Il partenariato istituzionale ed economico è stato assai articolato nelle
fasi che hanno preceduto l'elaborazione del QCS.
Esso ha trovato la sua sede elettiva nel Comitato Nazionale dei Fondi strutturali
e nei relativi tavoli settoriali e regionali che hanno operato
in stretta concertazione con il Forum delle parti economiche
e sociali, del partenariato istituzionale e dei rappresentanti
del terzo settore , con riferimento alla definizione degli
Orientamenti per il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno
e quindi dello stesso PSM. I periodici incontri realizzati
nell’ambito di questi due organismi hanno consentito di formulare
sollecitazioni, indicazioni e suggerimenti per l’impostazione
dell’attività programmatoria e di verificare in itinere le
scelte fatte, anche alla luce della più ampia attività di
concertazione del Governo realizzata attraverso il Patto Sociale
per lo Sviluppo e l’Occupazione.
In linea con le prescrizioni comunitarie, sono state dunque già attuate, a
livello centrale e locale, forme di partenariato socio-economico
estese, con le rappresentanze del lavoro dipendente e autonomo,
della grande e della piccola impresa, di settori industriali,
agricoli e terziari, dell’associazionismo ambientale e di
altra natura: i risultati conseguiti e le esperienze maturate
suggeriscono l’itinerario per le successive fasi di programmazione
e di implementazione delle azioni programmate, che si svilupperanno
proseguendo l'utilizzo delle modalità e degli strumenti già
individuati (intese istituzionali di programma, protocolli
d'intesa, tavoli di concertazione settoriali e regionali,
Forum delle parti economiche e sociali).
Il capitolo precedente fornisce un quadro della difficile realtà sociale,
economica e ambientale che il Mezzogiorno si trova a fronteggiare.
Pur considerando una molteplicità di tendenze e dunque anche
il manifestarsi di segnali evidenti di miglioramento, l’andamento
complessivo dell’economia meridionale ha presentato nel decennio
un andamento complessivamente debole e un’evoluzione negativa
in termini di crescita e occupazione, divergendo dal sentiero
di sviluppo del resto dell’Unione Europea.
Rispetto a questa situazione di partenza nei prossimi anni occorre creare
le condizioni per una decisa inversione di tendenza, attraverso
l’attuazione di una strategia di “rottura” con il passato,
basata sull’azione concertata del QCS e di politiche coerenti
complementari a livello nazionale, volte a indurre riforme
strutturali (cfr. punto 2.4).
L’obiettivo di tale strategia è, attraverso il miglioramento permanente del
contesto economico, sociale e ambientale, quello di generare
una discontinuità nei comportamenti e negli atteggiamenti
degli operatori economici.
Il miglioramento del contesto economico dovrebbe essere riflesso dal comportamento
coerente delle variabili individuate come decisive per “rompere”
con gli andamenti tendenziali del passato assecondando e accentuando
le tendenze positive già in atto. Questo processo deve indurre
un salto qualitativo nella produttività totale dei fattori
e quindi innescare un processo di sviluppo e di attrazione
di risorse mobili, specificamente degli investimenti privati,
e di valorizzazione delle risorse territoriali, provocando
così un aumento sostanziale del tasso di crescita del Mezzogiorno
e un recupero del ritardo relativo dell’economia meridionale.
A questo fine, vengono individuate una serie di variabili intermedie, che
fanno da “ponte” tra obiettivi specifici della programmazione
e obiettivo generale di sviluppo. Il cambiamento di queste
variabili rappresenta una vera e propria “rottura” del modello
tradizionale di integrazione-dipendenza del Mezzogiorno. Le
“variabili di rottura” e i relativi indicatori di riferimento
sono riportati nella tabella seguente.
n.
|
Variabili
di rottura
|
Indicatori
|
1
|
Capacità
di esportare
|
Esportazioni/PIL
|
2
|
Grado
di indipendenza economica
|
Importazioni nette/PIL
|
3
|
Capacità
di attrazione dei consumi turistici
|
Presenze turistiche
per abitante
|
4
|
Intensità
di accumulazione del capitale
|
Investimenti fissi lordi/PIL
|
5
|
Capacità
di attrazione di investimenti esteri
|
Investimenti diretti
dall'estero/
Investimenti fissi lordi
|
6
|
Partecipazione
della popolazione al mercato del lavoro
|
Tasso di attività
|
7
|
Capacità
di offrire lavoro regolare
|
Occupati Irregolari/
Totale Occupati
|
8
|
Capacità
di sviluppo dei servizi sociali
|
Indice di occupazione
sociale
|
9
|
Capacità
di esportare prodotti a elevata o crescente produttività
|
Indice di specializzazione
in prodotti selezionati
|
10
|
Capacità
innovativa
|
Indice di specializzazione
tecnologica (ITS)
|
11
|
Capacità
di sviluppo dei servizi alle imprese
|
Occupati nei servizi
finanziari, alle imprese e alle persone/
Totale occupati nei
servizi
|
12
|
Capacità
di finanziamento
|
Differenziale tassi
di interesse sugli impieghi con il Centro nord
|
13
|
Condizioni
di legalità e coesione sociale
|
Indice di criminalità
|
In coerenza con tale strategia, il QCS (insieme alle politiche nazionali coerenti
e complementari) assume l’obiettivo di indurre una significativa
crescita economica nel medio periodo e quindi di ridurre significativamente
il divario economico-sociale delle aree del Mezzogiorno in
un modo sostenibile, ossia accrescendo la competitività di
lungo periodo, creando condizioni di accesso pieno e libero
al lavoro, nonché tutelando e facendo leva sui valori ambientali
e di pari opportunità.
L’obiettivo generale del QCS si può pertanto indicare come segue:
a)
conseguire entro il quarto anno del settennio 2000-2006
un tasso di crescita del Mezzogiorno significativamente superiore
a quello dell’Unione europea;
b)
ridurre drasticamente il disagio sociale.
Tale obiettivo generale è strettamente legato alla realizzazione di un forte
aumento dell’occupazione regolare del Mezzogiorno, all’aumento
dei tassi di attività, alla riduzione del lavoro sommerso,
alla compressione della disoccupazione. Strumento primario
del QCS per la crescita è il miglioramento del contesto economico
del Mezzogiorno.
Si richiedono interventi volti a incidere sull’efficienza e la qualità dei
fattori produttivi, per stimolare una maggiore produttività
complessiva del sistema e per indurre un più elevato saggio
di accumulazione e un processo positivo di crescita endogena.
I miglioramenti del contesto economico possono riferirsi non
solo agli aspetti direttamente legati agli incrementi di produttività
– in particolare al capitale fisico, umano e di conoscenza
– ma anche agli elementi che, inducendo un mutamento radicale
nelle aspettative e nei comportamenti, possono contribuire
ad alimentare il processo di sviluppo (ad esempio la sicurezza
pubblica, la legalità e le relazioni fiduciarie).
