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Serial
Killer, i mostri del giallo.
Il serial killer nella sua definizione criminologica è un
individuo psicologicamente alterato, solitamente senza freni
inibitori e quindi senza alcuna restrizione di ordine morale
che, per soddisfare un intimo impulso, una propria ossessione,
commette a distanza di tempo efferati delitti. Si distingue
pertanto dal mass murderer, il
quale può essere altrettanto alterato psicologicamente, ma
la cui follia trova sbocco in un unico atto di sangue con
molteplici vittime (è il caso dei tanti pazzi che, specie
negli Stati Uniti, commettono stragi immotivate in luoghi
pubblici).
Il
boom degli anni '70.
In realtà il serial killer, nell'immaginario narrativo e filmico,
altro non è che un aggiornamento, un ammodernamento dell'eterno
archetipo del mostro, dal sanguinario Barbablù a Jack lo Squartatore,
all'amorale Mister Hyde che rappresenta il "doppio" del rispettabile
dottor Jekyll. La moda dei romanzi e dei film incentrati su
sempre più inquietanti e diaboliche figure di serial killer
è un fenomeno iniziato in sordina negli anni Settanta prevalentemente
nel cinema (con i film Non aprite quella porta di Tobe Hooper
e Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento), consolidatosi
nel decennio successivo (da Vestito per uccidere di De Palma
a Doppio taglio di Marquand e Manhunter: frammenti di un omicidio
di Michael Mann) ed esploso definitivamente negli anni Novanta
con l'esordio letterario di Patricia Cornwell e lo straordinario
Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris, magistralmente
portato sullo schermo da Jonathan Demme (il primo thriller
a vincere tutti e 5 gli Oscar fondamentali).
Il
mostro di Dusseldorf.
In realtà la tradizione sia letteraria che cinematografica
del giallo più classico, conoscevano già magistrali figure
di criminali che erano inequivocabilmente serial killer: da
M,
il mostro di Dusseldorf
del film di Lang che è addirittura del 1931 al professor Warren
del romanzo di Ethel Lina White La scala a chiocciola del
1934 (diventato nel '46 un magistrale film di Robert Siodmak);
da
Norman Bates
del romanzo Psyco di Robert Bloch portato poi sullo schermo
da Hitchcock nel 1960 al cineoperatore psicopatico Mark Lewis,
protagonista del film L'occhio che uccide di Michael Powell,
anch'esso del 1960.
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