Note di Melissopalinologia

 

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Note di Melissopalinologia




Analisi melissopalinologica qualitativa

Questo tipo di analisi consiste nel riconoscimento dei diversi elementi figurati contenuti nel sedimento e nella valutazione delle rispettive percentuali di presenza.

Nella maggioranza dei casi esso è sufficiente da solo per determinare l'origine botanica e geografica del miele. La determinazione dell'origine botanica non è possibile nei mieli ottenuti per pressatura, il cui sedimento è arricchito del contenuto delle cellule a polline, e va inoltre effettuata con cautela nei mieli di Calluna, che a causa della particolare tecnica di estrazione (vedi pag...), hanno un sedimento molto abbondante.

Estrazione del polline dal miele  - Si sciolgono 10 gr di miele in 20 ml di acqua a 40° C, si centrifuga per 5' a 2500 rpm e si decanta; si riprende il sedimento in 10 ml di acqua distillata, si centrifuga nuovamente e si decanta; si raccoglie quindi il sedimento con una pipetta Pasteur e lo si pone su un vetrino portaoggetti lasciandolo asciugare a 40° C; si include in gelatina glicerinata, si copre con un vetrino copri oggetti e si luta. Se il miele contiene molti colloidi è opportuno usare, anziché acqua distillata pura, acqua acidulata con 5 g/l di acido solforico.

Si procede quindi all'esame microscopico del preparato e all'identificazione, con l'aiuto dei preparati di riferimento, degli elementi presenti. Si contano e si classificano separatamente:

- i pollini di piante nettarifere;

- i pollini di piante anemofile e di piante entomofile non nettarifere (Papaver, Thalictrum, ecc.);

- gli elementi indicatori di melata, rappresentati da ife o spore dei funghi che si sviluppano sulle melate, alghe, secrezioni cerose provenienti da alcuni insetti produttori di melata; questi vanno annotati singolarmente, contando come unità anche i corpi unicellulari (ife, complessi di spore, ecc.);

- gli elementi provenienti dai funghi parassiti delle piante (Ustilaginales, Peronosporaceae, ecc.);

- i pollini abortiti o malformati quando non è possibile l'identificazione.

Spesso l'identificazione dei pollini non giunge fino alla specie e talvolta nemmeno fino al genere; si ricorre allora a dei raggruppamenti più vasti, che si indicano con i termini gruppo, forma, tipo. Si dice ad esempio "Trifoglio gruppo B" per designare un polline molto simile per forma, dimensione e scultura dell'esina a quello del trifoglio bianco (Trifolium repens). Quando non si ha modo di spingere la determinazione nemmeno fino al genere, o comunque non si è interessati a farlo, si fa riferimento ad un polline noto simile: ad esempio "forma Stachys" (cioè polline di labiata tricolpato con opercoli), composita del "tipo A" (simile a Matricaria) o del "tipo S" (simile a Carduus), etc.

A seconda del grado di precisione richiesto si opera il censimento su un diverso numero di granuli. Per avere semplicemente una stima orientativa del campione è sufficiente contare circa 100 PK (PK = granulo pollinico). Per determinare delle classi di frequenza si contano 200-300 PK; in questo caso si usa la seguente nomenclatura:

 

pollini molto frequenti più del 45%
pollini frequenti dal 16 al 45%
pollini rari dal 3 al 16%
pollini isolati meno del 3%

 

Per arrivare ad un calcolo percentuale preciso è necessario effettuare la conta su 100-1200 PK (Vergeron, 1964); in questo caso il margine di errore è circa dell'1% e si applicano i seguenti termini:

 

polline dominante più del 45%
polline di accompagnamento dal 16 al 45%
polline isolato importante dal 3 al 16%
polline isolato meno del 3%

 

La frequenza degli indicatori di melata è calcolata sul rapporto fra questi e i granuli pollinici di piante nettarifere. Un miele è considerato di melata se tale rapporto è uguale o superiore a 3.

Un miele di nettare si considera monoflora di una determinata specie se il polline di quella specie supera il 45% del totale; in assenza di un polline dominante si ha invece un miele multi flora. Non sempre tuttavia i risultati dell'analisi qualitativa sono interpretabili direttamente nel modo ora descritto; infatti questa relazione fra percentuale di polline e presenza del nettare corrisponde, se è valida per i pollini normali, va invece riveduta per i pollini iporappresentati o i iperrappresentati. Nel primo caso la quantità di nettare che effettivamente ha partecipato alla composizione del miele è superiore a quella che risulta dalla conta dei pollini; nel secondo caso è inferiore. Ad esempio il miele di Myosotis è così fortemente iperrappresentato che deve contenere nel sedimento praticamente il 100% di polline della specie per essere considerato monoflora. Il miele di Castanea deve contenerne il 90%; quello di Lotus l'80%, etc. Nei mieli provenienti da specie con polline iporappresentato è invece sufficiente a garantire la monospecificità una percentuale inferiore a quella del 45% indicata per i mieli normali; così il mieli di Lavandula è giudicato monoflora col 10% di polline della specie, il miele di Tilia col 30%, il miele di Robinia col 35%, etc. Un caso particolare è rappresentato dal Citrus, di cui esistono varietà sterili e varietà fertili; in America dove le varietà sono prevalentemente sterili, si considerano monoflora mieli col 10% di polline di Citrus, mentre nei mieli di arancio provenienti dalla Calabria tale percentuale supera il 60%.

Un altro fatto di cui si deve tenere conto è che i mieli ipo- e iperrappresentati presentano un contenuto pollinico totale rispettivamente inferiore e superiore a quello dei mieli normali. Di conseguenza, per convalidare la diagnosi, è necessario fare anche l'analisi quantitativa del campione: se alla bassa percentuale di un polline iporappresentato corrisponde un tenore assoluto basso, si può ragionevolmente affermare che il miele è monoflora; se invece il tenore assoluto è elevato si ha probabilmente un miele multiflora, e sarà comunque opportuno approfondire ulteriormente l'indagine.

In conclusione per poter definire un miele monoflora di una specie occorre conoscere, almeno orientativamente, la percentuale caratteristica che il polline in questione deve avere e il tenore pollinico assoluto per il quale tale percentuale è valida. Questi valori che non sono evidentemente fissi, bensì oscillano entro certi limiti, si ricavano attraverso l'analisi qualitativa e quantitativa di numerosi campioni di provenienza nota. Non possedendo tali dati è opportuno parlare di prevalenza piuttosto che di monospecificità.

 

A cura di Antonina Zizza

Con il contributo del Ministero delle Politiche Agrarie - Progetto AMA

e delle

Provincie Regionali di Siracusa e Ragusa