Il QCS è articolato in sei grandi aree di intervento – gli assi prioritari
- che mirano a valorizzare le risorse del contesto economico
e territoriale del Mezzogiorno: risorse naturali, risorse
culturali, risorse umane, sistemi locali di sviluppo, città,
e reti e nodi di servizio. L’articolazione della strategia
nei sei assi prioritari punta a concentrare gli interventi
su quelle aree suscettibili di avere un impatto più rilevante
sulla produttività totale dei fattori e, di conseguenza, sulla
crescita economica.
Occorre investire in capitale fisico, particolarmente nei settori delle risorse
naturali e delle reti e nodi di servizio, per migliorare il contesto di base in cui operano le imprese. L'efficacia
e l'efficienza dei servizi di base, per esempio la gestione
delle risorse idriche ed dei rifiuti così come la sicurezza,
sono condizioni fondamentali di base per promuovere gli investimenti
privati. Inoltre, un sistema di trasporti e comunicazioni
efficiente può migliorare la competitività delle imprese,
riducendo i costi e aumentando l'affidabilità e la rapidità
delle comunicazioni.
Gli investimenti pubblici in capitale umano e "di conoscenza" sono
cruciali per potenziare la produttività totale dei fattori
di una regione e, di conseguenza, per raggiungere un tasso
di crescita più elevato nel lungo periodo. Gli investimenti
dovrebbero comprendere non solo la formazione professionale
e la promozione dell'imprenditorialità locale, ma anche il
sostegno dell'innovazione tecnologica e della società dell’informazione,
che possono svolgere un ruolo chiave nell'aumentare la competitività.
La concentrazione degli investimenti pubblici nelle città e nei poli di crescita
locale dovrebbe massimizzare le potenzialità di crescita attraverso
la valorizzazione di economie « di agglomerazione ».
Si possono considerare le città non solo come poli di consumo,
ma anche come centri di fornitura di prodotti e servizi avanzati.
Gli investimenti nelle risorse culturali, se concentrati in modo appropriato,
possono contribuire a creare nuovi impieghi locali e nuova
imprenditoria, così come ad aumentare lo sviluppo turistico.
Possono anche contribuire a valorizzare il Mezzogiorno, migliorandone
il « profilo » e l'immagine in un contesto internazionale.
La strategia del QCS di intervenire nel contesto economico, sociale e ambientale
implica un sostanziale riequilibrio fra politiche di miglioramento
del contesto ed i regimi di aiuto diretto alle imprese. Sebbene
i regimi di aiuto possano potenzialmente influenzare le imprese
nelle loro scelte di localizzazione, allo stesso tempo tendono
a creare effetti di spiazzamento e inerzia, perché in genere
il contributo pubblico sostituisce l'investimento privato
invece di accompagnarlo.
Questo riequilibrio strategico implica:
a)
la riduzione graduale della quota di risorse destinata
agli incentivi e metodi più concorrenziali di accesso a essi;
b)
la realizzazione di interventi integrati sul contesto
in sistemi territoriali omogenei;
c)
la convergenza in questi sistemi di azioni sul contesto
di incentivi mirati e non "a pioggia".
Sul piano del metodo la strategia del QCS assume quale riferimento e orientamento
per i programmi operativi alcuni principi di base. In particolare:
·
la concentrazione:
articolazione in pochi programmi operativi, a loro volta articolati
prevalentemente in linee di intervento finalizzate al conseguimento
di un numero limitato di obiettivi specifici. Gli interventi
devono essere a loro volta concentrati verso pochi obiettivi
operativi prioritari;
·
l’integrazione:
priorità di azione attraverso programmi integrati regionali,
assumendo il riferimento territoriale per il complesso delle
azioni di sviluppo; regionali (anche nel caso dei programmi
operativi nazionali si prevede una puntuale “regionalizzazione”
delle linee di intervento);
massimizzazione dell’efficacia delle azioni di sviluppo favorendo,
all’interno dei singoli Programmi operativi, la programmazione,
il finanziamento e l’attuazione di progetti integrati di sviluppo.
In tale contesto, un rilievo particolare assume l’integrazione
delle risorse finanziarie provenienti dai diversi Fondi Strutturali;
·
il decentramento
e la chiara individuazione delle responsabilità di attuazione:
elemento essenziale per la gestione della concentrazione e
dell’integrazione, per la promozione di una maggiore responsabilizzazione
della classe dirigente locale e un maggiore grado di coinvolgimento
dei politici locali, per il coinvolgimento degli attori locali
in grado di esprimere livelli di più ampia conoscenza del
territorio, delle sue risorse e del suo fabbisogno;
·
la verificabilità
dei risultati: condizione qualificante della programmazione
ex ante – si può verificare ciò che è quantificato o comunque
definito con chiarezza e trasparenza – e finalità del processo
di valutazione in itinere. Essa va inoltre considerata come
responsabilità istituzionale: ogni livello di risultato atteso
ha un suo responsabile, di cui è verificabile l’operato. La
verificabilità presuppone l’applicazione sistematica e diffusa
del monitoraggio finanziario, fisico e procedurale a livello
di progetto, quale strumento in grado di assicurare il raccordo
costante fra previsioni ex ante e risultati via via conseguiti;
·
l’urgenza:
i tempi stretti di conseguimento dell’obiettivo impongono
che la strategia del QCS tenga conto di questa urgenza attraverso:
1) la definizione celere in ogni territorio degli obiettivi
puntuali da conseguire e delle tipologie di opere su cui si
intende puntare, attuando da subito alcuni interventi caratterizzati
da elevati livelli di qualità ed efficacia; 2) utilizzare
subito e valorizzare i progetti esistenti. In quest’ambito
sarà necessario prevedere, almeno per i primi due anni, una
sorta di “ponte” fra programmazione in corso e nuova programmazione.
Il che implica che già in sede di programmazione operativa
si prevede di integrare, per i primi anni di attuazione, obiettivi,
linee di intervento e anche singoli progetti di sviluppo emersi
come prioritari già nella precedente fase di programmazione,
nella misura in cui essi esprimano livelli adeguati di coerenza,
convergenza e omogeneità con la strategia di sviluppo delineata
per il nuovo e con il sistema di obiettivi globali e specifici
che ne è alla base.
Nell’ambito della valutazione ex-ante del Programma di Sviluppo del Mezzogiorno,
le autorità italiane hanno proceduto a una serie di stime
attraverso un quadro normativo che delinea le condizioni che
permetterebbero al Mezzogiorno di registrare un differenziale
di crescita positivo rispetto ai valori medi dell’Unione Europea.
Il programma d’investimenti mira a sospingere la crescita attraverso l’effetto
delle sue azioni di contesto sulla redditività degli investimenti
privati e quindi sul volume di questi investimenti. Tale impulso
può essere colto da un modello di offerta in cui il capitale
pubblico entra nella funzione degli investimenti privati.
