Nella misura in cui le leggi della matematica si riferiscno alla realtà non sono certe. E nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà. A. Einstein (Geometry and Experience) |
Una questione che si presenta molto spesso è come decidere che tipo d'indagine adottare quando si affronta un problema sperimentale (empirico). Questa scelta è importante in quanto condizionerà ciò che accettiamo come vero e ciò che accettiamo come falso.
Tuttavia, non è possibile dimostrare che un certo tipo d'indagine conduce a verità, giacché una dimostrazione richiede determinate premesse, e queste devono essere vere, e pertanto possono essere soltanto il risultato di qualche tipo d'indagine previamente accettato. Riepiloghiamo per maggior chiarezza:
Per Aristotele, l'idea di un universo limitato e finito, aveva la stessa forza persuasiva del principio del terzo escluso (A o é A o non é A) e ciò lo portò a questa argomentazione:
«Se il movente A ha fatto muovere B per una distanza D nel tempo T, allora nello stesso tempo la stessa forza A muoverà B/2 per una distanza 2D. In tal modo, è rispettata la regola della proporzionalità. Se così non fosse (ossia si avesse un moto accelerato), si avrebbe creazione ex nihilo».
Aristotele non sottopose mai le sue idee a verifica sperimentale; d'altra parte, non aveva necessità di farlo giacché si basava su un presupposto errato: i corpi per spostarsi devono essere sottoposti all'azione di una forza.
L'esistenza di varie interpretazioni possibili per un dato formalismo matematico, è un punto importante: significa che la scienza di parecchi sistemi è matematicamente isomorfa, ovverosia fenomeni diversi possono essere studiati con formalismi matematici analoghi. Questo isomorfismo prende forma nel principio di "semplicità della natura". Tuttavia, è bene tener conto che detto principio è solo un'indicazione: sulle formule non c'è l'etichetta per il loro uso; piuttosto, siamo noi che facciamo qualcosa con esse, cercando di utilizzare un formalismo semplice.
Per i filosofi del XVIII secolo, le asserzioni dovevano avere una certa nobiltà logica se volevano essere annoverate nell'àmbito delle conoscenze; per conseguenza, dovevano essere il risultato di un ragionamento deduttivo.
In particolare, Hume focalizzò la sua attenzione su come si potesse passare dall'esperienza di un numero limitato di casi all'asserzione di una generallizzazione universale, ossia della forma "questo x è un y; questo x è un y, ...; anche questo x è un y"; alla forma generalizzata "tutti gli x sono y".
Hume dopo il tentativo di conferire validità logica al procedimento induttivo, si convinse che solo i ragionamenti deduttivi potessero essere convincenti.
In effetti, le conclusioni induttive, a condizione che la loro struttura logica sia corretta, non possono essere convincenti quanto le conclusioni deduttive. Infatti, la deduzione come metodo di ragionamento è un procedimento di minimo rischio con scarsi guadagni, mentre l'induzione è più simile ad un gioco d'azzardo.
Per fissare le idee, consideriamo i seguenti ragionamenti:
Al contrario di quanto si può affermare su un corretto procedimento deduttivo, è del tutto corretto dire che è ragionevole o irragionevole credere nella conclusione dipendente dalle osservazioni effettuate. Soltanto i ragionamenti induttivi possono essere descritti come ragionevoli o irragionevoli.
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Ora, per quanto la cosa possa sembrare strana, le conclusioni teoriche inferite da uno scienziato non sono implicate dalle sue scoperte sperimentali, e quindi le sue teorie non hanno la valenza di teoremi.
Per dare ragione di questa proposizione, si prenda ad esempio la matematica e la logica formale, dove un insieme di "condizioni necessarie e sufficienti" implica che qualche teorema T deriva deduttivamente da qualche assioma a. Però questo uso del termine, rigorosamente parlando, non interessa alla scienza. Infatti nella scienza ci interessiamo delle condizioni che definiscono i rapporti causali.
