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Indice

POLITICA REGIONALE PER LA RICERCA

Situazione, punti di forza e debolezza

Nel triennio 1999-2001 gli interventi più significativi in materia di ricerca hanno riguardato il Parco Scientifico e Tecnologico, alcuni programmi di ricerca e il finanziamento di contratti di ricerca a favore di giovani laureati, con un movimento di risorse pari complessivamente a 44 miliardi (24 per il PST, 10 per i contratti, 10 per progetti di ricerca).

Permangono alcuni elementi di debolezza. Il primo punto critico è rappresentato dalla contemporanea necessità di tutelare gli investimenti effettuati negli anni passati (centri di ricerca a partecipazione regionale, strutture del PST) e di alleggerire l’intervento regionale, a favore di un maggior protagonismo della domanda imprenditoriale, anche in ragione del quadro normativo generale sulla concorrenza.

Il secondo punto riguarda le procedure di finanziamento di programmi di ricerca applicata: la mancanza di una legge regionale obbliga l’Amministrazione alla notifica di singoli provvedimenti, per la richiesta di autorizzazione del regime d’aiuto, con tempi burocratici insostenibili, rispetto alle esigenze della domanda e ai tempi di spesa comunitari. In ogni caso, le strutture regionali dell’offerta (Università, Centri di Ricerca e di competenza tecnologica) sono state sensibilizzate alle nuove condizioni di partecipazione ai programmi di spesa e si stanno attrezzando per essere più competitive e, soprattutto, per finalizzare maggiormente i loro programmi alle esigenze del territorio e delle imprese.

Si può positivamente rimarcare che i programmi di sviluppo locale degli anni passati hanno fatto comunque maturare un contesto imprenditoriale più ricettivo rispetto alle esigenze della competizione e, quindi, più disponibile ad effettuare investimenti anche in interventi maggiormente a rischio, rispetto ai classici investimenti industriali. Inoltre, le strutture di ricerca hanno raggiunto maggiori livelli di competenza (sopratutto in alcuni settori come per esempio le biotecnologie, la genomica, l’elettronica) e stanno consolidando partenariati industriali di notevole interesse.

Obiettivi

Il DPEF conferma per il prossimo triennio il carattere strategico degli interventi a favore della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica, ai fini del conseguimento degli obiettivi generali (competitività economica, nel rispetto delle valenze ambientali e culturali dell’isola, e aumento dell’occupazione qualificata).

Gli interventi riguarderanno l'attrazione di imprese nei settori di punta in cui esistono competenze scientifiche sarde, la valorizzazione tecnologica delle produzioni locali, il supporto scientifico per gli interventi di tutela e valorizzazione del territorio, l'accompagnamento delle politiche di settore con interventi per l'alta formazione e la prima occupazione qualificata dei giovani ricercatori. Nell’ambito del PON 2000-2006, per le regioni dell’Ob.1, è prevista, inoltre, una specifica misura dedicata a promuovere e sostenere l’occupazione femminile nel settore della ricerca e sviluppo, della tecnologia e dell’innovazione, attraverso azioni di orientamento per le giovani universitarie, interventi di alta formazione e il sostegno a reti di imprese e associazioni che operano nella promozione di iniziative di contenuto altamente tecnologico condotte da personale femminile.

I punti di forza e debolezza sopra richiamati sono stati alla base dell’individuazione degli obiettivi specifici e delle strategie del POR 2000-2006 che costituisce, per gli indirizzi ma anche in gran parte per le risorse, il riferimento del prossimo triennio.

Gli interventi previsti nella misura 3.13 sono da considerare strettamente interrelati con quelli previsti nel PON Ricerca Scientifica e Tecnologica e Alta Formazione del Ministero dell’ Istruzione, Università e Ricerca.

Tale concertazione, così come richiamato nello scorso Documento di Programmazione, è indispensabile non soltanto per una massimizzazione dei risultati conseguibili, ma anche più semplicemente per garantire una maggiore partecipazione dei soggetti locali alle opportunità di finanziamento presenti in sede nazionale (sottoutilizzate nello scorso periodo di programmazione).

I dati presentati dal Ministero sulla spesa nel primo periodo del nuovo Programma Operativo sono allarmanti per la Sardegna: i progetti di ricerca industriale finanziati sono appena l’1% del totale dei finanziamenti e, per quanto riguarda l’FSE, le due misure considerate finanziano il 3,1% e il 6,9% sul totale del Mezzogiorno. Il Ministero, pur essendo impegnato, sulla base delle indicazione del CIPE, a destinare alla Sardegna il 13% delle risorse, rimarca la non cogenza di tale impegno, subordinandolo alla qualità dei progetti stessi.

L’aumento del numero di domande pervenute al Ministero per la ricerca industriale negli ultimi mesi (segnalata assieme alla presentazione dei dati sopra citati) può significare un’inversione di tendenza, ma è da seguire con attenzione per verificare sia la traduzione delle proposte in finanziamenti erogati, sia il carattere strutturale o congiunturale della nuova tendenza, sia infine il comportamento degli operatori anche rispetto ad altre tipologie d’intervento finanziate dal PON. Il Ministero, in collaborazione con la Regione, prevede l’attivazione di strumenti di riequilibrio in caso di andamento negativo.

Gli accordi tra Ministero e Regioni dell’Obiettivo 1 comportano una concentrazione regionale sugli interventi di piccola dimensione (non superiori ai 100.000 euro) e sui settori ritenuti strategici ai fini dello sviluppo competitivo (analisi e monitoraggio del rischio ambientale; trasporti; biologie avanzate e sue applicazioni; produzioni agroalimentari; conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali e ambientali; nuove tecnologie per le attività produttive; tecnologie dell’informazione e della comunicazione).

La Regione dovrà definire più puntualmente le proprie strategie specifiche (a seguito di una puntuale rilevazione del fabbisogno innovativo del territorio) attraverso l’elaborazione di un Piano regionale della ricerca e l’Innovazione, costituente il presupposto per la spendita dei fondi strutturali a partire dal 2002.

Strumenti attivati

Sono in corso di predisposizione le Direttive riguardanti le modalità d’attuazione del Piano regionale della Ricerca e l’Innovazione e la riforma di una parte qualificante dell’offerta regionale di ricerca – quella a partecipazione diretta della Regione – mentre è in corso l’esame delle proposte di legge in materia di ricerca scientifica presso il Consiglio Regionale. Tali atti consentiranno di definire le parti più rilevanti di quello che, nello scorso Documento, veniva definito “Piano quadro”, per il quale si confermano gli indirizzi già espressi.

È in via di costituzione il Gruppo di interesse locale “Ricerca scientifica e pari opportunità”, costituito da donne impegnate nell’ambito universitario, nei centri di ricerca e imprenditrici che operano nel campo dell’innovazione scientifica. Il Gruppo di interesse ha il compito di diffondere le informazioni fra le ricercatrici, accrescere la creazione di reti tra donne, creare nuove sinergie tra Università e organismi pubblici e privati, promuovere l’accesso della componente femminile, attualmente sottorappresentata, nei vertici decisionali, nelle commissioni di valutazione, nella carriera scientifica delle giovani laureate.

POLITICA ED INTERVENTI NEL TURISMO Inizio Pagina

La situazione

Il sistema turistico regionale è basato essenzialmente sul prodotto marino-balneare. L’offerta ricettiva, alberghiera ed extralberghiera, è costituita da 1.028 strutture. La ricettività alberghiera, con 661 strutture e 67.442 posti letto, risulta caratterizzata da una tendenza ad addensarsi sulle aree costiere, e da una certa modernità e qualità a livello di singola azienda.

Il sistema alberghiero isolano rappresenta quasi il 2% di quello nazionale, mentre il numero dei posti letto è pari a circa il 4% dell’intero patrimonio nazionale. Negli ultimi dieci anni l’offerta turistica è cresciuta quantitativamente e qualitativamente: la graduale ristrutturazione del sistema alberghiero ha comportato una significativa crescita degli esercizi a 4 stelle (le cinque strutture a 5 stelle ricadono nella provincia di Sassari) a fronte di una flessione considerevole di quelli appartenenti alle fasce più basse. La distribuzione percentuale degli alberghi per categoria è la seguente: 49% 3 stelle; 21%2 stelle; 17% 3 stelle; 13% 1 stella; l’offerta inoltre si è arricchita di nuove tipologie quali agriturismo e bed and breakfast, mostrando una certa tendenza alla specializzazione e diversificazione anche in aree diverse da quelle costiere.

Tuttavia il quadro dell’offerta nel territorio interno dell’Isola, caratterizzato da una forte dispersione degli insediamenti e condizionato dal prevalente carattere microimprenditoriale della gestione, risulta insufficiente e inadeguato rispetto alla domanda.

Gli esercizi complementari sono 367 e costituiscono lo 0,3% di quelli italiani. I posti letto nei complementari sono circa 69.000 pari al 52% sul totale complessivo dei posti letto regionale.

La provincia di Sassari risulta avere la concentrazione più elevata di strutture ricettive, ed in particolare quelle di categoria medio-alta (3,4,5 stelle), segue la provincia di Nuoro (172), Cagliari (142) e Oristano (30).

I dati inerenti l’utilizzazione delle strutture alberghiere ed in particolare il basso indice di utilizzazione lorda (22,8), evidenziano il sottoutilizzo delle strutture ricettive in gran parte dell’anno: l’indice netto regionale è 34,1 quello medio nazionale 39,2.

Il movimento turistico regionale, le cui presenze rappresentano quasi il 3% di quello nazionale, per il periodo relativo agli ultimi 6 anni mostra un andamento in continua crescita con concentrazione dei flussi nei mesi estivi e punte massime nei mesi di luglio-agosto. Storicamente, la distribuzione delle presenze turistiche risulta concentrata per oltre la metà nella provincia di Sassari, anche se negli ultimi anni l’incidenza della provincia di Cagliari è aumentata, raggiungendo il 28,3% grazie allo sviluppo dei centri turistici di Villasimius, Chia e Pula. Per quanto riguarda la composizione percentuale delle presenze, è da notare che la quota maggiore (quasi l’80%) è costituita dagli italiani, i quali rappresentano, a livello nazionale, circa il 60% delle presenze complessive. Questi dati tuttavia non tengono conto della ricettività sommersa, che utilizza case private. La stima di tali presenze, in base a delle valutazioni che tengono conto anche delle utenze ENEL nelle case dei non residenti ubicate nei maggiori comuni costieri, è di circa 10.000.000, di cui 6.000.000 nella provincia di Sassari.

Solo un turista su cinque in Sardegna proviene dall’estero e ciò in tendenza con quanto avviene nelle altre regioni meridionali ad eccezione della Sicilia, diretto competitore per il segmento balneare.

La motivazione attuale di visita è quella del turismo balneare, fatta eccezione per la provincia di Cagliari che si caratterizza per l’importanza del turismo d’affari. La provincia di Oristano spicca per il turismo open air.

La permanenza media giornaliera è di circa 5,5 giorni (p.m. alberghiera in Italia 3,5, mezzogiorno 4 giorni circa), i dati disaggregati mostrano una p.m. degli italiani nell’extraricettivo superiore a quella straniera (7,7 contro 5,2).

Da un punto di vista economico si può dire che l’effetto moltiplicatore del settore è inferiore al quello di altre regioni italiane, a causa della debolezza della struttura produttiva sarda nel fornire beni e servizi intermedi all’industria dell’ospitalità e della insufficiente integrazione con gli altri settori produttivi. Il valore aggiunto del settore al 1997 è stato di 1.550 Mld, con un incidenza sul PIL regionale di circa il 3,75%.

La bilancia turistica regionale, ed in particolare il confronto tra spesa turistica effettuata dai propri abitanti fuori regione e spesa effettuata nella regione dai non residenti (italiani e stranieri) mostra un saldo positivo pari, nel 1998, pari a circa 1.219 Mld.

Il sistema diportistico regionale, costituito dal numero dei posti barca pubblici e privati, comprende circa 12.000, 14.000 se si considerano anche i porti in avanzato stato di costruzione. Tale sistema appare al momento sovradimensionato, come verificato da un gruppo di lavoro interassessoriale della R.A.S., rispetto ad una domanda che si aggira attorno alle 5000-6000 unità, cui occorre aggiungere un numero di piccoli natanti poco significativo in termini di ricaduta economica.

