Indice
POLITICA REGIONALE PER LA RICERCA
Situazione, punti di forza e debolezza
Nel triennio 1999-2001 gli interventi più significativi
in materia di ricerca hanno riguardato il Parco Scientifico
e Tecnologico, alcuni programmi di ricerca e il finanziamento
di contratti di ricerca a favore di giovani laureati, con
un movimento di risorse pari complessivamente a 44 miliardi
(24 per il PST, 10 per i contratti, 10 per progetti di ricerca).
Permangono alcuni elementi di debolezza. Il primo punto critico
è rappresentato dalla contemporanea necessità
di tutelare gli investimenti effettuati negli anni passati
(centri di ricerca a partecipazione regionale, strutture del
PST) e di alleggerire lintervento regionale, a favore
di un maggior protagonismo della domanda imprenditoriale,
anche in ragione del quadro normativo generale sulla concorrenza.
Il secondo punto riguarda le procedure di finanziamento di
programmi di ricerca applicata: la mancanza di una legge regionale
obbliga lAmministrazione alla notifica di singoli provvedimenti,
per la richiesta di autorizzazione del regime daiuto,
con tempi burocratici insostenibili, rispetto alle esigenze
della domanda e ai tempi di spesa comunitari. In ogni caso,
le strutture regionali dellofferta (Università,
Centri di Ricerca e di competenza tecnologica) sono state
sensibilizzate alle nuove condizioni di partecipazione ai
programmi di spesa e si stanno attrezzando per essere più
competitive e, soprattutto, per finalizzare maggiormente i
loro programmi alle esigenze del territorio e delle imprese.
Si può positivamente rimarcare che i programmi di sviluppo
locale degli anni passati hanno fatto comunque maturare un
contesto imprenditoriale più ricettivo rispetto alle
esigenze della competizione e, quindi, più disponibile
ad effettuare investimenti anche in interventi maggiormente
a rischio, rispetto ai classici investimenti industriali.
Inoltre, le strutture di ricerca hanno raggiunto maggiori
livelli di competenza (sopratutto in alcuni settori come per
esempio le biotecnologie, la genomica, lelettronica)
e stanno consolidando partenariati industriali di notevole
interesse.
Obiettivi
Il DPEF conferma per il prossimo triennio il carattere strategico
degli interventi a favore della ricerca scientifica e dellinnovazione
tecnologica, ai fini del conseguimento degli obiettivi generali
(competitività economica, nel rispetto delle valenze
ambientali e culturali dellisola, e aumento delloccupazione
qualificata).
Gli interventi riguarderanno l'attrazione di
imprese nei settori di punta in cui esistono competenze scientifiche
sarde, la valorizzazione tecnologica delle produzioni locali,
il supporto scientifico per gli interventi di tutela e valorizzazione
del territorio, l'accompagnamento delle politiche di settore
con interventi per l'alta formazione e la prima occupazione
qualificata dei giovani ricercatori. Nellambito del
PON 2000-2006, per le regioni dellOb.1, è prevista,
inoltre, una specifica misura dedicata a promuovere e sostenere
loccupazione femminile nel settore della ricerca e sviluppo,
della tecnologia e dellinnovazione, attraverso azioni
di orientamento per le giovani universitarie, interventi di
alta formazione e il sostegno a reti di imprese e associazioni
che operano nella promozione di iniziative di contenuto altamente
tecnologico condotte da personale femminile.
I punti di forza e debolezza sopra richiamati
sono stati alla base dellindividuazione degli obiettivi
specifici e delle strategie del POR 2000-2006 che costituisce,
per gli indirizzi ma anche in gran parte per le risorse, il
riferimento del prossimo triennio.
Gli interventi previsti nella misura 3.13 sono
da considerare strettamente interrelati con quelli previsti
nel PON Ricerca Scientifica e Tecnologica e Alta Formazione
del Ministero dell Istruzione, Università e Ricerca.
Tale concertazione, così come richiamato nello scorso
Documento di Programmazione, è indispensabile non soltanto
per una massimizzazione dei risultati conseguibili, ma anche
più semplicemente per garantire una maggiore partecipazione
dei soggetti locali alle opportunità di finanziamento
presenti in sede nazionale (sottoutilizzate nello scorso periodo
di programmazione).
I dati presentati dal Ministero sulla spesa
nel primo periodo del nuovo Programma Operativo sono allarmanti
per la Sardegna: i progetti di ricerca industriale finanziati
sono appena l1% del totale dei finanziamenti e, per
quanto riguarda lFSE, le due misure considerate finanziano
il 3,1% e il 6,9% sul totale del Mezzogiorno. Il Ministero,
pur essendo impegnato, sulla base delle indicazione del CIPE,
a destinare alla Sardegna il 13% delle risorse, rimarca la
non cogenza di tale impegno, subordinandolo alla qualità
dei progetti stessi.
Laumento del numero di domande pervenute al Ministero
per la ricerca industriale negli ultimi mesi (segnalata assieme
alla presentazione dei dati sopra citati) può significare
uninversione di tendenza, ma è da seguire con
attenzione per verificare sia la traduzione delle proposte
in finanziamenti erogati, sia il carattere strutturale o congiunturale
della nuova tendenza, sia infine il comportamento degli operatori
anche rispetto ad altre tipologie dintervento finanziate
dal PON. Il Ministero, in collaborazione con la Regione, prevede
lattivazione di strumenti di riequilibrio in caso di
andamento negativo.
Gli accordi tra Ministero e Regioni dellObiettivo 1
comportano una concentrazione regionale sugli interventi di
piccola dimensione (non superiori ai 100.000 euro) e sui settori
ritenuti strategici ai fini dello sviluppo competitivo (analisi
e monitoraggio del rischio ambientale; trasporti; biologie
avanzate e sue applicazioni; produzioni agroalimentari; conservazione,
valorizzazione e fruizione dei beni culturali e ambientali;
nuove tecnologie per le attività produttive; tecnologie
dellinformazione e della comunicazione).
La Regione dovrà definire più puntualmente le
proprie strategie specifiche (a seguito di una puntuale rilevazione
del fabbisogno innovativo del territorio) attraverso lelaborazione
di un Piano regionale della ricerca e lInnovazione,
costituente il presupposto per la spendita dei fondi strutturali
a partire dal 2002.
Strumenti attivati
Sono in corso di predisposizione le Direttive riguardanti
le modalità dattuazione del Piano regionale della
Ricerca e lInnovazione e la riforma di una parte qualificante
dellofferta regionale di ricerca quella a partecipazione
diretta della Regione mentre è in corso lesame
delle proposte di legge in materia di ricerca scientifica
presso il Consiglio Regionale. Tali atti consentiranno di
definire le parti più rilevanti di quello che, nello
scorso Documento, veniva definito Piano quadro,
per il quale si confermano gli indirizzi già espressi.
È in via di costituzione il Gruppo di
interesse locale Ricerca scientifica e pari opportunità,
costituito da donne impegnate nellambito universitario,
nei centri di ricerca e imprenditrici che operano nel campo
dellinnovazione scientifica. Il Gruppo di interesse
ha il compito di diffondere le informazioni fra le ricercatrici,
accrescere la creazione di reti tra donne, creare nuove sinergie
tra Università e organismi pubblici e privati, promuovere
laccesso della componente femminile, attualmente sottorappresentata,
nei vertici decisionali, nelle commissioni di valutazione,
nella carriera scientifica delle giovani laureate.
POLITICA ED INTERVENTI NEL TURISMO
La situazione
Il sistema turistico regionale è basato
essenzialmente sul prodotto marino-balneare. Lofferta
ricettiva, alberghiera ed extralberghiera, è costituita
da 1.028 strutture. La ricettività alberghiera, con
661 strutture e 67.442 posti letto, risulta caratterizzata
da una tendenza ad addensarsi sulle aree costiere, e da una
certa modernità e qualità a livello di singola
azienda.
Il sistema alberghiero isolano rappresenta quasi
il 2% di quello nazionale, mentre il numero dei posti letto
è pari a circa il 4% dellintero patrimonio nazionale.
Negli ultimi dieci anni lofferta turistica è
cresciuta quantitativamente e qualitativamente: la graduale
ristrutturazione del sistema alberghiero ha comportato una
significativa crescita degli esercizi a 4 stelle (le cinque
strutture a 5 stelle ricadono nella provincia di Sassari)
a fronte di una flessione considerevole di quelli appartenenti
alle fasce più basse. La distribuzione percentuale
degli alberghi per categoria è la seguente: 49% 3 stelle;
21%2 stelle; 17% 3 stelle; 13% 1 stella; lofferta inoltre
si è arricchita di nuove tipologie quali agriturismo
e bed and breakfast, mostrando una certa tendenza alla specializzazione
e diversificazione anche in aree diverse da quelle costiere.
Tuttavia il quadro dellofferta nel territorio
interno dellIsola, caratterizzato da una forte dispersione
degli insediamenti e condizionato dal prevalente carattere
microimprenditoriale della gestione, risulta insufficiente
e inadeguato rispetto alla domanda.
Gli esercizi complementari sono 367 e costituiscono
lo 0,3% di quelli italiani. I posti letto nei complementari
sono circa 69.000 pari al 52% sul totale complessivo dei posti
letto regionale.
La provincia di Sassari risulta avere la concentrazione
più elevata di strutture ricettive, ed in particolare
quelle di categoria medio-alta (3,4,5 stelle), segue la provincia
di Nuoro (172), Cagliari (142) e Oristano (30).
I dati inerenti lutilizzazione delle
strutture alberghiere ed in particolare il basso indice di
utilizzazione lorda (22,8), evidenziano il sottoutilizzo delle
strutture ricettive in gran parte dellanno: lindice
netto regionale è 34,1 quello medio nazionale 39,2.
Il movimento turistico regionale, le cui presenze
rappresentano quasi il 3% di quello nazionale, per il periodo
relativo agli ultimi 6 anni mostra un andamento in continua
crescita con concentrazione dei flussi nei mesi estivi e punte
massime nei mesi di luglio-agosto. Storicamente, la distribuzione
delle presenze turistiche risulta concentrata per oltre la
metà nella provincia di Sassari, anche se negli ultimi
anni lincidenza della provincia di Cagliari è
aumentata, raggiungendo il 28,3% grazie allo sviluppo dei
centri turistici di Villasimius, Chia e Pula. Per quanto riguarda
la composizione percentuale delle presenze, è da notare
che la quota maggiore (quasi l80%) è costituita
dagli italiani, i quali rappresentano, a livello nazionale,
circa il 60% delle presenze complessive. Questi dati tuttavia
non tengono conto della ricettività sommersa, che utilizza
case private. La stima di tali presenze, in base a delle valutazioni
che tengono conto anche delle utenze ENEL nelle case dei non
residenti ubicate nei maggiori comuni costieri, è di
circa 10.000.000, di cui 6.000.000 nella provincia di Sassari.
Solo un turista su cinque in Sardegna proviene
dallestero e ciò in tendenza con quanto avviene
nelle altre regioni meridionali ad eccezione della Sicilia,
diretto competitore per il segmento balneare.
La motivazione attuale di visita è quella
del turismo balneare, fatta eccezione per la provincia di
Cagliari che si caratterizza per limportanza del turismo
daffari. La provincia di Oristano spicca per il turismo
open air.
La permanenza media giornaliera è di
circa 5,5 giorni (p.m. alberghiera in Italia 3,5, mezzogiorno
4 giorni circa), i dati disaggregati mostrano una p.m. degli
italiani nellextraricettivo superiore a quella straniera
(7,7 contro 5,2).
Da un punto di vista economico si può
dire che leffetto moltiplicatore del settore è
inferiore al quello di altre regioni italiane, a causa della
debolezza della struttura produttiva sarda nel fornire beni
e servizi intermedi allindustria dellospitalità
e della insufficiente integrazione con gli altri settori produttivi.
Il valore aggiunto del settore al 1997 è stato di 1.550
Mld, con un incidenza sul PIL regionale di circa il 3,75%.
La bilancia turistica regionale, ed in particolare
il confronto tra spesa turistica effettuata dai propri abitanti
fuori regione e spesa effettuata nella regione dai non residenti
(italiani e stranieri) mostra un saldo positivo pari, nel
1998, pari a circa 1.219 Mld.
Il sistema diportistico regionale, costituito
dal numero dei posti barca pubblici e privati, comprende circa
12.000, 14.000 se si considerano anche i porti in avanzato
stato di costruzione. Tale sistema appare al momento sovradimensionato,
come verificato da un gruppo di lavoro interassessoriale della
R.A.S., rispetto ad una domanda che si aggira attorno alle
5000-6000 unità, cui occorre aggiungere un numero di
piccoli natanti poco significativo in termini di ricaduta
economica.
