La
storia del banditismo ad Orune non può essere vista al di fuori della storia
del banditismo in Sardegna.
E tracciare
la storia del banditismo in Sardegna significherebbe scrivere la storia di tutta
la Sardegna, in quanto esso è stato sempre legato alla travagliata vita dei
Sardi.
Infatti si
dovrebbe ritornare indietro all'arrivo dei Cartaginesi nell'Isola, quando
Cartagine cacciò i Sardi ribelli sui monti del centro, costringendoli a
nascondersi in boschi e caverne, dai quali uscivano per operazioni difensive,
per procurarsi cibo.
Quando i
Romani presero possesso dell'isola, la popolazione sarda rispose con una tenace
e feroce resistenza.
l banditismo
rimase immutato durante tutti i lunghi e oscuri secoli medioevali.
La prova del
persistere e dell'aggravarsi del banditismo si trova nella necessità di
Eleonora d'Arborea di ampliare il vecchio Codice del padre e, di promulgare il
suo codice civile e penale la "Carta de Logu" che divenne valido per
tutta la Sardegna.
Il
persistere del banditismo durante tutto il periodo aragonese-spagnolo è
confermato dalla creazione della "barracelleria" che sostituisce la
vigilanza della polizia del periodo giudicale.
La
dominazione piemontese vide accresciute le schiere dei banditi in ogni parte
dell'isola.
Con l'editto
delle Chiudende sorsero forti malumori e disordini per le usurpazioni e gli
abusi che ne seguirono e quindi si ebbe un
forte
aumento del banditismo: era una rivolta dei contadini senza terra e dei pastori
senza greggi e senza pascoli; nel 1832 le distruzioni di muri e siepi e gli
incendi non si contarono più nella provincia di Nuoro.
Del banditismo ad Orune abbiamo ciò che la tradizione orale ci ha tramandato,
la storia dei ribelli de "Sa Matta" una storia che risale al secolo
scorso; pare però che "Sa Matta" fosse il rifugio dei banditi già ai
tempi di Eleonora d'Arborea.
I
RIBELLI DE "SA MATTA "
(tradizione orale)
Un gruppo di pastori ribelli al buon vivere detti "DISCOLOS" si ritirò
nella zona de "SA MATTA", che va dalla Consolata (Cuccusolotto) fino a
"SU POJU DE GHILISURI" a NINIANA" a "SA CONCA DE LUGULENE"
a NUNNALE fino a "SU LORISTERI".
A "Nunnale" c'era la prigione e "S'IMPICCU" .
Capi
erano Peppe Tola, Eusebio e Giovanni Serra, Antonio e Pera e Serra
(quest'ultimo, come abbiamo visto, sposò Maria Chessa, sorella del sacerdote
don Chessa).
Chi
si avvicinava a "Sa Matta" veniva preso e sottoposto ad una specie di
dibattimento in cui si decideva o di lasciarlo libero o di impiccarlo.
"Su
Majore" era Giuseppe Tola, che viveva con Salvatorangelo Soma, un bandito
che aveva ucciso Mastru Biscente e Gabriele Lucca Pera.
Un
altro "impiccu", detto "Sas Urcas Apparadas" (perché erano
sempre pronte) era collocato vicino a "Cuccuretetti" presso una fonte
dove i boia (sos buzzinos) andavano a lavarsi le mani dopo l'esecuzione della
condanna. Tale fontana è detta infatti ancora oggi "Sa Untanedda e Sos
Buzzinos" .
A
quei tempi i carabinieri non c'erano, per cui i ribelli ammazzavano le persone
che odiavano e poi si ritiravano a "Sa Matta". Quando ammazzavano
qualcheduno le donne dei ribelli e quelle
dell'ucciso si riunivano nella stessa casa ad "attitare" a "contra
rispone".
Poi
ci furono le forze dell'ordine anche per Orune "Sos barrazzellos" che
facevano "Sa Runna" cioè la ronda. Per Orune venivano da Nuoro, pare
che fossero più ladri dei ribelli.
Il banditismo fu una piaga, non solo per Orune, ma per la Sardegna tutta.