Sinteticamente i punti di forza e di debolezza del sistema turistico sardo sono i seguenti:

Punti di forza: alto appeal del turismo marino-balneare sul mercato nazionale; presenza diffusa di risorse naturali ed ambientali di pregio anche in aree non ancora valorizzate come quelle interne, presenza diffusa di risorse culturali e storiche con particolare riferimento al patrimonio archeologico; favorevole situazione climatica.

Punti di debolezza: fattori territoriali relativi ad infrastrutture viarie, trasporti, sistema idrico; forte stagionalità dei flussi con scarse ricadute sui centri urbani; insufficienti attività di animazione e per il tempo libero; inadeguata cultura dell’ospitalità; scarsa diffusione e utilizzo di tecnologie telematiche da parte degli operatori turistici; insufficiente presenza del sistema turistico sardo nell’offerta dei grandi tour operators e nell’offerta presente su internet; insufficiente e non coordinata di promozione sui mercati nazionali ed esteri;

Le azioni che saranno perseguite, coerentemente con quanto stabilito dalle politiche comunitarie, pongono la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale come momento centrale della programmazione turistica regionale; in tal senso risulta essenziale stabilire uno stretto rapporto con la pianificazione di tutela paesaggistica e con la pianificazione urbanistica che, a breve, a seguito della modifica della vigente Legge Urbanistica regionale e del conseguente annullamento dei PTP, potrà contare su un Piano Territoriale Urbanistico unitario per tutta l’Isola che conterrà le linee generali per la salvaguardia dell’ambiente.

Centralità sarà data anche alla integrazione con le pianificazioni pubbliche: le opportunità offerte dal QCS e dal POR 2000-2006 consentiranno uno sviluppo sinergico dei progetti imprenditoriali con le iniziative infrastrutturali pubbliche, al fine di sviluppare Poli Integrati di Sviluppo Turistico che potranno fungere da modello per lo sviluppo di altri territori regionali. I poli dovranno costituire la base per la realizzazione di veri e propri distretti turistici integrati, con elementi comuni in relazione all’offerta turistica, alle tradizioni del folclore locale, all’artigianato ed ai prodotti per l’agricoltura; il distretto, inoltre, dovrà contare su una forte partecipazione dei privati e si caratterizzerà per la stretta connessione con il tessuto sociale ed urbano circostante. Saranno pertanto sviluppate quelle iniziative che si colleghino pienamente al territorio, da un lato per poter usufruire dei servizi offerti nelle stagioni minori e dell’altro per consentire una maggiore integrazione con l’economia ed i servizi del territorio stesso. In tal senso si porrà particolare attenzione alla creazione di ‘città aperte’, strutture residenziali e turistiche realizzate con stili e materiali costruttivi tipicamente locali dove il turista possa effettivamente entrare in contatto con i residenti e la loro cultura.

L’intero nuovo approccio, non solo metodologico, per lo sviluppo del settore troverà sistematizzazione all’interno Piano di Sviluppo Turistico.

Obiettivi specifici: Gli obiettivi che saranno perseguiti in un’ottica di sostenibilità ambientale, attraverso la valorizzazione delle risorse territoriali, culturali e urbane, sono:

  • favorire la creazione di distretti turistici attraverso l’individuazione e la valorizzazione dei siti già esistenti e/o dotati di potenzialità turistiche, sia in termini di dotazione intrastrutturale che di attrattività;
  • accrescere e qualificare i flussi turistici, raggiungendo in 10 anni la soglia di 20 milioni di presenze; favorire l’allungamento della stagione turistica garantendo la distribuzione dei flussi in un arco temporale di 10 mesi all’anno, stimolando lo sviluppo turistico delle aree interne;
  • creare nuova occupazione e dare stabilità a quella stagionale;
  • creare un’Agenzia per gli investimenti che curi il rapporto con la domanda turistica internazionale e i loro rappresentanti (tour operators e agenti di viaggio), la stampa, gli opinion leaders, ma anche con gli operatori economici che vogliono investire in Sardegna, creando le migliori condizioni per facilitare la creazione di insediamenti produttivi che privilegino l’impiego dei materiali costruttivi e gli stili dell’edilizia locale;
  • potenziare il sistema formativo regionale attraverso la realizzazione di attività formative ai diversi livelli per valorizzare le risorse umane impegnate e da impegnare nel settore del turismo, promuovendo così il miglioramento costante della qualità del servizio reso dagli operatori e dagli addetti.

In questa direzione dovranno proporsi essenzialmente due linee d’intervento:

a) la promozione di progetti formativi specificatamente mirati a creare imprenditorialità femminile nei settori dei servizi all’artigianato e dei servizi turistici;

b) la promozione di competenze nel settore turistico attraverso la realizzazione di una filiera formativa costituita da un diploma universitario in tecnologia e gestione di piccole e medie organizzazioni del turismo, da una laurea in scienze e tecniche di gestione turistica e da un diploma di specializzazione post lauream in economia dell’integrazione fra risorse culturali e turismo, fra risorse naturali e turismo, nelle relazioni interculturali con specifica attenzione al turismo quale fattore di sviluppo e alla programmazione del turismo.

Gli obiettivi operativi sono:

  1. per gli spazi dell’ospitalità: l’adeguamento, il completamento, la ristrutturazione e l’ammodernamento delle strutture ricettive e la creazione di nuove strutture a 4 e 5 stelle nelle aree costiere non ancora dotate. Tali interventi dovranno essere rispondenti ai modelli architettonici dell’insediamento abitativo sardo presente nella zona, rispettose dell’ambiente e delle normative comunitarie, dotate di certificazione della qualità; la creazione di un sistema di albergo diffuso e di bed and breakfast nei centri urbani e nelle zone non costiere, da realizzare attraverso l’adeguamento di immobili esistenti; il sostegno degli investimenti in materia di turismo rurale;
  2. creazione e potenziamento delle infrastrutture specifiche dell’attività turistica. La dotazione infrastrutturale dei servizi al turismo riveste un importanza pari a quella della ricettività: a tal fine decisiva può essere la sinergia che dovrà esserci tra la Regione e gli investitori privati per la realizzazione non solo di infrastrutture di servizio e di trasporto, idriche e di smaltimento dei rifiuti, ma anche di campi da golf, di itinerari culturali, di percorsi ambientali attrezzati, di parchi marini, nonché per la realizzazione di altre strutture complementari quali centri sportivi e per congressi, per il management alberghiero, per la valorizzazione e la fruizione del patrimonio nuragico, dei luoghi antichi di spettacolo, della cultura materiale e immateriale. Per tali infrastrutture si dovrà far ricorso anche al project financing e agli strumenti della programmazione negoziata. Il sistema diportistico dovrà trovare realizzazione attraverso un piano di promozione e di commercializzazione sui mercati nazionali ed esteri;
  3. creazione di un nuovo agente di promo-commercializzazione della destinazione Sardegna e di un nuovo modello di comunicazione, a seguito della avvenuta fase di rilevazione della domanda turistica nazionale e internazionale. Si dovrà procedere ora ad una fase di costituzione e implementazione del database dell’offerta; ad una fase di advertising con azioni finalizzate alla promozione del modello di comunicazione interattiva; alla progettazione, realizzazione e gestione di un call center e di un sistema di comunicazione diretta per l’erogazione di informazioni aggiornate su ogni componente dell’offerta turistica e per la fidelizzazione della domanda turistica attuale; alla realizzazione di un canale televisivo che diffonda a livello europeo e internazionale elementi conoscitivi del patrimonio culturale, naturale e turistico della Sardegna;
  4. creazione di itinerari turistici integrati, per valorizzare l’immenso complesso culturale e ambientale dell’Isola. Gli itinerari dovranno tenere conto degli eventi legati al patrimonio culturale dei luoghi antichi di spettacolo, dei nuraghi, di feste e sagre locali. I programmi dovranno essere realizzati in forma di circuiti tematici, affinché costituiscano occasione per l’acquisizione di nuovi flussi turistici e per la loro veicolazione verso aree non costiere della Sardegna. Inoltre, si dovranno prevedere interventi tesi a migliorare l’accessibilità, la visibilità e l’accoglienza delle aree archeologiche, in particolare per quanto attiene alle sette Città Regie, ai nuraghi e ai luoghi antichi di spettacolo. Si dovrà prevedere il recupero delle aree monumentali e la valorizzazione delle aree archeologiche, delle aree prospicienti quelle d’intervento, nonché l’allestimento di spazi anche temporanei per attività culturali e di spettacoli.

NUOVI STRUMENTI PER LO SVILUPPO D’AREA Inizio Pagina

La scommessa dei PIT (Progetti Integrati Territoriali)

I PIT, come richiamato all’inizio di questa parte del DPEF, rappresentano una nuova scommessa per lo sviluppo locale nell’isola: occorre infatti in primo luogo rendere efficiente un meccanismo di proposta e di partenariato dal basso che è per sua natura inevitabilmente complesso, ma è l’unico (come tipologia) in grado di attivare le energie locali durante l’intero processo di sviluppo. In secondo luogo, il superamento delle difficoltà procedurali e delle carenze di managerialità e di efficacia riscontrate nella conduzione degli strumenti della programmazione negoziata in senso lato (ricomprendendo in tale tipologia anche i P.I.A.) – e rimarcate nella IIa parte del DPEF – dovrà accompagnarsi ad una progressiva unificazione metodologica di tale famiglia di strumenti, suggerita dal Quadro Comunitario di Sostegno, che del resto prevede la attuabilità di patti territoriali, contratti d’area e di programma anche attraverso lo strumento dei PIT.

Il QCS definisce i Progetti Integrati come “un complesso di azioni intersettoriali strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario…”. Tali azioni devono, di norma, essere connotate da una “massa critica” adeguata conforme a due requisiti:
a. l’integrazione progettuale, caratteristica generale dell’attività cofinanziata dai Fondi Strutturali;
b. il forte riferimento territoriale del complesso delle azioni programmate, inteso come contesto che attiva dal basso le proprie potenzialità.

A tali elementi basilari si aggiungono altri aspetti che caratterizzano un Progetto Integrato Territoriale:

  • l’identificazione di una o più idee guida di sviluppo, esplicitate e condivise attraverso un’intensa attività di partenariato;
  • l’individuazione, negli Assi del POR, delle misure di riferimento e degli obiettivi specifici che esprimano una chiave primaria dello sviluppo nell’ambito territoriale considerato;
  • la conseguente identificazione della strategia di sviluppo e delle linee d’intervento composite, funzionali e coerenti al raggiungimento degli obiettivi, che integrano Misure diverse e richiamano la responsabilità e competenza di più Assessorati o centri di spesa.

I Progetti Integrati Territoriali, oltre ad inserirsi coerentemente all’interno della strategia Regionale delle linee di intervento (territoriali, settoriali e di filiera) e dei metodi (concertazione, collaborazione pubblico-privato) esplicitati nel Programma Operativo Regionale, devono soddisfare una duplice esigenza:

  • assicurare un adeguato riconoscimento agli interventi che rispondano al principio di integrazione e di concentrazione, sia funzionale che territoriale, e siano quindi basati su un’idea guida;
  • fare in modo che alla maggiore complessità di realizzazione dell’insieme di queste azioni facciano riscontro modalità di attuazione e gestionali unitarie, organiche e integrate, in grado di consentire l’ effettivo conseguimento degli obiettivi nei tempi prefissati.

Per raggiungere gli obiettivi fissati, nel rispetto dei principi della concentrazione delle risorse, dell’integrazione, della sussidiarietà, del decentramento, della concertazione e partenariato, delle pari opportunità, la R.A.S. ha previsto che una quota significativa di risorse finanziarie disponibili con il POR, non inferiore al 40% del totale, venga riservata ad interventi attuati con approccio integrato territoriale;

Va peraltro rimarcato il fatto che i PIT si configurano come una modalità attuativa del P.O.R., e che l’inserimento di un territorio entro un PIT non implica di per sé una maggiore attribuzione di risorse al territorio interessato.

