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Progetti Integrati Territoriali


 

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Indice

3.9. Orientamenti generali per gli interventi nel settore della pesca

3.9.1.     La strategia di sviluppo per la pesca

In sintesi, le principali categorie di punti di forza che l’analisi ha messo in luce vanno ricercate:

·        nel manifestarsi di un crescente interesse da parte dei produttori in favore di un’integrazione verticale delle attività che, a partire dal momento produttivo, investe quello commerciale e della trasformazione artigianale ed industriale;

·        nel manifestarsi di nuove opportunità produttive e occupazionali nell’ambito di un processo di esternalizzazione delle attività, che trova nel soddisfacimento delle esigenze di modernizzazione una spinta ad operare cambiamenti strutturali imprevedibili fino a pochi anni addietro;

·        nel forte impulso offerto dalle pratiche di allevamento al soddisfacimento dei consumi interni;

·        nella presenza di una ricerca di settore in grado di assistere la produzione e l’amministrazione.

Sul versante dei punti di debolezza l’analisi ha dato risultati che possono brevemente essere ricercati in:

·        frammentarietà della produzione in mare e sovrasfruttamento delle risorse biologiche;

·        invecchiamento e obsolescenza della flotta determinata, oltre che per ragioni di natura temporale, anche dal blocco degli incentivi comunitari a causa del mancato conseguimento degli obiettivi stabiliti dal Programma di Orientamento Pluriennale, nel periodo 1992-1996;

·        scarsa applicazione del Codice di Condotta per una Pesca responsabile;

·        viscosità dei circuiti commerciali e presenza di componenti distorsive della concorrenza a livello commerciale;

·        scarsa propensione dei consumatori all’innovazione cui fa riscontro una bassa propensione all’investimento in innovazione di prodotto con conseguente arretratezza tecnologica, deboli integrazioni di filiera e scarsa verticalizzazione dei processi produttivi;

·        dipendenza dall’estero per quanto concerne l’acquisizione di buona parte della produzione da destinare al consumo finale e per la quasi totalità della materia prima da destinare all’industria di trasformazione;

·        insoddisfacente dotazione infrastrutturale che determina costi aggiuntivi per le imprese;

·        forte competizione internazionale in generale e, in particolare, relativamente ai prodotti di acquacoltura; eccesso di offerta interna per alcune delle specie oggetto di allevamento.

Le maggiori categorie di opportunità individuate riguardano in sintesi:

·        la recente approvazione della nuova OMC con forti opportunità in favore delle Organizzazioni dei Produttori e introduzione di nuove regole per favorire il controllo dei flussi produttivi e commerciali da parte delle OP;

·        la recente evoluzione dei canali distributivi e la composizione dell’offerta che favoriscono il consumo di prodotti ittici. freschi, congelati e trasformati;

·        l’affermazione e la condivisione di un sistema di gestione centrato sull’autogestione da parte dei produttori in mare e che trova consistenza nell’introduzione dei Distretti di pesca;

·        la crescente integrazione fra le dinamiche produttive e quelle ambientali, in particolare nella gestione delle aree marine protette e di tutela biologica; l’utilizzazione a fini occupazionali e di riconversione delle opportunità di integrazione che vanno estendendosi fra i due settori;

·        la crescente attenzione da parte dei consumatori alla salubrità ed igienicità degli alimenti, e la conseguente valorizzazione delle produzioni certificate e di origine protetta;

·        l’aumento della domanda interna dei prodotti di allevamento e la diversificazione produttiva, in particolare attraverso lo sviluppo di nuove specie oggetto di allevamento.

Infine per ciò che riguarda i principali rischi l’analisi ha riscontrato:

·        l’aumento di fenomeni di degrado ambientale che tende a modificare la distribuzione degli stock ittici e ne riduce la presenza nelle aree di pesca, nonché l’incremento di fenomeni mucillaginosi che impediscono e/o riducono l’attività produttiva;

·        la crescita delle importazioni di specie ittiche a prezzi sempre più insostenibili da parte della produzione nazionale;

·        la crescente difficoltà dell’industria conserviera ittica italiana, dovuta alla carenza di materia prima e alla forte competizione di prodotti finiti provenienti da paesi terzi. In particolare, l’industria tonniera risulta totalmente dipendente dall’estero, con gravi minacce in termini di disponibilità di materia prima, mentre per altri prodotti si assiste a una sempre maggiore penetrazione a prezzi concorrenziali di prodotti lavorati provenienti dall’estero, anche a seguito della delocalizzazione delle attività di lavorazione in Paesi a minore costo del lavoro.

Di conseguenza, nonostante gli sforzi compiuti nel settore della pesca nell’ambito del QCS Obiettivo 1 1994-1999, la ristrutturazione del settore dovrà essere proseguita mediante la razionalizzazione e l'ammodernamento dell'apparato produttivo e mediante altre azioni ad effetto duraturo.

