Maurizio Cucchi, A spasso per via Lincoln, incantato “villaggio” fuori tempo

 

Gironzolo in viale Premuda e arrivo al cinema Cielo, che ha un'aria triste, malandata, e che è ormai, naturalmente, a luci rosse.

Aspetto Giancarlo Majorino, un maestro della nostra poesia; mi ricordo di quando venivo a trovarlo da queste parti, in via Melloni, per mostrargli i miei primi versi.

Quando arriva, mi porge il graditissimo omaggio di un suo piccolo libro appena uscito, Cangiante, pubblicato da Scheiwiller, quattrodici poesie emozionanti e molto belle, con acquerelli di Carlo Nangeroni.

Questa è la sua zona, e mi faccio guidare. Da via Cellini arriviamo in via Lincoln, dove è un piacere visitare il sereno villaggio protetto che fu progettato oltre cent'anni fa per una elite operaia, e che comprende piccole case a due piani con il loro pacifico orto-giardino. Un altro poeta milanese, Tiziano Rossi, mi aveva invitato ad esplorarlo.

Appena entrati, fatti quattro passi di numero sull'acciotolato dove si vede spuntare l'erba, Giancarlo mi indica un volto a lui noto, una sua amica che abita proprio lì, e io l'invidio. E' Alessandra Nannei, un'economista, che ci illustra molto cordialmente questa specie di paese chiuso, in mezzo ai palazzi del quartiere. Piazzette, piccolissime vie interne, gatti dappertutto, alloro e pittosforo, serenità d'ambiente quasi fiabesca, ma anche lavori sempre in corso.

Nel villaggio "operaio" abitano soprattutto professionisti, e la vita è quella del cortile, ma non certo dei cortili dei casoni di ringhiera...

Si direbbe che domini il silenzio, "ma d'estate, con le finestre aperte, e quando la vita è più portata all'esterno -spiega Alessandra- i vicini si sentono". E chi ama il raccoglimento, persino qui può sentirsi turbato. Ma è gente incontentabile...

Le casette tipo comprendevano due locali più una cantina adibita a cucina, ma ristrutturazioni varie hanno creato anche ambienti più grandi. I prezzi, intanto, sono saliti moltissimo, tanto per cambiare. Alla notizia Giancarlo e io facciamo un sorriso di amaro-ironica rinuncia...

Una via amata, la via della giovinezza, di molti ricordi e sentimenti, per Majorino, è via Archimede. Riparata, non come il villaggio di via Lincoln, ma in fondo più normale per la città. Qui ha abitato a lungo, in due diversi appartamenti e tornare a vivere in zona immagino che gli piacerebbe. Mi mostra, nelle vie d'intorno, qualche ristorantino, e una pasticceria che non è più la stessa, luccicante ormai come una bottega d'orefice.

"Oltre viale Campania -mi dice- quand'ero ragazzo c'erano i prati. Noi temevamo le bande agguerrite di via Lomellina. Era forti e duri e noi, quando arrivavano fin qui o scappavamo o cercavamo di convincerli a parole. Impresa tremenda.

Via Archimede è stretta, senza negozi, con belle case e un'atmosfera di civilissimo decoro. Vi sia apre per esempio una stradina interna, la via privata Ozieri, dove, chissà perché, hanno lasciato il vecchio cancello di metallo sgangherato. Giancarlo se ne rallegra, lo tocca velocemente, poi sia guarda attorno, forse commosso. La sua casa era quella lì, sull'angolo.

Io che sono un insensibile, dico: "Beh... è tardi, si fa già buio, andiamo via".

Sulla 92, tornando, leggo l'inizio di una sua poesia: "scendono nell'erba sempre più case".

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SEZIONE: critica   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003

 

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