breve cronistoria dell'epistemologia

Ciò che i filosofi dicono della realtà è così deludente come il cartello "Qui si stira" che vediamo nella vetrina di un rigattiere. Se vi portiamo il nostro vestito per farlo stirare, restiamo delusi, perché ciò che si vende dal rigattiere non è la stiratura bensì il cartello.
Soeren Kierkegaard, Aut Aut, in Opere, vol. I, a c. di C. Fabro, Casale Monferrato, Piemme, 1995

evoluzione: dalla scimmia all'homo computerizzato

Questo quadro sinottico è volutamente incompleto in quanto ha il solo scopo di fornire un breve riassunto cronologico a complemento di quanto esposto negli articoli precedenti (si veda La filosofia dei greci e elementi di epistemologia). I filosofi e le scuole di pensiero qui ricordate, sono quindi essenzialmente limitate alle riflessioni sul problema della conoscenza (la storia della scienza non è inserita in questo contesto). Alcune di queste riflessioni oggi possono sembrare banali, dato che sono entrate a far parte del patrimonio culturale di qualsiasi persona istruita del nostro tempo; tuttavia, questa è una conseguenza dell'impostazione scelta. Infatti, non si è accennato alla vita dei singoli pensatori - pur riconoscendone l'importanza - la quale avrebbe permesso di avere un'idea della libertà di pensiero del filosofo. Per esempio, è opinione diffusa che se Newton avesse incontrato le "difficoltà" di Galilei non avrebbe pubblicato le sue opere, o almeno queste non avrebbero avuto la forma ed i contenuti che conosciamo. Anche la storia del pensiero religioso è stata trascurata, sebbene rivesta notevole importanza in quanto ha indubbiamente orientato o condizionato l'evoluzione del pensiero scientifico. Si noterà infatti come le idee della conoscenza non si avvicendino perfezionandosi, bensì si sviluppino intrecciandosi con argomentazioni precedenti a volte prima respinte.


Ludwig Wittgenstein:(1889-1951) il suo Tractatus logico-philosophicus riunisce tutte le principali questioni connesse ai mutamenti del pensiero scientifico che all'inizio del Novecento avvenivano all'interno delle varie scienze e che ebbero notevoli conseguenze sull'epistemologia. Nella prefazione, Wittgenstein chiarisce l'intento del libro: "Il libro tratta i problemi filosofici e mostra, credo, che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio. Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere…la verità dei pensieri qui comunicati mi sembra intangibile e definitiva. Sono dunque dell'avviso d'aver definitivamente risolto nell'essenziale i problemi".

Nel Tractatus viene discusso il rapporto tra il mondo ed il linguaggio. Il linguaggio rappresenta i fatti del mondo, in quanto è in grado di riprodurre al suo interno la struttura del mondo. Nella sua natura intrinseca il linguaggio è essenzialmente "geroglifico", perché ha la stessa forma di ciò che intende rappresentare e rispetto a cui è, in tal modo, isomorfo. Quando il linguaggio, per un qualsiasi motivo, smarrisce la funzione rappresentativa che gli è propria sorgono espressioni insensate e domande che non potranno ricevere alcuna risposta; su queste sono stati costruiti gli edifici della metafisica tradizionale. Nella già citata Prefazione, Wittgenstein stesso riassume il senso del libro con le parole: "Quanto si può dire, si può dire chiaramente; e su ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere".

Poste queste basi, Wittgenstein procede ad esaminare il valore conoscitivo delle varie scienze. La logica è interamente costituita da tautologie, la cui verità è necessaria, ma non reca alcun contenuto informativo riguardante il mondo dei fatti, cioè la realtà. Alla logica si connette la matematica in quanto essendo "un metodo della logica", applicandolo trasformiamo alcune proposizioni vere in altre proposizioni vere. Dunque la matematica, per quanto rivesta la massima importanza, è solo un metodo e non ha alcun valore conoscitivo. Le sue equazioni, non avendo in sé stesse alcun valore di verità, non hanno autentica natura proposizionale e sono soltanto proposizioni apparenti.