Per quanto riguarda le flotte pescherecce:

·        i programmi d'orientamento pluriennali (Pop IV fino al 2001 e Pop V in seguito) rappresentano la base di riferimento per dimensionare le azioni relative al governo della capacità di pesca, assegnando risorse sufficienti alla loro attuazione;

·        riguardo al rinnovo e all’ammodernamento della flotta, vanno evitati sia l’insufficienza delle azioni e del conseguente invecchiamento generalizzato della flotta, sia l’effetto perverso che le innovazioni tecnologiche introdotte possono produrre sull’effettiva riduzione della capacità di pesca e sull’equilibrio dell’attività di pesca con le risorse alieutiche. Operativamente, occorrerà incoraggiare l’utilizzo di attrezzature e di metodi di pesca più selettivi, il miglioramento della qualità dei prodotti pescati e conservati a bordo e il miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza.

Per le restanti misure cofinanziate dallo SFOP (acquacoltura, trasformazione dei prodotti, ecc.), sono ritenute prioritarie le azioni collettive, che privilegiano la presa in considerazione degli interessi dell’insieme del settore, rispetto agli investimenti diretti nelle imprese. Inoltre, è riconosciuta priorità agli interventi che integrano la prevenzione e la lotta contro gli inquinamenti ambientali, il miglioramento della qualità dei prodotti e la loro certificazione, nonché lo smaltimento di specie eccedentarie o sottosfruttate.

3.9.2.     Linee di intervento e criteri di attuazione Inizio Pagina

Gli interventi strutturali nel settore della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione e distribuzione dei loro prodotti, dovranno essere conformi alla politica comune della pesca, anche qualora siano, a titolo eccezionale, finanziati a carico di un Fondo Strutturale diverso dallo SFOP. Sono in particolare sottoposti alle disposizioni specifiche fissate dal Regolamento (CE) n. 1263/1999 e dal Regolamento (CE) n. 2792/1999.

Gli interventi che riguardano il rinnovo della flotta e l'ammodernamento dei pescherecci sono subordinati al rispetto delle decisioni prese dal Consiglio in applicazione dell'art. 11 del Regolamento (CEE) n. 3760/92, ai programmi d'orientamento pluriennali delle flotte pescherecce adottati dalla Commissione secondo la procedura di cui all'art. 4 del Regolamento (CE) n. 2792/1999, nonché alle disposizioni considerate al titolo II del Regolamento (CE) n. 2792/1999. A tal fine, l’applicazione di misure d'adeguamento dello sforzo di pesca, e in particolare l’applicazione di misure di ritiro definitivo di capacità di pesca, costituisce un intervento prioritario nel settore.

Gli interventi riguardanti l'acquacoltura, la protezione e lo sviluppo delle zone marine costiere, l'attrezzatura dei porti di pesca, la trasformazione e la commercializzazione devono contribuire a produrre effetti economici duraturi e offrire una garanzia sufficiente di validità tecnica e economica, in particolare evitando il rischio di ottenere produzioni eccedentarie. Il controllo scientifico degli interventi che riguardano la protezione e lo sviluppo delle zone marine costiere deve, inoltre, fare oggetto di una relazione annuale di sintesi presentata alla Commissione.

In conformità con le disposizioni del paragrafo 3 dell'art. 3 del Regolamento (CE) n. 2792/1999 del 17 dicembre 1999, i Programmi definiti all'articolo 9, punto b) del Regolamento (CE) n. 1260/1999 devono dimostrare che gli aiuti pubblici sono necessari al conseguimento degli obiettivi perseguiti e, in particolare, che in mancanza di aiuti pubblici le flotte pescherecce interessate sarebbero nell'incapacità di rinnovarsi o modernizzarsi e che le misure previste non metteranno in pericolo l'equilibrio durevole delle risorse alieutiche.

I programmi operativi dovranno stabilire gli obiettivi (con la quantificazione per quanto riguarda gli obiettivi specifici), le strategie previste, le priorità settoriali, compresa la ripartizione di bilancio corrispondente alle categorie d'intervento di seguito elencate:

1.      adeguamento dello sforzo di pesca;

2.      rinnovo e ammodernamento della flotta peschereccia;

3.      protezione e sviluppo delle risorse acquatiche, acquacoltura, attrezzatura dei porti di pesca, trasformazione e commercializzazione, pesca nelle acque interne;

4.      altre misure (art. 11, 12, 14, 15, 16, 17 §2 del Regolamento (CE) n. 2792/1999);

5.      assistenza tecnica.

L'elenco completo delle misure dovrà essere indicato nei programmi operativi. I complementi di programmazione dovranno includere una descrizione di tutte le misure con l'indicazione delle dotazioni finanziarie rispettive, gli obiettivi quantificati e gli indicatori per misura.

Per tutto il settore, l’obiettivo da raggiungere alla fine del 2006 mira a rafforzare la competitività  e la qualità dei prodotti della pesca attraverso il rinnovamento delle strutture produttive e del tessuto economico settoriale.

Gli indicatori chiave di contesto sono:

·      aumento del valore aggiunto per addetto nel settore della pesca;

·        evoluzione dell’occupazione, a seguito della riconversione economica e produttiva del settore;

·        evoluzione della redditività media per battello.

Gli interventi nel settore della pesca saranno previsti nel programma operativo nazionale (PON) « Pesca » e nei programmi operativi regionali (POR). Il PON “Pesca” avrà competenza esclusiva sulla programmazione e gestione delle misure incluse nelle seguenti categorie d’intervento:

·        adeguamento dello sforzo di pesca;

·        rinnovo e ammodernamento della flotta peschereccia;

·        assistenza tecnica.

