di Rolando Alberto Borzetti r.a.borzetti@inwind.it |
Indice argomenti: |
Necessità
della scuola materna nella società attuale
La
scuola dell'infanzia
Cosa
fare in caso di rifiuto o di problemi relativi all'iscrizione?
Modalità
di attuazione dell'inserimento
Programmazione
obbligatoria e coordinata tra scuola ASL e Enti Locali
Diagnosi
funzionale
Cosa
fare se la ASL non provvede a fare la Diagnosi Funzionale?
Formazione
delle classi
Orario
di frequenza
Profilo
Dinamico Funzionale
Piano
Educativo Individualizzato - PEI
Verifiche
GLH
Cosa
fare se gli operatori della ASL non partecipano ai GLH
L'Insegnante
per le attività di sostegno
Continuità
educativa e didattica
Ausili
e sussidi didattici
Assistenti
per l'autonomia e comunicazione personale
Mansioni
degli ex bidelli (ora collaboratori scolastici)
Competenze
dei Comuni e Province relative all'edilizia
Sperimentazione
Finanziamenti
alle scuole
Legge
Quadro in materia di riordino cicli dell'Istruzione
Conclusioni
"Le leggi che
regolano l'handicap nella scuola materna" e' scaricabile anche dal sito della
BDP con i link alle leggi oppure in formato word. http://www.bdp.it/risorse/sistemieducativi/infanzia.htm
Le finalità della scuola materna statale risultano dalla legge 18 marzo 1968 n. 444, che ne stabilisce l'ordinamento.
Necessità della scuola materna nella società
attuale.
L'attuale fase di sviluppo
della nostra società è caratterizzata dai fenomeni connessi al processo
d'industrializzazione anche nelle campagne e al diffondersi
dell'urbanesimo.
Tali fenomeni si sono
ripercossi sulla famiglia del bambino ridotta spesso ai soli genitori, impegnati
in generale in attività extra-domestiche, per tutta la giornata. I bambini sono
nella gran parte costretti a vivere senza calore di intimità, nell'angustia
delle case mancanti di spazi di espansione, e privi di più ampie
relazioni.
Una edilizia appropriata, la
piena disponibilità dell'edificio, il necessario apprestamento di spazi ed
ambienti funzionalmente utilizzati nell'attività educativa, sono condizione
perché la scuola materna possa raggiungere le sue finalità. In essa, cosi, dovrà
realizzarsi un intelligente impiego degli arredamenti e delle attrezzature anche
in rapporto all'igiene, all'educazione sanitaria e alla refezione e dovranno
trovare posto spazi ampi ed aperti attrezzati per il gioco, per il giardinaggio,
e per ogni altra torma di libera e ordinata attività.
Ma la scuola materna, mentre opera per la formazione della
personalità infantile, si assume anche il compito, non meno importante dal lato
sociale, di compensare la mancanza di stimolazioni culturali, riscontrabili
molte volte negli ambienti da cui il bambino proviene. Diviene particolarmente
raccomandabile, perciò, un costante rapporto tra scuola materna e famiglia, che
possa risolversi in un arricchimento culturale delle famiglie e in una loro più
efficace presenza educativa.
Giacché,
dunque, la scuola materna offre alle famiglie la prima, e, forse la più
importante collaborazione perché esse possano compiere più agevolmente e con
maggiore efficacia la loro funzione nella società, e necessario che la
educatrice tenga presenti le molteplici e diverse situazioni (culturali e
socio-economiche, e i diversi atteggiamenti delle famiglie stesse nei confronti
del bambino e della scuola materna.
Questa
scuola, tuttavia, non trae la sua ragion d'essere solo dalle trasformazioni
della famiglia nella società odierna ne dalle sue eventuali carenze educative,
giacché giova alla generalità dei bambini, qualunque sia il livello economico e
culturale del loro ambiente di provenienza. Fattori di ordine psicologico fanno
dell'età che inizia verso i tre anni un periodo di sviluppo con caratteri
peculiari, diversi da quelli dell'età precedente, e tali quindi che richiedono
un'esperienza educativa più varia di quella che il bambino vive in famiglia.
Egli ha necessità di arricchire il mondo delle sue esperienze e di variarle,
cosi come ha necessità di attingere una vita sociale più ampia e un rapporto
educativo più stimolante. La scuola materna si organizza in risposta a tali
esigenze, e, proprio per il compimento di questa funzione, deve ricercare
un'armonica collaborazione con la famiglia.
Rispetto a questa, la scuola materna non deve in alcun modo
considerarsi sostitutiva. La famiglia promuove le esperienze fondamentali di
vita del bambino e l’equilibrata organizzazione della sua personalità in tutte
le sue dimensioni.
Da parte sua, la scuola
materna allarga e integra l’opera educativa dei genitori nella misura in cui
essa orienta le relazioni del bambino con il mondo esterno, attraverso
l’incontro e la convivenza con i coetanei. Tali relazioni, che nei primi anni di
vita del bambino sono impostate secondo un prevalerne rapporto di dipendenza,
assumono progressivamente caratteri di collaborazione e di reciprocità.
L'educatrice della scuola materna assume, cosi,
una funzione sociale primaria, della quale deve avere coscienza per adempiervi
efficacemente.
Per assolvere compiutamente
alla sua funzione, che è volta allo sviluppo della personalità del bambino in
tutte le sue dimensioni, occorre che l’educatrice abbia cura di provvedere alla
creazione di un ambiente totalmente educativo, sia nella sezione a lei affidata
che nell’intera scuola, in collaborazione con le altre educatrici e con tutto il
personale.
Materiale didattico, spazi
chiusi e all'aperto, provvidenze assistenziali, attività didattiche specifiche,
personale docente e specializzato, rapporti con le famiglie e con la comunità
acquistano un valore educativo solo quando il loro impiego e il loro svolgimento
abbiano presente il bambino e l'insieme dei bambini nella pienezza della loro
persona in un contesto armonico e stimolante.
La personalità del bambino
La personalità si costituisce come risultante delle
dotazioni native e delle influenze ambientali.