Sinteticamente i punti di forza e di debolezza
del sistema turistico sardo sono i seguenti:
Punti di forza: alto appeal del turismo marino-balneare
sul mercato nazionale; presenza diffusa di risorse naturali
ed ambientali di pregio anche in aree non ancora valorizzate
come quelle interne, presenza diffusa di risorse culturali
e storiche con particolare riferimento al patrimonio archeologico;
favorevole situazione climatica.
Punti di debolezza: fattori territoriali relativi
ad infrastrutture viarie, trasporti, sistema idrico; forte
stagionalità dei flussi con scarse ricadute sui centri
urbani; insufficienti attività di animazione e per
il tempo libero; inadeguata cultura dellospitalità;
scarsa diffusione e utilizzo di tecnologie telematiche da
parte degli operatori turistici; insufficiente presenza del
sistema turistico sardo nellofferta dei grandi tour
operators e nellofferta presente su internet; insufficiente
e non coordinata di promozione sui mercati nazionali ed esteri;
Le azioni che saranno perseguite, coerentemente
con quanto stabilito dalle politiche comunitarie, pongono
la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale come
momento centrale della programmazione turistica regionale;
in tal senso risulta essenziale stabilire uno stretto rapporto
con la pianificazione di tutela paesaggistica e con la pianificazione
urbanistica che, a breve, a seguito della modifica della vigente
Legge Urbanistica regionale e del conseguente annullamento
dei PTP, potrà contare su un Piano Territoriale Urbanistico
unitario per tutta lIsola che conterrà le linee
generali per la salvaguardia dellambiente.
Centralità sarà data anche alla
integrazione con le pianificazioni pubbliche: le opportunità
offerte dal QCS e dal POR 2000-2006 consentiranno uno sviluppo
sinergico dei progetti imprenditoriali con le iniziative infrastrutturali
pubbliche, al fine di sviluppare Poli Integrati di Sviluppo
Turistico che potranno fungere da modello per lo sviluppo
di altri territori regionali. I poli dovranno costituire la
base per la realizzazione di veri e propri distretti turistici
integrati, con elementi comuni in relazione allofferta
turistica, alle tradizioni del folclore locale, allartigianato
ed ai prodotti per lagricoltura; il distretto, inoltre,
dovrà contare su una forte partecipazione dei privati
e si caratterizzerà per la stretta connessione con
il tessuto sociale ed urbano circostante. Saranno pertanto
sviluppate quelle iniziative che si colleghino pienamente
al territorio, da un lato per poter usufruire dei servizi
offerti nelle stagioni minori e dellaltro per consentire
una maggiore integrazione con leconomia ed i servizi
del territorio stesso. In tal senso si porrà particolare
attenzione alla creazione di città aperte,
strutture residenziali e turistiche realizzate con stili e
materiali costruttivi tipicamente locali dove il turista possa
effettivamente entrare in contatto con i residenti e la loro
cultura.
Lintero nuovo approccio, non solo metodologico,
per lo sviluppo del settore troverà sistematizzazione
allinterno Piano di Sviluppo Turistico.
Obiettivi specifici: Gli obiettivi che saranno
perseguiti in unottica di sostenibilità ambientale,
attraverso la valorizzazione delle risorse territoriali, culturali
e urbane, sono:
- favorire la creazione di distretti turistici attraverso
lindividuazione e la valorizzazione dei siti già
esistenti e/o dotati di potenzialità turistiche,
sia in termini di dotazione intrastrutturale che di attrattività;
- accrescere e qualificare i flussi turistici, raggiungendo
in 10 anni la soglia di 20 milioni di presenze; favorire
lallungamento della stagione turistica garantendo
la distribuzione dei flussi in un arco temporale di 10 mesi
allanno, stimolando lo sviluppo turistico delle aree
interne;
- creare nuova occupazione e dare stabilità a quella
stagionale;
- creare unAgenzia per gli investimenti che curi
il rapporto con la domanda turistica internazionale e i
loro rappresentanti (tour operators e agenti di viaggio),
la stampa, gli opinion leaders, ma anche con gli operatori
economici che vogliono investire in Sardegna, creando le
migliori condizioni per facilitare la creazione di insediamenti
produttivi che privilegino limpiego dei materiali
costruttivi e gli stili delledilizia locale;
- potenziare il sistema formativo regionale attraverso
la realizzazione di attività formative ai diversi
livelli per valorizzare le risorse umane impegnate e da
impegnare nel settore del turismo, promuovendo così
il miglioramento costante della qualità del servizio
reso dagli operatori e dagli addetti.
In questa direzione dovranno proporsi essenzialmente
due linee dintervento:
a) la promozione di progetti formativi specificatamente
mirati a creare imprenditorialità femminile nei settori
dei servizi allartigianato e dei servizi turistici;
b) la promozione di competenze nel settore turistico attraverso
la realizzazione di una filiera formativa costituita da
un diploma universitario in tecnologia e gestione di piccole
e medie organizzazioni del turismo, da una laurea in scienze
e tecniche di gestione turistica e da un diploma di specializzazione
post lauream in economia dellintegrazione fra risorse
culturali e turismo, fra risorse naturali e turismo, nelle
relazioni interculturali con specifica attenzione al turismo
quale fattore di sviluppo e alla programmazione del turismo.
Gli obiettivi operativi sono:
- per gli spazi dellospitalità: ladeguamento,
il completamento, la ristrutturazione e lammodernamento
delle strutture ricettive e la creazione di nuove strutture
a 4 e 5 stelle nelle aree costiere non ancora dotate. Tali
interventi dovranno essere rispondenti ai modelli architettonici
dellinsediamento abitativo sardo presente nella zona,
rispettose dellambiente e delle normative comunitarie,
dotate di certificazione della qualità; la creazione
di un sistema di albergo diffuso e di bed and breakfast
nei centri urbani e nelle zone non costiere, da realizzare
attraverso ladeguamento di immobili esistenti; il
sostegno degli investimenti in materia di turismo rurale;
- creazione e potenziamento delle infrastrutture specifiche
dellattività turistica. La dotazione infrastrutturale
dei servizi al turismo riveste un importanza pari a quella
della ricettività: a tal fine decisiva può
essere la sinergia che dovrà esserci tra la Regione
e gli investitori privati per la realizzazione non solo
di infrastrutture di servizio e di trasporto, idriche e
di smaltimento dei rifiuti, ma anche di campi da golf, di
itinerari culturali, di percorsi ambientali attrezzati,
di parchi marini, nonché per la realizzazione di
altre strutture complementari quali centri sportivi e per
congressi, per il management alberghiero, per la valorizzazione
e la fruizione del patrimonio nuragico, dei luoghi antichi
di spettacolo, della cultura materiale e immateriale. Per
tali infrastrutture si dovrà far ricorso anche al
project financing e agli strumenti della programmazione
negoziata. Il sistema diportistico dovrà trovare
realizzazione attraverso un piano di promozione e di commercializzazione
sui mercati nazionali ed esteri;
- creazione di un nuovo agente di promo-commercializzazione
della destinazione Sardegna e di un nuovo modello di comunicazione,
a seguito della avvenuta fase di rilevazione della domanda
turistica nazionale e internazionale. Si dovrà procedere
ora ad una fase di costituzione e implementazione del database
dellofferta; ad una fase di advertising con azioni
finalizzate alla promozione del modello di comunicazione
interattiva; alla progettazione, realizzazione e gestione
di un call center e di un sistema di comunicazione diretta
per lerogazione di informazioni aggiornate su ogni
componente dellofferta turistica e per la fidelizzazione
della domanda turistica attuale; alla realizzazione di un
canale televisivo che diffonda a livello europeo e internazionale
elementi conoscitivi del patrimonio culturale, naturale
e turistico della Sardegna;
- creazione di itinerari turistici integrati, per valorizzare
limmenso complesso culturale e ambientale dellIsola.
Gli itinerari dovranno tenere conto degli eventi legati
al patrimonio culturale dei luoghi antichi di spettacolo,
dei nuraghi, di feste e sagre locali. I programmi dovranno
essere realizzati in forma di circuiti tematici, affinché
costituiscano occasione per lacquisizione di nuovi
flussi turistici e per la loro veicolazione verso aree non
costiere della Sardegna. Inoltre, si dovranno prevedere
interventi tesi a migliorare laccessibilità,
la visibilità e laccoglienza delle aree archeologiche,
in particolare per quanto attiene alle sette Città
Regie, ai nuraghi e ai luoghi antichi di spettacolo. Si
dovrà prevedere il recupero delle aree monumentali
e la valorizzazione delle aree archeologiche, delle aree
prospicienti quelle dintervento, nonché lallestimento
di spazi anche temporanei per attività culturali
e di spettacoli.
NUOVI STRUMENTI PER LO SVILUPPO DAREA
La scommessa dei PIT (Progetti Integrati
Territoriali)
I PIT, come richiamato allinizio di questa
parte del DPEF, rappresentano una nuova scommessa per lo sviluppo
locale nellisola: occorre infatti in primo luogo rendere
efficiente un meccanismo di proposta e di partenariato dal
basso che è per sua natura inevitabilmente complesso,
ma è lunico (come tipologia) in grado di attivare
le energie locali durante lintero processo di sviluppo.
In secondo luogo, il superamento delle difficoltà procedurali
e delle carenze di managerialità e di efficacia riscontrate
nella conduzione degli strumenti della programmazione negoziata
in senso lato (ricomprendendo in tale tipologia anche i P.I.A.)
e rimarcate nella IIa parte del DPEF dovrà
accompagnarsi ad una progressiva unificazione metodologica
di tale famiglia di strumenti, suggerita dal Quadro Comunitario
di Sostegno, che del resto prevede la attuabilità di
patti territoriali, contratti darea e di programma anche
attraverso lo strumento dei PIT.
Il QCS definisce i Progetti Integrati come un
complesso di azioni intersettoriali strettamente coerenti
e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo
di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo
unitario
. Tali azioni devono, di norma, essere
connotate da una massa critica adeguata conforme
a due requisiti:
a. lintegrazione progettuale, caratteristica generale
dellattività cofinanziata dai Fondi Strutturali;
b. il forte riferimento territoriale del complesso delle azioni
programmate, inteso come contesto che attiva dal basso le
proprie potenzialità.
A tali elementi basilari si aggiungono altri
aspetti che caratterizzano un Progetto Integrato Territoriale:
- lidentificazione di una o più idee guida
di sviluppo, esplicitate e condivise attraverso unintensa
attività di partenariato;
- lindividuazione, negli Assi del POR, delle misure
di riferimento e degli obiettivi specifici che esprimano
una chiave primaria dello sviluppo nellambito territoriale
considerato;
- la conseguente identificazione della strategia di sviluppo
e delle linee dintervento composite, funzionali e
coerenti al raggiungimento degli obiettivi, che integrano
Misure diverse e richiamano la responsabilità e competenza
di più Assessorati o centri di spesa.
I Progetti Integrati Territoriali, oltre ad
inserirsi coerentemente allinterno della strategia Regionale
delle linee di intervento (territoriali, settoriali e di filiera)
e dei metodi (concertazione, collaborazione pubblico-privato)
esplicitati nel Programma Operativo Regionale, devono soddisfare
una duplice esigenza:
- assicurare un adeguato riconoscimento agli interventi
che rispondano al principio di integrazione e di concentrazione,
sia funzionale che territoriale, e siano quindi basati su
unidea guida;
- fare in modo che alla maggiore complessità di
realizzazione dellinsieme di queste azioni facciano
riscontro modalità di attuazione e gestionali unitarie,
organiche e integrate, in grado di consentire l effettivo
conseguimento degli obiettivi nei tempi prefissati.
Per raggiungere gli obiettivi fissati, nel
rispetto dei principi della concentrazione delle risorse,
dellintegrazione, della sussidiarietà, del decentramento,
della concertazione e partenariato, delle pari opportunità,
la R.A.S. ha previsto che una quota significativa di risorse
finanziarie disponibili con il POR, non inferiore al 40% del
totale, venga riservata ad interventi attuati con approccio
integrato territoriale;
Va peraltro rimarcato il fatto che i PIT si
configurano come una modalità attuativa del P.O.R.,
e che linserimento di un territorio entro un PIT non
implica di per sé una maggiore attribuzione di risorse
al territorio interessato.
In altri termini, i PIT non sono e non devono
rappresentare per i territori un passaggio obbligato per ottenere
una particolare concentrazione di risorse, ma costituiscono
piuttosto una modalità attuativa del POR che diviene
opportuna in presenza di forti partenariati locali, i quali
vogliano farsi portatori di una progettualità matura
e complessa che, pertanto, richiede particolari forme di integrazione
e conduzione manageriale di progetti pubblico-privati.