Per quanto riguarda i POR, le misure da programmare a titolo dello SFOP saranno quelle incluse nelle seguenti categorie d’intervento:

·        protezione e sviluppo delle risorse acquatiche, acquacoltura, attrezzatura dei porti di pesca, trasformazione e commercializzazione, pesca nelle acque interne;

·        altre misure (art. 11, 12, 14, 15, 16, 17 §2 del Regolamento (CE) n. 2792/1999).

Le misure del PON Pesca e quelle dello SFOP programmate nei POR saranno introdotte all’interno delle Intese Istituzionali di Programma attivando, di conseguenza, specifici Accordi di Programma Quadro. In tale ambito saranno salvaguardate le competenze e le prerogative delle Regioni a Statuto Speciale relativamente allo specifico settore.

Le risorse attribuite al PON Pesca verranno regionalizzate previa individuazione in partenariato di criteri mirati per il particolare settore, non coincidenti con quelli più generali che hanno determinato la ripartizione del complesso delle risorse comunitarie destinate all’Obiettivo 1, effettuata con delibera CIPE n. 139 del 6 agosto 1999. In ogni caso, in sede di attuazione la regionalizzazione delle risorse sarà subordinata al conseguimento dell’obiettivo prioritario del PON Pesca, ovvero il rispetto degli obiettivi annuali globali e per segmento dei POP. L’esatta ripartizione delle risorse secondo i criteri di regionalizzazione sarà conseguita nella misura del possibile, e in ogni caso con riferimento all’intero periodo di programmazione.

Inoltre, nei POR, potranno essere incluse tipologie d’intervento finanziate con altri Fondi Strutturali, al fine di evitare che la riconversione economica produca impatti negativi sull’occupazione.

3.10. Progetti integrati Inizio Pagina

I progetti integrati sono un complesso di azioni intersettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario. Tali azioni devono di norma essere connotate da una “massa critica” adeguata.

Questa definizione evidenzia due elementi:

·        il concetto di integrazione progettuale, caratteristica generale dell’attività cofinanziata dai Fondi strutturali;

·        il riferimento territoriale del complesso delle azioni programmate, inteso non solo come destinatario di iniziative e di azioni di sviluppo, ma come contesto di cui si vogliono attivare le potenzialità latenti e/o presenti.

I progetti integrati devono inserirsi coerentemente all’interno della strategia regionale, delle linee di intervento (territoriali, settoriali e di filiera) e dei metodi (concertazione, collaborazione pubblico-privato) esplicitati nel Programma Operativo.

Finalità

I progetti integrati devono soddisfare una duplice esigenza:

-         assicurare adeguato riconoscimento agli interventi che rispondano a un principio di integrazione e di concentrazione, sia funzionale che territoriale, e siano quindi basati su di un’idea guida di sviluppo esplicitata e condivisa;

-         fare in modo che alla maggiore complessità di realizzazione di queste azioni facciano riscontro modalità di attuazione e gestionali unitarie, organiche e integrate, in grado di consentire l’effettivo conseguimento degli obiettivi nei tempi prefissati.

Elementi identificativi e criteri generali per l’attuazione

Gli elementi che caratterizzano i progetti integrati sono:

·        individuazione dell’idea-guida e della strategia del progetto, che si traduce nella definizione di obiettivi concreti riferiti al progetto stesso;

·        identificazione di un ambito territoriale o tematico specifico, che rappresenta il contesto di riferimento;

·        identificazione del soggetto responsabile del progetto;

·        identificazione delle modalità gestionali e procedurali e di monitoraggio più opportune a rendere effettiva la realizzazione del progetto integrato, in relazione alle caratteristiche del progetto stesso (cfr. punto 6.4.7 del QCS).

L’attuazione dei progetti integrati richiede che vengano assicurati:

·        la designazione di un soggetto che possa agire rapidamente ed efficacemente, per risolvere i problemi che insorgono a livello di gestione del progetto. Questo requisito in sostanza consiste nel garantire che ciascun progetto integrato faccia capo a un soggetto responsabile della sua attuazione dotato di adeguati poteri per tutta la durata dell’intervento;

un monitoraggio efficace e tempestivo, attraverso l'individuazione di idonei indicatori per la sorveglianza, che tengano conto della collocazione del progetto integrato all'interno del programma operativo.

La capacità della Regione di attuare tempestivamente i progetti integrati è uno dei criteri di assegnazione della riserva di efficacia ed efficienza nazionale del 6%.

Collocazione nel programma operativo

All’interno del Programma operativo e del Complemento di programmazione, i progetti integrati non si traducono in un’articolazione ulteriore che si affianca ad Assi e Misure, bensì in una modalità operativa di attuazione che si sceglie di adottare perché una serie di azioni – che fanno capo ad Assi e Misure diverse – siano esplicitamente collegate tra loro e finalizzate a un comune obiettivo. Al tempo stesso, i progetti integrati necessitano di dotarsi di risorse finanziarie, da quantificare complessivamente e distribuire tra le Misure che contribuiscono alla loro realizzazione.

Le singole schede di Misura specificano, quando è il caso, la loro connessione con i progetti integrati.

