaribile malinconia, si ritrova nelle tragedie di V. Alfieri. Tutti questi germi maturano nella formazione di movimenti che affermano consapevolmente una nuova concezione del mondo e una nuova visione dell'arte: in Germania, espressione delle idee romantiche è la rivista "Athenäum" - 1798, animata dai fratelli Schlegel; contemporanea è, in Gran Betagna, la pubblicazione delle Ballate liriche - 1798 di W. Wordsworth e S.T. Coleridge, che vi premettono un programma, vero e proprio "manifesto romantico". Larga risonanza ottiene più tardi, in Francia, la pubblicazione della Germania, 1813 di M.me de Staël, un cui articolo Sull'utilità delle traduzioni, apparso nel 1816 sulla rivista milanese "Biblioteca italiana", scatena in Italia una polemica tra classicisti e romantici. Se è impossibile tracciare un quadro unitario e organico del romanticismo europeo, si possono però individuare, sia pure in modo schematico, alcune tendenze fondamentali di carattere generale. A differenza del "classico" del Settecento, che ha una fede inesauribile nella possibilità di dominare la realtà con la ragione, l'uomo romantico è convinto che la realtà più autentica sfugga agli strumenti razionali e possa essere colta solo nell'irrazionalismo del sogno, dell'allucinazione, dell'ebbrezza del sentimento. Ne discende, in contrasto con il materialismo ateo e con il deismo razionale degli illuministi, una tendenza mistica, un'ansia d'infinito, che può anche risolversi nel ritorno alle forme religiose tradizionali, ma che può anche volgersi all'esplorazione del "sottosuolo" della coscienza, servendosi, come strumenti d'indagine, delle dottrine misteriche e dell'occultismo, dell'alchimia e della magia, e non arretrando neppure dinanzi al fascino morboso della morte. In questo nodo dell'irrazionalismo Mario Praz (Roma 1896-1982) ha individuato, nel suo celebre saggio La morte, la carne e il diavolo nella letteratura romantica, 1930, il denominatore comune tra romanticismo e decadentismo: è questa la "malattia" romantica, intesa come morbosa attrazione verso le forme più perverse del male. A parte questi esiti estremi, il misticismo romantico non trova generalmente uno sbocco preciso e si traduce in un vago senso di inquietudine, che spinge l'anima a una fuga oltre lo spazio e il tempo: di qui l'esotismo, consistente nel proiettare in terre lontane e in epoche remote un sogno struggente di felicità a contatto con la natura; e di qui anche il mito del ritorno all'infanzia e ai perduti paradisi dell'innocenza e della bontà, lontano dalle delusioni e dalle frustrazioni del mondo adulto. Ma la fuga nell'irrazionale o nell'inconscio, nello spazio o nel tempo, implica necessariamente un conflitto con la realtà contemporanea e con i limiti posti dalle convenzioni sociali. L'esito di tale scontro tra l'eroe romantico e la società è duplice e opposto: da una parte il titanismo, cioè l'atteggiamento di rivolta prometeica contro ogni legge che conculca la libertà dell'individuo, e, dall'altra parte, il vittimismo, cioè il rifugio dell'eroe sconfitto nel sogno, nella malinconia e talora anche nel suicidio. Nascono così, nella letteratura romantica, le tipiche figure del fuorilegge, che si erge a sfidare ogni legge umana o divina, del poeta "maledetto", necessariamente incompreso da una società gretta e meschina, dell'esule, costretto dalla persecuzione degli altri uomini o dalla sua stessa inquietudine a vagare lontano dalla sua terra. Ma, accanto a queste figure che incarnano gli aspetti più polemici del romanticismo, si collocano altre figure, come quella del poeta-soldato, celebratore e martire dell'idea della libertà, che riconducono a una dimensione opposta del sempre bifronte romanticismo, e cioè non più alla fuga dalla realtà ma all'impegno nella storia per edificare una nuova società. E' forse da individuare nello storicismo, cioè nella comprensione delle età del passato, al di là di certe troppo astratte condanne dell'"età dei lumi", la conquista teoricamente più significativa del romanticismo: ha ora inizio la rivalutazione del Medioevo, che, pur con atteggiamenti talora oscuranti e retrivi, si risolve nel riconoscimento dei "secoli di mezzo" come necessaria preparazione della civiltà moderna, e ha inizio anche quel ritorno al concetto di nazione, che, rovesciando le posizioni del cosmopolitismo illuministico, alimenterà, nell'Ottocento, le lotte di liberazione nazionale, e, in particolare, il Risorgimento italiano. Anche nel campo più specifico del gusto estetico si scopre una polarità del romanticismo tra la tendenza verso l'evasione e il sogno e l'opposta tendenza a un concreto rapporto con la realtà storica. E' convinzione diffusa presso tutti i romantici che la poesia non debba essere sottoposta a regole precise, che ne mortificano la libertà creativa: ne derivano, tra l'altro, l'esaltazione del "genio" (e la connessa riscoperta del "vero Omero" e del "vero Shakespeare") e il mito della poesia "popolare", intesa come creazione collettiva e spontanea di tutto un popolo. Mentre però, assecondando la tendenza all'evasione fantastica e alla ricognizione negli abissi più segreti dello spirito, nasce una letteratura lirico-soggettiva, che assume come tema centrale di ricerca l'"io" stesso del poeta, privilegiando pertanto la lirica, dall'altra parte il senso storicistico conduce a una letteratura oggettivo-realistica, impegnata nell'analisi della società e portata di conseguenza a valorizzare il romanzo come strumento d'indagine. Da questi due aspetti contrastanti della letteratura romantica, da una parte la tendenza all'infinito e al sogno e, dall'altra, la ricerca di un più concreto rapporto con la realtà, scaturiranno rispettivamente, nella seconda metà dell'Ottocento, le correnti del decadentismo e del naturalismo. L'epicentro del movimento romantico è stato la Germania. Va anzitutto detto che il romanticismo tedesco non è una diretta prosecuzione dello Sturm und Drang: tra gli Stürmer e i romantici intercorre una generazione, e, con essa, le esperienze decisive della rivoluzione francese e dell'idealismo filosofico di J.G. Fichte, F.W.J. Schelling, G.W.F. Hegel, nonché lo sviluppo dell'arte di Goethe. Avviene così che gli Stürmer sopravvissuti siano ostili al romanticismo: a parte il "classicismo" weimariano degli ex Stürmer Goethe e Schiller, il teorico stesso dello Sturm und Drang, J.G. Herder, non nasconde la sua avversione all'indirizzo troppo fichtiano dei fratelli Schlegel. Primo cenacolo romantico in Germania è quello di Jena, dove si incontano, oltre ai due Schlegel, L. Tieck, Novalis, Schelling e F.E.D. Schleiermacher; ma uno degli elementi animatori del nuovo movimento, sebbene sia prematuramente scomparso, è W.H. Wackenroder, il cui vangelo mistico-estetico trova in Tieck il più fervido divulgatore. Dopo la scomparsa,1801, della personalità poetica più significativa, quella di Novalis, il gruppo di Jena si scioglie; ma il verbo romantico ha ormai diffusione europea, specie dopo le lezioni berlinesi, 1801 - 1804, e viennesi, 1808, di A.W. Schlegel. Intorno al 1805 si forma il cenacolo di Heidelberg, composto da L.A. von Arnim, C.M. Brentano, i due Grimm, e più tardi, J.K. von Eichendorff. Una terza fase, intorno al 1810, è segnata dal gruppo di Berlino, di cui fanno parte Arnim, A. von Chamisso, F.H.K. de la Motte Fouqué, e in seguito E.T.A. Hoffman. Isolata, non tollerando, come nel caso di Hölderlin, etichette di alcun genere, rimane la complessa personalità di H. von Kleist. Tra il primo e il secondo romanticismo tedesco la discriminante è costituita dal prevalere, nel primo romanticismo, di interessi teorico-speculativi, e dal ripiegamento, nel secondo romanticismo, su interessi puramente letterari, con una predilezione per la fiaba e il folclore, Brentano, i Grimm e per il racconto fantastico, Hoffmann; netta è poi, sul piano politico, l'involuzione conservatrice, che allontana il movimento romantico tedesco dalle premesse libertarie della fase aurorale dello Sturm und Drang. Epigoni del romanticismo sono i poeti della "scuola sveva", L. Uhland, E. Mörikementre il severo censore dell'imborghesimento della scuola romantica, della quale tuttavia raccoglie la migliore eredità, è l'iniziatore del realismo, H. Heine