Le proposizioni che non sono né tautologie né contraddizioni e che si riferiscono ai fatti del mondo sono indipendenti l’una dall’altra, così come sono reciprocamente indipendenti i fatti che costituiscono il mondo. La fede in un nesso causale che stabilisca un vincolo necessario tra un fatto e altri fatti è pura superstizione. Tutto ciò che accade nel mondo è contingente, ovverosia non-necessario. La necessità sussiste solo nell’ambito della logica.

Le leggi scientifiche sono un apparato logico che permette di formulare proposizioni intorno ai fatti del mondo. Tuttavia, solo quando esse sono applicate ai casi particolari e sono specificate attraverso ben determinate misure, forniscono descrizioni riferite a fatti. Le leggi scientifiche, dunque, sebbene a motivo della loro generalità non parlino del mondo, forniscono i materiali fondamentali che consentono di formare proposizioni riguardanti il mondo, individuando con precisione certi fatti. Non c’è alcuna necessità che imponga di descrivere i fatti ricorrendo ad un'equazione piuttosto che ad un'altra. Ed infatti, moltre equazioni isomorfe servono a rappresentare fenomeni differenti (per es. le onde dell'acqua e le "onde" acustiche, sono rappresentate essenzialmente con le stesse formule). Così, una certa teoria scientifica può essere valida quanto un'altra, purché entrambe consentano di individuare con la stessa precisione i fatti del mondo.

humpty-dumptyQuando io uso una parola - disse Humpty Dumpty - questa significa esattamente quello che decido io... né più né meno.
Bisogna vedere - disse Alice - se lei può dare tanti significati diversi alle parole.
Bisogna vedere - disse Humpty Dumpty - chi è che comanda... è tutto qua.

da: Through the Looking Glass (Attraverso lo specchio, 1872)
Lewis Carroll (1832--1898)

Con le Ricerche filosofiche, iniziate nel 1941, completate nel 1949 e pubblicate postume nel 1953, le concezioni esposte nel Tractatus sono sottoposte a una profonda revisione da cui emergono nuove vedute destinate a segnare profondamente il dibattito filosofico.
Wittgenstein osserva che vi sono svariate forme di linguaggio la cui varietà non può essere stabilita una volta per tutte: nascono continuamente nuovi tipi di linguaggio, nuovi giochi linguistici, mentre altri cadono in disuso. Con questo, Wittgenstein sottolinea la natura pragmatica del linguaggio, e mostra come il significato sia inscindibile dal contesto antropologico al cui interno l'attività linguistica si costituisce. Il linguaggio è dunque funzione dell'uso, nel senso che varia in relazione ad ogni variazione del contesto d'uso, e viene in tal modo a perdere ogni fissità.

Per questa ragione i giochi linguistici sono sempre variabili, illimitati e non inquadrabili in uno schema. Ciò implica la vacuità di qualsiasi tentativo di formulare "la" logica del linguaggio, intesa come qualcosa di fisso e di definitivo; anzi, più che di una illusione, si tratta di una superstizione, il cui superamento rappresenta il compito primario dell'attività filosofica. Questa non deve formulare teorie o fornire spiegazioni ma deve limitarsi a descrivere gli usi effettivi del linguaggio. "La filosofia non può in alcun modo intaccare l'uso effettivo del linguaggio; può, in definitiva, soltanto descriverlo. Non può nemmeno fondarlo. Lascia tutto com'è"
La filosofia non spiega e non deduce nulla, ma si limita a porre le cose davanti a noi. Dal momento che ogni cosa è "aperta alla vista", non c'è nulla da spiegare.

Bertrand Russell (1872-1970), premio Nobel per la Letteratura (1950), autore di contributi fondamentali per lo sviluppo della logica moderna, è considerato uno dei massimi filosofi e matematici del ventesimo secolo.

Parallelamente agli studi di logica matematica (incrinò le certezze della teoria degli insiemi con la sua famosa antinomia nota come "paradosso del barbiere"), coltivò il suo interesse verso le scienze dell’uomo e la filosofia. Fra l'altro fu promotore del tribunale che prese il suo nome per giudicare i crimini di guerra nel Vietnam, contribuendovi con un’impressionante mole di scritti. Tra le sue opere: La conoscenza del mondo esterno; L’analisi della mente; La saggezza dell’occidente; Elogio dell’ozio;Matrimonio e morale, L’ABC della relatività; Socialismo, Anarchismo, Sindacalismo; Perché non sono cristiano.