In altri termini, i PIT non sono e non devono rappresentare per i territori un passaggio obbligato per ottenere una particolare concentrazione di risorse, ma costituiscono piuttosto una modalità attuativa del POR che diviene opportuna in presenza di forti partenariati locali, i quali vogliano farsi portatori di una progettualità matura e complessa che, pertanto, richiede particolari forme di integrazione e conduzione manageriale di progetti pubblico-privati.
Tutti gli Assi del POR Sardegna sono potenzialmente interessati dai PIT.

Nell’attuare tale integrazione si terrà conto del ruolo delle Province nei processi di programmazione, sancito dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (art. 20 D.Lgs. n.267/2000) ove è detto che “La Provincia raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della regione; concorre alla formazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali...”.

I soggetti che intendono proporre progetti integrati dovranno inoltre tenere conto di iniziative analoghe già attivate sul territorio (patti territoriali, contratti d’area, contratti di programma, Leader, Prusst, PIA, ecc.). I PIT vengono realizzati all’interno di specifiche aree territoriali, per sostenerne la crescita in funzione delle reali specificità e vocazioni territoriali, integrando le iniziative in corso e promuovendone di nuove in funzione dei maggiori bisogni e/o opportunità.

In tale ottica, la Regione svolgerà un ruolo di regia per consentire a tutte le iniziative identificate di conseguire gli obiettivi indicati dal POR Sardegna nei tempi programmati.

Le Province, in stretto raccordo con le parti economiche e sociali, raccoglieranno le proposte di PIT provenienti dalle aggregazioni fra i Comuni e, prima di inviarle alla Regione, verificheranno la coerenza delle stesse con la zonizzazione tematica di cui al paragrafo successivo.

Dall’analisi SWOT svolta per la valutazione ex-ante del POR emerge che le proposte di PIT debbono interessare principalmente le seguenti aree:

  • aggregazioni territoriali costituite da comunità locali con forti identità culturali ed ambientali, omogenee dal punto di vista delle risorse naturali e culturali (aree ad elevata valenza ambientale, centri storici di rilevante valore, aree archeologiche, ecc.);
  • aree subregionali particolarmente vocate per le attività agroindustriali, dove è presente una qualche specializzazione produttiva e si sta consolidando un piccolo tessuto di imprese specializzate;
  • aree particolarmente vocate per le attività turistiche, coincidenti sia con sistemi maturi da sviluppare, sia con potenziali nuovi sistemi con grandi potenzialità di sviluppo;
  • i sistemi locali esistenti che interagiscono con le filiere della produzione del marmo, del sughero, delle pietre ornamentali, ed i sistemi potenziali che possono implicare la creazione di nuove filiere produttive a basso impatto ambientale (meccanica fine, elettronica, telematica).

La Regione prevede di attivare, per il finanziamento dei PIT, dei bandi annuali sino al 2004 al fine di consentire un progressivo dispiegarsi della progettualità dei territori.

Considerando l’obiettivo di destinare ai PIT almeno il 40 % delle risorse del POR, e la necessità di prevedere una fase sperimentale, al primo bando è destinato il 10% delle risorse. La selezione dei Progetti Integrati territoriali si articola in due fasi: 1- ammissibilità; 2- istruttoria, valutazione e selezione dei PIT prioritari.

La metodologia di selezione adottata per i PIT prevede la valutazione dei seguenti elementi, a loro volta suddivisi in più componenti:

a. Qualità, coerenza ed efficacia della programmazione
b. Sostenibilità tecnico-progettuale
c. Sostenibilità ambientale
d. Sostenibilità finanziaria
e. Sostenibilità economica, sociale ed istituzionale
f. Sostenibilità amministrativa e di gestione

Il nuovo programma di interesse comunitario Leader + Inizio Pagina

Il nuovo P.I.C. Leader + prosegue la positiva esperienza di Leader I e Leader II.
Gli obiettivi della nuova edizione di Leader, in Sardegna, sono i seguenti:

  • valorizzazione del patrimonio naturale e culturale;
  • potenziamento dell’ambiente economico, al fine di contribuire a creare posti di lavoro;
  • miglioramento della capacità organizzativa delle rispettive comunità locali.

All’interno del Programma Leader+ Sardegna i territori ammessi a presentare la propria candidatura al Programma sono stati individuati in base alla rispondenza ai seguenti parametri stabiliti dalla Giunta Regionale con Deliberazione n°38/10 del 19 settembre 2000 (approvazione delle Linee Guida per la predisposizione del Programma Leader+ Sardegna):

  • Indice di spopolamento (fonte Istat 1988-1998): sono stati presi in considerazione tutti i Comuni che nel periodo considerato hanno subito un decremento della popolazione residente;
  • Popolazione attiva in agricoltura (Istat 1991): sono stati presi in considerazione tutti i Comuni con una popolazione attiva in agricoltura superiore alla media regionale;- Indice di disoccupazione (Istat 1991): sono stati presi in considerazione tutti i Comuni con il tasso di disoccupazione superiore alla media regionale;
  • Indice di vecchiaia (Istat 1999): sono stati presi in considerazione tutti i Comuni con l’ indice di vecchiaia superiore alla media regionale;
  • Densità di popolazione (Istat 1999): sono stati presi in considerazione tutti i comuni con densità di popolazione inferiore a 100 ab./Kmq.

L’Area di applicazione del Programma Leader+ è il risultato dei territori dei Comuni che soddisfano almeno quattro indicatori sui cinque considerati per un totale di 233 Comuni (62% del totale). Sono stati esclusi dall’applicazione del Leader+ i territori ricadenti in Comuni con popolazione superiore ai 30.000.

In sede di approvazione dei Piani di Sviluppo Locale si potrà prendere in considerazione l’opportunità di estendere l’area di applicazione a territori limitrofi, che possono trovare adeguate giustificazioni in relazione alle affinità socio-culturali con le aree eligibili. Le possibile estensioni verranno valutate nel limite massimo del 25% delle singole aree individuate nei PSL e proposte dai Gruppi di Azione Locale, fermo restando il limite dei 100.000 abitanti che dovrà costituire ogni singola area Leader+. Per quanto tale ipotesi resti ancora vincolata all’esito della negoziazione in corso tra la Regione e l’Unione Europea, dalle osservazioni ad oggi pervenute non emergono veti in proposito.

La riduzione dei territori ammessi a presentare candidature rispetto al precedente periodo di programmazione è dovuta al taglio delle risorse comunitarie destinate all’Italia nel suo complesso, e di conseguenza alla Sardegna. Infatti, il cofinanziamento comunitario è passato dai circa 70 miliardi di lire del periodo di programmazione 1994-1999 a poco più di 50 miliardi di lire per il periodo 2000-2006. Con l’ipotesi di cofinanziamento al 50%, per il P.I.C. Leader+ Sardegna saranno disponibili circa 100 miliardi di risorse pubbliche (50% fondo comunitario FEOGA, 30% risorse statali, 20% risorse regionali).

Nella Comunicazione 2000/C 139/05 recante gli orientamenti su Leader+, inoltre, la Commissione Europea richiama la “… frammentazione di risorse finanziarie tra un numero elevatissimo di Gruppi di Azione Locale risultante in interventi poco efficaci” verificatasi nell’attuazione di Leader II, e dispone che “… al fine di concentrare le risorse comunitarie sulle proposte più promettenti ed ottenere il massimo effetto moltiplicatore, beneficierà del contributo comunitario … soltanto un numero ristretto di territori”, in applicazione del principio di concentrazione in base al quale le risorse devono essere convogliate su un obiettivo comune al fine di ottenere il massimo risultato e di evitare interventi a pioggia con scarse ricadute sul territorio.

Il Centro Regionale di Programmazione, nella stesura del Programma, si è attenuto ai principi enunciati dalla Commissione Europea e alle disposizioni date dalla Giunta regionale per l’individuazione dei territori, circoscrivendo l’area di applicazione di Leader+ ai territori in ritardo di sviluppo e, in maniera limitata, alle aree a prevalente sviluppo agricolo.

Beneficiari di Leader+ sono i Gruppi di Azione Locale (GAL) in grado di rappresentare il territorio dal punto di vista istituzionale, economico e sociale. Essi devono costituire una struttura in grado di definire ed attuare la strategia di sviluppo per il territorio in questione e redigere un Piano di Sviluppo Locale (PSL). Devono inoltre dimostrare di essere in grado di gestire sovvenzioni pubbliche. Nella proposta di programma si prevede un numero massimo di 8 GAL.

Leader+ Sardegna è strutturato nei seguenti tre Assi:

- ASSE I: “Strategie di sviluppo rurale”;
- ASSE II: “Cooperazione tra territori rurali”;
- ASSE III: “Gestione, Assistenza tecnica, Valutazione e Monitoraggio”.

L’Asse I è articolato nelle seguenti Misure:

Misura 1.1. - Miglioramento e valorizzazione del sistema produttivo locale.

Linee di intervento: è previsto il finanziamento di progetti, investimenti materiali ed immateriali riguardanti:

  • introduzione di prodotti/servizi e processi innovativi con particolare riferimento all’utilizzo di materie prime di origine locale;
  • progetti volti all’individuazione di nuovi mercati e distributivi, tra cui l’integrazione dell’offerta dei prodotti locali con quella turistica – ricreativa;
  • l’implementazione e diversificazione produttiva di aziende agricole anche in forma associata;
  • l’individuazione di elementi e parametri di qualità e loro introduzione nelle strutture produttive e di servizio locali mediante la creazione e la certificazione di qualità ambientale di nuovi prodotti DOP, IGP;
  • la creazione di laboratori per lo studio, la conservazione ed il trasferimento di tecniche di produzioni tradizionali di qualità; § l’aumento della qualità dei prodotti locali attraverso l’introduzione di sistemi di certificazione di processo e di prodotto,
  • l’introduzione di nuove tecnologie di trasformazione dirette a migliorare la qualità finale dei prodotti e l’ambiente di lavoro;
  • l’associazionismo tra micro imprese per favorire e agevolare la gestione di sinergie commerciali;
  • la formazione e riqualificazione di personale con preparazione specifica in relazione alle azioni comprese in questa misura.

Misura 1.2. Miglioramento della qualità della vita

Linee di intervento: sarà possibile finanziare investimenti immateriali e materiali volti a:

  • individuare i fabbisogni in servizi delle popolazioni;
  • fornire servizi anche innovativi alla popolazione; § favorire manifestazioni di aggregazione della popolazione;
  • promuovere il coinvolgimento della popolazione sulle problematiche del territorio
  • sostenere le madri lavoratrici (creazione di ludoteche, servizi di baby parking individuali);
  • formare operatori di servizi sociali che operino con anziani, giovani, bambini.

Misura 1.3. Valorizzazione delle risorse naturali e culturali

Linee di intervento: sarà possibile finanziare investimenti immateriali e materiali riguardanti:

  • creazione di itinerari a carattere tematico (ambientale, religioso, culturale, enogastronomico) anche attraverso il recupero e il ripristino di testimonianze della cultura locale e nel rispetto dell’ambiente;
  • allestimento di centri di educazione ambientale, che possano fungere anche come punti di accoglienza e informazioni al turista; gli interventi ricadranno in ambiti strategici ai fini dello sviluppo dei territori dei GAL, attraverso il recupero e l’utilizzo di edilizia pubblica;
  • potenziamento dei servizi legati alla fruizione dei beni culturali con particolare riguardo a quelli collaterali alla visita (caffetteria, ristorante);
  • azioni di recupero delle conoscenze e delle tradizioni;
  • azioni per la trasmissione di competenze nelle arti e nei mestieri identificanti le culture locali di riferimento;
  • azioni rivolte prioritariamente alla donna per la promozione e diffusione della cultura dell’accoglienza in ambiti rurali. Sarà data priorità alle azioni di promozione nel bed and breakfast, agriturismo);
  • azioni per la promozione, la creazione e la messa in rete di circuiti di B&B finalizzati alla commercializzazione del prodotto.

Misura 1.4. Rafforzamento della competitività sociale, territoriale e di sviluppo delle reti relazionali nell’ambito dei Piani di Sviluppo Locale

Linee di intervento: saranno finanziati investimenti materiali e immateriali attraverso progetti per:

  • la promozione di azioni tendenti a valorizzare il patrimonio locale delle conoscenze;
  • la sensibilizzazione delle popolazioni;
  • il trasferimento di conoscenze alla popolazione e agli attori di sviluppo locale;
  • promuovere lo scambio tra le culture e le popolazioni locali come fattore di solidarietà e coesione sociale.

