Nasce a Santeramo nel 1936 ma vive e lavora a Milano. Personalità
poliedrica ed eclettica, mosso da una vitale inquietudine, Antonio Paradiso un artista che
vive larte sulla pelle, mosso da naturali pulsioni che lo inducono ad asserire che
tutto è arte e tutti possono fare arte. La sua è una ricerca che comincia sempre
dallosservazione del reale: la vita, la natura, i segni che luomo ha lasciato
nel tempo. Una ricerca sul tempo, sulluomo, sullo spazio, sul rapporto con Dio e con
linfinito: queste le concretizzazioni che lo scultore Antonio Paradiso insegue da
tempo attraverso luso della pietra come ideale aggancio alle origini della terra
legate anche alla sua infanzia Murgiana dove Antonio ha vissuto un rapporto di
funzione-azione con la pietra stessa. Si avvicina per questo agli studi antropologici, fa
lunghi viaggi nel deserto del Sahara, in Africa, in Tunisia, osserva e riprende con la sua
telecamera amatoriale tutto ciò che conserva il fascino dallusura umana
suole dire, studia i flussi migratori degli uccelli. Le sue prime sculture sono
irrimediabilmente legate alla forma e allimmaginario della cultura agraria della sua
terra dorigine, la Puglia, di cui coglie la vitalità magico-rituale. Cento chicchi
di grano realizzati in pietra di due chili luno scolpiti, una grossa sfera con una
catena dancora di nave, un portachiavi ciclopico, un fiore di pietra. Con il passare
del tempo anche la sua arte si trasforma e diventa più eterea: ne sono un esempio i
voli che sono la rappresentazione di un evento naturale. Quando si usano materiali
come la pietra e il bronzo le compromissioni sono diverse: è la pietra che spicca il
volo, che si anima di vita e se la pietra è tradizionalmente il medium
dellarte, qui diventa essa stessa arte.
Le sue sono emozioni primordiali e
forse per questo la hanno chiamato lo scultore contadino.
Ma Paradiso nella sua ricerca, non si
ferma al suo vissuto, va oltre ed intraprende viaggi e ricerche che secondo le sue parole
lo introducono nella biblioteca del mondo documenta gli atteggiamenti e le
movenze dei tarantolati, porta alla biennale di Venezia un Toro vivo perché possa montare
un mucca meccanica e questa operazione lo pone allattenzione del mondo
dellarte critici e filosofi compresi che da allora seguono con attenzione tutte le
sue operazioni artistiche e ne decretano la risonanza internazionale.
Lui non si lascia intimidire o
influenzare da un successo che lo coglie di sorpresa e continua a lavorare come ha sempre
fatto per lui è
importante ritrovare la verità perduta .
SUO STUDIO
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LIBRO DI PIETRA - 1972-
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