Di notevole arguzia, basti citare l'aforisma: « L'evoluzione che porta dall'ameba all'uomo sembra essere evidentemente un progresso per i filosofi - ma si ignora se l'ameba sia d'accordo o no con questa opinione », in gioventà coltivava la speranza che un giorno lui, o qualcun altro, avrebbe trovato una giustificazione logica al processo di induzione. Nel suo ultimo libro, La conoscenza umana, suoi obiettivi e limiti, abbandonò questa speranza, convinto che l’induzione può essere giustificata soltanto ponendo certe ipotesi circa la struttura del mondo intorno a noi. In estrema sintesi, l’induzione funziona perché il mondo è così com'è.

Agli inizi del Novecento, molti logici e matematici, perseguivano il tentativo di concretizzare il sogno di Leibniz di creare una lingua artificiale, simbolica, con cui poter esprimere qualsiasi concetto e con la quale, mediante un insieme specificato di regole di inferenza, poter affrontare qualsiasi ragionamento come se fosse un calcolo. Il logico Gottlob Frege, nei primi anni del secolo scorso, affrontò questo progetto in un'opera imponente, che si riprometteva di fondare la matematica su basi assolutamente obiettive e certe, basandola sulla logica, ma fu fermato da un giovane studente inglese, Bertrand Russell, che trovò una contraddizione nel suo sistema. Il paradosso, che porta appunto il nome di Russell, si basa proprio sulla nozione di autoriferimento e minò le basi della costruzione di Frege.

Sulla porta di un negozio di barbiere vi è scritto: "Io rado tutti gli uomini che non si radono da soli!"

Il paradosso nasce allorché ci si chiede: chi rade il barbiere? può farsi la barba da sé oppure no?

La versione più generica (e matematicamente significativa) è la seguente:

Consideriamo un insieme A, definito come l'«insieme di tutti gli insiemi che non contengono sé stessi» (come esempio di insieme che contiene sé stesso come elemento si può considerare l'insieme delle cose pensabili). Allora: tale insieme A contiene o non contiene sé stesso come suo elemento? Se si risponde che «contiene» allora tale affermazione è in contraddizione con la definizione stessa di A. Se si risponde che «non contiene», tale affermazione implica ugualmente contraddizione: infatti A, non includendo sé in sé stesso, non può essere l'insieme includente tutti gli insiemi che non contengono sé stessi.

Kurt Gödel (1906-1978), in questo caso, non siamo in presenza di un filosofo in senso stretto; tuttavia, la sua opera più importante, un teorema che porta il suo nome, ha avuto riflessi nell'epistemologia impossibili da non ricordare.

Quattro anni dopo la comunicazione (1902) di Russell a Frege, che aprì la cosiddetta "crisi dei fondamenti della matematica", nasceva Kurt Gödel, il quale porterà a compimento detta crisi pubblicando (nel 1931) quello che è noto come "teorema di incompletezza di Gödel": "All'interno di ogni sistema formale contenente la teoria dei numeri esistono proposizioni che il sistema non riesce a decidere, non riesce, cioè, a dare una dimostrazione né di esse né della loro negazione".

Questa clamorosa scoperta si manifestò subito come un dato fortemente limitativo circa le possibilità di una completa formalizzazione delle teorie matematiche. Dal risultato di Gödel vennero tratte, e a ragione, conseguenze filosofiche di tipo epistemologico sui limiti delle capacità cognitive umane, oltre che sul problema della meccanizzazione del pensiero e dei procedimenti di calcolo. Crollava così il sogno del grande matematico David Hilbert che nel 1928, in un congresso internazionale di matematica a Bologna, aveva lanciato una sfida alla comunità dei matematici: escogitare una macchina logica che potesse dimostrare tutte le verità matematiche e, nello stesso tempo, dimostrare che il ragionamento matematico è affidabile. L'autocoerenza del sistema è fondamentale: se il sistema è incoerente, allora è possibile dimostrare sia la verità sia la falsità della stessa proposizione.