Meno dottrinale rispetto al romanticismo tedesco è il romanticismo inglese, che, tuttavia, percorre idealmente il movimento romantico: i romantici tedeschi salutarono, infatti, in W. Shakespeare, il massimo genio dei popoli germanici e videro nel teatro elisabettiano un'espressione tipicamente romantica avanti lettera. Grandissima fu in tutta Europa la fortuna dei poemi ossianici (di Ossian, bardo scozzese del III sec. ai cui canti si ispirò il poeta scozzese) di J. Macpherson, considerati come un modello di poesia primitiva; e ricchissima fu la fioritura del preromanticismo inglese (T. Chattrton, H. Walpole, A. Radcliffe, W. Cowper, T. Gray, E. Young). Primi grandi romantici inglesi sono R. Burns, la cui poesia è caratterizzata dalla fusione di un naturale incanto lirico-musicale con il sottile e arguto umorismo tipico della tradizione scozzese, e W. Blake, che, con il suo genio visionario, tracciò nei suoi libri "profetici" un quadro esoterico, ricco di simbolismo e di mitologie, dell'unità mistica dell'universo. Un'ispirazione etica prevale invece nel programma tracciato da Wordsworth e Coleridge nelle Ballate Liriche: il ritorno alle tradizioni nazionali, la necessità di rifarsi alla vita rustica, a contatto con la natura, il recupero della parlata popolare sono i temi dominanti di questo celebre "manifesto". Il passaggio dal "romanticismo etico" al "romanticismo eroico" si verifica con la grande triade formata da G.G. Byron, P.B. Shelley e J. Keats: apparentati dal comune destino di una morte precoce, essi svilupparono in direzioni diverse la tematica romantica: Byron fissò nel "satanismo" della sua personale leggenda il "male del secolo", approdando infine alla sottile ironia del Don Giovanni; Shelley passò dal materialismo sovversivo degli esordi alla magnanima utopia neoplatonica delle opere più mature; Keats raggiunse il massimo della perfezione formale rivestendo di forme classiche una materia onirica (relativo al sogno). La moda del romanzo storico fu infine lanciata in tutta Europa da W. Scott, nelle cui opere la macchinosità del congegno narrativo si stempera in una fresca vena comico-popolaresca.