Ma i parametri di tale funzione sono stimati sui comportamenti
passati e, di conseguenza, risentono della scarsa efficienza
che ha finora caratterizzato gli interventi pubblici nel Mezzogiorno.
Il modello vuole cogliere gli effetti della “nuova qualità”
prevista dagli investimenti pubblici – così come viene definita
nel Programma di Sviluppo del Mezzogiorno, legata a vari elementi
quali la natura integrata dei progetti, il rigore della loro
selezione e gestione, l’introduzione di meccanismi premiali
– come esternalità, modellate come un effetto diretto addizionale
sulla produttività del sistema. L’esercizio è costruito attorno
ad una specificazione della dinamica della produttività totale
dei fattori. Questa è espressa in funzione dell’insieme di
“variabili di rottura” alle quale il programma è mirato. Quattro
variabili sono endogene al modello usato – esportazioni, investimenti,
importazioni nette e tasso di attività. Le restanti variabili
che sintetizzano le esternalità positive del programma sull’economia
del Mezzogiorno sono esogene e l’effetto del loro cambiamento
è stimato attraverso l’elasticità della produttività totale
dei fattori, in alcuni casi direttamente nel modello e in
altri casi esternamente, con una procedura di calibrazione.
Per queste variabili è stato necessario formulare ipotesi
relative alla loro dinamica e quantificazione che, sebbene
comportino un elevato grado di discrezionalità, sono trasparenti,
motivate e quindi verificabili.
Il modello utilizzato è prevalentemente uno strumento di verifica di coerenza
e non un modello econometrico di previsione. Questo è inevitabile,
dal momento che il QCS tende a provocare una “rottura” nei
parametri delle funzioni di comportamento privato tramite
una crescita delle esternalità. L’obiettivo è analizzare gli
effetti di una “rottura” significativa nei comportamenti degli
operatori economici, e quindi di provocare un’analoga “rottura”
dei parametri delle funzioni di investimento privato. Il PIL
è determinato tramite una funzione di produzione che scompone
la crescita del prodotto nelle componenti capitale, lavoro
e produttività globale dei fattori, che cattura tutte le esternalità.
Il modello è completato da equazioni e identità contabili
che descrivono in particolare il conto delle risorse e degli
impieghi nonché il mercato del lavoro. Il modello è dunque
semplificato e stilizzato. In particolare, non comprende variabili
nominali (ad esempio, i prezzi) e i consumi interni non sono
determinati in funzione di ipotesi di comportamenti ma in
maniera residuale, a saldo, per raggiungere l’equilibrio tra
risorse e impieghi (sebbene tale ipotesi venga poi verificata
tramite una funzione di comportamento esterna al modello).
In altri termini, il modello permette di stimare gli effetti sulla crescita
del PIL e sull’occupazione sotto specifiche ipotesi quantitative
riguardo all’impatto delle “variabili di rottura” sulla produttività
totale dei fattori.
Sulla base di queste premesse, la valutazione ex-ante propone uno scenario
tendenziale, in cui la quota di investimenti pubblici sul
PIL rimane costante dal 1999, e tre scenari che stimano gli
effetti degli interventi previsti: scenario di base (con investimenti
programmatici ma senza esternalità); scenario con esternalità
“basse”; scenario con esternalità “alte”. In questi ultimi
due scenari sono colti degli effetti addizionali attraverso
le “variabili di rottura” alle quali si rivolgono gli investimenti
programmatici.
Nello scenario tendenziale (“senza intervento”), il ritmo di crescita rimane
positivo, anche se moderato (in media 19%), con un tasso di
variazione del PIL del 2,4% in fine periodo. Con gli interventi
programmati, sia nello scenario con “esternalità alte” (5,5%)
sia in quello con esternalità basse (4,5%), viene raggiunto
l’obiettivo generale di un tasso di crescita del Mezzogiorno
significativamente superiore a quello medio osservato a livello
dell’Unione Europea. Nel periodo di programmazione, l’incremento
del PIL oscilla complessivamente, secondo gli scenari, tra
il 13% e il 38%.
Per quanto riguarda l’occupazione, il tasso medio annuo di variazione passerebbe
dallo 0,8% senza intervento al 3,1% nello scenario più ottimistico.
In termini assoluti, si prevede una creazione netta di circa
290.000 posti di lavoro nello scenario tendenziale fino a
1.330.000 posti di lavoro aggiuntivi. L’aumento complessivo
dell’occupazione è quindi compreso, a secondo degli scenari
considerati, tra il 5,7% e il 24%.
Rispettivamente, il tasso di disoccupazione, che assume particolare criticità
nel Mezzogiorno, passerebbe dal tasso attuale del 22,8% al
20,5% nello scenario tendenziale e al 13,1% nello scenario
con “esternalità alte”.
La variabile soggetta al massimo impatto è quella degli investimenti fissi
lordi delle regioni dell’Obiettivo 1. In termini di tassi
di variazione, la spesa globale per investimenti (infrastrutture
e investimenti produttivi) cresce, in media annua, a secondo
degli scenari, dal 3,3% al 12%. Si rileva, tuttavia, una forte
differenziazione tra settore pubblico e settore privato, la
cui significativa crescita riflette una forte complementarità,
e l’impulso, più o meno importante rispetto agli scenari,
dell’accumulazione di capitale pubblico.
Il tasso di variazione medio annuo del prodotto per persona occupata (produttività
del lavoro) passerebbe dall’1,1% nello scenario senza intervento
all’1,5% nello scenario più ottimistico. La differenza potrebbe
essere interpretata come un aumento di competitività delle
imprese del Mezzogiorno, grazie in particolare, alla concentrazione
di una parte significativa degli investimenti pubblici sugli
interventi che impattano significativamente sulla produttività.
In linea generale, le cifre sopra riportate dipendono dalle ipotesi sull’andamento
delle “variabili di rottura” esogene al modello, che si riflette
sulla produttività dei fattori e sull’occupazione. L’incertezza
che circonda i valori dell’elasticità della produttività rispetto
a quelle variabili ha indotto cautela nell’uso di quei valori.
Al fine di verificare la robustezza dei risultati, è stata
condotta un’analisi di sensitività basata, da un lato, su
una riduzione del 15% per ogni anno del sentiero di crescita
delle variabile di rottura esogene e, dall’altro, su una riduzione
delle valori delle elasticità basata sull’errore standard.
Nel primo caso, i tassi di crescita annui alla fine del periodo
di programmazione, nel caso di esternalità alte, si riducono
per il PIL e l’occupazione di 0,5 punti percentuali, quelli
nel caso di esternalità basse di 0,3 punti. Nel secondo caso,
la riduzione è pari a 1,1 punti per entrambi le variabili
nel caso di esternalità alte, a 0,9 punti per il PIL e a 0,8
punti per l’occupazione nel caso di esternalità basse.