Programmazione negoziata

I progetti integrati possono essere attuati anche tramite gli strumenti della programmazione negoziata.

I Patti territoriali si configurano, anche in prospettiva, come una delle possibilità per l’attuazione di progetti integrati e per perseguire una piena responsabilizzazione dei soggetti locali - e delle relazioni che intercorrono tra loro - tanto importante per l’affermazione dei sistemi produttivi locali.

Ulteriori modalità di attuazione riguardano:

·        l’istituto del contratto di Programma, che costituisce uno strumento in grado di incidere sulle situazioni locali, attraverso la realizzazione di interventi qualificati in settori di interesse strategico - quali quelli relativi all’alta tecnologia, alla ricerca e all’uso compatibile delle risorse ambientali e culturali – e la promozione di iniziative di carattere consortile;

·        l'istituto del contratto d'area, quale strumento operativo per realizzare un ambiente economico favorevole a nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione, attraverso modalità amministrative, relazioni sindacali e condizioni di accesso al credito particolarmente favorevoli.

In questi ambiti vengono privilegiati gli interventi che hanno per oggetto le PMI, anche in forma aggregata.

3.11. Risorse per l’assistenza tecnica Inizio Pagina

Le risorse previste dal QCS per l’attività di assistenza tecnica sono ripartite tra il PON “Assistenza tecnica e azioni di sistema” e gli altri programmi operativi nazionali e regionali.

Al PON “Assistenza tecnica e azioni di sistema” compete in particolare:

·        l’attività di supporto tecnico-organizzativo, assistenza tecnica, valutazione e comunicazione a livello di QCS;

·        l’adeguamento delle basi di dati statistici;

·        la formazione del personale della Pubblica Amministrazione;

·        la realizzazione delle azioni di sistema relative al FSE curate dal Ministero del Lavoro.

Negli altri programmi operativi una misura specifica di assistenza tecnica, finanziata dal Fondo Strutturale preponderante in termini di risorse finanziarie e accessibile anche per attività relative agli altri Fondi Strutturali eventualmente presenti nei programmi stessi, è dedicata al sostegno delle azioni di supporto e assistenza tecnica specificamente orientate all’attuazione del programma.

Al fine di evitare sovrapposizioni di interventi e di consentire un efficace scambio di esperienze e di informazioni, l’autorità di gestione del PON “Assistenza tecnica e azioni di sistema” curerà l’attivazione e il funzionamento di uno strumento di coordinamento delle attività di assistenza tecnica per tutto il QCS.

 


4. PIANO FINANZIARIO Inizio Pagina

4.1. Tassi di partecipazione dei Fondi Strutturali

I tassi di partecipazione dei Fondi Strutturali sono modulati in linea con quanto previsto dall’articolo 29 del Regolamento (CE) n. 1260/1999.

In ogni caso, la partecipazione dei Fondi non può superare il 75% del costo totale ammissibile e, di norma, è pari almeno al 50% delle spese pubbliche ammissibili. Inoltre, nel caso di aiuti di Stato, rispetta i massimali decisi in materia di intensità dell’aiuto e di cumulo.

Fermo restando quanto sopra descritto, agli interventi inseriti nel QCS si applicano i seguenti tassi di partecipazione (tenendo conto, ove opportuno, del principio « chi inquina paga » come descritto al capitolo 2 del QCS):

FESR

Infrastrutture generatrici di entrate nette consistenti

            massimo 35% del costo totale

            (da determinare in funzione dei bisogni effettivi)

Altre infrastrutture

            massimo 60% del costo totale

            (salvo casi debitamente giustificati)

Investimenti nelle imprese

            massimo 35% del costo totale e 50% della spesa pubblica

Investimenti nelle PMI

            massimo 45% del costo totale e 50% della spesa pubblica

Altri interventi a favore delle imprese

            massimo 50% del costo totale

            (salvo casi debitamente giustificati)

FSE

Tutti gli interventi

            massimo 70% del costo totale

FEOGA

Nel rispetto dei limiti indicati dai Regolamenti (CE) n. 1257/1999 e n. 1750/1999.

SFOP

Nel rispetto dei limiti indicati dal Regolamento (CE) n. 2792/1999.

ASSISTENZA TECNICA

Massimo 75% del costo totale.

 

4.2. Organizzazione delle fonti di finanziamento e coinvolgimento del settore privato Inizio Pagina

Spesa pubblica nel Mezzogiorno

Le prospettive in merito alla spesa pubblica nel Mezzogiorno per il periodo 2000-2006 sono indicate nel DPEF 2000-2003, che prevede un piano finanziario per tutte le risorse pubbliche, sia comunitarie che nazionali, disponibili durante tale periodo.

Le risorse, pari a circa 164 miliardi di euro (compresi i Fondi Strutturali), sono ripartite in quattro categorie principali:

·        le spese in conto capitale nazionali «ordinarie» per il Mezzogiorno;

·        le risorse nazionali specificamente assegnate alle aree meno sviluppate (le cosiddette «aree depresse»);

·        il contributo dei Fondi Strutturali;

·        il cofinanziamento nazionale dei Fondi Strutturali.

