Di Marco Mastino

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Banditismo ad Orune

La storia del banditismo ad Orune non può essere vista al di fuori della storia del banditismo in Sardegna. E tracciare la storia del banditismo in Sardegna significherebbe scrivere la storia di tutta la Sardegna, in quanto esso è stato sempre legato alla travagliata vita dei Sardi. Infatti si dovrebbe ritornare indietro all'arrivo dei Cartaginesi nell'Isola, quando Cartagine cacciò i Sardi ribelli sui monti del centro, costringendoli a nascondersi in boschi e caverne, dai quali uscivano per operazioni difensive, per procurarsi cibo. Quando i Romani presero possesso dell'isola, la popolazione sarda rispose con una tenace e feroce resistenza. l banditismo rimase immutato durante tutti i lunghi e oscuri secoli medioevali. La prova del persistere e dell'aggravarsi del banditismo si trova nella necessità di Eleonora d'Arborea di ampliare il vecchio Codice del padre e, di promulgare il suo codice civile e penale la "Carta de Logu" che divenne valido per tutta la Sardegna. Il persistere del banditismo durante tutto il periodo aragonese-spagnolo è confermato dalla creazione della "barracelleria" che sostituisce la vigilanza della polizia del periodo giudicale. La dominazione piemontese vide accresciute le schiere dei banditi in ogni parte dell'isola. Con l'editto delle Chiudende sorsero forti malumori e disordini per le usurpazioni e gli abusi che ne seguirono e quindi si ebbe un forte aumento del banditismo: era una rivolta dei contadini senza terra e dei pastori senza greggi e senza pascoli; nel 1832 le distruzioni di muri e siepi e gli incendi non si contarono più nella provincia di Nuoro.
Del banditismo ad Orune abbiamo ciò che la tradizione orale ci ha tramandato, la storia dei ribelli de "Sa Matta" una storia che risale al secolo scorso; pare però che "Sa Matta" fosse il rifugio dei banditi già ai tempi di Eleonora d'Arborea.

I RIBELLI DE "SA MATTA "
(tradizione orale)
Un gruppo di pastori ribelli al buon vivere detti "DISCOLOS" si ritirò nella zona de "SA MATTA", che va dalla Consolata (Cuccusolotto) fino a "SU POJU DE GHILISURI" a NINIANA" a "SA CONCA DE LUGULENE" a NUNNALE fino a "SU LORISTERI".
A "Nunnale" c'era la prigione e "S'IMPICCU" .
Capi erano Peppe Tola, Eusebio e Giovanni Serra, Antonio e Pera e Serra (quest'ultimo, come abbiamo visto, sposò Maria Chessa, sorella del sacerdote don Chessa). Chi si avvicinava a "Sa Matta" veniva preso e sottoposto ad una specie di dibattimento in cui si decideva o di lasciarlo libero o di impiccarlo. "Su Majore" era Giuseppe Tola, che viveva con Salvatorangelo Soma, un bandito che aveva ucciso Mastru Biscente e Gabriele Lucca Pera. Un altro "impiccu", detto "Sas Urcas Apparadas" (perché erano sempre pronte) era collocato vicino a "Cuccuretetti" presso una fonte dove i boia (sos buzzinos) andavano a lavarsi le mani dopo l'esecuzione della condanna. Tale fontana è detta infatti ancora oggi "Sa Untanedda e Sos Buzzinos" . A quei tempi i carabinieri non c'erano, per cui i ribelli ammazzavano le persone che odiavano e poi si ritiravano a "Sa Matta". Quando ammazzavano qualcheduno le donne dei ribelli e quelle dell'ucciso si riunivano nella stessa casa ad "attitare" a "contra rispone". Poi ci furono le forze dell'ordine anche per Orune "Sos barrazzellos" che facevano "Sa Runna" cioè la ronda. Per Orune venivano da Nuoro, pare che fossero più ladri dei ribelli.
Il banditismo fu una piaga, non solo per Orune, ma per la Sardegna tutta.