Uno dei più antichi paradossi logici è quello del cretese Epimenide, il quale afferma: "tutti i cretesi sono metitori" (e non si capisce se l'affermazione è vera o falsa). Questa antinomia, nota anche come "paradosso del mentitore", insieme con quella del barbiere che rade tutti coloro che non si radono da soli (ma allora, lui si rade da solo oppure no?) si basa sulla nozione di autoriferimento. Gödel è ricordato per aver trovato un modo per esprimere queste paradossali asserzioni autoreferenziali nell'ambito dell'aritmetica. Gödel nell'immaginario culturale, rappresenta la logica come Einstein la fisica: nessun altro logico è stato tanto citato (a proposito e a sproposito, come per Einstein), nessun altro teorema è assurto a emblema di un atteggiamento filosofico. La traduzione del paradosso di Epimenide, operata da Gödel, suona così: "Questa asserzione non è dimostrabile". O, meglio, nella sua versione logico-formale: "Per ogni formalizzazione coerente dell'aritmetica, esistono verità aritmetiche che non sono dimostrabili all'interno del sistema formale".


Ecco uno dei possibili enunciati del Teorema di Gödel: Per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando esclusivamente gli assiomi dello stesso sistema formale.

La dimostrazione del teorema di Gödel è estremamente complessa e difficile; tuttavia, sebbene si affermi che Einstein sta alla fisica come Gödel alla matematica, a differenza della Teoria della Relatività che è impossibile da riassumere in una pagina, possiamo rendere il teorema di Gödel effettivamente comprensibile riconducendolo ad un esempio liguistico (ricavabile dalle tesi di Wittgenstein): dato un insieme di parole e regole grammaticali, è possibile tradurre in un'altra lingua delle frasi scritte in francese, inglese, italiano, spagnolo, ecc. Orbene, supponiamo di voler tradurre una di queste lingue in una lingua universale, comprensibile a tutti, per esempio l'esperanto.
Le traduzioni avranno la caratteristica di essere comprensibili e coerenti o non coerenti. Non tutte, però. Infatti, alcune affermazioni all'interno del determinato insieme di parole e regole utilizzato restano indecidibili. Tuttavia, migliorando la conoscenza di parole e regole, si può pensare di risolvere tutte quelle frasi che erano indecidibili all'interno del vecchio insieme di parole e regole. Ma dato che sono state aggiunte nuove parole e regole, con queste ultime si dovranno riesaminare le precedenti affermazioni, alcune delle quali potrebbero essere diventate a loro volta indecidibili. Allora si dovrà ampliare ulteriormente l'insieme del lessico a disposizione per poter decidere se le nuove affermazioni sono vere o false, e così via... come accadde con l'esperanto, che finì con l'esser babelicamente declinato in centinaia di idiomi. E ciò non deve sorpendere. Se per esempio si definisce l'italiano in base al lessico che tutti condividono, allora ci si ritrova con un italiano parziale e chiunque usi un lessico più ricco - quasi tutti - non parla l'italiano. Se si definisce l'italiano in base al lessico usato da Umberto Eco, allora chiunque usa un lessico meno ricco - quasi tutti - non parla l'italiano.

incisione di EscherGöodel, nel caso matematico, ha dimostrato che non esisterà mai un insieme di parole e regole con le quali costruire delle affermazioni che siano tutte decidibili (o vere o false) e non contradditorie. Ci saranno sempre delle affermazioni indecidibili, restando all'interno dell'insieme di regole e parole considerato. Detto sinteticamente: il procedimento di un sistema siffatto non converge e resta chiuso in sè stesso con le sue indecidibilità.
La foto a destra, riproducente una litografia di Maurits Cornelis Escher (1898-1972), dal titolo "mani che disegnano", è un esempio di autoreferenzialità.

La matematica abbonda di proposizioni generali che hanno resistito a tutti i tentativi di dimostrazione. Un noto esempio è la congettura di Goldbach: ogni numero pari maggiore di 2 è somma di due numeri primi non necessariamente distinti (numeri primi sono quelle cifre maggiori di 1 che ammettono come divisori solo sé stessi e l’unità: il 2, unico pari, seguìto dal 3, dal 5, 7, 11, 13, 17, 19...). Per esempio, 6 = 3 + 3 ; 8 = 3 + 5 ; 42 = 19 + 23; ecc.).
Non si è mai trovato un numero pari che non fosse la somma di due numeri primi, ma nessuno è riuscito a dimostrare questa congettura. Ciò detto, supponiamo che modificando gli assiomi dell'aritmetica o aggiungendone altri il teorema di Goldbach giunga ad essere dimostrato; i risultati di Gödel provano che questo non porterebbe alcun rimedio sostanziale, perché vi sarebbero sempre altre verità aritmetiche non deducibili dagli assiomi di partenza.