Cofinanziamento nazionale

Il cofinanziamento nazionale è stabilito, in via indicativa, sulla base di quanto indicato nel precedente punto 1 di questo capitolo. Poiché con l’adozione del complemento di programmazione, ai sensi dell’articolo 18.3.c del Regolamento (CE) n. 1260/1999, saranno precisati per ciascuna misura il tasso di partecipazione del Fondo Strutturale interessato, le quote di cofinanziamento nazionale a livello di asse prioritario indicate nel QCS e nei programmi operativi potranno subire delle modifiche in aumento o in diminuzione, fermi restando gli impegni delle autorità italiane in tema di verifica dell’addizionalità.

Il cofinanziamento nazionale pubblico dei programmi operativi è assicurato da risorse statali e regionali/locali che, in linea con il precedente ciclo di programmazione, sono stimate in quote rispettivamente dell’ordine del 70% e del 30%.

Coinvolgimento del settore privato

Una delle componenti essenziali della strategia del QCS è una significativa riduzione degli aiuti diretti agli investimenti produttivi; tale riduzione avverrà in modo graduale muovendo da un impegno cospicuo nei primi anni di programmazione per poi decrescere successivamente. La riduzione della intensità di aiuto agli investimenti, associata a una strategia globale di massimizzazione della crescita e da un effetto del tipo «reazione a catena», potrà comunque consentire l'attivazione di livelli di investimento privati più consistenti rispetto a quelli realizzati nel passato. In coerenza con le simulazioni del modello macroeconomico utilizzato per la valutazione ex-ante, il complessivo incremento di investimenti privati è pari ad un tasso di crescita medio annuo che varia tra 9,5% e 12,8% nell'ipotesi di simulazione meno favorevole o con esternalità elevate.

Il QCS si propone di massimizzare il coinvolgimento del settore privato nel finanziamento e nella gestione degli interventi, segnatamente i progetti infrastrutturali. Un maggiore coinvolgimento di capitale privato dovrebbe portare ad una più efficace concezione, selezione e gestione dei progetti, ed è coerente con la recente innovazione introdotta nel quadro legislativo nazionale (che attribuisce la priorità a progetti finanziabili con capitale privato).

Alcuni elementi che si devono tenere in considerazione per un uso corretto dei meccanismi di coinvolgimento del capitale privato sono:

·        la valutazione preliminare del potenziale utilizzo di « public-private-partnership » (in particolare nei settori dei trasporti, dell'energia, dei rifiuti e delle risorse idriche);

·        l’uso di procedure di selezione trasparenti;

·        la valutazione delle procedure amministrative (complessità e tempi richiesti);

·        le conseguenze sulla gestione del progetto e sulle attività di programmazione locali.

I piani finanziari dei programmi operativi comprendono le stime dei finanziamenti privati che includono, oltre alle risorse attivabili attraverso i regimi di aiuto alle imprese, anche le previsioni in ordine a risorse private che possono essere attratte per il cofinanziamento di infrastrutture, opere pubbliche o di pubblica utilità suscettibili di gestione economica. Le autorità di gestione dei programmi operativi devono pertanto stimare la dimensione da attribuire alla finanza di progetto per quegli investimenti la cui gestione è obbligatoriamente caratterizzata dalla riscossione di tariffe o per la quale vanno diffondendosi in altri paesi europei i principi di utilizzazione economica attraverso canoni variamente denominati (ad esempio gli impianti sportivi e gli edifici ad uso pubblico). Saranno previamente considerati tutti gli aspetti autorizzativi delle opere da realizzare e i connessi tempi amministrativi.

Nel considerare la possibilità di utilizzare gli strumenti della finanza di progetto le amministrazioni dovranno attentamente considerare il complessivo quadro della pianificazione del settore interessato dal possibile intervento. Se, da un lato, è infatti auspicato il diffuso ricorso all’impegno finanziario dei privati, dall’altro occorre valutare attentamente le possibili conseguenze sui processi di programmazione e sugli assetti gestionali soprattutto nei settori caratterizzati, come nel caso della gestione del servizio idrico integrato, da complessi processi di riforma.

In particolare i seguenti aspetti devono essere affrontati anche a livello di programma operativo regionale:

·        disponibilità di personale specializzato all’interno delle Amministrazioni regionali che sappia lavorare in coordinamento con l’Unità Finanza di Progetto (cfr. punti successivi) e gli enti locali;

·        azioni di formazione del personale della Pubblica Amministrazione sull’utilizzo delle tecniche di « project financing »;

·        utilizzo di expertise professionali per casi specifici (anche mediante l’impiego delle risorse dell’assistenza tecnica).

Le considerazioni ora esposte evidenziano la necessità che le Amministrazioni si attrezzino sotto il profilo delle capacità tecniche per allestire e verificare i piani finanziari delle opere che intendono promuovere con il ricorso a capitali privati, per definire documenti contrattuali idonei alla gestione del rapporto pubblico-privato e per assicurare celeri iter autorizzativi. Nei sistemi a regime tariffario gli enti locali e le regioni sono inoltre chiamati ad una nuova funzione di verifica sulla qualità dei servizi offerti e sul rispetto dei termini contrattuali, a garanzia dei cittadini utenti. Per queste ragioni il ricorso alla finanza di progetto per il finanziamento di interventi da realizzare nel quadro dei Programmi Operativi costituisce elemento di rilievo fra i criteri di riferimento per l’attribuzione della riserva di efficacia ed efficienza.