L’Asse II mira a promuovere la cooperazione all’interno dello stesso Stato membro (cooperazione interterritoriale), o tra territori appartenenti a più Stati membri (cooperazione transnazionale), ed è articolato nelle seguenti Misure:

Misura 2.1.: Sostegno alla cooperazione interterritoriale regionale e nazionale

Linee di intervento:

  • valorizzazione comune del patrimonio naturalistico e storico-culturale;
  • creazione di nuovi sbocchi commerciali per produzioni locali tipiche e di qualità mediante azioni promozionali comuni;
  • realizzazione di prodotti o servizi comuni;
  • utilizzazione di nuove tecnologie per l’organizzazione dei servizi.

Misura 2.2.: Sostegno alla cooperazione transnazionale

Linee di intervento:

  • valorizzazione comune del patrimonio naturalistico e storico-culturale;
  • creazione di nuovi sbocchi commerciali per produzioni locali tipiche e di qualità mediante azioni promozionali comuni;
  • realizzazione di prodotti o servizi comuni;
  • utilizzazione di nuove tecnologie per l’organizzazione dei servizi.

L’Asse III comprende la seguente Misura:

Misura 3.1. Assistenza tecnica,Valutazione e monitoraggio

Linee di intervento:

assistenza tecnica mirata ad analisi e tematiche specifiche funzionali ad una efficace attuazione sia a livello di Autorità di gestione che di GAL, ivi compresi il superamento delle problematiche riguardanti aspetti istituzionali, giuridici e finanziari;

  • supporto all’attività del Comitato di sorveglianza garantendone un livello adeguato di coordinamento;
  • supporto alla progettazione e realizzazione del Piano di Comunicazione;
  • realizzazione della valutazione intermedia;
  • definizione di modalità di analisi dei processi organizzativi e modellizzazione del procedo di monitoraggio;
  • sviluppo di adeguate capacità professionali delle strutture impegnate nella programmazione, gestione, sorveglianza e controllo del Programma.

Il nuovo programma di interesse comunitario INTERREG III Inizio Pagina

La Commissione ha approvato il P.I.C. Interreg III il il 28.4.2000. Obiettivo dell’Iniziativa Interreg III rimane, come in passato, quello di evitare che i confini nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e l’integrazione del territorio europeo. I confini, infatti, rappresentano una barriera economica, sociale e culturale ed impediscono di gestire coerentemente gli ecosistemi; inoltre, le zone frontaliere vengono spesso trascurate dalle politiche nazionali e di conseguenza le loro economie hanno tendenza a diventare periferiche nell’ambito dello Stato di cui fanno parte. La fase di programmazione 2000-2006 del P.I.C. si articola su tre sezioni: A - Cooperazione Transfrontaliera;B - Cooperazione Transnazionale; C - Cooperazione Interregionale.

La Regione Sardegna per il periodo di programmazione 2000-2006 è interessata dai seguenti programmi:

- Sezione A - Cooperazione transfrontaliera Italia - Francia “Isole”, insieme alla Corsica e alla Toscana. Il programma prevede interventi congiunti in campo infrastrutturale, ambientale e degli scambi economici e socio-culturali; la Regione Sardegna è Autorità di gestione e pagamento dell’intero programma, mentre la gestione operativa è stata delegata alle province (Provincia di Sassari per la Sardegna, Provincia di Livorno per la Toscana) in applicazione del principio di sussidiarietà. Per la Corsica, la gestione operativa sarà affidata alla Collectivitè Territoriale de Corse, e non più allo Stato, come nella precedente programmazione.

- Sezione B - Cooperazione transnazionale – MED.OCC., insieme ad altre regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna), spagnole (Andalucia, Murcia, C. Valenciana, Cataluña, Baleares, Aragon, Ceuta, Melilla), francesi (Languedoc-Roussillon, PACA, Rhône- Alpes, Corse), portoghesi (Algarve) e del Regno Unito (Gibraltar). Il programma MED.OCC. è gestito direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici.

- Sezione C - Cooperazione interregionale; solo di recente (GUCE C141 del 15.5.2001) è stata pubblicata la Comunicazione della Commissione C(2001) 1188 del 7.5.2001 che illustra i contenuti e le modalità di attuazione di questa sezione.

La strategia adottata per il Programma Italia - Francia “Isole” Sardegna – Corsica – Toscana si propone di dare una risposta a questioni strutturali come la disoccupazione, l’instabilità sociale, il ritardo in materia di pari opportunità e la tutela dell’ambiente, delle identità e del paesaggio in termini di valore aggiunto e di specificità della cooperazione transfrontaliera. Per il programma MED.OCC., invece, la sfida trasversale è quella di contribuire alla diffusione e allo sviluppo di poli di crescita mediterranei; tutti i progetti finanziati avranno l’obiettivo comune di favorire la costruzione di una zona meridionale di integrazione economica di importanza mondiale, in conformità con la prima opzione politica dello Schema di Sviluppo dello Spazio Comunitario.

Per entrambi i programmi le isole del mediterraneo dispongono di strutture geografiche vicine e di legami storici consolidati, e, di contro, soffrono di handicap strutturali forti, primo fra tutti un’insufficiente accessibilità. Partendo da questo assunto, entrambi i programmi prevedono una strategia congiunta di gestione, pianificazione e sviluppo del territorio nei settori dell’ambiente, del turismo e degli scambi economici, con un interesse particolare al problema dell’accessibilità e delle interconnessioni.

Secondo il disegno delineato dalla Comunicazione e concretizzato nei programmi, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale passano attraverso soluzione transfrontaliere o transnazionali a problemi condivisi come l’approccio comune alle questioni ambientali, il trasferimento di know-how e la creazione di economie di scala rispetto a problemi specifici delle singole aree; in particolare, nel programma Italia - Francia “Isole” Sardegna – Corsica - Toscana la promozione turistica congiunta delle tre regioni riveste un ruolo chiave, in quanto permette di realizzare uno sviluppo armonico fondato su fattori endogeni con effetti locali sulla disoccupazione e sulla capacità di innovazione; gli interventi sul sistema delle competenze, sui trasferimenti di knowhow e sui problemi posti dalle differenze legislative e organizzative sono invece finalizzati alla rottura dell’isolamento e alla creazione di economie di scala “culturali”.

Complementarietà fra Interreg III e Leader+

Entrambe le iniziative Leader e Interreg sono fortemente incentrate sulla cooperazione, Interreg per vocazione, Leader come corollario della strategia di sviluppo indicata dal programma, per condividere le buone pratiche e i risultati conseguiti con il metodo innovativo Leader tra i altri territori rurali.

Il programma Interreg, in particolare, mira ad incentivare la cooperazione transeuropea nell’ottica di una sempre maggiore integrazione tra paesi, avendo come obiettivo ultimo l’allargamento e il progressivo superamento delle frontiere nazionali, mentre in Leader l’attenzione della cooperazione è incentrata sulla logica innovativa del programma per il superamento dei problemi strutturali delle zone rurali.

Sia il programma Interreg IIIA che il programma MED.OCC. prevedono, seppure una scala territoriale differente, interventi infrastrutturali nel campo delle reti e dei servizi per superare l’isolamento e migliorare l’accessibilità (porti, aeroporti, rete viaria); Leader+ Sardegna non prevede interventi infrastrutturali di questa portata, ma le azioni in esso finanziate potranno essere favorevolmente influenzate dalla diminuzione dei tempi di percorrenza, soprattutto nel nord dell’Isola.

Interreg IIIA, inoltre, include nell’Asse II una collaborazione strutturata con la Corsica e la Toscana per elaborare una strategia congiunta nel settore antincendio, e nel programma MED OCC verranno finanziati studi e azioni congiunte che contribuiranno direttamente, unitamente agli interventi finanziati nel POR, alla risoluzione dei problemi di difesa del suolo. Il programma Leader+ Sardegna non prevede interventi diretti in questo campo, ma avendo tra i suoi obiettivi globali il potenziamento dell’ambiente economico rurale e il rafforzamento del senso di appartenenza al territorio, si pone come fortemente complementare rispetto agli interventi finanziati da Interreg e dal POR, contribuendo a creare, nelle zone rurali, tutte le condizioni “immateriali” che legano la popolazione locale al territorio e che costituiscono il primo irrinunciabile presidio contro i rischi ambientali.

Programmi Integrati di Sviluppo Territoriale (Pist) delle Isole Minori della Sardegna Inizio Pagina

Nell’aprile del 1999 l’Ancim (Associazione Nazionale Isole Comuni) si è dotata di un Piano unitario di sviluppo locale delle isole italiane denominato DUPIM, che punta su un modello di crescita fondato su un turismo culturale e naturalistico capace di rilanciare agricoltura, pesca, artigianato ed i prodotti della trasformazione della pesca e dell’agricoltura.

Sulla base del Dupim, sempre nel 1999, è stato sottoscritto un Accordo di Programma “Sviluppo locale delle Isole minori”, che fa parte del generale Accordo quadro di sviluppo locale delle Intese istituzionali di programma, e che ha coinvolto innanzitutto le sei regioni interessate che hanno isole (Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia). Tale Accordo Quadro è stato sottoposto all’esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome il 2 dicembre dello stesso anno.

Le Regioni firmatarie dell’Accordo di Programma Quadro, per la loro parte di competenza, si sono impegnate alla realizzazione del Programma con risorse proprie e attraverso l’inserimento dei progetti all’interno dei documenti di programmazione comunitaria 2000-2006 e degli strumenti di programmazione negoziata. Il CIPE, in data 15 febbraio 2000, nel ripartire le risorse destinate a favorire le attività produttive, ha assegnato 100 miliardi per le iniziative a favore delle Isole minori, di cui 75 alle isole minori delle Regioni Meridionali.

Il Comitato Nazionale di Coordinamento per l’attuazione e la verifica dell’Accordo di Programma Quadro, previsto dall’art.5 dell’Accordo stesso, di cui fanno parte i rappresentanti di tutte le parti firmatarie dell’Accordo medesimo, ha approvato la proposta di riparto concordata tra le regioni interessate che ha visto la Sardegna assegnataria di lire 25,5 miliardi a fronte di un monte risorse di lire 75 miliardi.

La stessa Giunta Regionale in data 19.12.2000, con delibera n.53/1, ha preso atto delle decisioni stabilite dalla delibera CIPE. E’ stato predisposto il PIST regionale comprendente l’Arcipelago di La Maddalena e l’arcipelago del Sulcis con le isole di Carloforte, Calasetta e Sant’Antioco che ha avuto l’approvazione da parte del CIPE nel maggio 2001. Le risorse a disposizione della Sardegna sono per ora 25,5 miliardi di lire, come fondi CIPE; la Regione, in sede di Accordo di Programma, ha preso l’impegno a recepirlo all’interno della propria programmazione ed a cofinanziarlo con gli strumenti di programmazione negoziata. La ripartizione delle risorse è legata al criterio stabilito in sede di coordinamento ANCIM: 70% alle incentivazioni delle attività produttive e 30% alle infrastrutture, ove questo non fosse possibile la priorità verrà data a progetti di investimento pubblico.

Le erogazioni da parte del CIPE sono per tranches: la prima del 20% (già maturata e pronta da essere trasferita alla Regione) con l’approvazione del PIST da parte del CIPE; le altre per stati di avanzamento.

Oltre alle risorse destinate dal CIPE la L.488/92 ha assegnato 100 miliardi di lire da destinare ad una o più “graduatorie speciali 488” dedicate alle iniziative da realizzare nei territori dei Comuni delle Isole minori, nell’ambito dei settori industria e servizi, energia, turismo e commercio. Si pone l’esigenza di istituire una nuova Unità Previsionale di Base (UPB) per l’esercizio finanziario 2002 per il PIST Isole Minori dove far convogliare sia i fondi CIPE che i fondi provenienti dalla L.488/92 da trasferire poi direttamente ai Comuni per l’attuazione del programma.