La corretta impostazione dei rapporti genitori-bambino,
famiglia-scuola materna, bambino-coetanei, bambino-educatori, assume somma
importanza per la particolare incidenza che le esperienze dei primi sei anni
hanno nei riguardi dello sviluppo della personalità per tutto il corso della
vita. Dalla natura e dal modo di svolgersi di tali rapporti dipenderanno
infatti, in larga misura, le caratteristiche fondamentali della futura esistenza
individuale e sociale e, in particolare, il livello e la qualità della vita
intellettiva, i sentimenti, gli atteggiamenti e i comportamenti che si
manifesteranno nell'età adulta.
Per
aiutare il bambino a svolgere in modo autonomo le sue capacità native e per
predisporre condizioni ambientali favorevoli, l’educatrice dovrà avere ben
presenti le caratteristiche fondamentali dello sviluppo della personalità, con
riferimento non soltanto al periodo dai tre ai sei anni, ma anche a quello che
precede l'età della scuola materna ed a quelli che la seguono.
Per quanto una schematizzazione valida per tutti i bambini
non sia possibile, si può tuttavia dire che il bambino a tre anni ha ormai
acquisito una certa autonomia. Egli sa camminare con sicurezza, è capace di
salire e scendere le scale, sa adattare se stesso a certi oggetti, sa
manipolarne altri; sa riconoscere e differenziare percettivamente i vari
elementi dell'ambiente circostante; è in grado di sviluppare una attività
rappresentativa che si manifesta come capacità di rievocare mentalmente
avvenimenti e situazioni del recente passato, di anticipare avvenimenti relativi
al futuro prossimo, e di sviluppare fantasie di vario tipo, benché ancora gli
manchi un chiaro senso della distinzione tra piano della realtà e piano della
irrealtà.
Egli conosce i nomi di molte
cose e desidera conoscere i nomi che ancora non gli sono noti; sa esprimere
verbalmente i suoi desideri ed i suoi bisogni fondamentali; sa entrare, sia pure
in modo imperfetto, in comunicazione verbale con gli altri; accompagna e
sottolinea col linguaggio verbale le sue attività di gioco.
Vive ormai in un sistema di rapporti affettivi
sufficientemente definiti, relativi tutti all'ambito familiare, e si avvia ad
acquistare una certa capacità di controllo dei propri impulsi e delle proprie
emozioni. Se la vita della famiglia è caratterizzata da armonia e solidarietà
fra i suoi vari membri e da affettuosa sollecitudine verso il bambino, questo ha
ormai acquisito un certo senso di sicurezza, anche se limitato alle esperienze
ed alle situazioni che gli sono familiari.
Verso i tre anni, il bambino prende coscienza del fatto che
la sua persona costituisce una individualità distinta dalle altre. Ne deriva un
desiderio di indipendenza che si manifesta, inizialmente, per un periodo che può
variare da qualche mese a più di un anno, anche attraverso atteggiamenti
caratterizzati da negativismo, da caparbietà e da una certa aggressività (crisi
di opposizione; età del « no »). Tali atteggiamenti sono spesso a torto
interpretati dagli adulti come indici di cattiveria o di capricciosità, e
vengono talvolta trattati con inopportuna severità.
A tre anni si sono dunque ormai verificate trasformazioni
della personalità che sono premesse indispensabili per l'ingresso in una
comunità diversa da quella della famiglia e che rendono anzi opportuno tale
ingresso, sia perché questo rende possibile al bambino l’esperienza di cose e
situazioni nuove, sia perché gli consente di istituire rapporti affettivi e
sociali anche ai di fuori della famiglia, sia infine perché favorisce un
potenziamento ed una diversificazione delle sue capacità creative ed
espressive.
L’educatrice deve tener conto
che proprio su queste prime applicazioni si fonda l'ulteriore progresso della
personalità, e in particolare quello che ha luogo nell'età della scuola
materna.
Fra i tre e i sei anni, infatti,
sul piano della motricità si vanno via via realizzando coordinamenti
percettivo-motori sempre più fini ( utilizzazione della mano e delle dita
nell'uso sempre più sicuro, preciso e differenziato di oggetti, di strumenti o
di materiale per attività costruttive, espressive o ludiche; capacità di
muoversi secondo un certo ritmo, di correre in modo differenziato, accelerando,
decelerando, saltando; uso del triciclo; acquisizione di abitudini motorie
relative alla pulizia, all'abbigliamento, all’alimentazione, ecc. ).
Sul piano della percezione si va sviluppando la
capacità di analisi, cioè la capacità di cogliere in oggetti o situazioni, oltre
a certi aspetti vistosi anche altri aspetti meno immediatamente evidenti;
si va intensificando l'interesse per le forme, i colori e le dimensioni degli
oggetti, per il materiale di cui sono costituiti e per le loro varie, consuete o
inconsuete possibilità d'uso; si va evidenziando la sensibilità al ritmo, e la
capacita di coordinare a tale ritmo i propri movimenti.
Ma è soprattutto sul piano dell’attività rappresentativa
che il bambino compie i progressi più notevoli. La sua capacità di rievocare
situazioni e avvenimenti o di anticiparli mentalmente progredisce estendendosi
nella direzione del passato e in quella del futuro, anche se ciò non basta
ancora ad attenuare in lui le tensioni emotive del momento.
In tali rappresentazioni la persistente presenza di
tendenze egocentriche e di credenze animistiche o di una certa inclinazione alla
fabulazione — ossia alla elaborazione puramente fantastica dei fatti —- può
produrre distorsioni in tali rappresentazioni, a torto spesso considerate come
volontarie deformazioni della verità. I progressi sul piano percettivo e su
quello dell'attività rappresentativa rendono inoltre possibile una vivace
attività di pensiero, la quale lascia tuttavia largo posto ad elementi di
carattere intuitivo ed affettivo, e non è ancora disciplinata da quelle capacità
di coordinamento logico che solo nel corso della scuola primaria troveranno il
loro graduale sviluppo. Tale attività di pensiero si manifesta nella forma di
una vivace e persistente curiosità relativa a diversi fenomeni della natura e
del mondo umano (età dei « perché », curiosità riguardanti le differenze
relative all'età o al sesso, l'origine delle cose, ecc.).