Allo scopo di illustrare il possibile sentiero di crescita che permette di
raggiungere, nel periodo 2000-2006, il tasso di crescita obiettivo
per il Mezzogiorno, è stata effettuata un’ulteriore simulazione
con l’ausilio di un modello macroeconomico multisettoriale
dell’Italia “a due regioni”.
Il modello, che combina elementi di tipo “bottom-up” e “top-down”, evidenzia
alcune differenze sostanziali rispetto all’approccio precedente,
in quanto permette di effettuare collegamenti tra le due economie
regionali (Mezzogiorno e Centro-Nord) e di valutare gli impatti
macroeconomici.
La produzione è determinata combinando le tensioni dal lato
della domanda aggregata con le specificità settoriali, e i
fattori di offerta sono inclusi attraverso i prezzi relativi,
mentre per le equazioni relative alla domanda di lavoro è
stato utilizzato un quadro di ottimizzazione. Questo approccio
consente di meglio registrare i comportamenti attuali, ma
può portare a una sottostima degli effetti della strategia
dal lato dell’offerta. Inoltre, il consumo aggregato del Mezzogiorno
è basato su ipotesi di comportamento e le variabili nominali
(prezzi, salari, domanda e offerta di moneta) sono presenti
nel modello.
La simulazione verte sui quattro scenari citati nell’esercizio precedente.
Il modello valuta l’impatto sulle variabili reali e nominali
dei primi due scenari (quello tendenziale e quello con investimenti
programmatici). Tali scenari differiscono, nel quadro della
simulazione effettuata, per l’ordine di grandezza della crescita
degli investimenti pubblici (14% nei sei anni per lo scenario
tendenziale e 45% per lo scenario con investimenti programmatici).
L’effetto delle esternalità negli altri due scenari è calcolato sulla base
di modifiche dei parametri nelle singole equazioni, in grado
di simulare i tassi di crescita obiettivo. Ciò è possibile
modificando l’impatto degli investimenti pubblici sugli investimenti
privati e l’impatto del valore aggiunto e dello stock di capitale
sull’occupazione.
La simulazione conferma quanto già evidenziato nell’esercizio precedente,
ossia che lo scenario con investimenti programmatici non è
in grado, da solo, di condurre a un tasso di crescita nel
Mezzogiorno significativamente superiore alla media dell’UE.
Effettivamente, i tassi di crescita raggiungerebbero un livello
analogo a quello riscontrato nella simulazione precedente,
ma gli incrementi più significativi avverrebbero soltanto
alla fine del periodo. Inoltre, l’impatto sul tasso di disoccupazione
non sarebbe molto significativo, dato che la crescita dell’occupazione
totale sarebbe accompagnata dalla crescita dei tassi di attività.
Dunque, la politica di investimento pubblico mostra, nello
scenario con investimenti programmatici, una moderata efficacia
nell’influenzare le variabili reali. Il suo impatto più importante
è la significativa modifica della composizione della domanda
aggregata, con un ruolo ridotto per gli investimenti privati
(che mostrano un certo effetto di spiazzamento) e un’importanza
accresciuta per i consumi privati (+3,5% in media) e gli investimenti
pubblici.
Al fine di raggiungere tassi di crescita paragonabili all’obiettivo di crescita
indicato nel QCS, negli scenari “con esternalità” deve verificarsi
una drastica discontinuità nella politica di avviamento e
accompagnamento dell’investimento pubblico. Nell’esercizio
precedente tale discontinuità è stata stimata attraverso il
comportamento di alcune “variabili di rottura” e il loro impatto
sulla produttività. In questa seconda simulazione, gli alti
tassi di crescita (4,1% nello scenario con esternalità basse;
5,5% nello scenario con esternalità alte) possono essere raggiunti
tramite una “rottura” dell’impatto dell’investimento pubblico
sull’investimento privato, che implica mutamenti sostanziali
in termini di efficacia e un cambiamento radicale nei comportamenti
rispetto al passato, e nell’impatto del valore aggiunto e
dello stock di capitale sull’occupazione. Questo secondo esercizio
conferma pertanto che l’aumento dell’efficienza degli investimenti
pubblici è, come sottolineato dalla valutazione ex-ante, il
principale elemento per “rompere” con i comportamenti economici
del passato.
Lo scenario con esternalità basse porta a una riduzione drastica del tasso
di disoccupazione (16% nel 2006). Gli incrementi di crescita
più significativi avverrebbero soltanto alla fine del periodo
di programmazione. Paragonato allo scenario con investimenti
programmatici, l’aumento nel consumo è più rilevante, ma la
differenza principale è la reazione positiva, estremamente
vigorosa, dell’investimento privato ai cambiamenti indotti
nell’investimento pubblico, un comportamento che non ha precedenti
nel Mezzogiorno.
Lo scenario con esternalità alte, similmente a quanto evidenziato nella simulazione
precedente, produce effetti ancora più rilevanti e spinge
veramente il Mezzogiorno su di un diverso percorso di crescita,
modificando considerevolmente l’evoluzione del differenziale
dei tassi di crescita rispetto al Centro-Nord. La
riduzione della disoccupazione sarebbe ancora più netta e
rapida rispetto allo scenario con esternalità basse. Tuttavia,
anche in questo caso gli incrementi di crescita più significativi
avverrebbero soltanto alla fine del periodo 2000-2006, e comporterebbero
anche incrementi nel consumo che potrebbero generare pressioni
di tipo inflazionistico.
Nel
complesso, i risultati delle due simulazioni confermano la
necessità di un massiccio innalzamento della qualità degli
investimenti, così come evidenziato negli obiettivi strategici
del QCS. Pur considerando che i due esercizi differiscono
riguardo all’arco temporale indicato per raggiungere gli obiettivi
di crescita, essi dimostrano che la possibilità di generare
delle discontinuità rispetto al passato e di massimizzare
la crescita risiede in primo luogo in un impatto molto più
rilevante ed efficace degli investimenti pubblici sugli investimenti
privati, di quanto è attualmente. Ciò significa anche un miglioramento
dell’efficienza e della produttività degli investimenti pubblici
attraverso una selezione e gestione rigorose dei progetti.
Significa, infine, la necessità di accompagnare la politica
di investimento pubblico con politiche volte al miglioramento
della concorrenza nei mercati dei beni, dei servizi e del
lavoro, e all’ammodernamento della Pubblica Amministrazione.
La politica nazionale per il Mezzogiorno
si basa su un insieme di interventi tra loro fortemente integrati.
