Di Marco Mastino

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DATI STORICI RISALENTI AL 1300

Il Villaggio di Oruni, in questo periodo storico, fu compreso: 
- nella Contea del Goceano,
- del Giudicato di Lugudoro, 
- nella diocesi di Castra.
Quest'ultima venne soppressa nel 1500 ed aggregata ad Alghero. "Ma, secondo Angius, nel principio, forse, non apparteneva ne a quel regno, ne a quella diocesi, come sappiamo non ci sono appartenuti ne Bitti ne Onanì che sono nella stessa regione.
Può darsi che, nelle guerre che ci furono tra regoli, quello di Gallura abbia fatto delle permute, o dovuto placare il vinto con la concessione di qualche castello o regione, della quale faceva parte Orune". Dal "Codice Diplomatico di Sardegna" del Tola - titolo primo pag. 836 - risulta che, nella seconda metà del secolo XV, Orune era compreso tra le Comunità della Curatoria di Anela. Infatti nell'atto solenne di Pace stipulato il 24 Gennaio 1388 fra il Re Giovanni d'Aragona e la Giudichessa Eleonora d'Arborea . "La Villa di Oruni" è specificatamente menzionata fra i Comuni della predetta Curatoria di Anela che aderirono all'Atto stesso; essa era rappresentata dal Majore de Villa, il capo del villaggio e da 12 majorales, che dovevano essere i rappresentanti delle famiglie più influenti. Dopo la caduta del Marchesato di Oristano nel 1478, al quale la contea del Goceano apparteneva, il villaggio di Orune fu infeudato alla Corona e venne riscattato nel 1839. Come parrocchia, nel 1300, dipendeva dalla antica diocesi di Castra, soppressa nel 1500 ed aggregata ad Alghero, cui Orune apparteneva fino al 1779, anno in cui, reintegrata la Diocesi di Galtellì Nuoro, passò a questa sede. Ma si pensa che la Parrocchia esistesse già prima del 1300. Orune è quindi una parrocchia antica e può rimontare al 700, periodo in cui si sistemarono le parrocchie. Nei documenti vaticani delle decime, per il 1341, vengono citati vari paesi. Sempre nella diocesi di Castra risulta "Orune . Il suo Rettore Pietro Pinna consegna 3 alfonsini come decima per la Chiesa di Roma. Per il 1342, di nuovo "Orune" il nome del Rettore è deformato "Pietro Tigna" paga alfonsini... lire 11 e 14 soldi.
Nota: Il Giudicato si divideva in CURATORIE o PARTES amministrate da un curator nominato dal Giudice. Ogni Curatoria comprendeva un certo numero di VILLE (paesi) amministrate da un majore de villa che veniva nominato dal curatore. Nel 1297, tutta la Sardegna diventa feudo del Re d'Aragona. 1478, è la fine del Periodo Aragonese in Sardegna col 1479 inizia il Periodo Spagnolo - (fino al 1714), i nuovi padroni conducono l'Isola a una lenta ma progressiva decadenza in ogni campo: fu un'epoca di malgoverno.
I territori appartenevano a privati o alla Corona; Orune, dunque diventò feudo della Corona; questi feudi della Corona erano retti da funzionari delegati dal Re di Spagna. Col malgoverno spagnolo l'isola è ormai una terra poverissima distrutta nell'economia e nel morale della popolazione, quindi non dovrebbe far gola più a nessuno. Ma arriva l'Austria, un nuovo padrone, e il Sardo non reagisce: è ormai convinto che non possa esserci un padrone migliore di un altro. Nel 17T 4 La Sardegna passa all'Austria. Nel 1720L'Austria cede l'isola ai Savoia, in cambio della Sicilia e i duchi di Savoia assumono il titolo di Re di Sardegna. L'11 settembre 1720 si insedia a Cagliari il primo viceré piemontese. Questa data segna la fine di tutte le dominazioni straniere che per oltre 25 secoli le avevano arrecato molte guerre, lutti e rovine. 
Primo Re di Sardegna: Vittorio Amedeo II di Savoia (1720-1730). L'isola era "una terra in balia di briganti, senza commercio, senza industria, senza coscienza dei suoi destini". Si doveva iniziare da zero.
 