I1 naturale sviluppo motorio, percettivo e cognitivo,
tipico di questo periodo, e strettamente connesso allo sviluppo di una
componente essenziale della personalità infantile, quella affettiva. Se nell'età
precedente rapporti affettivi a carattere positivo o negativo si erano
costituiti nei confronti delle figure familiari, in questa età altri rapporti
affettivi si costituiscono nei confronti dell'educatrice e dei coetanei, spesso
anche nel senso che in tali nuovi rapporti il bambino riproduce situazioni e
ritrova problemi affettivi già vissuti nell'ambito della famiglia. Questi nuovi
rapporti si aggiungono a quelli esistenti, rendendo più complessa la vita
affettiva del bambino e talvolta introducendo in essa degli elementi
conflittuali. Ciò avviene, per esempio, in quei casi in cui la personalità della
educatrice, o le sue valutazioni, o i suoi atteggiamenti, sono in notevole
contrasto con quelli dei familiari. Ne risultano allora ostacolati certi
processi di imitazione e di identificazione con gli adulti normalmente presenti
a questa età. Queste nuove esperienze affettive avranno comunque un carattere
prevalentemente positivo se l'educatrice potrà essere « vissuta » dal bambino
come persona che svolge nei suoi confronti un'azione « liberatrice », se
concorre cioè a soddisfare le sue più profonde esigenze di ordine
percettivo-motorio, espressivo o cognitivo; avranno invece un carattere
prevalentemente « negativo », se essa verrà « vissuta » da lui come una persona
che svolge un'azione essenzialmente limitatrice e repressiva.
L'esigenza di una interpretazione certa, e perciò
rassicurante, delle cose e del mondo, e il bisogno di stabilità e di protezione
sul piano affettivo, possono tradursi anche in una prima forma di sensibilità
religiosa.
L'ingresso nella comunità
scolastica rende possibile il costituirsi di rapporti sociali di vario
significato con i coetanei e favorisce dunque nel bambino il graduale sviluppo
del senso delle differenze fra sé e gli altri e la progressiva presa di
coscienza della esistenza di punti di vista e di interessi diversi dai suoi e
della conseguente necessità di liberare i propri impulsi dagli aspetti
possessivi e aggressivi. Ciò costituisce la premessa per la graduale
comprensione della necessità di regole sociali e di norme morali che, presentate
dapprima dagli adulti, verranno poi gradualmente interiorizzate, dando origine
soprattutto negli anni successivi a quelli della scuola materna ad una moralità
più autonoma.
Il periodo dai tre ai sei
anni è inoltre caratterizzato da un rilevante sviluppo del linguaggio e da una
larga presenza delle attività di gioco. Linguaggio e gioco vanno considerati nel
loro duplice aspetto di attività rese possibili da uno sviluppo psicologico che
si va compiendo, e di strumenti indispensabili per favorire e rendere ricco ed
equilibrato tale sviluppo.
Il linguaggio,
nelle sue diverse forme (verbale, grafico, pittorico, ecc.), assolve funzioni
via via più varie. Il linguaggio verbale, in particolare, non è più soltanto un
mezzo per esprimere desideri o tensioni, o per stabilire con gli altri una forma
iniziale di comunicazione, ma diventa anche uno strumento indispensabile per lo
sviluppo delle attività percettive (nel senso, per esempio, che una maggiore
ricchezza di vocabolario permette di vedere in modo nuovo e più differenziato la
realtà); per l'esercizio della attività rappresentativa; per uno sviluppo
ordinato ed una prima organizzazione delle conoscenze; infine per l’avvio del
processo di socializzazione.
Il gioco,
esso pure nelle sue varie forme (motorio, imitativo, simbolico, ecc.), mentre è
reso possibile proprio dallo sviluppo della motricità e dell'attività
rappresentativa e fantastica, diviene a sua volta un mezzo veramente
fondamentale per lo sviluppo della personalità. Esso favorisce le acquisizioni
percettive-motorie; costituisce occasione sia per una ricca attività imitativa
sia per l'esercizio delle capacità di osservazione, di analisi e di
coordinamento; facilita largamente lo sviluppo della vita rappresentativa.
L'attività ludica, in certe particolari forme (gioco dei ruoli, giochi con
regole), favorisce in misura determinante i processi di socializzazione. Con
riferimento, infine, allo sviluppo affettivo ed emotivo, il gioco, proprio in
quanto permette di manifestare e scaricare, per vie indirette, spesso con
riferimento a personaggi rappresentati simbolicamente, tensioni di vario tipo,
assolve anche ad una funzione di compensazione e di equilibrio, e può inoltre
permettere alla educatrice sensibile e psicologicamente preparata di conoscere
meglio e più a fondo la vita affettiva ed emotiva del bambino.
La personalità infantile, così descritta, è nella società
attuale in trasformazione, investita da un flusso multiforme e continuo di
stimolazioni e di messaggi; il bambino è costretto a confrontarsi continuamente
con abitudini, atteggiamenti e modelli di vita, in rapida evoluzione, dai quali
può derivargliene conflitti e tensioni sul piano emotivo e disorientamento sul
piano delle acquisizioni intellettuali.
La
scuola materna non può, quindi, ignorare questo problema che pone ad essa, per
prima, il compito di preparare il bambino ad affrontare una realtà sempre
mutevole. Nell'età nella quale si pongono le basi della futura personalità, essa
ha il compito di creare i presupposti di una futura capacità di adattamento
emotivo ed intellettuale che ponga 1’individuo in grado di percepire la
continuità nei mutamenti e di assumere di fronte ad essi un atteggiamento
attivo, autonomo ed originale
In questo
senso può dirsi che già nella scuola materna ha inizio l’educazione
permanente necessaria all'uomo contemporaneo.
Di Scuola Materna esiste quella statale e quella
Materna comunale: le scuole materne comunali, così come gli asili nido, si
attengono ai regolamenti dei singoli Comuni, i quali devono comunque fare
riferimento alla Legge
104/92. Per la scuola materna statale, invece la normativa è direttamente
esplicitata nella Legge
104/92, art.12 comma 1; art.13 comma 2, art.40.
Per quanto riguarda le scuole d'infanzia private
convenzionate con gli Enti Locali e da esse finanziate, debbono rispettare
anch'esse la normativa delle scuole dell'infanzia comunali con riguardo
all'accoglienza di bambini con handicap.