Come sottolineato dal DPEF 2000-2003 il successo del QCS dipende,
pertanto, anche dalla contestuale attuazione di altre politiche
trasversali:
·
rafforzamento
della concorrenza nei mercati di beni e servizi;
·
flessibilità
e maggiore efficienza del mercato del lavoro;
·
miglioramento
di efficienza dell’amministrazione pubblica;
·
sostegno
alle politiche di internazionalizzazione.
Il rafforzamento della concorrenza nei mercati di beni e servizi aiuta i consumatori
– privati e imprese – grazie ad una maggiore efficienza in
termini di minori costi e servizi di migliore qualità. Ciò
aumenta la competitività delle imprese, stimola le esportazioni
e gli investimenti privati, conduce ad aumenti di produttività,
creazione di posti di lavoro e crescita economica. Un'area
fondamentale di intervento riguarda il proseguimento delle
politiche di privatizzazione delle imprese pubbliche, di liberalizzazione
del mercato e di riduzioni ulteriori nel livello degli aiuti
di Stato. Un’altra area di maggiore importanza è la liberalizzazione
e l’intensificazione della concorrenza nei grandi servizi
di rete (cioè l’energia, le telecomunicazioni, i trasporti,
il settore idrico) a livello nazionale, ma anche nei mercati
dei servizi di pubblica utilità a livello locale.
Una maggiore flessibilità ed efficienza del mercato del lavoro sono elementi
chiave per creare un contesto capace di attrarre risorse mobili
e generare nuovo impiego. Il PAN sottolinea la necessità di
ridurre gli ostacoli al funzionamento efficiente dei meccanismi
allocativi del mercato del lavoro, tramite la rapida creazione
di servizi per l’impiego moderni, sia pubblici sia privati,
per migliorare il “job-matching”
e prevenire la disoccupazione di lungo periodo. Anche la transizione
dalla scuola al lavoro potrebbe essere facilitata se fosse
possibile assicurare un sistema educativo e formativo capace
di fornire le competenze richieste dal mercato del lavoro.
Nel contesto del Mezzogiorno, l’obiettivo di aumentare l’efficienza del mercato
del lavoro comprende quello di ridurre l’estensione delle
aree di lavoro sommerso e irregolare.
Tuttavia, oltre alle politiche attive del mercato del lavoro, si richiedono
sforzi, attraverso i meccanismi della concertazione (del Patto
Sociale del dicembre 1998) per trovare modi di legare i livelli
e la dinamica delle retribuzioni alle condizioni di produttività,
al fine di migliorare la competitività del Mezzogiorno e valorizzare
le esperienze positive sperimentate all’interno degli strumenti
di programmazione negoziata.
Il PAN sottolinea anche l'importanza di ridurre il peso del sistema fiscale
sul costo del lavoro e sui contributi previdenziali. Malgrado
le riforme recenti, il carico fiscale sul lavoro rimane tra
i più alti dell’UE. Ridurre il peso del fisco sul lavoro significherebbe
creare uno strumento importante per l'emersione dell'economia
sommersa.
Malgrado il crescente ricorso al part-time, ai contratti a tempo determinato
e atipici i livelli di questi contratti rimangono inferiori
alla media UE. L’estensione dell’utilizzo di forme flessibili
ma regolari di impiego può costituire un’agevolazione per
l’ingresso nel mercato del lavoro delle categorie più deboli;
la promozione del lavoro part-time potrebbe contribuire ad
aumentare i tassi di occupazione e di attività delle donne.
L’obiettivo del PAN, di raggiungere il livello medio europeo
di occupazione part-time entro il 2003, è di importanza particolare
per il Mezzogiorno.
Il successo del QCS e di altre politiche dipende anche dall'ammodernamento
dell'amministrazione pubblica, e su un aumento dell'efficienza
e dell'efficacia amministrativa a livello nazionale, regionale
e locale. Per poter fornire servizi pubblici di un’alta qualità
ed in un modo efficiente ed efficace, ogni amministrazione
pubblica deve dotarsi di strutture tecnico-amministrative
adeguate, ma anche delle risorse umane ed organizzative appropriate.
La crescita dell’internazionalizzazione è un’opportunità addizionale per il
Mezzogiorno rispetto al resto del paese, concorrendo in maniera
significativa all’obiettivo di coesione, soprattutto grazie
alla possibilità di cogliere opportunità emergenti dai mercati
e contesti internazionali, anche nei paesi per i quali il
Mezzogiorno può rappresentare un interlocutore naturale nell’Unione
Europea (Mediterraneo, Sud-est europeo).
La capacità del QCS di conseguire gli obiettivi stabiliti è strettamente collegata
all’attuazione dell’intero pacchetto di politiche sopra delineate
e illustrate nel DPEF 2000-2003.
Visto tale legame diretto, eventuali mutamenti significativi nella politica
economica e sociale italiana rispetto alle linee del DPEF
2000-2003 potrebbero avere rilevanti ripercussioni sulla capacità
del QCS di raggiungere i propri obiettivi. In tal caso, il
Governo italiano e la Commissione Europea valuteranno in partenariato
l’impatto di tali mutamenti sul QCS (in termini di strategia,
di obiettivi e di priorità di intervento) e l’eventualità
di procedere a modifiche del QCS stesso.
In termini generali il QCS prende adeguatamente in considerazione le priorità
della Commissione, come indicato negli orientamenti per i
programmi del periodo 2000-2006. Un riferimento particolare
va effettuato per la Società dell’Informazione e per l’applicazione
del principio “chi inquina paga”.
Per quanto concerne la Società dell’Informazione,
l’affermarsi di questo fenomeno non solo avrà un impatto
in tutti i campi della vita sociale (business, tempo libero,
educazione, salute, ecc.), ma la sua crescita rapidissima
può avere effetti significativi – sia positivi sia negativi
- dal punto di vista sociale ed economico, creando nuove disparità
tra regioni, settori e segmenti della popolazione. Il quadro
di riferimento strategico per la realtà italiana è indicato
dal Piano di Azione per lo Sviluppo della Società dell’Informazione
della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Forum per la
Società dell’Informazione). E’ tuttavia necessaria la definizione
di una strategia di sviluppo della Società dell’Informazione
in ogni Regione del Mezzogiorno. Il QCS delinea le principali
linee di intervento in materia di Società dell’Informazione
nella descrizione dell’Asse VI.
Con riguardo al principio “chi inquina
paga”, il Regolamento (CE) n. 1260/1999 prevede la diversificazione
dei tassi di partecipazione dei Fondi Strutturali quale strumento
concreto per la sua applicazione. Il principio implica che
coloro i quali sono all'origine dei danni causati all'ambiente,
si facciano carico dei costi necessari a evitare o riparare
il danno.