 In Francia, anche se il romanticismo giunse in ritardo, esso fu, in compenso, perfettamente assimilato nel patrimonio nazionale, promuovendo un rinnovamento radicale della cultura. Da tempo, tra le luci della letteratura del Settecento, erede del classicismo del "grande siècle", si profilavano preromantiche zone d'ombra: si cominciavano a rivendicare i diritti del cuore, risorgevano istanze religiose, si intensificava l'amore per la natura. Dal preromanticismo, che si riassume soprattutto nei nomi di Rousseau e di B. de Saint-Pierre, si entra nel romanticismo vero e proprio con F.R. de Chateaubriand, che realizzò in Renato la più compiuta espressione della sensibilità romantica, e con B. Constant, che, in Adolfo, analizzò con metodo inclemente e lucido i miti romantici. Primo manifesto del romanticismo francese fu La Germania, 1813, di Madame de Staël, ma la sintesi più fortunata della poetica romantica fu la prefazione al Cromwell, 1827 di V. Hugo, il cui "cenacolo", preceduto da quello di  C. Nodier, divenne il crogiolo del nuovo movimento. Intanto, il romanticismo aveva già trionfato, nella poesia, con il successo clamoroso delle Meditazioni poetiche, 1820 di A. de Lamartine. La celebre "battaglia di Hernani" del 1830 consacrò, insieme con il trionfo tempestoso del dramma di Hugo, la definitiva vittoria del romanticismo nelle lettere francesi.