Le scuole private se ottengono la parità scolastica ai
sensi della Legge 62/2000, sono obbligate a realizzare l'integrazione scolastica, come
espressamente previsto nell'art.1, comma 3, comma 4 lett."e" e comma 14.
…La Statale
Il diritto alla frequenza è garantito dalla Legge 104/92, art.12, comma 2: " è garantito il diritto alla educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna". Questo significa che il bambino handicappato ha la priorità di iscrizione alla scuola materna. Si tratta di un diritto ESIGIBILE. A sostegno di ciò si può citare l'art. 3, comma3 della Legge 104/92: "le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici". Un bambino con Sindrome di Down va considerato in condizioni di "gravita", non in quanto con handicap più o meno grave, ma solo in quanto ha bisogno, più dei bambini normodotati, di un intervento precoce quale è la frequenza della scuola materna.
…..Gli Asili Nido
Gli asili nido sono servizi comunali con funzioni socio -
assistenziali ed educative che accolgono i bambini da 0 a 3 anni.
La L. 1044 del 1971 che li istituisce, delega
alle Regioni norme per la loro realizzazione e gestione avvertendo che essi
devono "essere dotati di personale qualificato sufficiente e idoneo a garantire
l'assistenza sanitaria e psicopedagogica del bambino" .
Nella normativa statale di riferimento e nelle prime leggi
applicative a livello regionale non si prevedono disposizioni specifiche per
l'accoglienza di bambini disabili.
E' la Legge Quadro 104/92
che garantisce ai bambini handicappati l'inserimento negli asili - nido
disponendo, inoltre, che gli Enti Locali possono provvedere all'adeguamento
dell'organizzazione e del funzionamento e all'assegnazione di "personale docente
specializzato e di operatori ed assistenti specializzati".
I bambini disabili, pertanto, hanno diritto ad essere
accolti negli asili nido e a ricevere tutta l'assistenza possibile.
I genitori possono fare ricorso al TAR o al
PRETORE per un intervento di urgenza, ai sensi dell'art.700 del
Codice di Procedura Civile.
Ricordiamo
inoltre che "l'esercizio del diritto all'educazione e all'Istruzione non può
essere impedito dalla difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà
derivanti dalle disabilità connesse all'Handicap" (L.104/92. Art. 12, comma
4)
Le modalità di attuazione dell'integrazione sono
indicate nei commi 5,6,7,8, dell'art.12, nonché negli artt.13 e 14, L.104/92.
Ma sono gli accordi in sede locale che pongono le
basi per un progetto più ricco possibile, in cui i diversi soggetti
firmatari devono sottoscrivere gli impegni finanziari
concreti, atti a garantire la realizzazione della piena integrazione scolastica
dei ragazzi con deficit.
L’integrazione scolastica, fa parte di un progetto più ampio, globale ed individualizzato al tempo stesso, che coinvolge non solo il singolo individuo ma anche tutte le realtà del territorio. Una vera integrazione si realizza unicamente se al centro dell’attenzione si pongono non soltanto i bisogni della persona con deficit, ma anche i suoi desideri, le sue risorse e le potenzialità nell’ambito dell’apprendimento, della comunicazione, delle relazioni e della socializzazione. Essa deve intendersi, come un processo dinamico, dialettico, di sviluppo delle potenzialità soggettive, e si deve basare sul rispetto e la valorizzazione della diversità della persona con deficit, che deve essere vista come risorsa, piuttosto che solo come portatrice di bisogni.
In quest’ottica assume una particolare rilevanza
la costruzione di progetto educativo, derivante dal confronto di tutte le
Istituzioni e basato sulla messa in rete delle risorse umane e strumentali
offerte dal territorio, il cui coordinamento è necessario anche per evitare
interventi frazionati ed inutili dispersioni.
Tra queste risorse, un ruolo sempre più attivo deve
essere riconosciuto alle famiglie, sia nella formulazione del Profilo Dinamico
Funzionale e del Piano Educativo Individualizzato, sia nella loro verifica in
itinere. L’adeguamento del sistema scolastico ai bisogni di formazione e
crescita della persona con handicap, la flessibilità organizzativa e di
contenuti, aperta alla sperimentazione di strategie multidisciplinari, la
progettazione congiunta, la realizzazione di progetti di orientamento e di
continuità educativa, l’attenzione alla prospettiva della vita adulta, diventano
elementi essenziali per la qualificazione del percorso di integrazione.
Si devono, in conclusione, porre in essere tutte le condizioni, secondo le diverse competenze istituzionali, per rendere effettivo il diritto allo studio dell’alunno con deficit, rimuovere in definitiva, tutti quegli ostacoli che, limitando di fatto il pieno sviluppo della persona, impediscono l’uguaglianza dei cittadini, art.2, 3 e 4 della Costituzione. Insomma, una maggiore aderenza dell'intervento al bisogno e alle finalità dell'integrazione scolastica.
Alcuni dei punti della normativa applicativa
Programmazione obbligatoria e coordinata tra Scuola Asl e Enti Locali:Le Regioni hanno l'obbligo di provvedere a che le
AA.SS.LL. assicurino l'intervento medico e per lo sviluppo cognitivo degli
alunni in situazione di handicap, come affermato nella Legge Quadro pubblicato
sulla G.U. del 15/04/94 ( art.12, commi 5 e 6) (Pubblicato la prima volta nella
G.U 6 aprile 1994, n. 79, il D.P.R. è stato ripubblicato, dopo la registrazione
alla Corte dei conti, sulla G.U. 15 aprile 1994, n. 87).
La programmazione obbligatoria e coordinata tra Scuola ASL
e Enti Locali è stata successivamente disciplinata dall'atto di indirizzo, D.P.R.
24/02/94, in relazione alla Diagnosi Funzionale, al Profilo Dinamico
Funzionale, al GLH, al Piano Educativo Individualizzato ( PEI ) e alle verifiche
degli interventi educativi.