Tutti gli Assi del POR Sardegna sono potenzialmente interessati
dai PIT.
Nellattuare tale integrazione si terrà
conto del ruolo delle Province nei processi di programmazione,
sancito dal Testo Unico delle leggi sullordinamento
degli enti locali (art. 20 D.Lgs. n.267/2000) ove è
detto che La Provincia raccoglie e coordina le proposte
avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica,
territoriale ed ambientale della regione; concorre alla formazione
del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi
e piani regionali....
I soggetti che intendono proporre progetti integrati
dovranno inoltre tenere conto di iniziative analoghe già
attivate sul territorio (patti territoriali, contratti darea,
contratti di programma, Leader, Prusst, PIA, ecc.). I PIT
vengono realizzati allinterno di specifiche aree territoriali,
per sostenerne la crescita in funzione delle reali specificità
e vocazioni territoriali, integrando le iniziative in corso
e promuovendone di nuove in funzione dei maggiori bisogni
e/o opportunità.
In tale ottica, la Regione svolgerà
un ruolo di regia per consentire a tutte le iniziative identificate
di conseguire gli obiettivi indicati dal POR Sardegna nei
tempi programmati.
Le Province, in stretto raccordo con le parti
economiche e sociali, raccoglieranno le proposte di PIT provenienti
dalle aggregazioni fra i Comuni e, prima di inviarle alla
Regione, verificheranno la coerenza delle stesse con la zonizzazione
tematica di cui al paragrafo successivo.
Dallanalisi SWOT svolta per la valutazione
ex-ante del POR emerge che le proposte di PIT debbono interessare
principalmente le seguenti aree:
- aggregazioni territoriali costituite da comunità
locali con forti identità culturali ed ambientali,
omogenee dal punto di vista delle risorse naturali e culturali
(aree ad elevata valenza ambientale, centri storici di rilevante
valore, aree archeologiche, ecc.);
- aree subregionali particolarmente vocate per le attività
agroindustriali, dove è presente una qualche specializzazione
produttiva e si sta consolidando un piccolo tessuto di imprese
specializzate;
- aree particolarmente vocate per le attività turistiche,
coincidenti sia con sistemi maturi da sviluppare, sia con
potenziali nuovi sistemi con grandi potenzialità
di sviluppo;
- i sistemi locali esistenti che interagiscono con le filiere
della produzione del marmo, del sughero, delle pietre ornamentali,
ed i sistemi potenziali che possono implicare la creazione
di nuove filiere produttive a basso impatto ambientale (meccanica
fine, elettronica, telematica).
La Regione prevede di attivare, per il finanziamento
dei PIT, dei bandi annuali sino al 2004 al fine di consentire
un progressivo dispiegarsi della progettualità dei
territori.
Considerando lobiettivo di destinare ai
PIT almeno il 40 % delle risorse del POR, e la necessità
di prevedere una fase sperimentale, al primo bando è
destinato il 10% delle risorse. La selezione dei Progetti
Integrati territoriali si articola in due fasi: 1- ammissibilità;
2- istruttoria, valutazione e selezione dei PIT prioritari.
La metodologia di selezione adottata per i PIT
prevede la valutazione dei seguenti elementi, a loro volta
suddivisi in più componenti:
a. Qualità, coerenza ed efficacia
della programmazione
b. Sostenibilità tecnico-progettuale
c. Sostenibilità ambientale
d. Sostenibilità finanziaria
e. Sostenibilità economica, sociale ed istituzionale
f. Sostenibilità amministrativa e di gestione
Il nuovo programma di interesse comunitario
Leader +
Il nuovo P.I.C. Leader + prosegue la positiva
esperienza di Leader I e Leader II.
Gli obiettivi della nuova edizione di Leader, in Sardegna,
sono i seguenti:
- valorizzazione del patrimonio naturale e culturale;
- potenziamento dellambiente economico, al fine di
contribuire a creare posti di lavoro;
- miglioramento della capacità organizzativa delle
rispettive comunità locali.
Allinterno del Programma Leader+ Sardegna
i territori ammessi a presentare la propria candidatura al
Programma sono stati individuati in base alla rispondenza
ai seguenti parametri stabiliti dalla Giunta Regionale con
Deliberazione n°38/10 del 19 settembre 2000 (approvazione
delle Linee Guida per la predisposizione del Programma Leader+
Sardegna):
- Indice di spopolamento (fonte Istat 1988-1998): sono
stati presi in considerazione tutti i Comuni che nel periodo
considerato hanno subito un decremento della popolazione
residente;
- Popolazione attiva in agricoltura (Istat 1991): sono stati
presi in considerazione tutti i Comuni con una popolazione
attiva in agricoltura superiore alla media regionale;- Indice
di disoccupazione (Istat 1991): sono stati presi in considerazione
tutti i Comuni con il tasso di disoccupazione superiore
alla media regionale;
- Indice di vecchiaia (Istat 1999): sono stati presi in
considerazione tutti i Comuni con l indice di vecchiaia
superiore alla media regionale;
- Densità di popolazione (Istat 1999): sono stati
presi in considerazione tutti i comuni con densità
di popolazione inferiore a 100 ab./Kmq.
LArea di applicazione del Programma Leader+
è il risultato dei territori dei Comuni che soddisfano
almeno quattro indicatori sui cinque considerati per un totale
di 233 Comuni (62% del totale). Sono stati esclusi dallapplicazione
del Leader+ i territori ricadenti in Comuni con popolazione
superiore ai 30.000.
In sede di approvazione dei Piani di Sviluppo
Locale si potrà prendere in considerazione lopportunità
di estendere larea di applicazione a territori limitrofi,
che possono trovare adeguate giustificazioni in relazione
alle affinità socio-culturali con le aree eligibili.
Le possibile estensioni verranno valutate nel limite massimo
del 25% delle singole aree individuate nei PSL e proposte
dai Gruppi di Azione Locale, fermo restando il limite dei
100.000 abitanti che dovrà costituire ogni singola
area Leader+. Per quanto tale ipotesi resti ancora vincolata
allesito della negoziazione in corso tra la Regione
e lUnione Europea, dalle osservazioni ad oggi pervenute
non emergono veti in proposito.
La riduzione dei territori ammessi a presentare
candidature rispetto al precedente periodo di programmazione
è dovuta al taglio delle risorse comunitarie destinate
allItalia nel suo complesso, e di conseguenza alla Sardegna.
Infatti, il cofinanziamento comunitario è passato dai
circa 70 miliardi di lire del periodo di programmazione 1994-1999
a poco più di 50 miliardi di lire per il periodo 2000-2006.
Con lipotesi di cofinanziamento al 50%, per il P.I.C.
Leader+ Sardegna saranno disponibili circa 100 miliardi di
risorse pubbliche (50% fondo comunitario FEOGA, 30% risorse
statali, 20% risorse regionali).
Nella Comunicazione 2000/C 139/05 recante gli
orientamenti su Leader+, inoltre, la Commissione Europea richiama
la
frammentazione di risorse finanziarie tra
un numero elevatissimo di Gruppi di Azione Locale risultante
in interventi poco efficaci verificatasi nellattuazione
di Leader II, e dispone che
al fine di concentrare
le risorse comunitarie sulle proposte più promettenti
ed ottenere il massimo effetto moltiplicatore, beneficierà
del contributo comunitario
soltanto un numero ristretto
di territori, in applicazione del principio di concentrazione
in base al quale le risorse devono essere convogliate su un
obiettivo comune al fine di ottenere il massimo risultato
e di evitare interventi a pioggia con scarse ricadute sul
territorio.
Il Centro Regionale di Programmazione, nella
stesura del Programma, si è attenuto ai principi enunciati
dalla Commissione Europea e alle disposizioni date dalla Giunta
regionale per lindividuazione dei territori, circoscrivendo
larea di applicazione di Leader+ ai territori in ritardo
di sviluppo e, in maniera limitata, alle aree a prevalente
sviluppo agricolo.
Beneficiari di Leader+ sono i Gruppi di Azione
Locale (GAL) in grado di rappresentare il territorio dal punto
di vista istituzionale, economico e sociale. Essi devono costituire
una struttura in grado di definire ed attuare la strategia
di sviluppo per il territorio in questione e redigere un Piano
di Sviluppo Locale (PSL). Devono inoltre dimostrare di essere
in grado di gestire sovvenzioni pubbliche. Nella proposta
di programma si prevede un numero massimo di 8 GAL.
Leader+ Sardegna è strutturato nei seguenti
tre Assi:
- ASSE I: Strategie di sviluppo rurale;
- ASSE II: Cooperazione tra territori rurali;
- ASSE III: Gestione, Assistenza tecnica, Valutazione
e Monitoraggio.
LAsse I è articolato nelle seguenti
Misure:
Misura 1.1. - Miglioramento e valorizzazione
del sistema produttivo locale.
Linee di intervento: è previsto il finanziamento
di progetti, investimenti materiali ed immateriali riguardanti:
- introduzione di prodotti/servizi e processi innovativi
con particolare riferimento allutilizzo di materie
prime di origine locale;
- progetti volti allindividuazione di nuovi mercati
e distributivi, tra cui lintegrazione dellofferta
dei prodotti locali con quella turistica ricreativa;
- limplementazione e diversificazione produttiva
di aziende agricole anche in forma associata;
- lindividuazione di elementi e parametri di qualità
e loro introduzione nelle strutture produttive e di servizio
locali mediante la creazione e la certificazione di qualità
ambientale di nuovi prodotti DOP, IGP;
- la creazione di laboratori per lo studio, la conservazione
ed il trasferimento di tecniche di produzioni tradizionali
di qualità; § laumento della qualità
dei prodotti locali attraverso lintroduzione di sistemi
di certificazione di processo e di prodotto,
- lintroduzione di nuove tecnologie di trasformazione
dirette a migliorare la qualità finale dei prodotti
e lambiente di lavoro;
- lassociazionismo tra micro imprese per favorire
e agevolare la gestione di sinergie commerciali;
- la formazione e riqualificazione di personale con preparazione
specifica in relazione alle azioni comprese in questa misura.
Misura 1.2. Miglioramento della qualità
della vita
Linee di intervento: sarà possibile finanziare
investimenti immateriali e materiali volti a:
- individuare i fabbisogni in servizi delle popolazioni;
- fornire servizi anche innovativi alla popolazione; §
favorire manifestazioni di aggregazione della popolazione;
- promuovere il coinvolgimento della popolazione sulle
problematiche del territorio
- sostenere le madri lavoratrici (creazione di ludoteche,
servizi di baby parking individuali);
- formare operatori di servizi sociali che operino con
anziani, giovani, bambini.
Misura 1.3. Valorizzazione delle risorse
naturali e culturali
Linee di intervento: sarà possibile finanziare
investimenti immateriali e materiali riguardanti:
- creazione di itinerari a carattere tematico (ambientale,
religioso, culturale, enogastronomico) anche attraverso
il recupero e il ripristino di testimonianze della cultura
locale e nel rispetto dellambiente;
- allestimento di centri di educazione ambientale, che possano
fungere anche come punti di accoglienza e informazioni al
turista; gli interventi ricadranno in ambiti strategici
ai fini dello sviluppo dei territori dei GAL, attraverso
il recupero e lutilizzo di edilizia pubblica;
- potenziamento dei servizi legati alla fruizione dei beni
culturali con particolare riguardo a quelli collaterali
alla visita (caffetteria, ristorante);
- azioni di recupero delle conoscenze e delle tradizioni;
- azioni per la trasmissione di competenze nelle arti e
nei mestieri identificanti le culture locali di riferimento;
- azioni rivolte prioritariamente alla donna per la promozione
e diffusione della cultura dellaccoglienza in ambiti
rurali. Sarà data priorità alle azioni di
promozione nel bed and breakfast, agriturismo);
- azioni per la promozione, la creazione e la messa in rete
di circuiti di B&B finalizzati alla commercializzazione
del prodotto.
Misura 1.4. Rafforzamento della competitività
sociale, territoriale e di sviluppo delle reti relazionali
nellambito dei Piani di Sviluppo Locale
Linee di intervento: saranno finanziati investimenti
materiali e immateriali attraverso progetti per:
- la promozione di azioni tendenti a valorizzare il patrimonio
locale delle conoscenze;
- la sensibilizzazione delle popolazioni;
- il trasferimento di conoscenze alla popolazione e agli
attori di sviluppo locale;
- promuovere lo scambio tra le culture e le popolazioni
locali come fattore di solidarietà e coesione sociale.
