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di Carlo Luigi Abbenda Tra Leggenda e Storia Setia,
Anxur,
Privernum,
nomi fascinosi che evocano antiche città di tempi lontani, legati alla
favola ed al mito, quando ancora 1'uomo priniitivo non aveva ancora
dimestichezza con la parola scritta e con il libro: nel riflesso evidente
della leggenda e del mito si scorge la figura di Enea cosi come stata
tramandata dal poeta Virgilio («Canto l'armi e 1'uomo che per primo dalle
terre di Troia raggiunse esule l'Italia... e le sponde lavinie... e
introdurre nel Lazio i Penati, di dove la stirpe latina... »). Era
quello il territorio del Latium Vetus che Enea venne a dominare,
sottomettendo con Latino molti capi e re locali legati alle nostre città. Proprio
la vetusta Setia si gloria di essere stata l'ospitale asilo di Saturno e
di Ercole, da cui si vanta di essere stata fondata, e di aver preso il
nome etimologico da «setis», cioè dalle setole del mantello del leone
Nemeo indossato da Ercole stesso: «Setia Plena Bonis Gerit Albi Signa
Leonis» recita lo stemma cittadino.Una lapide rinvenuta nel 1657 fra le
rovine del tenipio di Ercole (sopra il quale si costruì il Seminario)
ricorda e tramanda: «Herculi fundatori S.P.Q.S». Al
tempo di Latino, re dei Latini, la città era di stirpe volsca e nel mito
setino si racconta dei favolosi intrecci d'amore e di odio che videro
protagonisti il setino Ufente e la privernate Camilla. Camilla
morì in battaglia nel 1170 a.C. sotto i colpi di Arunte, mentre Turno si
immolò in duello contro Enea, che soggiogò tutto il territorio laziale. Qualcuno
ha anche immaginato per lei una precedente ma non documentata presenza
etrusca e non mancano ipotesi su una sua origine spartana. Le
tre città sorelle e rivali accolsero il seme del cristianesimo già dalla
venuta dei primi apostoli in Italia. Anche
il nome di San Pietro appare pur indirettamente legato a Terracina:
un'altra leggenda dice, difatti, che Simon Mago, autore della disputa con
l'apostolo, non morì ad Ariccia ma a Terracina, dove si era rifugiato
presso amici. Monsignor
Palombella, vescovo di Sezze verso il 1750, in una storia della diocesi di
Sezze, era riuscito a dimostrare che lo stesso sant'Epafrodito era
stato il primo vescovo di Sezze: secondo questa affermazione Sezze e
Terracina sarebbero state veramente unite tra loro sin dalla fondazione
delle prime loro diocesi. La
prima notizia sicura di un vescovo privernate la si trova nel Liber
Pontificalis che menziona il vescovo Bonifacio, cioè colui che nel 769
aveva sottoscritto gli atti del Concilio Lateranense. Non
meno fervido fu , a Sezze, il martirio della vergine setina Parasceve, che
sotto il regno di Antonino Pio si fece immolare serenamente agli dei
pagani pur di non tradire la propria fede cristiana. Tornando
alle prime notizie storiche sui vescovadi cittadini la cattedralità di
Sezze, secondo il Ciammarucone , è storicamente datata all'anno 649,
epoca in cui si trovano intervenuti nei Concilii i vescovi setini. La
cattedrale di Priverno risulta infine consacrata nel 1183 da Lucio III. Il
tempio è stato restaurato nel 1792.Pur con tutta questa comunanza di
storia e di vita di fede cristiana le tre diocesi pontine, sin dall'inizio
del secondo millennio, spinte da rivalità e da sentimenti di odio
cittadino, trovarono purtroppo il modo di rivalegggiare tra loro per la
supremazia del proprio vescovado. Nel
1217 papa Onofrio III, con la bolla «Ortatur Nos», confermando
l'antichità e lo stato di unione tra le tre diocesi sorelle di Terracina,
Sezze e Priverno, stabilì che le stesse restassero unite in perpetuo tra
loro anche per ragioni di patrimonio di Mensa. Siccome Terracina si
vantava fieramente di essere stata la prima diocesi in terra pontina, e di
dover pet questo avere una preminenza sulle altre vicine, insorse Sezze a
rivendicare pari antichità e dignità giuridica.Più tardi infatti, nel
1702, insorse una controversia tra le due diocesi per la sede di
consacrazione degli olii santi.La popolazione setina postulò tale
cerimonia nella sua chiesa cattedrale non in forza di un privilegio
consuetudinario ma in qualità di cattedra vescovile «ab immemori
constituta».Portando la decisione alla Sacra Rota il ricorso dei Setini
fu ritenuto non probativo per un vizio formale.Insorse a questo
punto il cardinale Corradini a sanare l'errore e nello stesso tempo
scrisse il «De Ecclesia et Civitate Setina» per provare la causa della
cattedrale setina. A
sostegno del Corradini, e ad emendare alcuni errori formali della sua
opera , l'amico Domenico Giorgi scrisse la famosa «De Cathedra episcopali
Setiae civitatis in Latio» per affrontare il giudizio risolutivo del papa
Benedetto XIII . Ci vollero ben tre documenti pontifici per risolvere
l'intricata questione dei vescovadi ma alla fine di tutto lo stesso papa,
con la bolla «Super Universas» del 10 settembre 1725, riconfermè
1'unione delle due diocesi ed unì «aeque principaliter» la chiesa
privernate, di cui enumerò gli antichi vescovi. Anche
la Sacra Rota, annullando le precedenti decisioni, confermò il giudizio
del papa con proprio decreto «Coram Olivatio» del 1768 . Da quella data
le tre diocesi pontine rimasero sempre unite tra di loro con un solo
vescovo, anche se con tre curie diverse nelle tre sedi. Nel
1957, dietro richiesta del vescovo mons. Emilio Pizzoni, recentemente
scomparso, con apposito decreto concistoriale, furono riunite le tre curie
in una sola, con facoltà di nominare un solo vicario generale. Il 12
settembre 1967 un successivo decreto concistoriale rimodifica il volto
della diocesi e, sotto la guida di mons. Pintonello, alle tre diocesi
pontine fu annessa Latina ( proveniente dalla diocesi di Velletri )
per farla divenire sede centrale di una nuova diocesi chiamata Terracina,
Latina, Priverno e Sezze. Tra
i dati statistici della Diocesi, da una rivelazione abbastanza recente,
possiamo notare che il territorio diocesano insiste su 1369 kmq. ed
abbraccia ben 17 comuni (distinti in 5 foranie che raggruppano a loro
volta ben 84 parrocchie).I sacerdoti diocesani residenti sono circa 80, i
catechisti circa 800 (1 su ogni 332 abitanti).È una realtà confortante
che a tutt'oggi non esista più una frammentarietà di diocesi, ma
un'unica realtà ecclesiale, che col tempo va sempre più fondendosi e si
rende omogenea nella nuova realtà della gente pontina.Questa nuova realtà
non è nata da un improvviso colpo di spugna sulla storia, ma dal rispetto
delle persone e delle singole realtà locali che restano ancorate alle
proprie radici: ognuna con originali ricchezze spirituali , senza alcun
spirito campanilistico . << TORNA ALL'INDICE << ARTICOLO PRECEDENTE ARTICOLO SUCCESSIVO >> |
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