Per l'applicazione del principio, le linee direttrici della Commissione per
i programmi dei Fondi strutturali 2000-2006 prevedono un quadro
che si basa sui seguenti principi:
-
attraverso
la differenziazione dei tassi di contributo, occorre sviluppare
un sistema in base al quale i costi ambientali connessi al
trattamento dell'inquinamento e/o alle azioni preventive siano
sostenuti dai responsabili dell'inquinamento;
-
l'applicazione
del principio "chi inquina paga" deve risultare
compatibile con gli obiettivi della coesione economica e sociale;
-
lo sviluppo
di tale sistema deve essere graduale e interessare i diversi
settori infrastrutturali oggetto di sostegno da parte dei
Fondi;
-
dovrà tener
conto dell'accettazione sociale dell'imposizione dei costi;
-
dovrà rispettare
le disposizioni del Trattato relative all'uso oculato e razionale
delle risorse, soprattutto idriche ed energetiche.
I servizi della Commissione hanno pubblicato un documento tecnico che propone modalità pratiche, in accordo con i
principi sopra indicati, per l'applicazione del principio
"chi inquina paga" ai progetti di infrastrutture
nei settori ambiente, trasporti ed energia oggetto di finanziamento
dei Fondi strutturali.
Per l'applicazione del principio ai progetti di infrastrutture in questi settori,
occorre avvalersi di sistemi di pagamento intesi ad addebitare
i costi di utilizzo delle infrastrutture e i costi dell'inquinamento
da esse prodotto. Gli utenti delle infrastrutture dovrebbero
contribuire sia alle spese necessarie per combattere l'inquinamento,
sia ai costi di funzionamento, manutenzione e sostituzione
delle infrastrutture stesse.
Per l'applicazione del principio "chi inquina paga", una distinzione
è necessaria tra:
a) i settori coperti da un quadro legislativo comunitario in vigore;
b) i settori ancora privi di un quadro legislativo comunitario.
a)
Laddove è già pienamente in vigore una normativa comunitaria
sul sistema di imputazione dei costi (attualmente: nel settore
della gestione dei rifiuti) i tassi di partecipazione dei
Fondi dovrebbero variare nella misura in cui il sistema incentiva
un uso efficace delle infrastrutture, la loro manutenzione
ed uno sfruttamento delle risorse coerente con la legislazione
comunitaria.
b)
Per i settori delle infrastrutture in cui la normativa
comunitaria relativa ai sistemi di imputazione dei costi dell'inquinamento
è ancora in corso di definizione o approvazione (attualmente:
risorse idriche, trasporti ed energia), la Commissione propone
di utilizzare la diversificazione dei tassi di aiuto come
incentivo per sviluppare tali sistemi. Ciò permetterebbe di
estendere progressivamente l'applicazione del principio "chi
inquina paga" a tutte le operazioni nel settore delle
infrastrutture cofinanziate dalla Comunità.
Nel caso a), il DL 22/97 in attuazione delle direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE
e 94/62/CE recepisce l'applicazione del principio "chi
inquina paga". In particolare, viene istituita la tariffa
per la gestione dei rifiuti urbani che deve coprire i costi
(investimenti e ammortamenti) e essere proporzionale alla
quantità di rifiuti conferiti in modo da assicurare, a regime,
la copertura integrale dei costi di investimento ed esercizio.
Nel caso b), come primo passo, si propone di applicare tale diversificazione
ad un numero limitato di tipi di investimenti in infrastrutture
nei tre settori suddetti, e cioè:
-
nei settori
dei trasporti e dell'energia, per gli investimenti che ricadono
nelle reti trans-Europee (TENs) e nella direttiva 88/609/CEE
sui grandi impianti di combustione;
-
nel settore
delle risorse idriche, per le infrastrutture definite nella
direttiva 85/337/CEE
(modificata dalla direttiva 97/11/CE)
e nel progetto di direttiva quadro sulle acque.
Dettagli sul metodo proposto di differenziazione del tasso di contributo sono
presentati nel documento tecnico della Commissione sopra citato.
Come auspicato dalla Commissione, le autorità italiane hanno fornito il seguente
quadro della legislazione nazionale:
1.
Ciclo
integrato delle acque:
la legge 36/94 (Galli), recepisce il principio "chi inquina
paga" attraverso l'introduzione di misure che assegnano
alla politica tariffaria principalmente il compito di:
-
garantire
un complessivo equilibrio economico finanziario dell'impresa
tenendo conto della struttura dei costi di produzione del
servizio offerto;
-
garantire
una più efficiente allocazione dei fattori e quindi ridurre
lo spreco nell'uso delle risorse;
-
perseguire
gli obiettivi di settore indicati dalla legge stessa e dagli
indirizzi di settore di tutela ambientale, di risparmio idrico
e più in generale di uso più efficiente delle risorse.
La
nuova disciplina tariffaria della legge Galli, ispirandosi
al principio della copertura dei costi, prevede che la tariffa
sia calcolata sulla base della quantità della risorsa idrica
e del servizio fornito, dei costi di gestione, delle opere
e degli adeguamenti necessari, della remunerazione del capitale
investito, ecc. Il decreto attuativo della legge Galli (DM
1.08.1996) predispone un sistema di tariffazione, basato sul
metodo del price-cap,
che tenga conto dei criteri di economicità e di efficienza.
Tale soluzione offre lo stimolo per l'impresa ad assumere
comportamenti efficienti e permette di definire un livello
di tariffa che approssimi i costi efficienti sia per infrastrutture
idriche che per quelle di fognatura e depurazione.
2.
Energia. Il nuovo ordinamento (29.12.1999 Delibera Autorità per l'energia elettrica)
delle tariffe del servizio di fornitura ai clienti vincolati
sarà in grado di esercitare effetti positivi sulla tutela
dell'ambiente e delle risorse naturali attraverso quattro
meccanismi:
-
l'introduzione
di stimoli a miglioramenti di efficienza sul lato dell'offerta
adeguando le tariffe ai costi riconosciuti. Tramite specifiche
componenti tariffarie l'Autorità assicura la copertura dei
costi derivanti dalla realizzazione di obiettivi generali
di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse e relativi
all'attività di ricerca e sviluppo;
-
la promozione
di miglioramenti dell'efficienza negli usi finali attraverso
l'introduzione di stimoli e l'eliminazione di disincentivi
per gli esercenti;
-
stimoli all'utenza
per il miglioramento dell'efficienza negli usi finali. Il
nuovo sistema tariffario permetterà di coprire i costi di
produzione e i costi connessi ad interventi di abbattimento
delle emissioni o modifiche dei processi produttivi a fini
ambientali e di uso efficiente delle risorse. L'internalizzazione
dei costi ambientali è promossa dall'effetto combinato di
misure di politica ambientale (standard di emissioni per gli
impianti di generazione termoelettrica, carbon
tax introdotta con la legge finanziaria 1999) e dall'integrazione
di obiettivi di tutela ambientale nelle politiche di settore
(intervento tariffario);
-
introduzione
di una maggiore flessibilità nei rapporti tra clienti e imprese
elettriche e la creazione di nuove possibilità di incontro
tra "domanda" e "offerta" con caratteristiche
positive da un punto di vista ambientale.