LAsse II mira a promuovere la cooperazione
allinterno dello stesso Stato membro (cooperazione interterritoriale),
o tra territori appartenenti a più Stati membri (cooperazione
transnazionale), ed è articolato nelle seguenti Misure:
Misura 2.1.: Sostegno alla cooperazione interterritoriale
regionale e nazionale
Linee di intervento:
- valorizzazione comune del patrimonio naturalistico e storico-culturale;
- creazione di nuovi sbocchi commerciali per produzioni
locali tipiche e di qualità mediante azioni promozionali
comuni;
- realizzazione di prodotti o servizi comuni;
- utilizzazione di nuove tecnologie per lorganizzazione
dei servizi.
Misura 2.2.: Sostegno alla cooperazione transnazionale
Linee di intervento:
- valorizzazione comune del patrimonio naturalistico e storico-culturale;
- creazione di nuovi sbocchi commerciali per produzioni
locali tipiche e di qualità mediante azioni promozionali
comuni;
- realizzazione di prodotti o servizi comuni;
- utilizzazione di nuove tecnologie per lorganizzazione
dei servizi.
LAsse III comprende la seguente Misura:
Misura 3.1. Assistenza tecnica,Valutazione
e monitoraggio
Linee di intervento:
assistenza tecnica mirata ad analisi e tematiche
specifiche funzionali ad una efficace attuazione sia a livello
di Autorità di gestione che di GAL, ivi compresi il
superamento delle problematiche riguardanti aspetti istituzionali,
giuridici e finanziari;
- supporto allattività del Comitato di sorveglianza
garantendone un livello adeguato di coordinamento;
- supporto alla progettazione e realizzazione del Piano
di Comunicazione;
- realizzazione della valutazione intermedia;
- definizione di modalità di analisi dei processi
organizzativi e modellizzazione del procedo di monitoraggio;
- sviluppo di adeguate capacità professionali delle
strutture impegnate nella programmazione, gestione, sorveglianza
e controllo del Programma.
Il nuovo programma di interesse comunitario
INTERREG III
La Commissione ha approvato il P.I.C. Interreg
III il il 28.4.2000. Obiettivo dellIniziativa Interreg
III rimane, come in passato, quello di evitare che i confini
nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e lintegrazione
del territorio europeo. I confini, infatti, rappresentano
una barriera economica, sociale e culturale ed impediscono
di gestire coerentemente gli ecosistemi; inoltre, le zone
frontaliere vengono spesso trascurate dalle politiche nazionali
e di conseguenza le loro economie hanno tendenza a diventare
periferiche nellambito dello Stato di cui fanno parte.
La fase di programmazione 2000-2006 del P.I.C. si articola
su tre sezioni: A - Cooperazione Transfrontaliera;B - Cooperazione
Transnazionale; C - Cooperazione Interregionale.
La Regione Sardegna per il periodo di programmazione
2000-2006 è interessata dai seguenti programmi:
- Sezione A - Cooperazione transfrontaliera
Italia - Francia Isole, insieme alla Corsica e
alla Toscana. Il programma prevede interventi congiunti in
campo infrastrutturale, ambientale e degli scambi economici
e socio-culturali; la Regione Sardegna è Autorità
di gestione e pagamento dellintero programma, mentre
la gestione operativa è stata delegata alle province
(Provincia di Sassari per la Sardegna, Provincia di Livorno
per la Toscana) in applicazione del principio di sussidiarietà.
Per la Corsica, la gestione operativa sarà affidata
alla Collectivitè Territoriale de Corse, e non più
allo Stato, come nella precedente programmazione.
- Sezione B - Cooperazione transnazionale
MED.OCC., insieme ad altre regioni italiane (Piemonte, Lombardia,
Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria,
Sicilia, Valle dAosta, Emilia-Romagna), spagnole (Andalucia,
Murcia, C. Valenciana, Cataluña, Baleares, Aragon,
Ceuta, Melilla), francesi (Languedoc-Roussillon, PACA, Rhône-
Alpes, Corse), portoghesi (Algarve) e del Regno Unito (Gibraltar).
Il programma MED.OCC. è gestito direttamente dal Ministero
dei Lavori Pubblici.
- Sezione C - Cooperazione interregionale;
solo di recente (GUCE C141 del 15.5.2001) è stata pubblicata
la Comunicazione della Commissione C(2001) 1188 del 7.5.2001
che illustra i contenuti e le modalità di attuazione
di questa sezione.
La strategia adottata per il Programma Italia
- Francia Isole Sardegna Corsica
Toscana si propone di dare una risposta a questioni strutturali
come la disoccupazione, linstabilità sociale,
il ritardo in materia di pari opportunità e la tutela
dellambiente, delle identità e del paesaggio
in termini di valore aggiunto e di specificità della
cooperazione transfrontaliera. Per il programma MED.OCC.,
invece, la sfida trasversale è quella di contribuire
alla diffusione e allo sviluppo di poli di crescita mediterranei;
tutti i progetti finanziati avranno lobiettivo comune
di favorire la costruzione di una zona meridionale di integrazione
economica di importanza mondiale, in conformità con
la prima opzione politica dello Schema di Sviluppo dello Spazio
Comunitario.
Per entrambi i programmi le isole del mediterraneo
dispongono di strutture geografiche vicine e di legami storici
consolidati, e, di contro, soffrono di handicap strutturali
forti, primo fra tutti uninsufficiente accessibilità.
Partendo da questo assunto, entrambi i programmi prevedono
una strategia congiunta di gestione, pianificazione e sviluppo
del territorio nei settori dellambiente, del turismo
e degli scambi economici, con un interesse particolare al
problema dellaccessibilità e delle interconnessioni.
Secondo il disegno delineato dalla Comunicazione
e concretizzato nei programmi, la salvaguardia e la valorizzazione
del patrimonio naturale e culturale passano attraverso soluzione
transfrontaliere o transnazionali a problemi condivisi come
lapproccio comune alle questioni ambientali, il trasferimento
di know-how e la creazione di economie di scala rispetto a
problemi specifici delle singole aree; in particolare, nel
programma Italia - Francia Isole Sardegna
Corsica - Toscana la promozione turistica congiunta delle
tre regioni riveste un ruolo chiave, in quanto permette di
realizzare uno sviluppo armonico fondato su fattori endogeni
con effetti locali sulla disoccupazione e sulla capacità
di innovazione; gli interventi sul sistema delle competenze,
sui trasferimenti di knowhow e sui problemi posti dalle differenze
legislative e organizzative sono invece finalizzati alla rottura
dellisolamento e alla creazione di economie di scala
culturali.
Complementarietà fra Interreg III
e Leader+
Entrambe le iniziative Leader e Interreg sono
fortemente incentrate sulla cooperazione, Interreg per vocazione,
Leader come corollario della strategia di sviluppo indicata
dal programma, per condividere le buone pratiche e i risultati
conseguiti con il metodo innovativo Leader tra i altri territori
rurali.
Il programma Interreg, in particolare, mira
ad incentivare la cooperazione transeuropea nellottica
di una sempre maggiore integrazione tra paesi, avendo come
obiettivo ultimo lallargamento e il progressivo superamento
delle frontiere nazionali, mentre in Leader lattenzione
della cooperazione è incentrata sulla logica innovativa
del programma per il superamento dei problemi strutturali
delle zone rurali.
Sia il programma Interreg IIIA che il programma
MED.OCC. prevedono, seppure una scala territoriale differente,
interventi infrastrutturali nel campo delle reti e dei servizi
per superare lisolamento e migliorare laccessibilità
(porti, aeroporti, rete viaria); Leader+ Sardegna non prevede
interventi infrastrutturali di questa portata, ma le azioni
in esso finanziate potranno essere favorevolmente influenzate
dalla diminuzione dei tempi di percorrenza, soprattutto nel
nord dellIsola.
Interreg IIIA, inoltre, include nellAsse
II una collaborazione strutturata con la Corsica e la Toscana
per elaborare una strategia congiunta nel settore antincendio,
e nel programma MED OCC verranno finanziati studi e azioni
congiunte che contribuiranno direttamente, unitamente agli
interventi finanziati nel POR, alla risoluzione dei problemi
di difesa del suolo. Il programma Leader+ Sardegna non prevede
interventi diretti in questo campo, ma avendo tra i suoi obiettivi
globali il potenziamento dellambiente economico rurale
e il rafforzamento del senso di appartenenza al territorio,
si pone come fortemente complementare rispetto agli interventi
finanziati da Interreg e dal POR, contribuendo a creare, nelle
zone rurali, tutte le condizioni immateriali che
legano la popolazione locale al territorio e che costituiscono
il primo irrinunciabile presidio contro i rischi ambientali.
Programmi Integrati di Sviluppo Territoriale
(Pist) delle Isole Minori della Sardegna
Nellaprile del 1999 lAncim (Associazione
Nazionale Isole Comuni) si è dotata di un Piano unitario
di sviluppo locale delle isole italiane denominato DUPIM,
che punta su un modello di crescita fondato su un turismo
culturale e naturalistico capace di rilanciare agricoltura,
pesca, artigianato ed i prodotti della trasformazione della
pesca e dellagricoltura.
Sulla base del Dupim, sempre nel 1999, è
stato sottoscritto un Accordo di Programma Sviluppo
locale delle Isole minori, che fa parte del generale
Accordo quadro di sviluppo locale delle Intese istituzionali
di programma, e che ha coinvolto innanzitutto le sei regioni
interessate che hanno isole (Toscana, Lazio, Campania, Puglia,
Sardegna e Sicilia). Tale Accordo Quadro è stato sottoposto
allesame della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome il 2 dicembre
dello stesso anno.
Le Regioni firmatarie dellAccordo di Programma
Quadro, per la loro parte di competenza, si sono impegnate
alla realizzazione del Programma con risorse proprie e attraverso
linserimento dei progetti allinterno dei documenti
di programmazione comunitaria 2000-2006 e degli strumenti
di programmazione negoziata. Il CIPE, in data 15 febbraio
2000, nel ripartire le risorse destinate a favorire le attività
produttive, ha assegnato 100 miliardi per le iniziative a
favore delle Isole minori, di cui 75 alle isole minori delle
Regioni Meridionali.
Il Comitato Nazionale di Coordinamento per lattuazione
e la verifica dellAccordo di Programma Quadro, previsto
dallart.5 dellAccordo stesso, di cui fanno parte
i rappresentanti di tutte le parti firmatarie dellAccordo
medesimo, ha approvato la proposta di riparto concordata tra
le regioni interessate che ha visto la Sardegna assegnataria
di lire 25,5 miliardi a fronte di un monte risorse di lire
75 miliardi.
La stessa Giunta Regionale in data 19.12.2000,
con delibera n.53/1, ha preso atto delle decisioni stabilite
dalla delibera CIPE. E stato predisposto il PIST regionale
comprendente lArcipelago di La Maddalena e larcipelago
del Sulcis con le isole di Carloforte, Calasetta e SantAntioco
che ha avuto lapprovazione da parte del CIPE nel maggio
2001. Le risorse a disposizione della Sardegna sono per ora
25,5 miliardi di lire, come fondi CIPE; la Regione, in sede
di Accordo di Programma, ha preso limpegno a recepirlo
allinterno della propria programmazione ed a cofinanziarlo
con gli strumenti di programmazione negoziata. La ripartizione
delle risorse è legata al criterio stabilito in sede
di coordinamento ANCIM: 70% alle incentivazioni delle attività
produttive e 30% alle infrastrutture, ove questo non fosse
possibile la priorità verrà data a progetti
di investimento pubblico.
Le erogazioni da parte del CIPE sono per tranches:
la prima del 20% (già maturata e pronta da essere trasferita
alla Regione) con lapprovazione del PIST da parte del
CIPE; le altre per stati di avanzamento.
Oltre alle risorse destinate dal CIPE la L.488/92
ha assegnato 100 miliardi di lire da destinare ad una o più
graduatorie speciali 488 dedicate alle iniziative
da realizzare nei territori dei Comuni delle Isole minori,
nellambito dei settori industria e servizi, energia,
turismo e commercio. Si pone lesigenza di istituire
una nuova Unità Previsionale di Base (UPB) per lesercizio
finanziario 2002 per il PIST Isole Minori dove far convogliare
sia i fondi CIPE che i fondi provenienti dalla L.488/92 da
trasferire poi direttamente ai Comuni per lattuazione
del programma.
IL SOSTEGNO AL BENESSERE SOCIALE
Politica sanitaria
La situazione regionale in termini di offerta
di servizi sanitari conferma lesigenza prioritaria di
una politica sanitaria regionale che garantisca uguali opportunità
di accesso ai servizi sanitari. La Regione assume come obiettivi
primari la qualificazione dellAssistenza Sanitaria,
lutilizzo razionale delle risorse e il miglioramento
dei servizi, lappropriatezza delle prescrizioni e del
consumo dei farmaci, ligiene della produzione e della
commercializzazione degli alimenti, lacquisizione di
beni e servizi più rispondente alle reali esigenze
della collettività.