Gli strumenti già a disposizione delle Regioni e degli Enti locali per il coinvolgimento della finanza privata nel finanziamento e nella gestione delle infrastrutture possono essere così riassunti:

·        legge 415/1998 (detta « Merloni-ter ») che modifica la legislazione in materia di lavori pubblici definendo una specifica procedura per le opere pubbliche realizzate "senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione";

·        istituzione dell'Unità di finanza di progetto (UFP) (articolo 7 della legge 144/99) con il compito di supporto nell'individuazione delle esigenze infrastrutturali che possono essere soddisfatte con il ricorso a risorse private; di valutazione delle iniziative di investimento presentate dai promotori sulla base della Merloni-ter; di assistenza nello svolgersi della procedura di negoziazione e aggiudicazione prevista dalla legge; di promozione della partnership privata nel nostro ordinamento; di predisposizione di documentazione e di schemi operativi uniformi (atti contrattuali, schemi di concessione, modelli di analisi finanziaria, forme di pubblicità legale);

·        definizione delle modalità organizzative dell'UFP (Delibera CIPE del 9.6.1999 n. 80). L'Unità è collocata nell'ambito del Comitato interministeriale per la programmazione economica al fine di valorizzarne la trasversalità delle attribuzioni e permettere all'Unità un immediato rapporto con i decisori di massimo livello. L'attività dell'Unità di strutturerà in quattro aree: legale, finanziaria, tecnica e di comunicazione con quindici componenti a tempo pieno provenienti in parte dal settore privato e in parte dal settore pubblico guidati da un Coordinatore.

L’autorità di gestione del QCS fornirà, anche attraverso l’UFP, un’assistenza tecnica specifica diretta ad assistere le amministrazioni nel “montaggio” finanziario dei progetti in grado di generare rientri finanziari e di rendere quindi possibile l’intervento dei privati per garantire una quota, non inferiore al 50%, del finanziamento, da remunerare attraverso la gestione della stessa infrastruttura. In particolare, l’UFP assisterà le amministrazioni nella valutazione economica, finanziaria, tecnica delle proposte di investimento e fornirà il proprio supporto legale nella fase di preparazione della documentazione di gara per l’affidamento in concessione.

Le linee di sviluppo e le informazioni sull’utilizzo delle tecniche di « project financing » saranno discusse nell’ambito del gruppo di lavoro « Snellimento delle procedure » da costituire nell’ambito del Comitato di Sorveglianza del QCS (cfr. capitolo 6 del QCS).

 

4.3. Piano finanziario Inizio Pagina

Disponibilità e profilo annuale

Il quadro finanziario è definito sulla base delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 1260/1999 e delle decisioni assunte nel Consiglio europeo di Berlino del 23 e 24 marzo 1999.

In applicazione dell’articolo 7 del Regolamento (CE) n. 1260/1999, la Commissione Europea ha ripartito le risorse dei Fondi strutturali per il periodo 2000-2006, destinando all’Italia 21.935 milioni di euro per le Regioni Obiettivo 1 e 187 milioni di euro per il Molise, in sostegno transitorio. A tali risorse si aggiunge l’indicizzazione nella misura del 2% annuo.

La Commissione ha inoltre definito la quota destinata alla riserva di efficienza e di efficacia nella misura del 4% delle risorse complessive destinate all’Obiettivo 1 e al sostegno transitorio, da assegnare sulla base dei criteri di cui all’articolo 44 del suddetto Regolamento e illustrati nel capitolo 6 di questo QCS. La delibera CIPE del 14 maggio 1999 ha definito un’ulteriore quota da destinare alla riserva nella misura del 6% circa, da assegnare secondo i criteri definiti al successivo capitolo 6.

Il Consiglio europeo di Berlino, nel quadro complessivo del bilancio comunitario per il 2000-2006, ha definito anche le prospettive finanziarie della rubrica 2 “Azioni strutturali”; tali prospettive, con un profilo costante nelle sette annualità, costituiscono il quadro di riferimento con il quale deve essere coerente il Piano finanziario annuale del QCS e quello degli interventi in esso ricompresi. Il piano finanziario annuale del QCS è riportato nelle seguenti tabelle.

Profilo finanziario annuale: Obiettivo 1

Importi in milioni di euro (prezzi correnti)

Annualità

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

 Totale

Risorse disponibili

 

3.203,000

 

3.264,000

 

3.326,000

 

3.391,000

 

2.639,484

 

2.757,484

 

2.822,483

 

21.457,451

Riserva 6%

 

 

 

 

437,516

437,516

437,517

1.312,549

Riserva 4%

 

 

 

 

323,000

329,000

336,000

988,000

 

Totale risorse

 

3.203,000

   3.264,000

     3.326,000

 

3.391,000

    3.454,000

    3.524,000

      3.596,000

  23.758,000

 

Profilo finanziario annuale: Sostegno transitorio

Importi in milioni di euro (prezzi correnti)

Annualità

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

 Totale

Risorse disponibili

          33,000

        31,000

          30,000

         28,000

         16,864

         16,864

           25,000

       180,728

Riserva 6%

 

 

 

 

6,136

6,136

 

12,272

Riserva 4%

 

 

 

 

4,000

4,000

 

8,000

 

Totale risorse

          33,000

        31,000

          30,000

         28,000

         27,000

         27,000

           25,000

       201,000

 

La ripartizione delle risorse dei Fondi Strutturali, l’ammontare del cofinanziamento dello Stato membro e la stima del cofinanziamento privato per Fondo e asse prioritario è riportata nelle tabelle seguenti.