Oltre che nel settore della gestione dei rifiuti, nel quale è in vigore una
legislazione specifica, il documento tecnico della Commissione
prevede un’applicazione graduale del principio "chi inquina
paga" per le infrastrutture dei settori delle risorse
idriche, dell'energia e dei trasporti; L'applicazione avverrà
in due fasi distinte: 2000-2003 e 2004-2006. Al termine della
prima fase, entro il 31.12.2003, una specifica valutazione
a metà percorso permetterà l'esame dei risultati conseguiti
nell'applicazione del principio nel primo quadriennio e dovrà
consentire di porre le basi per una più ampia e completa applicazione
del principio nel prosieguo della programmazione.
Questa sezione affronta la valutazione dell’impatto atteso del QCS sulle tre
priorità citate nell’articolo 1 del Regolamento n. 1260/1999
del Consiglio: ambiente, occupazione e pari opportunità.
Il miglioramento del contesto ambientale, la valorizzazione delle risorse
naturali e la promozione di uno sviluppo che coniughi gli
aspetti economici, sociali e ambientali, sono gli elementi
che caratterizzano la strategia del QCS.
La valutazione ex-ante ambientale che ha accompagnato la predisposizione del
Programma di Sviluppo del Mezzogiorno, seppur caratterizzata
da un livello di conoscenza non ottimale per quantità e qualità
dei dati di base, ha messo in evidenza i principali punti
di forza e di debolezza della qualità dell'ambiente, ha consentito
una individuazione dei potenziali impatti delle strategia
e degli interventi, contribuendo a una migliore integrazione
della dimensione ambientale in tutti gli Assi di intervento.
La valutazione ex-ante ambientale è stata condotta in conformità con l'articolo
41.2 del Regolamento (CE) n. 1260/1999. Essa si configura
come un processo che, per successivi gradi di approfondimento,
accompagnerà le fasi successive della programmazione e sarà
il riferimento rispetto al quale valutare, in itinere (valutazione
intermedia) ed ex-post, il grado di conseguimento degli obiettivi
di sostenibilità ambientale integrati nelle strategie settoriali.
La valutazione ex-ante contiene una descrizione, quantificata nella misura
del possibile, della situazione ambientale del Mezzogiorno
(si veda la sintesi al paragrafo 1.1.4 del QCS) che ha messo
in luce le carenze conoscitive che tuttora persistono. Il
miglioramento delle conoscenze delle componenti ambientali
e degli ecosistemi è un obiettivo prioritario "trasversale"
del QCS, e costituisce un requisito indispensabile per la
sostenibilità ambientale e la realizzazione degli interventi.
Entro il 31.12.2002 sarà predisposta una nuova e più completa stesura della
valutazione ex-ante ambientale, integrata con gli indicatori
pertinenti, che servirà da base per l'esercizio di valutazione
intermedia.
La valutazione dell'incidenza sull'ambiente e l'analisi dell'integrazione
degli aspetti ambientali nelle strategie e nelle linee di
intervento settoriali, è stata condotta prioritariamente per
gli Assi I, IV, V e VI. Una sintesi figura nell'allegato
B
del QCS.
In una prospettiva di sviluppo sostenibile, la valutazione ex-ante ambientale
è stata integrata nel QCS e ha contribuito a definirne le
strategie, gli obiettivi e le linee di intervento, che tengono
conto dei principi di azione preventiva, di correzione alla
fonte dei danni causati all'ambiente e del principio "chi
inquina paga".
Il QCS dovrà essere l'occasione per la rapida attuazione del quadro tecnico,
amministrativo e legislativo indispensabile per colmare le
lacune di conoscenza, pianificazione e programmazione e per
un profondo rinnovamento degli attuali sistemi di governo
e di gestione dell'ambiente. Nel ciclo integrato dell'acqua,
nella gestione dei rifiuti, nel settore del suolo e dell'inquinamento,
le strategie di intervento mirano a colmare i ritardi di implementazione
delle normative comunitarie e nazionali, consentendo la costruzione
di efficaci sistemi di gestione delle risorse naturali e una
maggiore sicurezza e difesa del territorio dal rischio idrogeologico,
sismico e da inquinamento.
Gli investimenti nel "ciclo integrato dell'acqua" si inquadrano
negli strumenti di pianificazione previsti dalla normativa
nazionale di settore (legge n. 36/94 "Galli" e D.lgs.
152/99 che recepisce le direttive 91/271/CEE "acque reflue
urbane" e 91/676/CEE "nitrati").
Nel settore dei rifiuti, gli investimenti ammissibili a cofinanziamento sono
quelli previsti dai piani di gestione redatti in conformità
con le direttive comunitarie 75/442/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CEE,
notificati alla Commissione. La strategia di intervento dovrà
essere conforme con la gerarchia comunitaria in materia di
gestione dei rifiuti (prevenzione, riutilizzo, riciclo e,
per la frazione residuale: incenerimento con recupero energetico,
discarica controllata).
Le azioni di difesa del suolo (rischio idrogeologico, sismico, da inquinamento)
dovranno essere coerenti con il quadro programmatico (Pianificazione
di bacino), complementari con gli interventi previsti in altri
Assi, e prioritarizzati in base ad analisi di pericolosità
e di rischio.
Gli interventi di bonifica dei siti inquinati devono collocarsi nell'ambito
di una di una pianificazione a livello regionale, basata sul
censimento dei siti potenzialmente contaminati, che tenga
conto delle priorità e dei criteri indicati dalla normativa
nazionale di settore (DM 25.10.1999 n. 471).
Per quanto concerne l'energia, gli investimenti saranno prioritariamente orientati
verso un utilizzo più efficiente sul versante della domanda
e per il sostegno alle fonti di energia rinnovabili.
Per quanto concerne in particolare le aree naturali, le informazioni fornite
dalle autorità italiane (lista dei Siti di Importanza Comunitaria
proposti per l'inclusione nella rete NATURA 2000) sono sufficienti
per una valutazione dell'impatto atteso dagli interventi su
tali aree. La strategia del QCS mira alla tutela, corretta
gestione e valorizzazione del patrimonio naturalistico, riconoscendo
nelle zone di cui alla costituenda rete NATURA 2000 gli ambiti
territoriali nei quali realizzare in via prioritaria gli interventi
in cui essa si articola.