Il perseguimento di tali obiettivi è
affidato prioritariamente ad una profonda riorganizzazione
dellassetto del Servizio Sanitario Regionale, alla promozione
di un sistema sanitario che si fonda su una rete diffusa e
coordinata di servizi, alla configurazione dei Distretti come
struttura di riferimento e aggregazione del complesso degli
interventi rivolti al benessere della popolazione.
Riguardo alla rete ospedaliera, lo spostamento
di attenzione, previsto dalla programmazione nazionale e regionale,
dal livello dellassistenza ospedaliera a quello dellassistenza
territoriale si inserisce nellottica, da un lato, di
utilizzo razionale ed appropriato delle risorse umane e finanziarie,
dallaltro, di umanizzazione delle prestazioni, evitando
o limitando il ricorso allistituzionalizzazione, sia
per le problematiche di tipo sanitario che per quelle di tipo
sociale. Dallanalisi dei flussi SDO (Scheda di Dimissione
Ospedaliera) si rileva un tasso di ospedalizzazione regionale
del 171,4, superiore allindice prefissato dalla
normativa nazionale (160), che, rapportato al dato concernente
la degenza media, inferiore a quello nazionale (6,5 giorni
contro 8,9), potrebbe confermare luso, talvolta, inappropriato
dei ricoveri ospedalieri.
I tassi di ospedalizzazione evidenziano, inoltre,
notevoli differenze tra le varie ASL (si va dal 228
registrato nella ASL n.4 al 151,1 della ASL n.6) e risultano
elevati gli indici di mobilità intraregionale (28,3%
in media per anno).
Considerata la marcata disomogeneità
tra le ASL della Regione per numero di abitanti e densità
di popolazione, estensione, conformazione e viabilità
del territorio, caratteristiche del sistema produttivo, si
verifica, effettivamente, unofferta sanitaria diversa
per intensità e tipologia da ASL ad ASL: si tratta
di attivare, utilizzando altri e più specifici indicatori,
un sistema di verifica che accerti se la mobilità esterna
sia espressione della legittima libertà di scelta
dellutente oppure sia la spia di una situazione di carenza
quali-quantitativa dei servizi offerti.
Su tali problematiche, e su altre di fondamentale
importanza, quali il funzionamento delle RSA (Residenze Sanitarie
Assistenziali) e lattività dellADI (Assistenza
Domiciliare Integrata),che concorrono al raggiungimento degli
obiettivi di salute in modo integrato, privilegiando la continuità
assistenziale tra ospedale e territorio, lAssessorato
Regionale dellIgiene, Sanità e dellAssistenza
Sociale ha fornito alle ASL della Sardegna, attraverso gli
atti programmatori che gli competono, le linee di indirizzo
per la razionalizzazione e la corretta riorganizzazione dei
Servizi.
La Regione intende procedere ad una organica
attuazione delle linee di indirizzo sui volumi di attività
e la determinazione dei tetti di spesa, finalizzando la razionalizzazione
dellofferta:
- ad evitare leccessivo e superfluo affollamento
nei grandi ospedali, impegnando le risorse in essi presenti
per la cura di patologie che richiedono un alto livello scientifico
e tecnologico e consentendo lutilizzo organico delle
risorse presenti negli ospedali minori e decentrati per il
trattamento di forme morbose che richiedono un impegno standardizzato
di interventi ed un ridotto utilizzo di tecnologie;
- a potenziare lassistenza sanitaria di base e specialistica,
anche in funzione della riduzione dei tassi di ospedalizzazione;
- ad avviare servizi alternativi al ricovero ospedaliero,
con particolare riferimento allADI che le Linee
di indirizzo implementano ed in parte ridefiniscono,
allo scopo di mantenere le persone non autosufficienti o affette
da patologie che non necessitano di ricovero ospedaliero nel
proprio domicilio, coinvolgendo e supportando adeguatamente
i familiari, umanizzando lassistenza, sviluppando la
collaborazione e lintegrazione tra territorio ed ospedale.
Riguardo alle RSA (che forniscono assistenza
oltre che ai disabili permanenti anche a pazienti in ricovero
temporaneo e/o da inserire successivamente in ADI o,ancora,
a pazienti già assistiti a domicilio ma da ricoverare
temporaneamente per consentire una sorta di recupero alla
famiglia respite care -) la Regione intende
dare compiuta attuazione alle indicazioni contenute nelle
Linee di indirizzo prevedendo per il triennio
2002-2004, lacquisizione di n.2136 posti in RSA.
Nella prospettiva di razionalizzazione più
sopra delineata è di fondamentale importanza:
- la riqualificazione dellassistenza
medico-generica e la realizzazione di un modello di prestazioni
specialistiche poliambulatoriali maggiormente rispondente
alle aspettative degli utenti e con tempi di attesa significativamente
minori;
- il completamento in tutto il territorio regionale del sistema
di allarme ed emergenza sanitaria basato sul numero di chiamata
telefonica 118;
- la realizzazione di un sistema CUP (Centro Unico Prenotazione)
su scala regionale, al fine di razionalizzare laccesso
alle prestazioni ambulatoriali ed ai ricoveri e di ridurre
le liste di attesa, avvalendosi dei risultati della sperimentazione
in fase di realizzazione nellarea metropolitana di Cagliari
e nelle Aziende sanitarie ad essa appartenenti (Azienda USL
n. 8 di Cagliari e Azienda Ospedaliera G. Brotzu).
Per la valutazione dellattività
ospedaliera e lattivazione dei sistemi di controllo
di gestione degli ospedali, dei costi di produzione e della
qualità e appropriatezza delle prestazioni, lAssessorato
dellIgiene e Sanità della Regione intende avvalersi
dellutilizzo della Scheda di Dimissione Ospedaliera
(SDO), che costituisce una base informativa fondamentale per
tutta una serie di indicatori.
La Regione intende utilizzare le SDO anche
al fine di attuare la sorveglianza epidemiologica su patologie
particolarmente rilevanti, caratterizzate da alto tasso di
ospedalizzazione. Pertanto, è unesigenza indifferibile
che lAssessorato dellIgiene, Sanità e dellAssistenza
Sociale si doti di un moderno sistema informativo per il collegamento
in rete con tutte le strutture sanitarie operanti sul territorio,
che potranno stabilire con lAssessorato stesso un dialogo
continuo ed uno scambio di dati in tempo reale, utili sia
allottimizzazione dellattività di coordinamento
e controllo sullerogazione delle prestazioni sanitarie,
e quindi sulla spesa, sia ad unattività programmatoria
più rispondente alle reali esigenze del territorio.
In riferimento al controllo sulla spesa occorre
rimarcare che, a seguito del patto di stabilità sottoscritto
da Stato e Regioni in data 3/8/2000, ogni maggiore spesa che
verrà ad aggiungersi a quella accertata alla data suindicata
dovrà trovare idonea copertura attraverso il reperimento
di fondi regionali (federalismo fiscale).
I dati contenuti nei bilanci predisposti dalle
ASL per il 2001 fanno emergere la fase critica attraversata
attualmente dalle Aziende stesse: il superamento di tale fase
è ottenibile con leliminazione del contenzioso
con i creditori che richiede, da parte della Regione, il reperimento
di ulteriori 250 mld di lire circa (dato non ancora definitivo)
per lesercizio 2002. A tale proposito è utile
ricordare che lo Stato potrebbe stanziare dei fondi integrativi,
in quanto parte del disavanzo indicato è determinato
dallabolizione del ticket sui farmaci e dal rinnovo
contrattuale del personale del S.S.N. e, conseguentemente,
laggravio sulle casse regionali verrebbe a ridursi.
La Giunta Regionale ha adottato di recente importanti
provvedimenti proposti dallAssessorato dellIgiene
e Sanità (le linee di indirizzo per lorganizzazione
e il funzionamento delle RSA, quelle per la riorganizzazione
dellADI e quelle concernenti i volumi di attività
e le determinazioni dei tetti di spesa) che sta attualmente
curando la predisposizione di nuovi atti programmatori, tra
cui quello in attuazione della norma inserita nella legge
finanziaria 2001 che prevede la formulazione di strategie
comuni per lacquisizione di beni e servizi.
È in fase di avvio, inoltre, il progetto
regionale di farmacovigilanza e farmacoutilizzazione
che prevede la rilevazione sistematica, in tutte le ASL della
regione, dei consumi farmaceutici per molecola e categoria
terapeutica, nonché la conoscenza quali-quantitativa
della spesa, funzionale a successive analisi di farmacoeconomia
e farmacoepidemiologia; saranno, inoltre, avviati corsi (destinati
a medici e farmacisti), e campagne di informazione (destinate
alla cittadinanza) di educazione al buon uso del farmaco,
finalizzati allottimizzazione dellassistenza farmaceutica
ed alla razionalizzazione della spesa.
La formazione e laggiornamento del personale
sanitario meritano un discorso a parte: essi costituiscono,
infatti, una leva strategica fondamentale per il complessivo
governo della qualità delle prestazioni sanitarie,
che non può prescindere dalla necessità di integrare
le conoscenze tecnico scientifiche con le capacità
organizzative e progettuali degli operatori ai diversi livelli.
A tale proposito è dobbligo il richiamo al Decreto
Legislativo 229/99 che prevede un programma di formazione
continua per il personale sanitario (medico e non medico,
pubblico e privato) con lacquisizione di crediti
formativi riconosciuti sia in funzione della qualità
dellattività formativa che del tempo ad essa
dedicato in ragione delle specifiche professionalità.
LAssessorato ha programmato corsi di formazione
manageriale in materia di Sanità pubblica e di organizzazione
e gestione sanitaria, con lobiettivo di fornire ai Direttori
Generali delle ASL gli strumenti e le tecniche propri del
processo manageriale; verranno, poi, finanziate le iniziative
formative, gestite direttamente dalle Aziende Sanitarie in
regime di formazione continua (art. 16 bis del D.Lgs.502/92
e successive modifiche e integrazioni) , ripartendo le risorse
disponibili a tal fine tra le Aziende stesse in ragione del
personale dipendente.
È rilevante poi lopportunità
offerta dai Fondi Strutturali europei nella programmazione
2000-2006 (circa 80 mld di lire): nel Programma Operativo
Regionale (e nel relativo Complemento di programmazione) sono
state predisposte, su indicazione dellAssessorato allIgiene
e Sanità, 8 linee formative destinate agli operatori
del S.S.R., dei Servizi Sociali dei Comuni, di Cooperative,
Associazioni, Imprese sociali e Volontariato.
In riferimento al controllo igienico sui prodotti
alimentari, la politica regionale che, coerentemente con le
Direttive Comunitarie recepite dallo Stato italiano a partire
dagli anni 90(in particolare, con i decreti legislativi
123/93 e 155/97 che conferiscono al controllo ufficiale sulligiene
degli alimenti e bevande carattere sistematico, da eseguirsi
secondo programmi preordinati e attraverso la verifica che
le aziende alimentari applichino in maniera adeguata il sistema
H.A.C.C.P. e si dotino dei Manuali di corretta
prassi igienica),continuerà a riservare unattenzione
particolare a questo delicato settore, attivandosi perché
i nuovi strumenti di controllo e valutazione della salubrità
dei prodotti alimentari venissero puntualmente ed omogeneamente
applicati dai Servizi di Igiene degli alimenti di tutte le
ASL della Sardegna.
Politica per le famiglie
Situazione
Uno degli indicatori più immediati del
cambiamento che ha interessato la famiglia in Sardegna è
di tipo strutturale prima ancora che relazionale. Ci si riferisce,
in particolare, alla sua dimensione, cioè al numero
di componenti, e al tipo di nucleo. Lanalisi dei dati
censuari, rispetto ai tassi di nuzialità, di fecondità
e propensione al matrimonio, rileva una modifica della struttura
familiare da un modello fortemente ancorato alla tradizione
a comportamenti più innovativi: una nuova fisionomia
della famiglia che vede sempre più spesso nuclei formati
da un solo componente, da coppie senza figli o con figlio
unico. La riduzione del numero medio dei componenti i nuclei
familiari consegue al calo delle nascite, che in Sardegna
assume un ritmo precipitoso con una accelerazione negli ultimi
dieci anni, avvicinandosi più alla situazione del Centro
Nord che al resto del Mezzogiorno.