Il Teorema di Gödel, nega dunque la possibilità che un insieme sia contemporaneamente completo e coerente, e dato che la scienza è coerente, non può essere completa. Nella scienza non si giungerà mai a una completa conoscenza del "Tutto"... Ogni nuova scoperta, contiene in sé nuove informazioni, alcune delle quali vengono utilizzate per rispondere a vecchie domande, e altre ne produrranne di nuove. Questo processo di conoscenza non converge.

Karl Popper (1902-1994) replica allo scetticismo di Wittgenstein il quale sosteneva che le leggi delle scienze naturali non esistono affatto, poiché non sono verificabili. Accettando completamente questa visione, però, non si può neppure rendere giustizia alle più importanti affermazioni della scienza. Popper supera questa difficoltà sostenendo che le leggi della scienza sebbene non siano verificabili, sono però falsificabili, e su questo costruisce una teoria sul modo in cui possa render conto del funzionamento della scienza. Al posto di teoria della verificabilità, Popper introduce una teoria della "messa alla prova" delle affermazioni scientifiche: questo è un procedimento completamente diverso.

Popper non parla del senso o della mancanza di senso, ma vuole addirittura provare che, se le affermazioni scientifiche hanno senso, anche le affermazioni metafisiche devono necessariamente averlo. Quando si formula una legge causale, allora esiste un rapporto logico tra questa legge ed un principio causale generale, secondo il quale tutto ciò che è causale è spiegabile e si possono spiegare tutte le apparenze con l’aiuto delle leggi causali. Per questo sono possibili proposizioni metafisiche. Le proposizioni scientifiche sono caratterizzate da relazioni logiche che possono concatenare anche le proposizioni metafisiche: se le prime sono portatrici di senso, altrettanto possono esserlo anche le proposizioni metafisiche... tuttavia, queste non possono essere falsificate.

Popper è stato il primo a sviluppare, entro la logica della ricerca, una metodologia revisionistica delle scienze. Tutte le affermazioni scientifiche sono essenzialmente delle ipotesi, e tali devono rimanere. D'altra parte, queste ipotesi possono essere messe alla prova, alla luce delle osservazioni sperimentali, ed in questo modo possono essere rifiutate o accettate; tuttavia restano sempre e comunque delle ipotesi e non verità assolute, in quanto deve essere sempre possibile respingerle in un momento successivo. In questo cosiste la sua metodologia revisionistica, che in generale è stata chiamata "falsificazionismo".
Popper supera lo scetticismo di Hume delineando un'epistemologia falsificazionista che, pur accettando la critica dell'induzione, riesce a salvaguardare la razionalità e l'empirismo: se e' vero che non possiamo mai stabilire la verità delle teorie scientifiche, almeno possiamo compiere con piena certezza logica il rifiuto di quelle false.

Sia il verificazionismo che il falsificazionismo ritengono che le nostre teorie, le nostre ipotesi, debbano essere messe alla prova dei fatti. La speranza è ovviamente quella di trovarle vere, ma non è così semplice. Le verifiche, anche per leggi di natura molto semplici all’apparenza, sarebbero tantissime, e sarebbe illimitato il campione da prendere in considerazione. Al contrario basterebbe un niente per smentirle. Supponiamo che un giorno si trovino dei conigli carnivori. Se li vediamo in attività questi esemplari non sono un falso. Ad essere falsificato è l'ideale normativo che "tutti i conigli sono vegetariani". La "legge" di natura per cui "tutti i conigli sono vegetariani" è falsa ed è stato sufficiente un solo esempio contrario. Ciò presuppone che l’uomo sia alla ricerca di leggi di natura, e cioè che il suo scopo sia quello di formulare generalizzazioni del tipo "tutti i conigli sono vegetariani", che abbiamo falsificato, o del tipo "tutti gli uomini sono mortali", che abbiamo conservato.

