laFondazione

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Fondatore
: Cavaliere al Merito R.I. James Keith Killby – O.B.E.

Il Monte San Martino Trust


Il Monte San Martino Trust ha raccolto l’eredità dell’ASC rinsaldando nel tempo quei legami di solidarietà e di amicizia che erano nati durante la guerra. Esso è una educational charity, cioè un’associazione senza fini di lucro che opera nel campo dell’educazione. E’ regolarmente registrata nell’elenco delle associazioni di volontariato inglesi. Il MSMT è stato fondato a Londra nel 1989 dal sig. Killby per commemorare il grande coraggio e la generosità di tantissimi italiani nei confronti di migliaia di prigionieri di guerra che – alla dichiarazione dell’armistizio del 1943 – fuggirono disperdendosi nelle campagne italiane e che furono sfamati, nascosti e protetti fino alla liberazione d’Italia. Il Trust concede borse di studio a giovani studenti italiani desiderosi di migliorare la conoscenza della lingua inglese, mediante un soggiorno di un mese e relativo corso. Gli studenti sono scelti da quelle zone – da Udine agli Abruzzi - dove allora venne dato il maggiore aiuto ai fuggitivi inglesi.
Sorgono spontanee alcune domande: perché il piccolo paese di Monte San Martino in provincia di Macerata ha dato il nome alla fondazione?
Fu in contrada Barchetta di Monte San Martino che il sig. Killby vide:

“A fairly eldery woman came out of her house with a cooking pot over her head, she waded the river on her bare feet and climbed the hill to us”

L’anziana signora si chiamava Maria Livi, e Killby e i suoi compagni di fuga non avrebbero mai dimenticato quel suo gesto di carità spontanea. Il sig. Killby promise che sarebbe tornato dopo la guerra a ringraziarla e così fece negli anni 60. Tornò e ringraziò tutti gli abitanti di contrada Barchetta.

J.K.Killby

J.K. Killby, il fondatore, in divisa


Maria Livi

Maria Livi con la figlia Maria

certificato Alexandecertificato Alexander

Data: 19 marzo 1947

per: Ufficio Comandante Allied Screening Commission (Italy)
C. M. F. F.O. 108 HEADQUARTERS POW CLIAMS SCREENING COMMISSION
c/o Military Attache British Embassy - Roma
Oggetto: Trasmissione di Assegno e Attestato di Benemerenza

Gentile Signora/re:
Ci è gradito inviarle un Assegno ed un Attestato di Benemerenza che stanno a dimostrare la nostra gratitudine per la coraggiosa assistenza da lei data ai prigionieri di guerra alleati evasi, ed ai militari operanti diatro le linee. Siamo certi che ella dette simile aiuto per gentilezza d’animo e senza fare assegnamento su compensi finanziari, e sappiamo che ella si espose ad ogni rischio, stando al nostro fianco in una lotta per cui centinaia e migliaia di soldati alleati si votarono volontariamente al combattimento ed alla morte – molti in Italia – aiutati in modo notevole dal suo sacrificio e da quello di numentosi altri coraggiosi italiani. Riteniamo ella comprenda che non possiamo pagare grandi somme di denaro, pur desiderando compensare in certa qual misura per gli aiuti materiali resi, ma ci è impossibile compensare rischi e pericoli corsi, unitamente ai nostri uomini, per la difesa della causa comune del diritto. Unitamente a questo piccolo compenso definitivo, inviamo un attestato di Benederenza firmato dal Maresciallo Alexander – premio il cui valore è di gran lunga superiore al denaro – che ringrazia della coraggiosa assistenza data senza preoccuparsi di pericoli e di eventi conseguenze. A questo Attestato, anche noi che cerchiamo di ripagare un debito di onore, aggiungiamo l’espressione della nostra gratitudine ed i ringraziamenti.

P.A. HEWITT – Major For Stars Data Pow Claims Screening Commission


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RACCONTO DI MIA NONNA:

Mia nonna, Paternesi Meloni Bettina, nata ad Amandola(AP) i125/12/1922 ed ivi residente in Via Ciappardelli n. 4 mi ha raccontato che nel 1943, a causa della guerra, si era trasferita con la sua famiglia da Loc. Rustici, dove viveva, in Loc. Monti di S. Lucia da un parente. Mia nonna ricorda che era il giorno 16 del mese di ottobre - novembre (non riesce ad essere precisa) quando con tutta la sua famiglia ritornava da S. Cristoforo dove mio zio aveva un appezzamento terriero e da dove avevano “scartocciato” (tolto la foglia esterna ai granturchi) tutto il giorno. Ritornavano cantando, poiché questo tipo di lavoro veniva considerato un momento di gioia, con un gruppo di dieci persone. Due uomini alti e giovani si avvicinarono alla madre di mia nonna chiedendo aiuto ed ospitalità. Raccontarono di provenire da Glasgow e che da tre mesi erano in Italia. Erano due paracadutisti lanciatisi in Sardegna, poi, catturati dai tedeschi, furono portati al campo di concentramento a Servigliano. Erano riusciti, insieme ad altri, a fuggire dal campo di concentramento con l’aiuto dei partigiani, ma ora i tedeschi davano loro la caccia. La mia bisnonna, anche se con molto timore, decise di aiutarli e di servire un piatto caldo. Ma la sera era vicina, i due paracadutisti erano stremati e così mio zio e la mia bisnonna decisero di farli dormire nella stalla vicino alla loro casa. Li sistemarono tra la paglia dandogli delle coperte. Il giorno seguente (17 ottobre -novembre) la mia bisnonna dette ai due soldati abiti nuovi ed il cibo necessario per tutta la giornata, pregando loro di restare nascosti nella stalla per tutto il giorno. Il giorno seguente (18 ottobre - novembre) vollero seguire, per ragioni che non dissero, la mia bisnonna alla fiera in Amandola che si teneva il giorno 18 di ogni mese. La mia bisnonna accettò ma disse loro che una volta arrivati in Amandola, dovevano far finta di non conoscerla, stare molto attenti e, se si fossero persi, non dovevano in ogni caso dire dove erano rifugiati. Il destino volle però che i due militari non riuscirono a trovare la strada e chiesero informazioni ad un uomo, sfortunatamente un fascista. I Due soldati raccontarono alla famiglia di mia nonna che il passante cercò di ingannarli e di chiedere loro più informazioni possibili per sapere dove erano rifugiati ma loro indicarono solo la località (Loc. Monti di S.Lucia) e fortunatamente non la famiglia. L’uomo fornì tutte le informazioni per tornare a casa e i due uomini riuscirono a rientrare. La mattina del giorno seguente (19 ottobre - novembre) la mia bisnonna offrì loro la colazione e preparò qualcosa per affrontare una parte del viaggio, poi pregò il figlio più piccolo di mostrare loro la strada per fuggire e raggiungere più in fretta Pescara. Mio zio li accompagnò fino al ponte della ferrovia (Loc. Coriconi) poi tornò indietro. Avevano lasciato i loro indirizzi a mio zio che aveva preso anche le loro divise. La stessa mattina informati dal fascista incontrato alla fiera in Amandola, arrivò nella Loc. Monti di S. Lucia un camion di tedeschi che cercavano i due rifugiati. Fortunatamente non conoscendo le informazioni precise sulla famiglia che li ospitava, circondarono la casa di un vicino e mio zio in fretta riuscì a nascondere tutti i vestiti tra la paglia nella stalla. Andarono perduti gli indirizzi e, purtroppo, mia nonna non ricorda precisamente i loro nomi né seppe altre notizie.
Elisabetta M., Amandola FM, 2004
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