IL SOSTEGNO AL BENESSERE SOCIALE Inizio Pagina

Politica sanitaria

La situazione regionale in termini di offerta di servizi sanitari conferma l’esigenza prioritaria di una politica sanitaria regionale che garantisca uguali opportunità di accesso ai servizi sanitari. La Regione assume come obiettivi primari la qualificazione dell’Assistenza Sanitaria, l’utilizzo razionale delle risorse e il miglioramento dei servizi, l’appropriatezza delle prescrizioni e del consumo dei farmaci, l’igiene della produzione e della commercializzazione degli alimenti, l’acquisizione di beni e servizi più rispondente alle reali esigenze della collettività.

Il perseguimento di tali obiettivi è affidato prioritariamente ad una profonda riorganizzazione dell’assetto del Servizio Sanitario Regionale, alla promozione di un sistema sanitario che si fonda su una rete diffusa e coordinata di servizi, alla configurazione dei Distretti come struttura di riferimento e aggregazione del complesso degli interventi rivolti al benessere della popolazione.

Riguardo alla rete ospedaliera, lo spostamento di attenzione, previsto dalla programmazione nazionale e regionale, dal livello dell’assistenza ospedaliera a quello dell’assistenza territoriale si inserisce nell’ottica, da un lato, di utilizzo razionale ed appropriato delle risorse umane e finanziarie, dall’altro, di umanizzazione delle prestazioni, evitando o limitando il ricorso all’istituzionalizzazione, sia per le problematiche di tipo sanitario che per quelle di tipo sociale. Dall’analisi dei flussi SDO (Scheda di Dimissione Ospedaliera) si rileva un tasso di ospedalizzazione regionale del 171,4‰, superiore all’indice prefissato dalla normativa nazionale (160‰), che, rapportato al dato concernente la degenza media, inferiore a quello nazionale (6,5 giorni contro 8,9), potrebbe confermare l’uso, talvolta, inappropriato dei ricoveri ospedalieri.

I tassi di ospedalizzazione evidenziano, inoltre, notevoli differenze tra le varie ASL (si va dal 228‰ registrato nella ASL n.4 al 151,1‰ della ASL n.6) e risultano elevati gli indici di mobilità intraregionale (28,3% in media per anno).

Considerata la marcata disomogeneità tra le ASL della Regione per numero di abitanti e densità di popolazione, estensione, conformazione e viabilità del territorio, caratteristiche del sistema produttivo, si verifica, effettivamente, un’offerta sanitaria diversa per intensità e tipologia da ASL ad ASL: si tratta di attivare, utilizzando altri e più specifici indicatori, un sistema di verifica che accerti se la mobilità esterna sia espressione della legittima “libertà di scelta” dell’utente oppure sia la spia di una situazione di carenza quali-quantitativa dei servizi offerti.

Su tali problematiche, e su altre di fondamentale importanza, quali il funzionamento delle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) e l’attività dell’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata),che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di salute in modo integrato, privilegiando la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, l’Assessorato Regionale dell’Igiene, Sanità e dell’Assistenza Sociale ha fornito alle ASL della Sardegna, attraverso gli atti programmatori che gli competono, le linee di indirizzo per la razionalizzazione e la corretta riorganizzazione dei Servizi.

La Regione intende procedere ad una organica attuazione delle linee di indirizzo sui volumi di attività e la determinazione dei tetti di spesa, finalizzando la razionalizzazione dell’offerta:

- ad evitare l’eccessivo e superfluo affollamento nei grandi ospedali, impegnando le risorse in essi presenti per la cura di patologie che richiedono un alto livello scientifico e tecnologico e consentendo l’utilizzo organico delle risorse presenti negli ospedali minori e decentrati per il trattamento di forme morbose che richiedono un impegno standardizzato di interventi ed un ridotto utilizzo di tecnologie;
- a potenziare l’assistenza sanitaria di base e specialistica, anche in funzione della riduzione dei tassi di ospedalizzazione;
- ad avviare servizi alternativi al ricovero ospedaliero, con particolare riferimento all’ADI che le “Linee di indirizzo” implementano ed in parte ridefiniscono, allo scopo di mantenere le persone non autosufficienti o affette da patologie che non necessitano di ricovero ospedaliero nel proprio domicilio, coinvolgendo e supportando adeguatamente i familiari, umanizzando l’assistenza, sviluppando la collaborazione e l’integrazione tra territorio ed ospedale.

Riguardo alle RSA (che forniscono assistenza oltre che ai disabili permanenti anche a pazienti in ricovero temporaneo e/o da inserire successivamente in ADI o,ancora, a pazienti già assistiti a domicilio ma da ricoverare temporaneamente per consentire una sorta di recupero alla famiglia – “respite care” -) la Regione intende dare compiuta attuazione alle indicazioni contenute nelle “Linee di indirizzo” prevedendo per il triennio 2002-2004, l’acquisizione di n.2136 posti in RSA.

Nella prospettiva di razionalizzazione più sopra delineata è di fondamentale importanza:

- la riqualificazione dell’assistenza medico-generica e la realizzazione di un modello di prestazioni specialistiche poliambulatoriali maggiormente rispondente alle aspettative degli utenti e con tempi di attesa significativamente minori;
- il completamento in tutto il territorio regionale del sistema di allarme ed emergenza sanitaria basato sul numero di chiamata telefonica 118;
- la realizzazione di un sistema CUP (Centro Unico Prenotazione) su scala regionale, al fine di razionalizzare l’accesso alle prestazioni ambulatoriali ed ai ricoveri e di ridurre le liste di attesa, avvalendosi dei risultati della sperimentazione in fase di realizzazione nell’area metropolitana di Cagliari e nelle Aziende sanitarie ad essa appartenenti (Azienda USL n. 8 di Cagliari e Azienda Ospedaliera G. Brotzu).

Per la valutazione dell’attività ospedaliera e l’attivazione dei sistemi di controllo di gestione degli ospedali, dei costi di produzione e della qualità e appropriatezza delle prestazioni, l’Assessorato dell’Igiene e Sanità della Regione intende avvalersi dell’utilizzo della Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO), che costituisce una base informativa fondamentale per tutta una serie di indicatori.

La Regione intende utilizzare le SDO anche al fine di attuare la sorveglianza epidemiologica su patologie particolarmente rilevanti, caratterizzate da alto tasso di ospedalizzazione. Pertanto, è un’esigenza indifferibile che l’Assessorato dell’Igiene, Sanità e dell’Assistenza Sociale si doti di un moderno sistema informativo per il collegamento in rete con tutte le strutture sanitarie operanti sul territorio, che potranno stabilire con l’Assessorato stesso un dialogo continuo ed uno scambio di dati in tempo reale, utili sia all’ottimizzazione dell’attività di coordinamento e controllo sull’erogazione delle prestazioni sanitarie, e quindi sulla spesa, sia ad un’attività programmatoria più rispondente alle reali esigenze del territorio.

In riferimento al controllo sulla spesa occorre rimarcare che, a seguito del patto di stabilità sottoscritto da Stato e Regioni in data 3/8/2000, ogni maggiore spesa che verrà ad aggiungersi a quella accertata alla data suindicata dovrà trovare idonea copertura attraverso il reperimento di fondi regionali (federalismo fiscale).

I dati contenuti nei bilanci predisposti dalle ASL per il 2001 fanno emergere la fase critica attraversata attualmente dalle Aziende stesse: il superamento di tale fase è ottenibile con l’eliminazione del contenzioso con i creditori che richiede, da parte della Regione, il reperimento di ulteriori 250 mld di lire circa (dato non ancora definitivo) per l’esercizio 2002. A tale proposito è utile ricordare che lo Stato potrebbe stanziare dei fondi integrativi, in quanto parte del disavanzo indicato è determinato dall’abolizione del ticket sui farmaci e dal rinnovo contrattuale del personale del S.S.N. e, conseguentemente, l’aggravio sulle casse regionali verrebbe a ridursi.

La Giunta Regionale ha adottato di recente importanti provvedimenti proposti dall’Assessorato dell’Igiene e Sanità (le linee di indirizzo per l’organizzazione e il funzionamento delle RSA, quelle per la riorganizzazione dell’ADI e quelle concernenti i volumi di attività e le determinazioni dei tetti di spesa) che sta attualmente curando la predisposizione di nuovi atti programmatori, tra cui quello in attuazione della norma inserita nella legge finanziaria 2001 che prevede la formulazione di “strategie comuni per l’acquisizione di beni e servizi”.

È in fase di avvio, inoltre, il progetto regionale di “farmacovigilanza e farmacoutilizzazione” che prevede la rilevazione sistematica, in tutte le ASL della regione, dei consumi farmaceutici per molecola e categoria terapeutica, nonché la conoscenza quali-quantitativa della spesa, funzionale a successive analisi di farmacoeconomia e farmacoepidemiologia; saranno, inoltre, avviati corsi (destinati a medici e farmacisti), e campagne di informazione (destinate alla cittadinanza) di educazione al buon uso del farmaco, finalizzati all’ottimizzazione dell’assistenza farmaceutica ed alla razionalizzazione della spesa.

La formazione e l’aggiornamento del personale sanitario meritano un discorso a parte: essi costituiscono, infatti, una leva strategica fondamentale per il complessivo governo della qualità delle prestazioni sanitarie, che non può prescindere dalla necessità di integrare le conoscenze tecnico scientifiche con le capacità organizzative e progettuali degli operatori ai diversi livelli. A tale proposito è d’obbligo il richiamo al Decreto Legislativo 229/99 che prevede un programma di formazione continua per il personale sanitario (medico e non medico, pubblico e privato) con l’acquisizione di “crediti formativi” riconosciuti sia in funzione della qualità dell’attività formativa che del tempo ad essa dedicato in ragione delle specifiche professionalità.

L’Assessorato ha programmato corsi di formazione manageriale in materia di Sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria, con l’obiettivo di fornire ai Direttori Generali delle ASL gli strumenti e le tecniche propri del processo manageriale; verranno, poi, finanziate le iniziative formative, gestite direttamente dalle Aziende Sanitarie in regime di formazione continua (art. 16 bis del D.Lgs.502/92 e successive modifiche e integrazioni) , ripartendo le risorse disponibili a tal fine tra le Aziende stesse in ragione del personale dipendente.

È rilevante poi l’opportunità offerta dai Fondi Strutturali europei nella programmazione 2000-2006 (circa 80 mld di lire): nel Programma Operativo Regionale (e nel relativo Complemento di programmazione) sono state predisposte, su indicazione dell’Assessorato all’Igiene e Sanità, 8 linee formative destinate agli operatori del S.S.R., dei Servizi Sociali dei Comuni, di Cooperative, Associazioni, Imprese sociali e Volontariato.

In riferimento al controllo igienico sui prodotti alimentari, la politica regionale che, coerentemente con le Direttive Comunitarie recepite dallo Stato italiano a partire dagli anni ‘90(in particolare, con i decreti legislativi 123/93 e 155/97 che conferiscono al controllo ufficiale sull’igiene degli alimenti e bevande carattere sistematico, da eseguirsi secondo programmi preordinati e attraverso la verifica che le aziende alimentari applichino in maniera adeguata il sistema “H.A.C.C.P.” e si dotino dei “Manuali di corretta prassi igienica”),continuerà a riservare un’attenzione particolare a questo delicato settore, attivandosi perché i nuovi strumenti di controllo e valutazione della salubrità dei prodotti alimentari venissero puntualmente ed omogeneamente applicati dai Servizi di Igiene degli alimenti di tutte le ASL della Sardegna.

Politica per le famiglie Inizio Pagina

Situazione

Uno degli indicatori più immediati del cambiamento che ha interessato la famiglia in Sardegna è di tipo strutturale prima ancora che relazionale. Ci si riferisce, in particolare, alla sua dimensione, cioè al numero di componenti, e al tipo di nucleo. L’analisi dei dati censuari, rispetto ai tassi di nuzialità, di fecondità e propensione al matrimonio, rileva una modifica della struttura familiare da un modello fortemente ancorato alla tradizione a comportamenti più innovativi: una nuova fisionomia della famiglia che vede sempre più spesso nuclei formati da un solo componente, da coppie senza figli o con figlio unico. La riduzione del numero medio dei componenti i nuclei familiari consegue al calo delle nascite, che in Sardegna assume un ritmo precipitoso con una accelerazione negli ultimi dieci anni, avvicinandosi più alla situazione del Centro Nord che al resto del Mezzogiorno.