Per Popper, qualsiasi ipotesi può essere confermata. Se, per esempio, l’astrologia afferma che le persone nate in un certo periodo dell’anno hanno determinate caratteristiche, ci saranno numerosi riscontri che confermano la sua ipotesi e che a taluni sembreranno avvalorarne la scientificità. D’altra parte un numero anche molto elevato di osservazioni non consente il passaggio da una moltitudine di enunciati particolari a una legge generale: per esempio il fatto che tutti i corci da noi finora osservati siano neri non ci permette di concludere che tutti i corvi sono neri; può darsi che il prossimo che incontriamo sia, in effetti, bianco o... rosa!

Ciò che rende "scientifica" una determinata ipotesi, e che permette di stabilire una rigorosa demarcazione tra scienza e non scienza, è la possibilità della confutazione. Quando il caso previsto sulla base di una certa teoria non si verifica questa stessa teoria risulta irrimediabilmente confutata e deve essere abbandonate. Le teorie non scientifiche, quali, per esempio, l’astrologia, non ammettono, al contrario, confutazione, poiché tutto quello che nei fatti si verifica è compatibile con i loro princìpi di fondo.

Una teoria che resiste a tentativi di confutazione sempre più severi è una buona teoria e risulta, ad ogni prova che essa supera, sempre più corroborata, anche se qualsiasi teoria scientifica, anche la migliore, sarà prima o poi definitivamente soppiantata da un’altra che meglio resiste alle confutazioni. Questo è, secondo Popper, il progresso della conoscenza scientifica, secondo un modello interpretativo che rinvia alle idee fondamentali dell’evoluzionismo darwiniano: lotta per l’esistenza e sopravvivenza del più adatto. Infatti, la scienza progredisce grazie alla selezione di teorie sempre più attendibili, di modo che si raggiunge una conoscenza dei fenomeni sempre più soddisfacente, anche se mai definitiva.

Carl Gustav Hempel(1905-1997) basandosi sul presupposto generale che nemmeno i dati più favorevoli possono fornirci la prova definitiva di un'ipotesi scientifica, affronta il problema della falsificazione discusso da Popper nel procedimento induttivo.

E' assodato che, in generale, nemmeno i dati più favorevoli possono fornirci una prova definitiva dell’ipotesi sotto controllo. Questo è il nòcciolo del problema dell’induzione. Se, per esempio, l’evidenza indica che tutti i casi di tipo A fin qui esaminati avevano la caratteristica B, questo non dimostra in via definitiva l’ipotesi che tutti gli A siano B. D’altra parte, se ci sono ampie classi d’ipotesi che non possono essere definitivamente provate da risultanze empiriche, è pur vero che esistono classi altrettanto ampie d’ipotesi scientifiche non suscettibili di refutazioni o smentite definitive, per quanto alto possa essere il numero dei dati osservativi di segno negativo.
Questo è vero per le ipotesi di forma esistenziale, come per esempio quella che ci siano corvi rosa. L’aver esaminato innumerevoli esemplari di corvi, nessuno dei quali rosa, non basta a provare definitivamente l’inesistenza di corvi rosa. E questo vale anche per l’ipotesi di particelle che viaggiano a velocità superiore a quella della luce. Queste ipotesi non sono suscettibili di confutazione. In sintesi, per ragioni puramente logiche, innumerevoli e importanti ipotesi scientifiche non possono essere dimostrate o smentite in via definitiva, ossia non sono suscettibili di verifica o confutazione a opera dei dati derivanti dal controllo sperimentale. Dire che la ricerca scientifica mira a scoprire la verità sulla base della prova sperimentale equivale dunque a definire la scienza come un’impresa volta a uno scopo logicamente impossibile da conseguire.

Secondo Hempel, c’è anche una seconda ragione per cui la concezione che la scienza consista nella ricerca della verità risulta assolutamente insostenibile. In alcuni casi, un’ipotesi può essere effettivamente provata o rifiutata in via definitiva dalla prova osservativa.