Al momento dell'iscrizione va presentata anche la
Diagnosi Funzionale, che consiste in una descrizione della compromissione
funzionale dello stato psico-fisico dell'alunno: si esplica in un profilo, nel
quale vengono considerate capacità, potenzialità e difficoltà di sviluppo
dell'alunno, che secondo la Legge 104/92 compete alle AA.SS.LL. o Enti
convenzionati ( Atto di indirizzo, D.P.R.
del 24/02/94, art. 3 ). Ulteriori precisazioni sono date nella C.M. n°
363/1994, art.3, commi 1 e 2: in particolare, in mancanza della Diagnosi
Funzionale, si può presentare in via provvisoria il certificato dello
specialista o dello psicologo in servizio presso la ASL o in regime di
convenzione con la medesima. L'art.38 della Legge 448/98 - Legge
finanziaria per il 1999 - consente ai genitori di sostituire il certificato
medico con una autocertificazione inserita nella domanda di iscrizione, se
l'alunno è stato riconosciuto handicappato (art. 3 Legge 104/92).
La Diagnosi Funzionale (atto sanitario medico
legale, che descrive analiticamente la compromissione funzionale dello stato
psicofisico dell'alunno in situazione di handicap), sostituisce la vecchia
certificazione, ed è utile all'amministrazione scolastica per la richiesta
dell'insegnante di sostegno.
Sia i
genitori che la Scuola sono tenuti a sollecitare tale documentazione, in tempi
utili per l'assegnazione dell'insegnante di sostegno da parte del
Provveditorato.
Diagnosi Funzionale
Decreto del Presidente della Repubblica -
24/02/1994
"Atto di indirizzo e
coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di
alunni portatori di handicap."
Legge -
05/02/1992 n. 104
"Legge Quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate." Si
veda in particolare: art. 12
Circolare Ministeriale -
Ministero della Pubblica Istruzione 03/09/1985 n. 250 "Azione di sostegno a
favore degli alunni portatori di handicap."
Decreto del Presidente della
Repubblica - 12/02/1985 n. 104 "Approvazione dei nuovi programmi didattici
per la scuola primaria."
Se la ASL non elabora la Diagnosi funzionale può essere denunciata alla Procura della Repubblica per omissione di atti di ufficio.Se la scuola non sollecita la ASL inadempiente, anche la scuola può essere denunciata per omissione di atti di ufficio.Se l’alunno è seguito da un centro convenzionato con la ASL, questo deve completare la sua prestazione facendo anche la Diagnosi Funzionale (Atto di indirizzo, D.P.R. 24/2/94 art. 3 c. 2). Il Capo d’Istituto può farla produrre al centro convenzionato facendo riferimento alla C.M. 363/94 art. 3 c. 1.
Formazione delle ClassiLe classi che accolgono alunni portatori di
handicap, erano automaticamente costituite con un "massimo di 20 alunni", come è
esplicitato al comma 3, art.7 L.517/1977; tale
legge è richiamata e confermata all'art.13, comma 1 della Legge 104/92. Però
l'art.40 della L.
449/97 ha abrogato questi riferimenti normativi producendo classi molto
numerose.
In seguito a questo disservizio
l'art. 26 comma 12 della legge 448/98 (Finanziaria per il 1999) ha poi delegato
il Governo ad emanare un decreto per regolare la materia.
Infatti il Ministero P.I., conseguentemente
emanava il D.M.
n. 141 del 31 Giugno 1999, nel quale è stabilito che le classi frequentate
da alunni portatori di handicap, non abbiano più di 20 alunni, purché sia
predisposto, da parte dell'intero Consiglio di classe (e non da parte del solo
insegnante di sostegno) un progetto per l'integrazione. In tale progetto devono
essere espressamente indicati: le motivazioni per la riduzione del numero degli
alunni, in rapporto alle esigenze formative dell'alunno e le strategie e le
metodologie adottate dal Consiglio di classe.
Il progetto va inviato dal Capo di Istituto al GLH del
Provveditorato agli Studi, il quale, sulla base dei criteri predisposti dal GLIP in merito alla
formazione delle classi, esprime motivato parere al Provveditore. Se tale
progetto non è stato presentato o non viene approvato, le classi di ogni ordine
e grado frequentate da alunni in situazione di handicap, non possono comunque
avere più di venticinque alunni. Esiste però una flessibilità da ventuno a
venticinque alunni determinata dalla gravità dell' handicap, dalle situazioni
oggettive degli alunni interessati e dalle difficoltà organizzative della scuola
e dalle risorse professionali in essa presenti (sufficiente numero di ore di
sostegno, preparazione di tutti gli insegnanti sulle tematiche dell' handicap,
etc…).
La presenza nella stessa classe di
più di un alunno in situazione di handicap deve essere prevista solo in casi
eccezionali e come ipotesi residuale, e solo in presenza di handicap
lievi.
Le classi iniziali con più di un
alunno in situazione di handicap sono comunque costituite con non più di venti
iscritti.
Per alunni con o senza handicap, temporaneamente ospitati presso ospedali per un periodo non inferiore a 30 giorni, possono essere autorizzate dal Provveditore agli Studi classi di scuola elementare o media, anche con un basso numero di alunni. La materia è regolata dalla C.M.353 del 7 agosto 1998 (art.11).
Per alunni con o senza handicap, temporaneamente ospitati presso ospedali per un periodo non inferiore a 30 giorni, possono essere autorizzate dal Provveditore agli Studi classi di scuola elementare o media, anche con un basso numero di alunni. La materia è regolata dalla C.M.353 del 7 agosto 1998 (art.11).
Orario di frequenzaE' illegittima la richiesta di riduzione dell'orario di frequenza, avanzata a volte dai Capi d'Istituto o da alcuni Consigli di Classe. Può essere definita nell'ambito del GLH con motivazione scritta concordata con i genitori.
Profilo Dinamico FunzionalePer un Profilo Dinamico Funzionale esatto, occorre
una corretta formulazione del Piano Educativo Individualizzato, ed è perciò
indispensabile, una programmazione degli interventi che deve essere il frutto di
una collaborazione interdisciplinare in ogni settore : docenti curricolari e
specializzati, degli operatori della ASL (UONPI) e la collaborazione della
famiglia. La conoscenza puntuale, estesa e approfondita della situazione
individuale permetterà di trovare utili indicazioni operative per poter
sviluppare le capacità dell'individuo con handicap per raggiungere un suo
possibile traguardo.