La sostenibilità ambientale delle politiche di sostegno alle attività produttive,
allo sviluppo delle città e delle reti e nodi di servizio,
è perseguita attraverso un'integrazione degli aspetti ambientali
e di sostenibilità negli obiettivi specifici e nelle linee
di intervento. La strategia
mira a ridurre le esternalità ambientali negative,
minimizzando gli impatti ambientali, migliorando la sostenibilità
nell'utilizzo delle risorse naturali, promuovendo l'adesione
a sistemi ambientali di gestione normata (EMAS) e l’utilizzo
delle migliori tecniche disponibili e/o di tecniche tradizionali
a basso impatto, pianificando gli interventi in funzione delle
capacità di carico dell'ambiente. Il QCS individua un primo
insieme di criteri e di indirizzi di attuazione, che saranno
ulteriormente specificati nei Programmi Operativi e nei Complementi
di programmazione attraverso una valutazione puntuale degli
strumenti adeguati a dare concretezza all'obiettivo della
sostenibilità ambientale (misure, criteri, meccanismi premiali,
specifiche modalità di attuazione).
Per quanto concerne la riduzione dei gas ad effetto serra (protocollo di Kyoto),
la strategia di intervento del QCS, in particolare nel settore
dei trasporti, delle attività produttive, delle città e dell'energia,
è improntata ad una maggiore efficienza nell'utilizzo delle
risorse non rinnovabili, in particolare attraverso un riequilibro
modale che privilegi sistemi di trasporto più sostenibili.
Il coinvolgimento delle Autorità ambientali nazionali e regionali in tutte
le fasi di programmazione ed attuazione degli interventi,
nonché in sede di valutazione intermedia ed ex-post, rappresenta
uno strumento cruciale a sostegno di una maggiore sostenibilità
ambientale dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno,
nonché per assicurare la coerenza degli interventi e delle
azioni con la politica e la normativa comunitaria in materia
di ambiente.
La "Rete nazionale delle autorità
ambientali e della programmazione dei Fondi strutturali comunitari"
è la sede di coordinamento, di riflessione, di messa in comune
delle esperienze e di elaborazione di criteri e di metodologie
attinenti gli aspetti ambientali dell'azione dei Fondi strutturali.
Istituita nel corso della programmazione 1994-1999, la "Rete"
sarà rafforzata e la sua azione resa più efficace.
Il QCS affronta con forza il tema dell'occupazione, che viene considerata
strumento e risultato di una politica di crescita e anche
strumento dell'obiettivo di riduzione del disagio sociale.
I collegamenti e la coerenza con la Strategia europea per l’occupazione sono
assicurati, così come la coerenza interna con la strategia
nazionale delineata dal Piano d'azione nazionale (NAP) e dal
Quadro di riferimento per l'Obiettivo 3.
In particolare, il QCS affronta la questione dell’occupabilità con particolare vigore. Il Quadro tiene conto di questo
pilastro sia in termini di rafforzamento dell’occupazione
che miglioramento delle competenze dei lavoratori. In tal
modo è assicurata la coerenza con il NAP e con il Quadro di
riferimento per l’Obiettivo 3, che attribuiscono particolare
importanza al pilastro dell’occupabilità anche per tenere
conto di una raccomandazione del Consiglio europeo di Helsinki
al riguardo.
Il pilastro dell’imprenditorialità
viene trattato in maniera adeguata dal QCS, che pone in modo
particolare l’accento sull’emersione del lavoro irregolare
riconoscendo anche l’importanza del fatto che le parti sociali
e le autonomie locali siano strettamente coinvolte nelle iniziative
volte a tale pilastro.
Quanto all’adattabilità, si prevedono
importanti azioni per la formazione continua destinata alle
Amministrazioni pubbliche. In coerenza con la Strategia europea
per l’occupazione, il QCS prevede la formazione continua anche
per le parti sociali e le organizzazioni non governative,
allo scopo di migliorare l’adattabilità generale del sistema.
L'importanza del settore dei servizi nella creazione di posti di lavoro è
posta in evidenza grazie anche a un'attenzione particolare
posta negli assi risorse naturali e risorse culturali. A questo
proposito, merita di essere ricordata l'importanza che il
QCS attribuisce alle iniziative in tema di società dell'informazione
anche dal punto di vista della creazione di posti di lavoro.
Le iniziative del QCS in tal senso si rifanno alla comunicazione
della Commissione del 4 febbraio 2000 dal titolo « Strategie
per l'occupazione nella società dell'informazione ».
La
valorizzazione delle risorse femminili e la diffusione della
cultura di parità si va affermando come importante principio
trasversale dell’azione di policy e non solo di azioni specifiche
aggiuntive, in grado non solo di realizzare un obiettivo di
eguaglianza, ma di esprimere un’opportunità di crescita per
il benessere generale. Una gran parte della riserva di produttività
del mezzogiorno è costituita da risorse femminili lontane
dal mercato del lavoro e dai luoghi decisionali, l’allargamento
della fascia di esclusione sociale è uno dei fattori che perpetuano
il ritardo della cultura della modernità e della legalità
necessarie al decollo di un nuovo sviluppo e una corretta
amministrazione delle risorse pubbliche. Un maggiore coinvolgimento
femminile consente una migliore consapevolezza delle necessità
delle famiglie, degli anziani e dei minori. Una riduzione
generalizzata della segregazione di genere e dei fenomeni
di esclusione ha un’importante ricaduta in termini di sicurezza,
di condizioni di legalità.
L'impatto che il QCS può avere sulle pari opportunità
di genere va massimizzato realizzando l’integrazione del principio
di parità nella programmazione sia attraverso un deciso intervento
trasversale di mainstreaming, sia tramite delle misure specifiche.
Requisito essenziale di tale integrazione è il coinvolgimento
delle autorità competenti in materia, in particolare a livello
regionale.
A livello dei programmi operativi potranno essere definite
procedure standard al fine di fornire un valido ausilio per
le amministrazioni regionali e locali. Ai fini della definizione
d'impatto, rilievo particolare assume la riserva del 10% delle
risorse del FSE destinate all'asse risorse umane in favore
delle azioni specifiche volte all'applicazione del principio
di parità di genere. Analogo rilievo va riconosciuto alla
fissazione di un obiettivo quantificato a livello di QCS nel
campo della promozione della parità fra uomini e donne e del
« mainstreaming » di genere. Tale obiettivo deve
poter essere monitorato durante l'attuazione e deve poter
permettere eventuali cambiamenti in corso d'opera, facendo
riferimento anche all’impianto metodologico per la valutazione
dell’impatto (VISPO) predisposto dal Dipartimento per le Pari
Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I Programmi operativi regionali
assumono quindi la stessa articolazione di obiettivi globali
e di Assi prioritari di intervento del QCS, costituendone
di fatto una specificazione regionale (il modo in cui
nella singola regione si conseguono gli obiettivi globali,
secondo una strategia specifica articolata in Assi prioritari,
ma costruita sulla base delle scelte strategiche che la
Regione ha fatto in relazione alle risorse di cui è più
dotata e che vuole valorizzare e al mix di obiettivi specifici
che ne discendono).
Mazzola (1997, 1998, 2000).