Una legge o una generalizzazione che valga dovunque, qualunque cosa accada, non appartiene alla scienza, ma alla logica. E una legge o una generalizzazione che non vale in alcuna situazione è al più un esercizio per la mente. Per esempio, partendo da determinate ipotesi, si può derivare un modello matematico che permette di calcolare la traiettoria di un proiettile; tuttavia, è facile verificare che le condizioni in cui i calcoli sono verificati sperimentalmente sono del tutto particolari: per esempio, assenza di vento, densità dell'aria costante, geometria della canna e del proiettile perfette, ecc.
E' bene precisare che l'uso del termine "legge" nella scienza risulta abbastanza arbitrario, e dunque d'ora in avanti non faremo alcuna distinzione fra le generalizzazioni che sono chiamate leggi e quelle che non lo sono. Così, il verbo "deve" non implica una costrizione, bensì una necessità logica... Dire "quel proiettile deve colpire il bersaglio", non implica una legge per il proiettile; piuttosto, siamo noi che in base alle nostre conoscenze siamo portati a confondere una nostra necessità logica con una costrizione.
Pertanto, la metodologia con cui effettuiamo le indagini dipende dal tipo di problema che affrontiamo. Applicando procedimenti d'indagine differenti, si possono ottenere spiegazioni differenti. Per esempio, con la percezione visiva, riteniamo la Terra piatta; con una misura sperimentale (le ombre) possiamo inferire la curvatura della Terra; con un ragionamento induttivo, possiamo inferire che il Sole ruota attorno alla Terra. Tuttavia, come già accennato precedentemente, non possiamo dimostrare che un certo tipo d'indagine ci porta alla verità e l'altro no. Infatti, una dimostrazione richiede determinate premesse e dobbiamo supporre che queste siano vere e pertanto ottenute da una qualche indagine previamente accettata. Così, è impossibile decidere quale sia il procedimento unico o migliore.
Comunque, posto che si sia trovata una generalizzazione la cui validità sia stata provata, si dirà - come sosteneva Popper - che detta generalizzazione è corroborata dalle evidenza sperimentali; non si dirà che è vera... infatti, si deve supporre che si possano sempre trovare dei riscontri negativi. Dunque, se non si può provare che una legge è vera, si può provare che è falsa. Per conseguenza, il criterio che permette di distinguere una teoria da una fantasia, è la sua falsificabilità. Per esempio, l'affermazione «domani piove o è; bel tempo» non fa parte della scienza in quanto questa previsione non può essere falsificata. Anche l'affermazione «i marziani sono verdi» non può essere falsificata. In sostanza, il requisito essenziale di una teoria scientifica -secondo Popper- è la sua falsificabilità. Ora, questo punto di vista (come è in generale la filosofia di Popper) è piuttosto drastico, ed è più produttivo ammettere che una teoria debba essere falsificabile nell'insieme e non in tutte le ipotesi che la compongono. Questa precisazione è necessaria in quanto molte teorie richiedono delle assunzioni ad hoc che, spesso non possono essere verificate direttamente, ma permettono appunto la costruzione di teorie che possono essere sottoposte alla verifica sperimentale. Per esempio, la teoria dell'evoluzione è falsificabile; al contrario, la dottrina del creazionismo non fa parte della scienza in quanto non può essere sottoposta a falsificazione!
Come sosteneva Hempel, in generale, neanche i dati più favorevoli possono fornirci una prova definitiva di un'ipotesi scientifica. Questo è il problema dell'induzione. Ciò vale, ad esempio, per le ipotesi di forma esistenziale come quella che vi siano corvi bianchi. L'avere esaminato innumerevoli esemplari di corvi, nessuno dei quali bianco, non basta a provare definitivamente l'esistenza di soli corvi neri. Questo vale anche per l'ipotesi che esistano particelle che viaggiano a velocità superiore di quella della luce. Queste ipotesi non sono suscettibili di falsificazione. In breve, per ragioni puramente logiche, innumerevoli e importanti ipotesi scientifiche non possono essere dimostrate o smentite in via definitiva, cioé non sono passibili di verifica o falsificazione ad opera di un controllo sperimentale. Questa è in sostanza la ragione per cui affermare che la ricerca scientifica mira a scoprire la verità sulla base dell'evidenza sperimentale equivale a definire la scienza come un'impresa volta a uno scopo logicamente impossibile da conseguire.
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