Si registra, inoltre, una minore propensione
alle nozze che si traduce o in un ritardo del matrimonio o
in una rinuncia, con il conseguente prolungamento della permanenza
dei figli nella famiglia di origine. Contemporaneamente, una
significativa percentuale di divorzi e separazioni genera,
inevitabilmente, nuove strutture familiari: famiglie monogenitoriali,
dove la madre è spesso capofamiglia con figli a carico
e a rischio di povertà e di esclusione sociale, seconde
nozze di divorziati e famiglie ricostituite che determinano
esperienze relazionali e parentali complesse. Il generale
miglioramento della qualità della vita e laumento
del benessere sociale porta alla crescita significativa della
popolazione anziana, con un accento particolare sulla questione
femminile e la condizione di vedovanza, che espone, in percentuale
più elevata, le donne ad una solitudine prolungata.
Anche nella nostra regione, seppure in percentuale
minore rispetto ad altre realtà, vi è un progressivo
ingresso di immigrati (e di donne immigrate), o di interi
nuclei familiari composti anche da figli minori, che si inseriscono
nel nostro sistema scolastico e imprenditoriale.
A fronte di questa mutata realtà, non
è possibile guardare alle politiche per la famiglia
nel senso tradizionale. Esigenze diverse e nuove povertà
richiedono il ripensamento delle politiche sociali ed occupazionali
in termini innovativi.
Obiettivi
Particolare attenzione sarà riservata
dalla programmazione regionale alle famiglie che provvedono
alla cura di persone anziane non autosufficienti, di handicappati
gravi, di sofferenti mentali e di malati terminali: ad esse
dovranno essere destinati benefici di natura economica ma
anche servizi di supporto e di sollievo del carico assistenziale.
Più specificamente, gli interventi saranno
indirizzati a:
- diffondere i servizi che mirano a conciliare
la vita familiare con la vita professionale, anche e soprattutto
nei territori più svantaggiati e isolati, nonché
nelle zone rurali;
- rafforzare e qualificare lofferta di servizi attraverso
la formazione di nuove figure professionali;
- creare servizi di supporto alle famiglie per il miglioramento
della partecipazione delle donne al lavoro;
- promuovere i servizi per le famiglie presso le aziende pubbliche
e private;
- promuovere azioni di supporto per favorire lapplicazione
della legge sui congedi parentali e formativi;
- incrementare le azioni di assistenza domiciliare, in particolare
per le persone non autosufficienti, siano essi portatori di
handicap, persone anziane e malate, disabili fisici e psichici;
- incentivare la organizzazione di strutture per la prima
infanzia, attraverso il coinvolgimento di organismi privati
e del terzo settore;
- individuare le problematiche emergenti (madri sole con figli
a carico, donne e bambini vittime di abusi e maltrattamenti
ecc.) e progettare forme di risposta adeguate;
- sostenere lavvio di centri di supporto alle famiglie
per svolgere al meglio i ruoli genitoriali;
- diffondere esperienze di aggregazione moderne e di qualità
che rispondano alla domanda di tempo libero di minori, giovani
e anziani;
- favorire linserimento degli immigrati provvisti di
permesso di soggiorno, con particolare riferimento alle necessità
del nucleo familiare e allinserimento scolastico dei
minori;
- promuovere il partenariato sociale e la partecipazione attiva
delle persone alla vita pubblica.
Strumenti
In questo quadro, meritano una particolare attenzione
le azioni volte a promuovere la conciliazione fra vita familiare
e professionale, che riguarda in particolare la realtà
femminile, con lattivazione di servizi di cura per i
minori e gli anziani e di luoghi di accoglienza e di sostegno
al compito genitoriale per uomini e donne. La centralità
della famiglia nellambito del sistema del welfare è
indiscutibile. Tuttavia dovrà essere posta particolare
attenzione, non solo a garantire supporti cui delegare il
compito della cura, ma ad individuare le diverse
criticità del ciclo della vita, che possono
mettere a rischio il normale percorso dellesistenza
della persona.
Particolarmente rilevante il compito che può
essere svolto dalleconomia sociale nella attuazione
degli interventi, in raccordo con Enti Locali che si facciano
promotori di una nuova progettualità e siano consapevoli
di dover svolgere un ruolo attivo nel coordinamento delle
azioni. Il terzo settore, insieme alle famiglie, avrà
il compito di evidenziare i bisogni e di attuare gli interventi
programmati: questa visione di partenariato attivo
trova riscontro anche nella nuova legge di riforma dellassistenza,
recentemente approvata dal Governo italiano.
La Regione, nella predisposizione degli strumenti
attuativi che le compete, interverrà per:
- approvare uno strumento normativo di recepimento
della legge quadro sul riordino dei servizi;
- applicare gli orientamenti del PSN 1998-2000 dando attuazione
alla organizzazione delle RSA per i soggetti anziani e non
autosufficienti ed alla riorganizzazione delle Attività
di Assistenza Domiciliare Integrata;
- formulare il nuovo Piano socio assistenziale triennale;
- promuovere attività formative rivolte ai funzionari
della Pubblica Amministrazione, agli operatori dei servizi,
con particolare attenzione alle figure professionali richieste
dalle nuove esigenze sociali, così come previsto dal
POR Sardegna sui Fondi Strutturali 2000-2006.
Per far fronte in modo soddisfacente agli impegni
descritti, lAssessorato regionale dellIgiene e
Sanità si è dotato di una prima struttura di
supporto, lOsservatorio per le politiche sociali, di
recente istituzione, al quale sono stati assegnati i compiti
seguenti:
- rilevazione ed elaborazione dei dati relativi
ai servizi ed agli utenti dei servizi socio-assistenziali;
- svolgimento di studi e ricerche sulle problematiche sociali
emergenti e sperimentazione di servizi ed interventi innovativi,
anche attraverso la collaborazione di istituti di ricerca
e la concessione di borse di studio;
- predisposizione, aggiornamento e realizzazione del Piano
Regionale socioassistenziale e lutilizzo, a tal fine,
di convenzioni di collaborazione e consulenze;
- predisposizione di rapporti periodici sulla condizione dellinfanzia
e delladolescenza in Sardegna (in attuazione della Legge
451/97).
LOsservatorio ha una dotazione finanziaria
che ammonta, per il 2000, a 280 milioni di lire e per il 2001
ad appena 80 milioni di lire, una cifra decisamente insufficiente
a dar corso a tutte le attività connesse allo svolgimento
dei compiti assegnatili.
Per ciò che concerne la predisposizione
del 2° Rapporto sulla condizione dellinfanzia e
delladolescenza in Sardegna è previsto un finanziamento
ad hoc di 300 milioni di lire.
La lotta contro il disagio e la povertà
Situazione
I recenti provvedimenti di decentramento amministrativo
hanno individuato nelle Amministrazioni comunali i soggetti
privilegiati per lattuazione delle politiche sociali
a livello locale. In questo contesto, allAmministrazione
Regionale è stata attribuita una funzione più
prettamente programmatoria, finalizzata a stabilire periodicamente
il quadro degli interventi (settori, priorità, criteri),
a cui si collega lerogazione delle risorse finanziarie.
La Regione ha attualmente un rapporto diretto ed immediato
con i Comuni, che sono i veri protagonisti degli interventi
sociali, dalla loro progettazione fino allattuazione/gestione
finale.
Focalizzando lattenzione sulle problematiche
più rilevanti del settore, si evince come sia ancora
difficile uno scambio significativo e costruttivo tra il sistema
sanitario e il sistema socio assistenziale, ciò che
costituisce, invece, la principale finalità della L.328/2000
di riforma dellassistenza: di fatto, si assiste ancora
ad una sorta di incapsulamento delle funzioni
sociali allinterno di quelle sanitarie, a conferma del
permanere di logiche (storiche, politiche ed amministrative)
che privilegiano maggiormente la dimensione dellassistenza
(intesa nel senso di cura alla persona) rispetto
a quella delle politiche attive per il sociale.
I mutamenti sociali, culturali ed economici
che conducono allaffermarsi di nuovi stili di vita,
a cambiamenti nella struttura familiare, a nuove tendenze
demografiche, fanno si che nella nostra regione, ai tradizionali
bisogni sociali si affianchino sempre più nuove e crescenti
esigenze che, in assenza di risposte tempestive ed adeguate,
fanno emergere nuove aree di disagio e di insicurezza sociale.
Linvecchiamento della popolazione costituisce un fenomeno
in costante evoluzione che ha determinato radicali ripensamenti
delle strategie sociali e sanitarie verso modelli assistenziali
tesi alla razionalizzazione delle risorse e finalizzati al
miglioramento della qualità della vita dellanziano
ultrasessantacinquenne.
Nella Regione Sardegna la percentuale di soggetti
di età uguale o superiore ai 65 anni è pari
al 13,4% della popolazione generale (ISTAT 1.1.95). Il 3,5%
di essi è gravemente non autosufficiente mentre circa
il 30% di ultrasessantacinquenni vive da solo, con una netta
prevalenza, allinterno di tale categoria, della componente
femminile che, vivendo più a lungo, risulta essere
maggiormente a rischio di emarginazione e solitudine.
Larea di necessità assistenziale
si amplia notevolmente se si estende il discorso alle altre
fasce di soggetti deboli quali i disabili fisici e mentali
(adulti e in età minorile), i malati terminali, i lungodegenti,
anchessi portatori di bisogni complessi, ai quali è
possibile rispondere adeguatamente solo con programmi di intervento
ad elevata integrazione sociosanitaria.
La lotta al disagio ed allesclusione sociale
riguarda, inoltre, quella molteplicità di soggetti,
quali le vittime della povertà (con particolare riferimento
alle madri sole e capofamiglia, con figli a carico) e della
violenza, i detenuti (sia gli adulti che i minori carcerati),
gli immigrati e, in modo specifico, le donne immigrate con
figli minori al seguito, che rappresentano una categoria in
costante aumento: per tutte queste persone la situazione contingente
di mancanza di risorse economiche, di privazione della libertà
fisica, di lontananza dal proprio paese di origine, è
aggravata dallimpoverimento relazionale che conduce
al totale isolamento sociale.
Obiettivi
Le politiche sociali della Regione, sostenute
da una legislazione regionale che, al momento, ha i suoi cardini
nella L.R. 4/88 e negli indirizzi contenuti nel primo e nel
secondo Piano Socio assistenziale, ma che entro breve tempo
si arricchirà della normativa di recepimento della
recente Legge quadro nazionale di Riforma dellassistenza
L.328/2000 - indirizzano la programmazione regionale
verso il superamento della logica assistenzialistica, perseguito
dalla Regione Sardegna sin dalla fine degli anni ottanta,
attuando un insieme di interventi tesi a favorire i processi
di crescita e di emancipazione di una cittadinanza sempre
più attiva, solidale e partecipata.
Lassetto istituzionale introdotto dalla
L.R. 4/88, che affida ai Comuni la programmazione e lattuazione
degli interventi socio-assistenziali, ha favorito una diffusa
e capillare presa in carico delle situazioni di disagio che
devono trovare nella stessa comunità di appartenenza
la soluzione più idonea e soddisfacente: la persona,
con unattenzione particolare da riservare alle fasce
deboli, deve essere posta al centro dellinteresse e
dellimpegno delle istituzioni ma anche del privato sociale,
del volontariato e di tutta quella rete di solidarietà
capace di sostenere in maniera forte la lotta alla marginalità
ed il recupero della fiducia sociale.
Alla povertà, considerata nella sua accezione
più ampia come fenomeno multidimensionale determinato
da una complessità di fattori e privazioni, il Piano
socio-assistenziale in vigore ha riservato una trattazione
specifica: anche per il triennio 2002/2004 la lotta alla povertà
costituisce un obiettivo prioritario della politica sociale
regionale.
Strumenti
Le azioni di contrasto al disagio ed alla povertà
saranno molteplici ed agiranno su più fronti: prima
fra tutte lattuazione del reddito minimo di inserimento,
di cui al decreto legislativo 18/6/98, n.237. In attesa della
estensione dellistituto del RMI su base nazionale, connessa
allattuazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali ai sensi della Legge 328/2000, la Regione
attuerà nei territori non coperti dal finanziamento
statale diretto - lettere a) e b) del primo comma dellart.80
della L.388/2000 (Legge finanziaria) le azioni di contrasto
alla povertà che prevedono la concessione di finanziamenti
per i progetti di zona finalizzati al sostegno del reddito,
secondo piani individualizzati, per il raggiungimento dellautonomia
del singolo e della famiglia.
Parallelamente, in dette zone, caratterizzate
da situazioni di degrado culturale oltre che sociale, saranno
attivati servizi di appoggio educativo e formativo, di sostegno
psicologico, di mediazione familiare e di facilitazione dellaccesso
allabitazione ed ai servizi sanitari, con il contestuale
potenziamento dei servizi consultoriali (con particolare attenzione
alle azioni rivolte agli/alle adolescenti), dei Centri di
salute mentale e dei SERT.