Vedi tabelle Installa Acrobat

I criteri della ripartizione regionale

Al fine di modulare la ripartizione delle risorse tra le Regioni dell’Obiettivo 1, si è tenuto in particolare conto dell’approccio contenuto nel già citato articolo 7 del Regolamento (CE) n. 1260/1999, che rinvia ai criteri della popolazione residente, della prosperità e della gravità dei problemi strutturali, con esplicito riferimento alla disoccupazione.

Inoltre, per meglio cogliere la complessa realtà delle aree in ritardo di sviluppo, sono stati presi in considerazione alcuni criteri aggiuntivi. Accanto a indicatori di generico ritardo strutturale, quali il reddito pro capite e il tasso di disoccupazione, sono stati considerati alcuni indicatori dei fabbisogni di intervento, quali il deficit infrastrutturale, l’insularità e la stessa dimensione ridotta dell’area. Le carenze infrastrutturali e la distanza dai mercati più rilevanti per l’attività economica rappresentano, infatti, esternalità negative verso le quali è opportuno indirizzare l’intervento di sostegno. In aggiunta, la particolare natura di indivisibilità, che caratterizza l’investimento in infrastrutture rende oltremodo oneroso colmare i divari di dotazione esistenti nel caso di regioni di dimensione particolarmente ridotta (e a bassa densità abitativa).

Infine, si è considerata quale variabile dimensionale di base non solo la popolazione ma anche la superficie territoriale. Tale scelta si fonda sulla consapevolezza che gli investimenti in infrastrutture a rete (le quali costituiscono una parte rilevante dei programmi di infrastrutturazione) domandano fabbisogni finanziari strettamente collegati alla superficie del territorio interessato; essa è inoltre coerente con la priorità assegnata alla valorizzazione delle risorse naturali.

La ripartizione si basa su un indice di dimensione composito, che garantisce un’intensità di intervento omogenea, per abitante e per unità di superficie, corretto con un indicatore di svantaggio che assegna maggiore intensità di intervento alle regioni con i più gravi problemi strutturali. La costruzione dei due indici assicura la massima trasparenza nella lettura dei risultati, sia rispetto al livello di svantaggio o competitività, che si ottiene per la singola regione, sia nel confronto fra regioni. L’indice di dimensione è costituito da una media ponderata tra le quote regionali di popolazione e superficie al 1997.

L’indice di dimensione viene corretto, moltiplicandolo, con un indice di svantaggio, costruito sulla base di quattro indicatori. Questi sono normalizzati con riferimento alla media delle regioni considerate per misurare l’intensità del divario esistente tra le regioni. Gli indicatori di correzione sono i seguenti:

·        prosperità regionale, misurata con il reciproco del PIL per abitante 1994-1996;

·        gravità dei problemi strutturali, misurata con il tasso di disoccupazione medio del triennio 1996-1998;

·        deficit infrastrutturale, misurato con un indicatore di dotazione di infrastrutture economiche, sociali e ambientali. Le informazioni elementari sono le più recenti disponibili da fonti istituzionali[1]; la normalizzazione degli indicatori relativi alle infrastrutture, essendo l’esercizio volto alla determinazione di un indice di competitività (o svantaggio) territoriale, è compiuta rispetto alla superficie regionale;

·        insularità, introducendo una riserva di risorse a favore rispettivamente della Sardegna e della Sicilia, riconoscendo le specifiche condizioni di svantaggio determinate dall’insularità in termini di isolamento territoriale dei bacini occupazionali, di mancanza di contiguità con altri mercati e di difficoltà di comunicazione per merci e persone;

·        esternalità negativa di piccola dimensione, introducendo una riserva delle risorse a favore di quelle regioni per le quali la limitata dimensione territoriale, con una chiara discontinuità rispetto alle altre regioni, e il modello di organizzazione e distribuzione della popolazione rappresentano una diseconomia che influisce sui costi di programmazione, progettazione e attuazione.

La ripartizione delle risorse tra Regioni, che si ripercuote sulla dimensione finanziaria dei programmi operativi – come indicato nel successivo capitolo 5 – potrà essere modificata attraverso una modifica del QCS e secondo quanto illustrato nel successivo capitolo 6.

 

4.4. Addizionalità Inizio Pagina

La verifica dell'addizionalità ha luogo in tre momenti differenti: ex ante, in itinere e alla fine del periodo.