NORMATIVA
Decreto del Presidente della Repubblica -
24/02/1994"Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità
sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap."
Legge
- 05/02/1992 n. 104
"Legge-quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate."Si
veda in particolare: [ art. 12 ]
Che cosa è:
Il Piano educativo individualizzato (indicato in seguito con il termine P.E.I.), è il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l'alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione, di cui ai primi quattro commi dell'art. 12 della legge n. 104 del 1992.
Il P.E.I. è redatto, ai sensi del comma 5 del predetto art. 12, congiuntamente dagli operatori sanitari individuati dalla ASL (UONPI) e dal personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e, ove presente, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale dell'alunno. Atto di indirizzo: D.P.R. del 24/02/94, art.4.
Il P.E.I. tiene presenti i progetti
didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché
le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche, di cui
alla lettera a), comma 1, dell'art. 13 della legge n. 104 del
1992.Nella definizione del P.E.I., i soggetti di cui al precedente comma 2,
propongono, ciascuno in base alla propria esperienza pedagogica,
medico-scientifica e di contatto e sulla base dei dati derivanti dalla diagnosi
funzionale e dal profilo dinamico funzionale, di cui ai precedenti articoli 3 e
4, gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto
all'educazione, all'istruzione ed integrazione scolastica dell'alunno in
situazione di handicap. Detti interventi propositivi vengono, successivamente,
integrati tra di loro, in modo da giungere alla redazione conclusiva di un piano
educativo che sia correlato alle disabilità dell'alunno stesso, alle sue
conseguenti difficoltà e alle potenzialità dell'alunno comunque
disponibili.
IN SINTESI Il P.E.I. è:
- progetto operativo interistituzionale tra
operatori della scuola, dei servizi sanitari e sociali, in collaborazione con i
familiari
- progetto educativo e didattico
personalizzato riguardante la dimensione dell'apprendimento correlata agli
aspetti riabilitativi e sociali
contiene:
-
finalità e obiettivi didattici
- itinerari
di lavoro
- tecnologia
- metodologie, tecniche e verifiche
- modalità di coinvolgimento della famiglia
tempi:
- si
definisce entro il secondo mese dell'anno scolastico
- si verifica con frequenza, possibilmente
trimestrale
- verifiche straordinarie per
casi di particolare difficoltà
Agli interventi educativi, dopo l'elaborazione del
Profilo Dinamico Funzionale, seguono le verifiche con cadenza possibilmente
trimestrali (entro Ottobre Novembre, entro Febbraio Marzo, entro Maggio
Giugno).
Si tratta di GLH operativi, che
ovviamente non vanno confusi con i GLH d'Istituto ( L.104/92,art.15,comma2),
che pure hanno la loro importanza, ma che riguardano tematiche generali sull'
handicap in relazione alla singola scuola.
E' importante, in caso di inadempienze nella
elaborazione del P.D.F o P.E.I. , oppure il GLH non viene convocato,
formulare la richiesta al Dirigente Scolastico, citando come normativa: la
Legge Quadro, o l'Atto di indirizzo D.P.R. 294, oltre la Legge
Regionale, per il Diritto allo Studio.
Inoltre, vedere se tra Ente Locale, ASL e
Provveditorato, sono stati sottoscritti accordi o intese, per stabilire i
servizi e le disponibilità finanziarie che le Amministrazioni si impegnano a
realizzare.
Che cosa è L'Accordo di Programma?
L'art27 della L.142/90, definisce
l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che
richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata
di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti
pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti.
Il presidente della Regione o il Presidente della Provincia
o il Sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o
sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un
accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati,
per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le
modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento
Occorre diffidare formalmente il Direttore Generale, quello Sanitario e quello Amministrativo della ASL affinché rispettino l'atto di indirizzo approvato con D.P.R. del 24/02/94, che prevedendo espressamente tali compiti collaborativi con la scuola, impone implicitamente alla ASL di organizzare il funzionamento delle unità multidisciplinari,in modo da non impedire o intralciare il funzionamento della scuola.Occorre contemporaneamente diffidare l'Assessorato Regionale alla Sanità a vigilare al rispetto dell'Atto di indirizzo, come espressamente stabilito dallo stesso Atto (art.7). Se necessario, le diffide vanno diffuse via stampa e televisione, purché in forma tale da non comportare eventuali denuncie o querele dei funzionari e degli Amministratori interessati.
L'insegnante per le attività di sostegnoE' un insegnante specializzato, previsto dalla
Legge 517/77, che viene assegnato, in piena contitolarità con gli altri docenti,
alla classe in cui è inserito il soggetto portatore di handicap per attuare
"forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap" e
"realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli
alunni"
Viene nominato dal Provveditore
agli Studi della Provincia, su segnalazione delle scuole che prevedono la
presenza nel Circolo, di alunni portatori di handicap certificati.
Ogni anno, con le nuove pre-iscrizioni, ogni
Istituzione scolastica determina il numero dei soggetti portatori di handicap
iscritti, valuta la gravità ed i bisogni di ogni singolo caso e chiede
all'Ufficio Provveditorato l'assegnazione di un numero di insegnanti di
sostegno.
L'insegnante di Sostegno assume
l'impegno di collaborare pienamente con i colleghi nell'impostazione e
realizzazione del progetto educativo-didattico riferito all'alunno h., mette a
disposizione la propria competenza, correlata alla specializzazione didattica, e
a predisporre i relativi percorsi e strumenti; assume la corresponsabilità
dell'attività educativa e didattica complessiva nella sezione, modulo o classe
cui viene assegnata; svolge compiti di collaborazione con le famiglie e le
strutture sanitarie del territorio (C.M. 184 del 3/7/91).
La quantificazione oraria nel rapporto insegnante/alunno
viene stabilita in base al Progetto Educativo che si fonda sui bisogni dei
singoli soggetti rapportati alle diverse gravità di handicap.
L'insegnante di sostegno partecipa, nella scuola
elementare, in piena contitolarità e corresponsabilità, come pure alla
valutazione di tutta la classe cui è stata assegnata, compresi i soggetti
handicappati.
Le modalità con cui viene
assegnato l'insegnante di sostegno sono quelle esplicitate nel D.M.
n°331/98 artt.37 e 41 come integrato dall'art.26 comma 16 della Legge
448/98.