Si registra, inoltre, una minore propensione alle nozze che si traduce o in un ritardo del matrimonio o in una rinuncia, con il conseguente prolungamento della permanenza dei figli nella famiglia di origine. Contemporaneamente, una significativa percentuale di divorzi e separazioni genera, inevitabilmente, nuove strutture familiari: famiglie monogenitoriali, dove la madre è spesso capofamiglia con figli a carico e a rischio di povertà e di esclusione sociale, seconde nozze di divorziati e famiglie ricostituite che determinano esperienze relazionali e parentali complesse. Il generale miglioramento della qualità della vita e l’aumento del benessere sociale porta alla crescita significativa della popolazione anziana, con un accento particolare sulla questione femminile e la condizione di vedovanza, che espone, in percentuale più elevata, le donne ad una solitudine prolungata.

Anche nella nostra regione, seppure in percentuale minore rispetto ad altre realtà, vi è un progressivo ingresso di immigrati (e di donne immigrate), o di interi nuclei familiari composti anche da figli minori, che si inseriscono nel nostro sistema scolastico e imprenditoriale.

A fronte di questa mutata realtà, non è possibile guardare alle politiche per la famiglia nel senso tradizionale. Esigenze diverse e nuove povertà richiedono il ripensamento delle politiche sociali ed occupazionali in termini innovativi.

Obiettivi

Particolare attenzione sarà riservata dalla programmazione regionale alle famiglie che provvedono alla cura di persone anziane non autosufficienti, di handicappati gravi, di sofferenti mentali e di malati terminali: ad esse dovranno essere destinati benefici di natura economica ma anche servizi di supporto e di sollievo del carico assistenziale.

Più specificamente, gli interventi saranno indirizzati a:

- diffondere i servizi che mirano a conciliare la vita familiare con la vita professionale, anche e soprattutto nei territori più svantaggiati e isolati, nonché nelle zone rurali;
- rafforzare e qualificare l’offerta di servizi attraverso la formazione di nuove figure professionali;
- creare servizi di supporto alle famiglie per il miglioramento della partecipazione delle donne al lavoro;
- promuovere i servizi per le famiglie presso le aziende pubbliche e private;
- promuovere azioni di supporto per favorire l’applicazione della legge sui congedi parentali e formativi;
- incrementare le azioni di assistenza domiciliare, in particolare per le persone non autosufficienti, siano essi portatori di handicap, persone anziane e malate, disabili fisici e psichici;
- incentivare la organizzazione di strutture per la prima infanzia, attraverso il coinvolgimento di organismi privati e del terzo settore;
- individuare le problematiche emergenti (madri sole con figli a carico, donne e bambini vittime di abusi e maltrattamenti ecc.) e progettare forme di risposta adeguate;
- sostenere l’avvio di centri di supporto alle famiglie per svolgere al meglio i ruoli genitoriali;
- diffondere esperienze di aggregazione moderne e di qualità che rispondano alla domanda di tempo libero di minori, giovani e anziani;
- favorire l’inserimento degli immigrati provvisti di permesso di soggiorno, con particolare riferimento alle necessità del nucleo familiare e all’inserimento scolastico dei minori;
- promuovere il partenariato sociale e la partecipazione attiva delle persone alla vita pubblica.

Strumenti

In questo quadro, meritano una particolare attenzione le azioni volte a promuovere la conciliazione fra vita familiare e professionale, che riguarda in particolare la realtà femminile, con l’attivazione di servizi di cura per i minori e gli anziani e di luoghi di accoglienza e di sostegno al compito genitoriale per uomini e donne. La centralità della famiglia nell’ambito del sistema del welfare è indiscutibile. Tuttavia dovrà essere posta particolare attenzione, non solo a garantire supporti cui delegare il compito della “cura”, ma ad individuare le diverse “criticità” del ciclo della vita, che possono mettere a rischio il normale percorso dell’esistenza della persona.

Particolarmente rilevante il compito che può essere svolto dall’economia sociale nella attuazione degli interventi, in raccordo con Enti Locali che si facciano promotori di una nuova progettualità e siano consapevoli di dover svolgere un ruolo attivo nel coordinamento delle azioni. Il terzo settore, insieme alle famiglie, avrà il compito di evidenziare i bisogni e di attuare gli interventi programmati: questa visione di “partenariato attivo” trova riscontro anche nella nuova legge di riforma dell’assistenza, recentemente approvata dal Governo italiano.

La Regione, nella predisposizione degli strumenti attuativi che le compete, interverrà per:

- approvare uno strumento normativo di recepimento della legge quadro sul riordino dei servizi;
- applicare gli orientamenti del PSN 1998-2000 dando attuazione alla organizzazione delle RSA per i soggetti anziani e non autosufficienti ed alla riorganizzazione delle Attività di Assistenza Domiciliare Integrata;
- formulare il nuovo Piano socio assistenziale triennale;
- promuovere attività formative rivolte ai funzionari della Pubblica Amministrazione, agli operatori dei servizi, con particolare attenzione alle figure professionali richieste dalle nuove esigenze sociali, così come previsto dal POR Sardegna sui Fondi Strutturali 2000-2006.

Per far fronte in modo soddisfacente agli impegni descritti, l’Assessorato regionale dell’Igiene e Sanità si è dotato di una prima struttura di supporto, l’Osservatorio per le politiche sociali, di recente istituzione, al quale sono stati assegnati i compiti seguenti:

- rilevazione ed elaborazione dei dati relativi ai servizi ed agli utenti dei servizi socio-assistenziali;
- svolgimento di studi e ricerche sulle problematiche sociali emergenti e sperimentazione di servizi ed interventi innovativi, anche attraverso la collaborazione di istituti di ricerca e la concessione di borse di studio;
- predisposizione, aggiornamento e realizzazione del Piano Regionale socioassistenziale e l’utilizzo, a tal fine, di convenzioni di collaborazione e consulenze;
- predisposizione di rapporti periodici sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Sardegna (in attuazione della Legge 451/97).

L’Osservatorio ha una dotazione finanziaria che ammonta, per il 2000, a 280 milioni di lire e per il 2001 ad appena 80 milioni di lire, una cifra decisamente insufficiente a dar corso a tutte le attività connesse allo svolgimento dei compiti assegnatili.

Per ciò che concerne la predisposizione del 2° Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Sardegna è previsto un finanziamento ad hoc di 300 milioni di lire.

La lotta contro il disagio e la povertà Inizio Pagina

Situazione

I recenti provvedimenti di decentramento amministrativo hanno individuato nelle Amministrazioni comunali i soggetti privilegiati per l’attuazione delle politiche sociali a livello locale. In questo contesto, all’Amministrazione Regionale è stata attribuita una funzione più prettamente programmatoria, finalizzata a stabilire periodicamente il quadro degli interventi (settori, priorità, criteri), a cui si collega l’erogazione delle risorse finanziarie. La Regione ha attualmente un rapporto diretto ed immediato con i Comuni, che sono i veri protagonisti degli interventi sociali, dalla loro progettazione fino all’attuazione/gestione finale.

Focalizzando l’attenzione sulle problematiche più rilevanti del settore, si evince come sia ancora difficile uno scambio significativo e costruttivo tra il sistema sanitario e il sistema socio assistenziale, ciò che costituisce, invece, la principale finalità della L.328/2000 di riforma dell’assistenza: di fatto, si assiste ancora ad una sorta di “incapsulamento” delle funzioni sociali all’interno di quelle sanitarie, a conferma del permanere di logiche (storiche, politiche ed amministrative) che privilegiano maggiormente la dimensione dell’assistenza (intesa nel senso di “cura alla persona”) rispetto a quella delle politiche attive per il sociale.

I mutamenti sociali, culturali ed economici che conducono all’affermarsi di nuovi stili di vita, a cambiamenti nella struttura familiare, a nuove tendenze demografiche, fanno si che nella nostra regione, ai tradizionali bisogni sociali si affianchino sempre più nuove e crescenti esigenze che, in assenza di risposte tempestive ed adeguate, fanno emergere nuove aree di disagio e di insicurezza sociale. L’invecchiamento della popolazione costituisce un fenomeno in costante evoluzione che ha determinato radicali ripensamenti delle strategie sociali e sanitarie verso modelli assistenziali tesi alla razionalizzazione delle risorse e finalizzati al miglioramento della qualità della vita dell’anziano ultrasessantacinquenne.

Nella Regione Sardegna la percentuale di soggetti di età uguale o superiore ai 65 anni è pari al 13,4% della popolazione generale (ISTAT 1.1.95). Il 3,5% di essi è gravemente non autosufficiente mentre circa il 30% di ultrasessantacinquenni vive da solo, con una netta prevalenza, all’interno di tale categoria, della componente femminile che, vivendo più a lungo, risulta essere maggiormente a rischio di emarginazione e solitudine.

L’area di necessità assistenziale si amplia notevolmente se si estende il discorso alle altre fasce di soggetti deboli quali i disabili fisici e mentali (adulti e in età minorile), i malati terminali, i lungodegenti, anch’essi portatori di bisogni complessi, ai quali è possibile rispondere adeguatamente solo con programmi di intervento ad elevata integrazione sociosanitaria.

La lotta al disagio ed all’esclusione sociale riguarda, inoltre, quella molteplicità di soggetti, quali le vittime della povertà (con particolare riferimento alle madri sole e capofamiglia, con figli a carico) e della violenza, i detenuti (sia gli adulti che i minori carcerati), gli immigrati e, in modo specifico, le donne immigrate con figli minori al seguito, che rappresentano una categoria in costante aumento: per tutte queste persone la situazione contingente di mancanza di risorse economiche, di privazione della libertà fisica, di lontananza dal proprio paese di origine, è aggravata dall’impoverimento relazionale che conduce al totale isolamento sociale.

Obiettivi

Le politiche sociali della Regione, sostenute da una legislazione regionale che, al momento, ha i suoi cardini nella L.R. 4/88 e negli indirizzi contenuti nel primo e nel secondo Piano Socio assistenziale, ma che entro breve tempo si arricchirà della normativa di recepimento della recente Legge quadro nazionale di Riforma dell’assistenza – L.328/2000 - indirizzano la programmazione regionale verso il superamento della logica assistenzialistica, perseguito dalla Regione Sardegna sin dalla fine degli anni ottanta, attuando un insieme di interventi tesi a favorire i processi di crescita e di emancipazione di una cittadinanza sempre più attiva, solidale e partecipata.

L’assetto istituzionale introdotto dalla L.R. 4/88, che affida ai Comuni la programmazione e l’attuazione degli interventi socio-assistenziali, ha favorito una diffusa e capillare presa in carico delle situazioni di disagio che devono trovare nella stessa comunità di appartenenza la soluzione più idonea e soddisfacente: la persona, con un’attenzione particolare da riservare alle fasce deboli, deve essere posta al centro dell’interesse e dell’impegno delle istituzioni ma anche del privato sociale, del volontariato e di tutta quella rete di solidarietà capace di sostenere in maniera forte la lotta alla marginalità ed il recupero della fiducia sociale.

Alla povertà, considerata nella sua accezione più ampia come fenomeno multidimensionale determinato da una complessità di fattori e privazioni, il Piano socio-assistenziale in vigore ha riservato una trattazione specifica: anche per il triennio 2002/2004 la lotta alla povertà costituisce un obiettivo prioritario della politica sociale regionale.

Strumenti

Le azioni di contrasto al disagio ed alla povertà saranno molteplici ed agiranno su più fronti: prima fra tutte l’attuazione del reddito minimo di inserimento, di cui al decreto legislativo 18/6/98, n.237. In attesa della estensione dell’istituto del RMI su base nazionale, connessa all’attuazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali ai sensi della Legge 328/2000, la Regione attuerà nei territori non coperti dal finanziamento statale diretto - lettere a) e b) del primo comma dell’art.80 della L.388/2000 (Legge finanziaria) – le azioni di contrasto alla povertà che prevedono la concessione di finanziamenti per i progetti di zona finalizzati al sostegno del reddito, secondo piani individualizzati, per il raggiungimento dell’autonomia del singolo e della famiglia.