In Italia, la nuova sensibilità, anticipata dal "protoromantico" V. Alfieri e divulgata dalla traduzione dei Poemi di Ossian a cura di M. Cesarotti, è già presente nei Sepolcri di U. Foscolo, specie nei versi che evocano lo squallore notturno di un cimitero suburbano. Anche se Foscolo e Leopardi presero decisamente posizione contro la "scuola" romantica, risentirono tuttavia del romanticismo come spiritualità, come modo nuovo di sentire la vita e intendere l'arte: e si può anzi dire che solo Leopardi, con il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, 1818, seppe sollevarsi ai più alti livelli del dibattito teorico europeo sul romanticismo. Più circoscritta e precisa, rispetto alla storia della spiritualità romantica, che si estende a tutto l'Ottocento, è la storia della scuola romantica, che ha inizio quando, nel 1816, Madame de Staël pubblicò, sulla "Biblioteca italiana" di Milano, un articolo Sull'utilità delle traduzioni, esortando gli italiani a uscire dai limiti di una cultura classica troppo sterile e accademica e a conoscere le opere della più moderna letteratura europea. Ai classicisti, insorti, con in testa P. Giordani e V. Monti, a difendere la tradizione classica, risposero nel 1816, con i loro "manifesti", L. di Breme, Intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani, P. Borsieri, Avventure letterarie di un giorno e G. Berchet, Lettera semiseria di Grisostomo. Si affermava in questi scritti il concetto di una poesia "popolare", non sottoposta a regole arbitrarie e volta alla formazione del cittadino, non a caso, G. Mazzini e V. Gioberti saranno tra i nostri maggiori scrittori romantici: una finalità etico-politica alquanto lontana dalle tendenze mistiche e titaniche della poetica romantica tedesca, che ha perfino indotto a mettere in dubbio l'esistenza di un vero e proprio romanticismo italiano. Ma le più genuine istanze romantiche sono incontestabilmente presenti in A. Manzoni, che, respingendo il romanticismo delle "streghe" e dei "fantasmi", fondò su solide basi realistiche il movimento romantico in Italia, riscuotendo, proprio per questo, il fervido consenso del maggior critico dell'età romantica, F. De Sanctis. Alla tendenza realistica, da C. Porta a G.G. Belli, da I. Nievo a N. Tommaseo, sono da ascrivere i risultati migliori del romanticismo italiano, mentre più scadente è, in generale, la produzione patetica, che sfocia negli estenuanti languori del "secondo romanticismo" di G. Prati e A. Aleardi. A tale sfocato e lacrimoso sentimentalismo reagiscono sia il classicismo carducciano, intriso d'altronde di fermenti della prima stagione romantica, sia la Scapigliatura (movimento letterario e artistico, fiorito in Lombardia nella seconda metà dell'Ottocento, che, in opposizione alla mentalità borghese, esaltava la libertà e l'individualismo dell'artista), che, con il il suo gusto per un realismo macabro e crudele e con il suo interesse per la poesia di C. Baudelaire, prelude sia al verismo sia al decadentismo di fine secolo.

In Spagna, il movimento romantico si affermò in ritardo, con gli scritti teorici di A. Durán, e si distinse, secondo la nota classificazione di M. Menéndez y Pelayo, in due tendenze: quella storico-nazionale, rappresentata da D. de Rivas, e quella soggettivo-filosofica, che fece capo a J. de Espronceda. Particolarmente felice la vena folcloristica di M.J. de Larra e importanti i risultati conseguiti nel teatro della seconda generazione romantica di J. Zorrilla, V. de la Vega, A. López de Ayala. La letteratura tardo-romantica si sintetizza nel prestigioso nome di G.A. Bécquer.

In Russia, le figure più rappresentative non solo del romanticismo ma del genio nazionale sono quelle di A.S. Puskin, di N.V. Gogol, di M.J. Lermontov, anche se solo quest'ultimo risente più direttamente dell'influsso del romanticismo europeo.

In Polonia, un'altra grande triade poetica, A. Mickiewicz, J. Slowacki, Z. Krasinski, espresse le istanze le istanze più profonde del romanticismo, collegandole alle lotte nazionali, culminate nell'eroica e sfortunata insurrezione del 1830.

Tra le voci romantiche degli altri paesi, ricordiamo infine quelle del ceco K.H. Mácha; del danese N.F.S. Grundtvig; dello svedese E.J. Stagnelius; dei norvegesi H. Wergeland e J.S. Welhaven.