Verifica ex-ante

Come indicato nella tabella riportata alla fine della presente sezione e sulla base delle informazioni fornite dalle autorità italiane, i servizi della Commissione Europea e le autorità italiane hanno fissato la media annua della spesa pubblica nazionale ammissibile che deve essere mantenuta durante il periodo 2000-2006 per l'insieme delle regioni Obiettivo 1 a 19.591,55 milioni di euro (prezzi 1999)[2]. Tale cifra rappresenta un aumento del 20,1% rispetto alla spesa media per il periodo 1994-1999. Il livello della spesa media annua per il periodo 2000-2006 si basa sull'ipotesi di un aumento annuo del totale delle entrate correnti della pubblica amministrazione dell’1,62% in termini reali. Ciò è coerente con le ipotesi formulate nell'ultima versione del Programma di Stabilità valutato dalla Commissione e dal Consiglio all'inizio dell'anno 2000.

Le autorità italiane forniranno alla Commissione le informazioni appropriate e comunicheranno durante il periodo di programmazione i cambiamenti che possano non consentire il mantenimento di questo livello di spesa.

Verifica in itinere

Tre anni dopo l'approvazione del documento di programmazione, e come regola generale, entro il 31 dicembre 2003, la Commissione dovrebbe essere in grado di effettuare una valutazione di conformità con i requisiti di addizionalità ex-ante. Il rispetto del principio dell'addizionalità è considerato come verificato se la media annua della spesa pubblica nazionale ammissibile degli anni dal 2000 al 2002 ha raggiunto il livello di spesa stabilito ex-ante. La mancanza di informazioni o l'invio di informazioni metodologicamente insufficienti non permetterà la verifica del principio di addizionalità. Di conseguenza, le autorità italiane trasmetteranno le informazioni secondo il calendario seguente:

·        entro il 31 luglio 2003: presentazione di tabelle aggregate e annue con dei dati definitivi per gli anni 2000 e 2001 cosi' come dei dati provvisori per l'anno 2002;

·        entro il 31 ottobre 2003: se necessario, verranno effettuati dei miglioramenti metodologici sulla base delle osservazioni della Commissione;

·        entro il 31 dicembre 2003: presentazione di informazioni ulteriori.

Se queste informazioni non sono trasmesse in modo soddisfacente, la Commissione non prenderà una decisione sulla verifica in itinere. In casi eccezionali e giustificati per evitare un ritardo nel processo di programmazione, la Commissione introdurrà nella decisione sulla valutazione in itinere una clausola di sospensione degli impegni fino a quando tutte le informazioni riguardanti la verifica in itinere dell'addizionalità non siano fornite.

Le autorità italiane informeranno il Comitato di Sorveglianza del QCS dei risultati della verifica. Dopo la verifica in itinere e sulla base dei risultati contenuti in essa, le autorità italiane e la Commissione avranno la possibilità di rivedere il livello di spesa previsto per il resto del periodo, se la situazione economica ha prodotto dei cambiamenti nel totale delle entrate correnti della pubblica amministrazione che divergono significativamente da quelli previsti ex-ante. In questo caso, un aggiornamento della tabella 1994-1999, che conteneva dati provvisori o dati previsionali definiti al momento della verifica ex ante, può risultare necessario. Sia lo Stato Membro che la Commissione possono chiedere una revisione della tabella.

Verifica alla fine del periodo

Una verifica avrà luogo entro il 31 dicembre 2005. Il principio dell'addizionalità sarà considerato come verificato se la media annua della spesa pubblica nazionale ammissibile negli anni 2000 a 2004 ha raggiunto almeno il livello di spesa fissato ex-ante o rivisto in itinere. La mancanza di informazioni o l'invio di informazioni metodologicamente insufficienti non permetterà la verifica del principio di addizionalità. Di conseguenza, le autorità italiane presenteranno le informazioni secondo il calendario seguente:

·        entro il 31 luglio 2005: presentazione di tabelle aggregate e annue con dei dati definitivi per gli anni dal 2000 a 2003 cosi' come dei dati provvisori per l'anno 2004;

·        entro il 31 ottobre 2005: se necessario, verranno effettuati dei miglioramenti metodologici sulla base delle osservazioni della Commissione;

·        entro il 31 dicembre 2005: presentazione di informazioni ulteriori.

 

Le autorità italiane informeranno il Comitato di Sorveglianza del QCS dei risultati della verifica, che saranno tenuti in considerazione nella preparazione del periodo di programmazione seguente.

Vedi tabella Installa Acrobat


[1] Sono stati qui utilizzati dati elementari aggiornati sulla base delle informazioni al momento disponibili (conto nazionale dei trasporti ’98, dati Enel, Eni, Telecom resi disponibili nel ’98). Tale aggiornamento rappresenta il risultato di una ricerca ancora in corso di Confindustria-Ecoter, cofinanziata dalla Commissione Europea’U.. (DG Imprese)II. La metodologia di aggregazione in un indice di dotazione infrastrutturale è la stessa usata nel lavoro Confindustria/Ecoter ’98.

[2] La crescita della spesa pubblica nazionale prevista per il periodo 2000-2006, al netto dei Fondi strutturali, nasce dal contesto programmatico e dagli obiettivi della strategia per lo sviluppo del Mezzogiorno, che si fondano sul quadro unico settennale delle risorse pubbliche disponibili nel Mezzogiorno, sottostante all’obiettivo di spesa stabilito in sede programmatica nel pacchetto di politiche contenute nel DPEF 2000-2003 (si veda la tabella V.4.2).

 
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