Ciò significa che non vi sarà più
la nomina di un insegnante ogni quattro alunni in situazione di handicap, ma che
il Provveditore potrà disporre nell'organico di un posto ogni 138 alunni
frequentanti le scuole statali della Provincia.Questi posti verranno poi
assegnati alle singole scuole secondo le richieste avanzate dai Dirigenti
Scolastici, documentate con Diagnosi Funzionale e corredate di progetto di
integrazione. Se il numero di posti calcolati con l'operazione precedentemente
indicata (1:138), il Provveditore può concedere delle deroghe e nominare dei
supplenti per le ore mancanti. Ciò in base all'art.40 comma 3, L.449/97 e
dall'art.26 comma 15, L.448/98.
Quali sono i problemi ricorrenti per il sostegno?
1) Il ritardo nel tempo di nomina, che è legato a
tutto il movimento dei trasferimenti degli insegnanti ed è un problema che va
risolto a livello di Ministero della Pubblica Istruzione.
2) La rotazione continua degli insegnanti di sostegno da un
anno all'altro.
3) La quantità delle ore:
c'e' una riduzione crescente delle deroghe a causa delle restrizioni delle leggi
finanziarie. Però un fatto positivo: nella Legge Finanziaria del 2000, L.448/99,
all'art.21 comma 2, mentre impone la riduzione del numero di insegnanti,
esclude quelli di sostegno, facendo salvo l'art.40, commi 1 e 3 della Legge
449/97, che prevedono sia la nomina di insegnanti specializzati secondo il
nuovo rapporto un posto ogni 138 alunni, sia la nomina in deroga di ulteriori
insegnanti di sostegno.
4) La qualità
della prestazione (leggere nel sito della Federazione Associazioni Docenti per
il Sostegno : FADIS),e la Qualità
dell'Integrazione Scolastica,…da Introduzione nel sito di Pavoni Risorse di
Dario Ianes e Mario Tortello).
Cosa può fare un genitore?
Riguardo ai punti 1 e 3, segnalare il disagio al Gruppo di
Lavoro Interistituzionale del Provveditorato (GLIP). Per quanto riguarda il
punto 2 si ricorda l'art.40 del D.M.
n°331/98 che ribadisce l'obbligo della continuità educativa.
Per quanto riguarda il punto 4, fare un esposto sul disservizio al Provveditore e, per conoscenza, al Ministero della Pubblica Istruzione Ufficio di Gabinetto ed Osservatorio permanente sull'integrazione scolastica presso il Ministero della Pubblica Istruzione.
Continuità Educativa e didatticaPer quanto riguarda la scuola dell'obbligo la
normativa di riferimento più importante è la C.M.1/88.
Questa normativa indica criteri e modalità di
raccordo a livello didattico-istituzionale per agevolare il passaggio
dell'alunno handicappato da un ordine di scuola a quello successivo. Prevede
incontri tra gli operatori scolastici e socio - sanitari, la trasmissione di
notizie e documentazioni e in particolare la possibilità che l'insegnante di
sostegno della scuola di provenienza segua l'alunno nella fase di passaggio e di
iniziale frequenza della nuova istituzione scolastica.
Sulla continuità educativa in senso lato e per tutti gli
alunni (ivi compresi gli alunni con handicap)si parla nel D.M. del 16/11/90 e
nella C.M. n° 339/92.
Nel collegato alla
legge finanziaria 662 del 23/12/96, art.1 comma 72, è previsto il principio che
sancisce :"è garantita la continuità del sostegno per gli alunni portatori di
Handicap".
Tale norma è ribadita dal
citato art.40 del D.M.
n°331/98.
Infine, tra le ipotesi di
sperimentazione il
D.M. n°331/98 all'art.43 indica anche quella concernente la continuità
educativa.
I sussidi didattici sono gli oggetti, gli
strumenti, le attrezzature, i materiali (strutturati e non) compresi i mezzi
audiovisivi e informatici che possono facilitare l' autonomia, la comunicazione
e il processo di apprendimento. Tra questi particolare importanza assumono le
nuove tecnologie e in particolare il computer per le numerose e innovative
potenzialità che offrono anche nel campo educativo e della didattica delle
singole discipline.
Per gli alunni
disabili, accanto ai sussidi tradizionali, sono disponibili materiali hardware e
software che possono essere facilmente e utilmente utilizzati nella
scuola.
La fornitura di sussidi didattici
e attrezzature, compresi i mezzi informatici e i programmi di software
didattico, compete sia all'amministrazione scolastica che alle amministrazioni
locali.
Poiché non tutti i sussidi sono
concessi gratuitamente e poiché nel mercato esiste una vasta gamma,
diversificata nei prezzi e nella validità, occorre che la loro scelta sia
operata con estrema attenzione per ottenere la massima ottimizzazione della loro
utilizzazione.
Mezzi informatici
L'introduzione e l'uso di mezzi informatici nella
scuola è conseguenza diretta della rapida e crescente evoluzione tecnologica, la
quale ha mutato il contesto culturale, sociale e produttivo rispetto al
passato.
La possibilità di utilizzare i
computer per realizzare sistemi di istruzione assistita è oggi uno degli
sviluppi più significativi nel campo della didattica. Il computer è così oggi un
nuovo e indispensabile strumento al servizio dei docenti che consente di
conseguite l'obiettivo di un insegnamento individualizzato. Il computer agisce
non solo come strumento di apprendimento, ma anche come stimolo
all'apprendimento, determinando l'attenzione continua e favorendo la
memorizzazione.
Alcune delle possibilità
più significative dell'applicazione dei mezzi informatici nel processo di
apprendimento di alunni con handicap sono:
- l'organizzazione logico-percettiva delle attività e del
materiale di insegnamento;
- il numero
elevatissimo delle attività via via selezionate nella forma di presentazione e
nella struttura appropriata ad ogni soggetto;
- la presentazione multimediale dei contenuti da
apprendere.