Secondo Re: Carlo Emanuele III (1730-1773). E' il Re che affidò il così detto rifiorimento della Sardegna ad un ministro, il conte Giovan Battista Bogino, la cui opera civilizzatrice fu ostacolata dai feudatari che osteggiavano la cultura come 1'unica responsabile delle rivoluzioni e un pericolo per i privilegi. Le sue riforme riguardarono: l'istruzione, la sanità, la criminalità (le cronache del tempo raccontano che l'isola era in mano ai banditi), il popolamento e 1'economia.
Terzo Re: Vittorio Amedeo III - licenziò il Bogino(1773-1796) 
Quarto Re: Carlo Emianuele IV (1796-1802) - questi sbarcò a Cagliari con l'intera famiglia reale, diventò viceré Carlo Felice.
Quinto Re: Vittorio Emanuele I (1802-1821) 
Sesto Re: Carlo Felice (1821-1831)
Settimo Re:Carlo Alberto (1831-1849)
Ottavo Re: Vittorio Emanuele II (1849-1861)
Carlo Felice diventò, prima come viceré, poi come re, l'arbitro delle cose di Sardegna. Il periodo fu definito della "Rigenerazione" della Sardegna. Sua prima intenzione fu quella di moderare lo strapotere dei feu datari. Nel campo dell'istruzione si preoccupò di diffondere nell'isola
l'istruzione elementare, si fecero giungere maestri dal Piemonte e si distribuirono gratuitamente il sillabario e il catechismo a tutti gli scolari delle elementari, mentre agli alunni delle medie venne data la la grammatica italiana. Nel campo della Amministrazione Carlo Felice studiò le innumerevoli leggi del Regno, le modificò, le adeguò ne abolì e diede vita al nuovo Codice Feliciano, pubblicato nel 1827, che sostituì, dopo oltre quattro secoli, la Carta De Logu di Eleonora d'Arborea. Riforme agro-pastorali: L'agricoltura era praticata con metodi ancora primitivi; soffriva a causa delle lunghe siccità; , i campi non erano recintati, perché i Sardi, fin dall'antichità erano abituati a un regime di comunione della terra, alla proprîetà collettiva. Il bestiame, lasciato al pascolo brado, invadeva e devastava le coltivazioni; i contadini perdevano il raccolto e in più dovevano pagare il terratico ai feudatari. I pastori invece pagavano un'altra tassa: l'erbatico Nel 1806, essendo viceré, emanò l'editto, col quale si promettevano privilegi e titoli nobiliari a chi avesse innestato gli olivi nella sua tanca o messa a dimora almeno 4000 olivi. Per incrementare l'agricoltura e conciliare l'agricoltura con la pastorizia, Carlo Felice, istituì la "Reale Società Agraria ed Economia . Gli esperti che la componevano, in prevalenza Sardi, si resero conto che, una volta, per tutte, bisognava regolare i difficili rapporti tra gli agricoltori e i pastori, e che 1'unico sistema era quello di "chiudere i campi". Recintare le terre coltivate, infatti, avrebbe ottenuto un duplice risultato: da un lato le coltivazioni sarebbero state sottratte alle invasioni e alle distruzioni operate dal bestiame; dall'altro, ottenendone la "completa" proprietà, i contadini avrebbero avuto la possibilità di coltivarle con maggiore regolarità e razionalità. Il risultato degli studi e delle proposte della Società Agraria fu l'Editto delle Chiudende, emanato nel 1820. L'Editto si proponeva di proteggere l'agricoltura, senza però danneggiare la pastorizia: chi possedeva un campo, infatti, poteva recintarlo (chiuderlo) purché tale appezzamento non costituisse un luogo di passaggio, né fosse adibito a pascolo o contenesse fonti o abbeveratoi; con la nuova legge, la proprietà privata sostituiva la proprietà collettiva. La legge in sé non era cattiva, ma , come per tutte le leggi, si riesce a trovare 1'inganno e gli speculatori ne approfittarono. Nel 1831 diventava re Carlo Alberto che, due anni prima aveva visitato la Sardegna, riportandone impressioni abbastanza negative. Con lui la situazione della Sardegna migliorò sensibilmente. Nel í 836 abolì, con un Editto Reale, il sistema feudale, che aveva costituito il maggiore ostacolo al rinnovamento dell'isola. I dati storici riportati, riguardanti la Sardegna in generale, ci aiutano a farci un'idea del nostro Paese in un periodo storico del quale non abbiamo trovato notizie, e a capire la situazione che ad Orune si venne a creare negli anni successivi, soprattutto in seguito all'Editto delle chiudende. Nel 1832 l'opposizione popolare contro la chiusura delle terre del 1820, diede luogo, nella provincia di Nuoro ad una serie di manifestazioni di violenza, duramente represse. "I proprietari che intendevano chiudere terreni soggetti a servitù dovevano farne domanda al Prefetto nella sua qualità d'intendente provinciale, e questi avrebbe provveduto a dar corso alla domanda secondo determinate modalità". Nell'elenco delle chiudende Orune si trovava in questa posizione: Chiudende 7 - 436 capi di bestiame domito - 23.000 capi di bestiame rude. Qualità dei terreni chiusi: sono di ottima qualità.  
Anche in questo Comune si notano le chiusure pregiudiziali e senza concessione.
Buoi 120 
Vacche 1686
Capre e caproni 1093
Pecore e montoni 7248 
Cavalli 50
Porci 356
Estensione terreni privati 3.000 
Comunali tuttora indivisi 3.000
In tutta la provincia le violenze, i soprusi aumentarono ogni giorno di più; si incendiavano campi, si abbattevano muri di chiusura; le repressioni erano dure.
Nel settembre 1832 il viceré trasmise un ricorso del sacerdote Antonio Luigi Monni contro il sacerdote Giovanni Chessa, che avrebbe usurpato, in località Niniana, terreni di loro proprietà - il Giudice Tola fece sospendere le chiudende anche nel caso che la costruzione avesse ottenuto una regolare concessione - nel caso che la costruzione del muro di cinta fosse già terminata, era autorizzato a farvi aprire diverse brecce, in modo che il bestiame potesse entrarvi, fino a nuove disposizioni.
Anche nel nostro paese si inaspriva il contrasto tra contadini e pastori e le condizioni economiche diventavano sempre più critiche.
I poveri restarono sempre più poveri e si sfogavano appiccando incendi, ma le tanche restarono a chi aveva saputo prendersele.