Supponiamo, per esempio, che un osservatore, dopo aver esaminato un certo uccello, stabilisca che si tratta di un corvo rosa. Ebbene, questo asserto osservativo costituisce chiaramente una prova definitiva dell’ipotesi che esista un corvo rosa, ossia che vi siano corvi rosa. Eppure, quel che una prova come questa effettivamente dimostra è solo che, ammessa la verità dell'osservazione secondo cui questo uccello è un corvo rosa, allora è vera anche la conclusione che esistono corvi rosa.
La prova stabilisce cioè la verità dell’ipotesi non categoricamente, bensì condizionalmente, vale a dire a condizione che il resoconto osservativo stesso, che funge da premessa, sia una premessa vera. Non vi è dunque alcuna prova categorica dell’esistenza di corvi rosa, ma solo la prova che, se questo uccello è un corvo rosa, allora esistono corvi rosa. In breve: la questione della verità o no della nostra ipotesi - sostiene Hempel - non è nemmeno sfiorata, anche ammesso che i risultati di controllo siano i più favorevoli. I risultati dei controlli empirici non hanno alcun peso nello stabilire la verità o no di un’ipotesi.

Occorre anche sottolineare che tutte le asserzioni che gli scienziati fanno circa i loro risultati osservativi o sperimentali sono soggette a errori d’osservazione (a volte l'accuratezza delle misure sperimentali è limitata dall'impossibilità di disporre di strumenti della necessaria sensibilità) e/o a distorsioni dovute a vari fattori di disturbo; per non parlare poi dell’eventualità, sempre possibile, che si forniscano rappresentazioni deliberatamente fuorvianti delle cose.

D’altro canto, nella scienza càpita talvolta che perfino i risultati ottenuti mediante le osservazioni o le misure più accurate vengano messi da parte quando entrano in conflitto con una teoria di vasta portata, fino a quel momento coronata dal più ampio successo. Se vi ritrovate con una teoria del genere e una manciata di fatti che contrastano con essa, i dati verranno accantonati per conservare la teoria. Com’ebbe a dire Alfred North Whitehead, le buone teorie non spuntano fuori con la stessa facilità dei mirtilli. In altri termini: anche se il requisito empiristico viene soddisfatto, con la sua pretesa che le teorie scientifiche siano controllabili e che le loro implicazioni controllabili si conformino alla prova empirica, questo non ha alcun peso sulla questione della verità delle teorie stesse. Il requisito empiristico può ben essere soddisfatto da una teoria falsa e, magari, non soddisfatto da una teoria vera.

le varie proposizioni scientifiche sono tra loro così universalmente interdipendenti che ciò che viene messo a confronto con l’esperienza non è mai una singola proposizione, ma sempre un sistema di assunzioni teoriche reciprocamente correlate. In tal modo è possibile mantenere una proposizione anche dopo un’apparente smentita, trasformando opportunamente il sistema teorico in cui è inserita.

il paradosso dei corvi: un corvo bianco è un corvo bianco e dunque, la legge è falsificata o no? Se il corvo è una mutazione sterile? Come si fa a sapere se è del tutto casuale e unica? D'altra parte, restando nella metafora, gli errori di conferma/falsificazione non sono come i corvi bianchi?
Il corvo bianco, in effetti rappresenta - in accordo con le tesi di Popper - un criterio di falsificabilità, trascurando i corvi rosa, celesti, ecc. Accanto a questi, vi sono oggetti non-neri: fuor di metafora, le infinite prove sperimentali a cui si può sottoporre una teoria.

"In generale, l'aumento di conferma realizzato da un nuovo risultato favorevole diverrà di solito più piccolo via via che cresce il numero dei risultati favorevoli precedentemente ottenuti. Se sono già disponibili centinaia di casi di conferma, l'aggiunta di un nuovo risultato favorevole aumenterà, certo, il grado di conferma, ma di poco. Dobbiamo però precisare meglio questa osservazione: se i casi precedenti sono stati ottenuti tutti da controlli dello stesso genere, mentre la nuova conferma è il risultato di un controllo di genere diverso, la conferma dell'ipotesi può essere accresciuta in modo significativo. Infatti il grado di conferma di una certa ipotesi non dipende soltanto dalla quantità di dati probatori favorevoli, ma anche dalla loro varietà: quanto maggiore sarù la varietà, tanto più forte sarà il sostegno risultante".

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copyright Marcello Guidotti, 2003
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