Parallelamente, in dette zone, caratterizzate da situazioni di degrado culturale oltre che sociale, saranno attivati servizi di appoggio educativo e formativo, di sostegno psicologico, di mediazione familiare e di facilitazione dell’accesso all’abitazione ed ai servizi sanitari, con il contestuale potenziamento dei servizi consultoriali (con particolare attenzione alle azioni rivolte agli/alle adolescenti), dei Centri di salute mentale e dei SERT.

Un’attenzione particolare verrà posta nella programmazione di interventi riservati ai minori ed agli adolescenti che vivono in aree urbane degradate, ad alto tasso di criminalità giovanile, con indici di dispersione scolastica elevati e, quindi ad alto rischio di devianza sociale e di microcriminalità.

L’attuazione di tali programmi richiederà uno sforzo finanziario supplementare da parte della Regione, valutabile attualmente in una cifra aggiuntiva pari a 30 mld di lire a valere sulla UPB S 12046. Nella lotta contro il disagio sociale, la Regione segue e promuove un indirizzo idoneo a favorire lo sviluppo di una vera e propria ‘economia sociale’, improntata alla solidarietà entro criteri di efficienza organizzativa dei servizi, per valorizzare il ruolo delle attività di servizio nate spontaneamente (con circa 40 mila operatori attivi nel terzo settore e 380 cooperative sociali) e per sostenere l’immissione nel mercato del lavoro delle fasce deboli. Per la osservazione e la promozione di tale economia sociale verrà organizzata una apposita attività regionale. Particolare attenzione verrà riservata, nell’ambito del terzo settore, al volontariato, anche attraverso la predisposizione normativa di specifiche agevolazioni.

In relazione agli interventi che l’Assessorato dell’Igiene, Sanità e dell’Assistenza sociale ha predisposto (o contribuito a predisporre, nel caso delle Misure di non diretta responsabilità dell’Assessorato) nell’ambito del P.O.R. per l’utilizzo dei Fondi Strutturali europei, si evidenzia che le iniziative da attivare potranno contribuire a fornire soluzioni al disagio sociale agendo su più fronti:

- recupero di spazi ed edifici inutilizzati in cui ubicare iniziative culturali e sociali destinate a bambini, giovani e anziani
- realizzazione di una rete di servizi a carattere semi-residenziale (centri diurni) finalizzata al miglioramento delle condizioni di vita dei disabili e ad una più equilibrata ripartizione del lavoro di cura a vantaggio delle famiglie di provenienza (e della componente femminile, in particolare)
- potenziamento dell’offerta di servizi per l’infanzia
- approntamento di comunità di accoglienza per le vittime della violenza (minori, adolescenti, donne, soggetti deboli)
- approntamento di comunità di accoglienza per “giovani adulti” carcerati come misura alternativa alla detenzione
- attività formative destinate agli operatori del S.S.R., dei Servizi sociali dei Comuni, di Cooperative e Imprese sociali e del Volontariato, finalizzate all’acquisizione di competenze ed abilità per lo svolgimento del lavoro di èquipe, in un’ottica di assistenza sociosanitaria integrata
- inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (disabili, detenuti ed ex detenuti) nell’ambito di progetti caratterizzati da un alto grado di integrazione tra attività formative, di consulenza e assistenza personalizzate e di percorsi di ingresso nel mondo del lavoro.

LA RIFORMA DELLA REGIONE Inizio Pagina

Nuova programmazione e strutture organizzative

Dopo la riforma della dirigenza e l’affermazione del principio di separazione fra il potere di indirizzo politico-amministrativo e quello di gestione, quest’ultimo attribuito ai dirigenti, cui spetta “l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano le amministrazioni verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa (…) mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”, ed a cui è attribuita la responsabilità “in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati” (L.R.31/98, art. 8), sono stati compiuti dalla R.A.S. alcuni passaggi atti a costituire una reale macchina amministrativa che consenta alla dirigenza di adempiere al proprio mandato di attuazione dei Programmi Operativi, previsti dalla medesima L.R.31/98.

In particolare, con la L.R. 23/99, ad ulteriore riforma del bilancio regionale, la Regione ha istituito le Unità Previsionali di Base (UPB), che rappresentano insiemi organici di risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa.

Il processo di organizzazione della ordinaria attività della Regione attorno alle UPB, tuttavia, non può dirsi compiuto, anzi la fase attuale è ancora quella di avvio. La citata L.R. 23/99 non chiarisce quali siano i criteri da seguire per la istituzione delle UPB, ma rappresenta un indirizzo di riforma che segue il percorso tracciato dal D. Lgs 279/97, il quale ha istituito appunto le UPB nel bilancio di previsione nazionale ed ha ristrutturato il rendiconto generale (bilancio consuntivo), definendo principi e regole che rappresentano un fondamentale riferimento per le Regioni e gli Enti Locali.

Il D. Lgs 279/97 stabilisce che “i servizi” – o le unità organizzative – della P.A. esprimano le funzioni elementari, finali e strumentali, cui danno luogo i centri di costo (quali aggregati della contabilità economica), e che dette unità organizzative siano associate a quelle funzioniobiettivo che esprimono le missioni istituzionali di ciascuna amministrazione.

Per il DPEF, che ha il compito di condurre ad organicità, efficienza di spesa ed incisività il complesso dei programmi della Regione, costituisce evidentemente obiettivo prioritario la piena rispondenza della macchina amministrativa alla natura dei programmi e progetti ed ai compiti richiesti da questi ultimi, i quali identificano la “gestione caratteristica” della R.A.S. Ciò significa che in cima alla piramide della logica organizzativa della Regione dovrebbero esservi proprio i programmi e progetti di sviluppo, quali configurati in questo DPEF e negli atti di generali di programmazione (principalmente il P.O.R.), per cui i “servizi” della Amministrazione e le conseguenti responsabilità di gestione dovrebbero essere strutturati unicamente attorno ai progetti e programmi di sviluppo (“funzioni finali”) ed alle attività di supporto e controllo (“funzioni strumentali”).

L’attuale Amministrazione Regionale, tuttavia, non è ancora sufficientemente attrezzata, in termini culturali e di risorse umane da impegnare, per seguire appieno tale logica organizzativa, delineata dal disegno di riforma nazionale e poi da quello regionale. Nei tradizionali assetti burocratici, come è noto, la logica viene solitamente rovesciata: stante una pregressa – “storica” o innovata – divisione di competenze dirigenziali, vengono assegnati i compiti di elaborazione ed attuazione dei progetti, poi suddivisi entro la scala interna di responsabilità dei successivi livelli organizzativi. I risultati di simili modalità organizzative sono chiaramente evidenziabili con gli indicatori di efficienza della spesa (pagamenti / stanziamenti; residui passivi / stanziamenti), desumibili dal Rendiconto Generale (bilancio consuntivo) della Regione e dagli stati di attuazione dei Programmi riportati nella Parte III del presente DPEF (ad es.: Piani di Rinascita).

I compiti di programmazione e di attuazione dei progetti di sviluppo o di supporto allo sviluppo regionale e locale, d’altro canto, richiedono organizzazioni interdisciplinari, fortemente finalizzate, snelle e con limitati livelli gerarchici, composte a matrice (rispetto a funzioni da svolgere e divisioni di competenze) per programmi o elementi di programma, secondo forme organizzative di ‘agenzia’ che in una struttura burocratica tradizionale vengono accettate tutt’al più quali eccezioni.

Poiché tale prassi è disfunzionale alla efficienza di elaborazione ed attuazione dei programmi, e posto che la programmazione di supporto allo sviluppo regionale costituisce la missione istituzionale primaria della R.A.S. (gran parte delle attività amministrative estranee alla programmazione possono essere infatti devolute o delegate agli Enti Intermedi e Locali), il DPEF 2002-2004 ripropone con forza l’obiettivo, inutilmente perseguito da 25 anni (dopo la L.R.33/75), di una nuova legge sulla programmazione regionale che aggiorni e definisca, alla luce della nuova programmazione comunitaria, i principi e contenuti dell’azione regionale programmatoria, fornendo indirizzi organizzativi coerenti con i compiti da assolvere per l’intera struttura regionale, ed in particolare per le strutture preposte al coordinamento dei piani generali (Centro regionale di programmazione).

Tale essenziale disegno di riforma, senza il quale non potrà dirsi compiuta alcuna riforma della Regione se non in termini auto-referenziali e burocratici, dovrà svilupparsi in rapporto organico con il sistema delle Autonomie Locali, normato dal testo unico di cui al D. Lgs. 267/2000, e con i rispettivi compiti di programmazione e pianificazione.

Le riforme istituzionali Inizio Pagina

Due recenti atti normativi (la legge costituzionale n.2/2001 di modifica dello Statuto speciale e la legge costituzionale che reca modifiche al Titolo V della seconda parte della Costituzione, approvata dal Parlamento alla fine dell’ultima Legislatura, che sarà quanto prima sottoposta al referendum confermativo previsto dall’art.138, comma 2°, Cost.) rendono indifferibile l’attuazione di una organica e profonda riforma, sia dello Statuto speciale che dell’ordinamento regionale.

È in conseguenza di tali atti che il Consiglio regionale, nella seduta del 5 luglio 2001, ha approvato con un’ampia maggioranza un O.d.g. che lo impegna ad inserire nella programmazione dei propri lavori la discussione di quattro proposte di legge nazionale, da tempo presentate, per l’istituzione dell’Assemblea Costituente della Sardegna; in particolare, è stato deciso l’avvio immediato della discussione nella Prima Commissione e l’inizio del dibattito in Aula, anche nel caso di non definizione in Commissione, entro e non oltre il 31 luglio 2001.

L’iniziativa consiliare riveste particolare importanza in quanto, da un lato evidenzia la particolarità dell’impegno richiesto alle forze politiche per riscrivere lo Statuto, conservandone la specialità nella prospettiva certa di una riforma federalista dello Stato e adeguandolo alle esigenze della società sarda in continua trasformazione, dall’altro sollecita l’apporto e l’impegno di tutte le istanze sociali e culturali.

Un’incoraggiante conferma della specialità dell’autonomia sarda è venuta dalla sentenza della Corte Costituzionale n.230 del 4 luglio 2001, che riconosce la legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale il 14 aprile 2000 e riapprovata, con modifiche, il 6 giugno 2000, avente ad oggetto l’istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell’Ogliastra e di Olbia-Tempio; con ciò escludendo che la citata deliberazione normativa comporti violazione dell’art.3, lett.b), dello Statuto regionale.

Dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n.2 del 1993, cui ha fatto seguito la legge regionale n.4 del 1997 che prevede “l’istituzione di nuove province e la modifica delle circoscrizioni provinciali” a seguito di futura legge regionale, su iniziativa dei Comuni, la Corte Costituzionale con la citata sentenza n.230/2001 riconosce la piena legittimità della competenza e della iniziativa della Regione in questo campo, senza alcuna conseguenza sull’organizzazione amministrativa dello Stato.

In conseguenza, l’Amministrazione regionale è impegnata ad istituire le nuove quattro Province secondo le procedure della legge regionale n.4/97, nonché ad attuare il decentramento amministrativo, trasferendo un organico complesso di compiti, funzioni e risorse agli enti locali – singoli o associati -, conformemente a quanto previsto dalle leggi 142/90, 59/97 e dal d.lgs. 112/98; tale trasferimento sarà attuato in base a ben definiti criteri e principi.

Anzitutto il criterio del maggior avvicinamento possibile della Pubblica Amministrazione al cittadino, da attuare unitamente ai principi di efficienza, di efficacia e di economicità della gestione; mentre, per la ripartizione delle materie tra la Regione e gli enti locali, sarà il principio di sussidiarietà a stabilire quali compiti e poteri affidare a questi ultimi, residuando alla Regione, per i poteri trasferiti, solo un ruolo sostitutivo, eccezionale, in caso di obiettiva impossibilità all’esercizio da parte degli enti locali.