Unattenzione particolare verrà
posta nella programmazione di interventi riservati ai minori
ed agli adolescenti che vivono in aree urbane degradate, ad
alto tasso di criminalità giovanile, con indici di
dispersione scolastica elevati e, quindi ad alto rischio di
devianza sociale e di microcriminalità.
Lattuazione di tali programmi richiederà
uno sforzo finanziario supplementare da parte della Regione,
valutabile attualmente in una cifra aggiuntiva pari a 30 mld
di lire a valere sulla UPB S 12046. Nella lotta contro il
disagio sociale, la Regione segue e promuove un indirizzo
idoneo a favorire lo sviluppo di una vera e propria economia
sociale, improntata alla solidarietà entro criteri
di efficienza organizzativa dei servizi, per valorizzare il
ruolo delle attività di servizio nate spontaneamente
(con circa 40 mila operatori attivi nel terzo settore e 380
cooperative sociali) e per sostenere limmissione nel
mercato del lavoro delle fasce deboli. Per la osservazione
e la promozione di tale economia sociale verrà organizzata
una apposita attività regionale. Particolare attenzione
verrà riservata, nellambito del terzo settore,
al volontariato, anche attraverso la predisposizione normativa
di specifiche agevolazioni.
In relazione agli interventi che lAssessorato
dellIgiene, Sanità e dellAssistenza sociale
ha predisposto (o contribuito a predisporre, nel caso delle
Misure di non diretta responsabilità dellAssessorato)
nellambito del P.O.R. per lutilizzo dei Fondi
Strutturali europei, si evidenzia che le iniziative da attivare
potranno contribuire a fornire soluzioni al disagio sociale
agendo su più fronti:
- recupero di spazi ed edifici inutilizzati
in cui ubicare iniziative culturali e sociali destinate a
bambini, giovani e anziani
- realizzazione di una rete di servizi a carattere semi-residenziale
(centri diurni) finalizzata al miglioramento delle condizioni
di vita dei disabili e ad una più equilibrata ripartizione
del lavoro di cura a vantaggio delle famiglie di provenienza
(e della componente femminile, in particolare)
- potenziamento dellofferta di servizi per linfanzia
- approntamento di comunità di accoglienza per le vittime
della violenza (minori, adolescenti, donne, soggetti deboli)
- approntamento di comunità di accoglienza per giovani
adulti carcerati come misura alternativa alla detenzione
- attività formative destinate agli operatori del S.S.R.,
dei Servizi sociali dei Comuni, di Cooperative e Imprese sociali
e del Volontariato, finalizzate allacquisizione di competenze
ed abilità per lo svolgimento del lavoro di èquipe,
in unottica di assistenza sociosanitaria integrata
- inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (disabili,
detenuti ed ex detenuti) nellambito di progetti caratterizzati
da un alto grado di integrazione tra attività formative,
di consulenza e assistenza personalizzate e di percorsi di
ingresso nel mondo del lavoro.
LA RIFORMA DELLA REGIONE
Nuova programmazione e strutture organizzative
Dopo la riforma della dirigenza e laffermazione
del principio di separazione fra il potere di indirizzo politico-amministrativo
e quello di gestione, questultimo attribuito ai dirigenti,
cui spetta ladozione degli atti e provvedimenti
amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano le amministrazioni
verso lesterno, nonché la gestione finanziaria,
tecnica e amministrativa (
) mediante autonomi poteri
di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali
e di controllo, ed a cui è attribuita la responsabilità
in via esclusiva dellattività amministrativa,
della gestione e dei relativi risultati (L.R.31/98,
art. 8), sono stati compiuti dalla R.A.S. alcuni passaggi
atti a costituire una reale macchina amministrativa che consenta
alla dirigenza di adempiere al proprio mandato di attuazione
dei Programmi Operativi, previsti dalla medesima L.R.31/98.
In particolare, con la L.R. 23/99, ad ulteriore
riforma del bilancio regionale, la Regione ha istituito le
Unità Previsionali di Base (UPB), che rappresentano
insiemi organici di risorse finanziarie affidate alla gestione
di un unico centro di responsabilità amministrativa.
Il processo di organizzazione della ordinaria
attività della Regione attorno alle UPB, tuttavia,
non può dirsi compiuto, anzi la fase attuale è
ancora quella di avvio. La citata L.R. 23/99 non chiarisce
quali siano i criteri da seguire per la istituzione delle
UPB, ma rappresenta un indirizzo di riforma che segue il percorso
tracciato dal D. Lgs 279/97, il quale ha istituito appunto
le UPB nel bilancio di previsione nazionale ed ha ristrutturato
il rendiconto generale (bilancio consuntivo), definendo principi
e regole che rappresentano un fondamentale riferimento per
le Regioni e gli Enti Locali.
Il D. Lgs 279/97 stabilisce che i servizi
o le unità organizzative della P.A. esprimano
le funzioni elementari, finali e strumentali, cui danno luogo
i centri di costo (quali aggregati della contabilità
economica), e che dette unità organizzative siano associate
a quelle funzioniobiettivo che esprimono le missioni istituzionali
di ciascuna amministrazione.
Per il DPEF, che ha il compito di condurre ad
organicità, efficienza di spesa ed incisività
il complesso dei programmi della Regione, costituisce evidentemente
obiettivo prioritario la piena rispondenza della macchina
amministrativa alla natura dei programmi e progetti ed ai
compiti richiesti da questi ultimi, i quali identificano la
gestione caratteristica della R.A.S. Ciò
significa che in cima alla piramide della logica organizzativa
della Regione dovrebbero esservi proprio i programmi e progetti
di sviluppo, quali configurati in questo DPEF e negli atti
di generali di programmazione (principalmente il P.O.R.),
per cui i servizi della Amministrazione e le conseguenti
responsabilità di gestione dovrebbero essere strutturati
unicamente attorno ai progetti e programmi di sviluppo (funzioni
finali) ed alle attività di supporto e controllo
(funzioni strumentali).
Lattuale Amministrazione Regionale, tuttavia,
non è ancora sufficientemente attrezzata, in termini
culturali e di risorse umane da impegnare, per seguire appieno
tale logica organizzativa, delineata dal disegno di riforma
nazionale e poi da quello regionale. Nei tradizionali assetti
burocratici, come è noto, la logica viene solitamente
rovesciata: stante una pregressa storica
o innovata divisione di competenze dirigenziali, vengono
assegnati i compiti di elaborazione ed attuazione dei progetti,
poi suddivisi entro la scala interna di responsabilità
dei successivi livelli organizzativi. I risultati di simili
modalità organizzative sono chiaramente evidenziabili
con gli indicatori di efficienza della spesa (pagamenti /
stanziamenti; residui passivi / stanziamenti), desumibili
dal Rendiconto Generale (bilancio consuntivo) della Regione
e dagli stati di attuazione dei Programmi riportati nella
Parte III del presente DPEF (ad es.: Piani di Rinascita).
I compiti di programmazione e di attuazione
dei progetti di sviluppo o di supporto allo sviluppo regionale
e locale, daltro canto, richiedono organizzazioni interdisciplinari,
fortemente finalizzate, snelle e con limitati livelli gerarchici,
composte a matrice (rispetto a funzioni da svolgere e divisioni
di competenze) per programmi o elementi di programma, secondo
forme organizzative di agenzia che in una struttura
burocratica tradizionale vengono accettate tuttal più
quali eccezioni.
Poiché tale prassi è disfunzionale
alla efficienza di elaborazione ed attuazione dei programmi,
e posto che la programmazione di supporto allo sviluppo regionale
costituisce la missione istituzionale primaria della R.A.S.
(gran parte delle attività amministrative estranee
alla programmazione possono essere infatti devolute o delegate
agli Enti Intermedi e Locali), il DPEF 2002-2004 ripropone
con forza lobiettivo, inutilmente perseguito da 25 anni
(dopo la L.R.33/75), di una nuova legge sulla programmazione
regionale che aggiorni e definisca, alla luce della nuova
programmazione comunitaria, i principi e contenuti dellazione
regionale programmatoria, fornendo indirizzi organizzativi
coerenti con i compiti da assolvere per lintera struttura
regionale, ed in particolare per le strutture preposte al
coordinamento dei piani generali (Centro regionale di programmazione).
Tale essenziale disegno di riforma, senza il
quale non potrà dirsi compiuta alcuna riforma della
Regione se non in termini auto-referenziali e burocratici,
dovrà svilupparsi in rapporto organico con il sistema
delle Autonomie Locali, normato dal testo unico di cui al
D. Lgs. 267/2000, e con i rispettivi compiti di programmazione
e pianificazione.
Le riforme istituzionali
Due recenti atti normativi (la legge costituzionale
n.2/2001 di modifica dello Statuto speciale e la legge costituzionale
che reca modifiche al Titolo V della seconda parte della Costituzione,
approvata dal Parlamento alla fine dellultima Legislatura,
che sarà quanto prima sottoposta al referendum confermativo
previsto dallart.138, comma 2°, Cost.) rendono indifferibile
lattuazione di una organica e profonda riforma, sia
dello Statuto speciale che dellordinamento regionale.
È in conseguenza di tali atti che il
Consiglio regionale, nella seduta del 5 luglio 2001, ha approvato
con unampia maggioranza un O.d.g. che lo impegna ad
inserire nella programmazione dei propri lavori la discussione
di quattro proposte di legge nazionale, da tempo presentate,
per listituzione dellAssemblea Costituente della
Sardegna; in particolare, è stato deciso lavvio
immediato della discussione nella Prima Commissione e linizio
del dibattito in Aula, anche nel caso di non definizione in
Commissione, entro e non oltre il 31 luglio 2001.
Liniziativa consiliare riveste particolare
importanza in quanto, da un lato evidenzia la particolarità
dellimpegno richiesto alle forze politiche per riscrivere
lo Statuto, conservandone la specialità nella prospettiva
certa di una riforma federalista dello Stato e adeguandolo
alle esigenze della società sarda in continua trasformazione,
dallaltro sollecita lapporto e limpegno
di tutte le istanze sociali e culturali.
Unincoraggiante conferma della specialità
dellautonomia sarda è venuta dalla sentenza della
Corte Costituzionale n.230 del 4 luglio 2001, che riconosce
la legittimità costituzionale della legge approvata
dal Consiglio regionale il 14 aprile 2000 e riapprovata, con
modifiche, il 6 giugno 2000, avente ad oggetto listituzione
delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano,
dellOgliastra e di Olbia-Tempio; con ciò escludendo
che la citata deliberazione normativa comporti violazione
dellart.3, lett.b), dello Statuto regionale.
Dopo lentrata in vigore della legge costituzionale
n.2 del 1993, cui ha fatto seguito la legge regionale n.4
del 1997 che prevede listituzione di nuove province
e la modifica delle circoscrizioni provinciali a seguito
di futura legge regionale, su iniziativa dei Comuni, la Corte
Costituzionale con la citata sentenza n.230/2001 riconosce
la piena legittimità della competenza e della iniziativa
della Regione in questo campo, senza alcuna conseguenza sullorganizzazione
amministrativa dello Stato.
In conseguenza, lAmministrazione regionale
è impegnata ad istituire le nuove quattro Province
secondo le procedure della legge regionale n.4/97, nonché
ad attuare il decentramento amministrativo, trasferendo un
organico complesso di compiti, funzioni e risorse agli enti
locali singoli o associati -, conformemente a quanto
previsto dalle leggi 142/90, 59/97 e dal d.lgs. 112/98; tale
trasferimento sarà attuato in base a ben definiti criteri
e principi.
Anzitutto il criterio del maggior avvicinamento
possibile della Pubblica Amministrazione al cittadino, da
attuare unitamente ai principi di efficienza, di efficacia
e di economicità della gestione; mentre, per la ripartizione
delle materie tra la Regione e gli enti locali, sarà
il principio di sussidiarietà a stabilire quali compiti
e poteri affidare a questi ultimi, residuando alla Regione,
per i poteri trasferiti, solo un ruolo sostitutivo, eccezionale,
in caso di obiettiva impossibilità allesercizio
da parte degli enti locali.
Con limminente introduzione nellordinamento
regionale delle norme di attuazione dello Statuto che recepiscono
il contenuto del D.lgs. n.112/98 sarà data concreta,
organica attuazione ai criteri e ai principi sopraccitati.