Con l’imminente introduzione nell’ordinamento regionale delle norme di attuazione dello Statuto che recepiscono il contenuto del D.lgs. n.112/98 sarà data concreta, organica attuazione ai criteri e ai principi sopraccitati. Nel contempo, utilizzando indicazioni e proposte che emergono dal Tavolo permanente Regione – enti locali e dalle consultazioni con le parti sociali, prosegue l’opera di riordino e di riforma delle strutture amministrative; sono in fase di pubblicazione i Testi Unici di tipo compilativo in materia di turismo, agricoltura, ambiente, artigianato, industria e lavori pubblici, mentre per le stesse materie si sta procedendo al completamento dei T.U. innovativi e alla loro traduzione in appositi DDL, previa consultazione con le parti sociali.

Elenco dei D.D.L. approvati dalla Giunta regionale e trasmessi al Consiglio:

- D.D.L. concernente: “Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso”;
- D.D.L. concernente: “Norme per l’elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale”;
- D.D.L. concernente: “Norme modificative, integrative e sostitutive della legge regionale 5 novembre 1985, n.26”;
- D.D.L. concernente: “Nuove norme sull’organizzazione amministrativa della Regione Autonoma della Sardegna e sulle competenze della Giunta, del Presidente e degli Assessori”; - D.D.L. concernente: “Conferenza Regione-Autonomie locali”; - D.D.L. concernente: “Norme generali sugli enti regionali”;
- D.D.L. concernente: “Nuove norme sull’elezione del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale. Disciplina del referendum regionale”;
- D.D.L. concernente: “Nuove norme sull’organizzazione turistica in Sardegna”;
- D.D.L. concernente: “Istituzione dell’Agenzia Regionale delle Risorse agricole (A.R.A.R.) e dell’Istituto Regionale per l’Agricoltura (A.I.R.)”.

Elenco dei D.D.L. in stato di approvazione da parte della Giunta regionale:

- D.D.L. concernente: “Norme per l’attuazione dei diritto allo studio universitario e per la promozione della ricerca scientifica”;
- D.D.L. concernente: “Trasformazione dell’Azienda Regionale Sarda Trasporti in S.p.A.”;
- D.D.L. concernente: “Istituto Zooprofilattico della Sardegna”;
- D.D.L. concernente: “Scioglimento dell’Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano”.

Uffici e risorse umane Inizio Pagina

Sul versante degli uffici e delle risorse umane, la delegificazione attuata in materia di organizzazione e di dotazioni organiche è stata confermata dalla recente sentenza della Corte Costituzionale – la 160/2001 -; con essa, la Corte dichiara “che non spetta allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, accertare l’assoggettamento al controllo di legittimità, in quanto avente natura regolamentare, del Decreto del Presidente della Regione Sarda n. 4 del 13 gennaio 200”. L’introduzione dell’istituto contrattuale per disciplinare il rapporto di lavoro dei dipendenti consentirà alla Giunta regionale di proseguire nell’intrapresa azione di razionalizzazione dell’apparato regionale.

Quanto ai dirigenti, si sta andando a costituire un adeguato organico per la copertura delle Direzioni dei Servizi regionali e per attivare, nelle strutture di staff, una sistematica attività di studio e di consulenza, indispensabile agli organi politici per le loro funzioni di programmazione e di iniziativa politica. Circa la dotazione organica dei dipendenti, occorrerà favorire un’azione mirata al miglioramento del livello qualitativo, privilegiando i concorsi pubblici per il reclutamento, sia pure parziale, e la formazione permanente. Considerato che il primo contratto collettivo è stato sottoscritto il 15 magio 2001, l’Amministrazione dovrà affrontare i notevoli adempimenti ivi previsti, tanto in tema di rapporto di lavoro che di nuovi strumenti di organizzazione del medesimo. Ulteriori interventi legislativi potranno, infine, essere necessari sotto il profilo finanziario, e per la novità degli istituti introdotti e per l’ampiezza della disciplina contrattuale, la quale deve trovare completa copertura finanziaria nell’apposito Fondo; quando invece, in passato, la competenza del legislatore in materia di personale sopperiva, volta per volta e senza una visione programmatoria, alla copertura del fabbisogno creato dagli interventi legislativi.

Relativamente agli uffici, nel 2000 la preesistente struttura è stata soppiantata per intero da quella definita dal decreto presidenziale 4/2000: l’Amministrazione è stata riorganizzata in 124 servizi, così che ogni complesso di attività organicamente raggruppate disponga del suo “gestore” dirigenziale, ed è stata inoltre dotata – ed è questo, rispetto al passato, il carattere innovativo del nuovo assetto – di un elevato numero di posizioni di staff (38 dirigenti da assegnare alle direzioni generali e 30 da assegnare agli organi di direzione politica per attività di studio di ricerca e di consulenza).

Tale assetto formale ha, ovviamente, carattere sperimentale: ed infatti, a circa un anno dalla sua messa in funzione, è stata immediatamente attivata la procedura per una prima revisione, che sarà attuata entro il 2001. Ma in generale, l’impegno della Giunta sarà quello di un costante monitoraggio delle strutture e di una pronta risposta alle esigenze delle diverse partizioni organizzative. Peraltro, lo schema illustrato costituisce la configurazione astratta dell’organizzazione, per la cui realizzazione occorrerà dotarsi di un congruo contingente di dirigenti. Allo stato infatti (giugno 2001) risultano scoperti il 30% dei servizi e (quasi) tutte le posizioni dirigenziali di staff.

Occorre dunque perseguire una politica coerente in tema di organici dirigenziali che dovranno essere completati entro il 2002/2003. Un primo obiettivo, in questo settore, sta comunque per realizzarsi, essendo stato portato a compimento il concorso interno previsto dalla legge 31, che consentirà di disporre di altri 67 dirigenti: a breve si potrà avere non solo un’adeguata copertura delle direzioni dei servizi, con un prevedibile miglioramento dell’attività gestionale dell’Amministrazione; ma potrà essere avviata, mediante l’attribuzione delle funzioni di staff, una diffusa attività di studio e consulenza, indispensabile agli organi politici per le loro funzioni programmatorie e di iniziativa legislativa, secondo le logiche della riforma del sistema organizzativo, che assegna agli organi politici funzioni di programmazione, regolazione e controllo.

L’ulteriore copertura dovrà essere completata attivando nel corso del 2002 le procedure di acquisizione di nuovi dirigenti dal sistema esterno. Obiettivo questo per il quale occorrerà stanziare le necessarie risorse.

Quanto detto evidenzia contenuti politico amministrativi per così dire di tipo “quantitativo”, ma è evidente che non potranno essere trascurati quelli riconducibili alla “qualità” della dirigenza: qualità che deriverà dalla selettività degli strumenti che saranno posti in essere e da un attento intervento di formazione.

Il programma della Giunta non potrà prescindere dal prossimo (il secondo) contratto collettivo dei dirigenti, che dovrà coprire il quadriennio 2001 –2005 e dovrà farsi carico di una più compiuta disciplina dell’intero sistema dirigenziale che, essendo di nuova costituzione, richiede, per l’impianto e la sua estensione, adeguate risorse, che dovranno essere reperite nei prossimi bilanci.

Quanto invece alla dotazione organica dei dipendenti, gli interventi portati a compimento nel corso del 2000/2001 (definizione delle dotazioni organiche delle direzioni generali e della dotazione organica complessiva dell’Amministrazione e trasposizione delle stesse nel nuovo ordine di classificazione introdotto dal contratto collettivo sottoscritto il 15 maggio 2001) sono riconducibili ad obiettivi di razionalizzazione e di congrua quantificazione delle risorse. L’azione che occorre intraprendere è pertanto ora quella mirata di miglioramento qualitativo. Per la realizzazione di tale programma sono stati attivati lo strumento amministrativo e quello contrattuale. Quest’ultimo prevede un programma di concorsi interni a copertura di una consistente percentuale delle vacanze d’organico, che saranno realizzati prioritariamente. L’obiettivo è al momento di razionalizzazione, nel senso dell’allineamento delle professionalità presenti nell’Amministrazione con le posizioni formali. Accanto a questo obiettivo di riordino, la Giunta regionale ha definito un programma di reclutamento dall’esterno che si propone di favorire processi d’innovazione, anche attraverso l’individuazione di nuove professionalità. Tale programma, per il quale sono state previste le risorse nel triennale 2001-2003, sarà realizzato nel corso del medesimo periodo.

Anche per i dipendenti non potrà prescindersi da un organico programma formativo. Questo sarà orientato da una parte allo sviluppo delle professionalità esistenti e alla loro valorizzazione in termini di contenuti professionali più estesi, in attuazione del nuovo sistema di classificazione dei dipendenti, dall’altro ad introdurre fattori d’innovazione nella struttura regionale rispondenti ad obiettivi strategici dell’amministrazione. Questo programma, per il quale non vi sono stanziamenti adeguati nel triennale 2001–2003, potrà essere realizzato nei limiti delle risorse che saranno rese disponibili nel bilancio 2002–2004.

LA POLITICA DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE DELLA R.A.S.

L’Amministrazione regionale sta contribuendo alla modernizzazione dello Stato e della Pubblica Amministrazione riconoscendo nella comunicazione e nell’informazione una funzione essenziale della PA. L’Amministrazione Pubblica si sta trasformando e da formale, unilaterale, autoreferenziale (ed autoritaria) quale era in passato, sta divenendo una amministrazione che lavora per obiettivi, paritaria e partecipata.

Tale cambiamento è il risultato di un lungo processo iniziato con la L.241/90 (che sancisce il principio del buon funzionamento della pubblica amministrazione con l’introduzione nell’ordinamento dei concetti di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa e dei principi di trasparenza ed efficienza del procedimento amministrativo, di partecipazione del cittadino e il diritto di accesso), proseguito con la L.142/90 (che ribadisce per le autonomie locali i principi della L. 241/90) e con il Decreto Lgsvo.29/93 (con il quale vengono individuate strutture operative per rendere effettivo l’esercizio del diritto di partecipazione e di accesso, e dove con l’art. 12 si statuisce la istituzione degli uffici per i rapporti con il pubblico, per garantire la piena attuazione della L241/90). Il processo è proseguito con le diverse “Bassanini” ed è tutt’ora in corso con la L.150/00, “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”.

L’Amministrazione regionale con la L.R. 47/86 (Norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi della Regione Sardegna) che istituiva l’Ufficio per le Relazioni con il Pubblico della Presidenza della Giunta ha precorso la suddetta normativa ed ha recentemente riorganizzato in un testo unico (bozza DDL approvato con Delibera GR n. 10/26 del 22.03.01) la materia del procedimento amministrativo e il diritto di accesso. Per quanto concerne la comunicazione istituzionale, l’Amministrazione ha un consolidato rapporto con i media locali, che proseguirà ai fini della diffusione dei temi della programmazione e dello sviluppo.

Le innovazioni più sensibili in materia di informazione riguarderanno nel prossimo triennio il rapporto diretto con la cittadinanza, attraverso il sistema degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico (URP).

Gli URP, uno per Assessorato o Ufficio speciale (per riflettere la diverse peculiarità) riportati a unicità dal coordinamento dell’URP della Presidenza (di precedente costituzione), si affiancano a strutture simili già operanti e si occuperanno inanzittutto di:

- garantire l'esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni;
- agevolare l'utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l'illustrazione delle disposizioni normative, amministrative e l'informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni;
- promuovere l'adozione di sistemi di interconnessione telematica e coordinare le reti civiche; - attuare, mediante l'ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti;
- garantire la reciproca informazione fra l'ufficio per le relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti nell'amministrazione, nonché fra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie amministrazioni.

L’Amministrazione ha già individuato e avviato a formazione parte del personale che sosterrà la operatività del sistema degli URP. Il prossimo passo riguarda la risoluzione delle problematiche logistiche e strumentali nonché la integrazione della dotazione organica richiesta per l’espletamento delle funzioni sopradescritte. L’apertura al pubblico sarà il segno tangibile del processo di apertura dell’Amministrazione regionale. Il primo prodotto che verrà realizzati e diffuso, in via sperimentale, sarà il Notiziario interno all’Amministrazione. Il Notiziario favorirà la circolazione delle informazioni all’interno dell’amministrazione e supporterà il processo di semplificazione del linguaggio. Il Sistema degli URP inoltre contribuirà alla elaborazione della Carta dei servizi regionale.

 

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