Nel contempo, utilizzando indicazioni e proposte che emergono
dal Tavolo permanente Regione enti locali e dalle consultazioni
con le parti sociali, prosegue lopera di riordino e
di riforma delle strutture amministrative; sono in fase di
pubblicazione i Testi Unici di tipo compilativo in materia
di turismo, agricoltura, ambiente, artigianato, industria
e lavori pubblici, mentre per le stesse materie si sta procedendo
al completamento dei T.U. innovativi e alla loro traduzione
in appositi DDL, previa consultazione con le parti sociali.
Elenco dei D.D.L. approvati dalla Giunta
regionale e trasmessi al Consiglio:
- D.D.L. concernente: Norme in materia
di procedimento amministrativo e di diritto di accesso;
- D.D.L. concernente: Norme per lelezione diretta
del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio
comunale e del Consiglio provinciale;
- D.D.L. concernente: Norme modificative, integrative
e sostitutive della legge regionale 5 novembre 1985, n.26;
- D.D.L. concernente: Nuove norme sullorganizzazione
amministrativa della Regione Autonoma della Sardegna e sulle
competenze della Giunta, del Presidente e degli Assessori;
- D.D.L. concernente: Conferenza Regione-Autonomie locali;
- D.D.L. concernente: Norme generali sugli enti regionali;
- D.D.L. concernente: Nuove norme sullelezione
del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale. Disciplina
del referendum regionale;
- D.D.L. concernente: Nuove norme sullorganizzazione
turistica in Sardegna;
- D.D.L. concernente: Istituzione dellAgenzia
Regionale delle Risorse agricole (A.R.A.R.) e dellIstituto
Regionale per lAgricoltura (A.I.R.).
Elenco dei D.D.L. in stato di approvazione
da parte della Giunta regionale:
- D.D.L. concernente: Norme per lattuazione
dei diritto allo studio universitario e per la promozione
della ricerca scientifica;
- D.D.L. concernente: Trasformazione dellAzienda
Regionale Sarda Trasporti in S.p.A.;
- D.D.L. concernente: Istituto Zooprofilattico della
Sardegna;
- D.D.L. concernente: Scioglimento dellIstituto
Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano.
Uffici e risorse umane
Sul versante degli uffici e delle risorse umane,
la delegificazione attuata in materia di organizzazione e
di dotazioni organiche è stata confermata dalla recente
sentenza della Corte Costituzionale la 160/2001 -;
con essa, la Corte dichiara che non spetta allo Stato,
e per esso alla Corte dei conti, accertare lassoggettamento
al controllo di legittimità, in quanto avente natura
regolamentare, del Decreto del Presidente della Regione Sarda
n. 4 del 13 gennaio 200. Lintroduzione dellistituto
contrattuale per disciplinare il rapporto di lavoro dei dipendenti
consentirà alla Giunta regionale di proseguire nellintrapresa
azione di razionalizzazione dellapparato regionale.
Quanto ai dirigenti, si sta andando a costituire
un adeguato organico per la copertura delle Direzioni dei
Servizi regionali e per attivare, nelle strutture di staff,
una sistematica attività di studio e di consulenza,
indispensabile agli organi politici per le loro funzioni di
programmazione e di iniziativa politica. Circa la dotazione
organica dei dipendenti, occorrerà favorire unazione
mirata al miglioramento del livello qualitativo, privilegiando
i concorsi pubblici per il reclutamento, sia pure parziale,
e la formazione permanente. Considerato che il primo contratto
collettivo è stato sottoscritto il 15 magio 2001, lAmministrazione
dovrà affrontare i notevoli adempimenti ivi previsti,
tanto in tema di rapporto di lavoro che di nuovi strumenti
di organizzazione del medesimo. Ulteriori interventi legislativi
potranno, infine, essere necessari sotto il profilo finanziario,
e per la novità degli istituti introdotti e per lampiezza
della disciplina contrattuale, la quale deve trovare completa
copertura finanziaria nellapposito Fondo; quando invece,
in passato, la competenza del legislatore in materia di personale
sopperiva, volta per volta e senza una visione programmatoria,
alla copertura del fabbisogno creato dagli interventi legislativi.
Relativamente agli uffici, nel 2000 la preesistente
struttura è stata soppiantata per intero da quella
definita dal decreto presidenziale 4/2000: lAmministrazione
è stata riorganizzata in 124 servizi, così che
ogni complesso di attività organicamente raggruppate
disponga del suo gestore dirigenziale, ed è
stata inoltre dotata ed è questo, rispetto al
passato, il carattere innovativo del nuovo assetto
di un elevato numero di posizioni di staff (38 dirigenti da
assegnare alle direzioni generali e 30 da assegnare agli organi
di direzione politica per attività di studio di ricerca
e di consulenza).
Tale assetto formale ha, ovviamente, carattere
sperimentale: ed infatti, a circa un anno dalla sua messa
in funzione, è stata immediatamente attivata la procedura
per una prima revisione, che sarà attuata entro il
2001. Ma in generale, limpegno della Giunta sarà
quello di un costante monitoraggio delle strutture e di una
pronta risposta alle esigenze delle diverse partizioni organizzative.
Peraltro, lo schema illustrato costituisce la configurazione
astratta dellorganizzazione, per la cui realizzazione
occorrerà dotarsi di un congruo contingente di dirigenti.
Allo stato infatti (giugno 2001) risultano scoperti il 30%
dei servizi e (quasi) tutte le posizioni dirigenziali di staff.
Occorre dunque perseguire una politica coerente
in tema di organici dirigenziali che dovranno essere completati
entro il 2002/2003. Un primo obiettivo, in questo settore,
sta comunque per realizzarsi, essendo stato portato a compimento
il concorso interno previsto dalla legge 31, che consentirà
di disporre di altri 67 dirigenti: a breve si potrà
avere non solo unadeguata copertura delle direzioni
dei servizi, con un prevedibile miglioramento dellattività
gestionale dellAmministrazione; ma potrà essere
avviata, mediante lattribuzione delle funzioni di staff,
una diffusa attività di studio e consulenza, indispensabile
agli organi politici per le loro funzioni programmatorie e
di iniziativa legislativa, secondo le logiche della riforma
del sistema organizzativo, che assegna agli organi politici
funzioni di programmazione, regolazione e controllo.
Lulteriore copertura dovrà essere
completata attivando nel corso del 2002 le procedure di acquisizione
di nuovi dirigenti dal sistema esterno. Obiettivo questo per
il quale occorrerà stanziare le necessarie risorse.
Quanto detto evidenzia contenuti politico amministrativi
per così dire di tipo quantitativo, ma
è evidente che non potranno essere trascurati quelli
riconducibili alla qualità della dirigenza:
qualità che deriverà dalla selettività
degli strumenti che saranno posti in essere e da un attento
intervento di formazione.
Il programma della Giunta non potrà
prescindere dal prossimo (il secondo) contratto collettivo
dei dirigenti, che dovrà coprire il quadriennio 2001
2005 e dovrà farsi carico di una più compiuta
disciplina dellintero sistema dirigenziale che, essendo
di nuova costituzione, richiede, per limpianto e la
sua estensione, adeguate risorse, che dovranno essere reperite
nei prossimi bilanci.
Quanto invece alla dotazione organica dei dipendenti,
gli interventi portati a compimento nel corso del 2000/2001
(definizione delle dotazioni organiche delle direzioni generali
e della dotazione organica complessiva dellAmministrazione
e trasposizione delle stesse nel nuovo ordine di classificazione
introdotto dal contratto collettivo sottoscritto il 15 maggio
2001) sono riconducibili ad obiettivi di razionalizzazione
e di congrua quantificazione delle risorse. Lazione
che occorre intraprendere è pertanto ora quella mirata
di miglioramento qualitativo. Per la realizzazione di tale
programma sono stati attivati lo strumento amministrativo
e quello contrattuale. Questultimo prevede un programma
di concorsi interni a copertura di una consistente percentuale
delle vacanze dorganico, che saranno realizzati prioritariamente.
Lobiettivo è al momento di razionalizzazione,
nel senso dellallineamento delle professionalità
presenti nellAmministrazione con le posizioni formali.
Accanto a questo obiettivo di riordino, la Giunta regionale
ha definito un programma di reclutamento dallesterno
che si propone di favorire processi dinnovazione, anche
attraverso lindividuazione di nuove professionalità.
Tale programma, per il quale sono state previste le risorse
nel triennale 2001-2003, sarà realizzato nel corso
del medesimo periodo.
Anche per i dipendenti non potrà prescindersi
da un organico programma formativo. Questo sarà orientato
da una parte allo sviluppo delle professionalità esistenti
e alla loro valorizzazione in termini di contenuti professionali
più estesi, in attuazione del nuovo sistema di classificazione
dei dipendenti, dallaltro ad introdurre fattori dinnovazione
nella struttura regionale rispondenti ad obiettivi strategici
dellamministrazione. Questo programma, per il quale
non vi sono stanziamenti adeguati nel triennale 20012003,
potrà essere realizzato nei limiti delle risorse che
saranno rese disponibili nel bilancio 20022004.
LA POLITICA DELLINFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE
DELLA R.A.S.
LAmministrazione regionale sta contribuendo
alla modernizzazione dello Stato e della Pubblica Amministrazione
riconoscendo nella comunicazione e nellinformazione
una funzione essenziale della PA. LAmministrazione Pubblica
si sta trasformando e da formale, unilaterale, autoreferenziale
(ed autoritaria) quale era in passato, sta divenendo una amministrazione
che lavora per obiettivi, paritaria e partecipata.
Tale cambiamento è il risultato di un
lungo processo iniziato con la L.241/90 (che sancisce il principio
del buon funzionamento della pubblica amministrazione con
lintroduzione nellordinamento dei concetti di
efficacia ed economicità dellazione amministrativa
e dei principi di trasparenza ed efficienza del procedimento
amministrativo, di partecipazione del cittadino e il diritto
di accesso), proseguito con la L.142/90 (che ribadisce per
le autonomie locali i principi della L. 241/90) e con il Decreto
Lgsvo.29/93 (con il quale vengono individuate strutture operative
per rendere effettivo lesercizio del diritto di partecipazione
e di accesso, e dove con lart. 12 si statuisce la istituzione
degli uffici per i rapporti con il pubblico, per garantire
la piena attuazione della L241/90). Il processo è proseguito
con le diverse Bassanini ed è tuttora
in corso con la L.150/00, Disciplina delle attività
di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.
LAmministrazione regionale con la L.R.
47/86 (Norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi
della Regione Sardegna) che istituiva lUfficio per le
Relazioni con il Pubblico della Presidenza della Giunta ha
precorso la suddetta normativa ed ha recentemente riorganizzato
in un testo unico (bozza DDL approvato con Delibera GR n.
10/26 del 22.03.01) la materia del procedimento amministrativo
e il diritto di accesso. Per quanto concerne la comunicazione
istituzionale, lAmministrazione ha un consolidato rapporto
con i media locali, che proseguirà ai fini della diffusione
dei temi della programmazione e dello sviluppo.
Le innovazioni più sensibili in materia
di informazione riguarderanno nel prossimo triennio il rapporto
diretto con la cittadinanza, attraverso il sistema degli Uffici
per le Relazioni con il Pubblico (URP).
Gli URP, uno per Assessorato o Ufficio speciale
(per riflettere la diverse peculiarità) riportati a
unicità dal coordinamento dellURP della Presidenza
(di precedente costituzione), si affiancano a strutture simili
già operanti e si occuperanno inanzittutto di:
- garantire l'esercizio dei diritti di informazione,
di accesso e di partecipazione dei cittadini e delle loro
associazioni;
- agevolare l'utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini,
anche attraverso l'illustrazione delle disposizioni normative,
amministrative e l'informazione sulle strutture e sui compiti
delle amministrazioni;
- promuovere l'adozione di sistemi di interconnessione telematica
e coordinare le reti civiche; - attuare, mediante l'ascolto
dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica
della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi
da parte degli utenti;
- garantire la reciproca informazione fra l'ufficio per le
relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti nell'amministrazione,
nonché fra gli uffici per le relazioni con il pubblico
delle varie amministrazioni.
LAmministrazione ha già individuato
e avviato a formazione parte del personale che sosterrà
la operatività del sistema degli URP. Il prossimo passo
riguarda la risoluzione delle problematiche logistiche e strumentali
nonché la integrazione della dotazione organica richiesta
per lespletamento delle funzioni sopradescritte. Lapertura
al pubblico sarà il segno tangibile del processo di
apertura dellAmministrazione regionale. Il primo prodotto
che verrà realizzati e diffuso, in via sperimentale,
sarà il Notiziario interno allAmministrazione.
Il Notiziario favorirà la circolazione delle informazioni
allinterno dellamministrazione e supporterà
il processo di semplificazione del linguaggio. Il Sistema
degli URP inoltre contribuirà alla elaborazione della
Carta dei servizi regionale.
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