L'uso del computer da parte
dei disabili è attualmente facilitato grazie alla disponibilità di una vasta
gamma di interfacce e di altri ausili che ne consentono l'utilizzazione anche a
soggetti con gravi disabilità .Il computer infatti è dotato di una capacità
pressoché illimitata di manipolazione di simboli. Le sue potenzialità e
versatilità ne fanno uno strumento di utilizzazione sempre più esteso e un
ausilio per il potenziamento delle abilità umane e quindi per il superamento
dell' handicap. Il computer non può ridurre la disabilità, ma può diminuire la
situazione di handicap.
Una delle
possibilità dei mezzi informatici è quella di sostituire una funzione come il
movimento, la voce, la vista per permettere ad una persona con disabilità una
maggiore autonomia e di conseguenza una maggiore possibilità di esprimere se
stessa e di instaurare rapporti di scambio reciproco.
Con il sussidio del computer è possibile,quindi, rendere
più efficace il tempo-istruzione, utilizzare al massimo le capacità dell'alunno
con handicap, verificare il raggiungimento di obiettivi didattici, attuare
curricoli integrati e avere canali comunicativi multimediali con soggetti privi
di manualità o con deprivazioni sensoriali (privi di vista, sordomuti).
Per l'acquisto di attrezzature e di sussidi
didattici, anche informatici, cfr.L.104/92, art.13, comma
1, lett. b e la Direttiva 766/96 e successive conferme che provvede
all'assegnazione dei fondi del capitolo 1149 del Bilancio del Ministero della
P.I.
Nel DPR 616/77, artt. 42 e 45 l'assistenza per
l'assolvimento dell'obbligo scolastico viene indicata come compito dei Comuni;
si parla di interventi di assistenza medico-psichica e di assistenza ai minorati
psico-fisici.
Nella Legge 104/92 , art.13,
comma 3 è ribadito l'obbligo "per gli Enti Locali di fornire assistenza per
l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con Handicap fisici o
sensoriali".
Dal momento che questo tipo
di problemi non è, in genere, presente in alunni con sindrome di Down, non è
opportuno che la scuola utilizzi per loro tali figure professionali, poiché
questo, al contrario, potrebbe non giovare allo sviluppo della loro autonomia e
comunicazione.
Sino alla fine del 1999 il mansionario dei
collaboratori scolastici è regolato dai contratti collettivi di lavoro relativi
ai dipendenti degli Enti Locali per la scuola dell'infanzia, elementare e
superiore (D.P.R. n° 347/83 e successive modifiche), secondo cui tale personale,
inquadrato nella "quarta fascia stipendiale" deve svolgere attività di
assistenza materiale nell'ingresso ed uscita dalla scuola degli alunni con
handicap, all'interno dei locali scolastici e di assistenza per l'igiene
personale e l'accompagnamento ai servizi igienici; ciò senza alcuna indennità
aggiuntiva essendo queste mansioni ordinarie normali del profilo
professionale.
A partire dal 1°gennaio
2000 tutti i collaboratori scolastici dipendenti degli Enti Locali, transitano
nei ruoli del Ministero della P.I. (L.124/99 art.8) e si applicano ad essi ed a
quelli già dipendenti della P.I. le norme del Nuovo Contratto Collettivo,
approvato nel maggio 99 e pubblicato nel supplemento alla G.U. n° 133 del 9
giugno 99. In forza dell'art.32 di tale contratto i collaboratori scolastici
nelle scuole statali di ogni ordine e grado hanno mansioni ordinarie e mansioni
aggiuntive.
Le mansioni ordinarie indicate
nell'art.50 comma 1 e tabella A: Profili professionali area A/2: Profilo
Collaboratore scolastico "…ausilio materiale agli alunni portatori di handicap
nell'accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche e nell'uscita da
esse. In relazione alle esigenze emergenti nel sistema formativo, con riguardo
anche all'integrazione di alunni portatori di handicap e alla prevenzione della
dispersione scolastica, partecipa a specifiche iniziative di formazione e
aggiornamento."
Le mansioni aggiuntive,
per le quali quindi scatta il diritto al premio incentivante, sono individuate
sempre dall'art.50 comma 1 stessa tabella come segue:"…assistenza agli alunni
portatori di handicap all'interno delle strutture scolastiche, nell'uso dei
servizi igienici e nella cura dell'igiene personale".
Per tutte le mansioni ordinarie ed aggiuntive i
collaboratori scolastici debbono frequentare un corso di aggiornamento.
L'individuazione dei collaboratori scolastici che dovranno svolgere le mansioni
aggiuntive avviene, grazie al Dirigente Scolastico con ordine di Servizio;
quanto al premio incentivante la relativa delibera spetta al Consiglio di
Circolo.
Per evitare discontinuità nel
servizio svolto dai collaboratori scolastici dipendenti dagli Enti Locali, nel
momento in cui entrano nei ruoli del Ministero P.I. i D.M. n.184 del 23/7/99
(artt.6,7,8) e n.297 del 10/12/99 forniscono chiarimenti nel senso
sopraindicato. Inoltre la C.M. n.245/99 alla voce VARIE nei numeri 3,4,e 5
precisa con esempi che gli ex bidelli degli Enti Locali trasferiti allo Stato
dovranno continuare a svolgere, come dipendenti statali, solo i compiti di
assistenza agli alunni con handicap nell'ambito della scuola. Quanti svolgevano
anche mansioni, quali ad esempio di autisti di scuolabus o di sorveglianza alle
mense scolastiche, dovranno cessare da questi incarichi, rientrando essi nelle
competenze del personale dipendente degli Enti Locali i quali debbono continuare
a garantire questi servizi e quelli dell'assistenza educativa per l'autonomia e
la comunicazione; viene citato a tal proposito il D.P.R. n. 616/77 art. 42 e 45,
che sono espressamente richiamati dall'art.13 comma 4 della L.104/92.
I genitori degli alunni con handicap debbono
conoscere con esattezza questa normativa per chiederne ai Dirigenti Scolastici
la puntuale applicazione, affinché non avvenga che la scuola telefoni a casa
chiedendo ai familiari di recarsi presso i locali scolastici per motivi legati
all'igiene personale del figlio con handicap.
Questa prassi, talora adottata da alcune scuole, è
illegittima poiché il Servizio Pubblico di integrazione scolastica comprende
anche questi aspetti. La famiglia pertanto non deve essere disturbata per questi
motivi poiché, in caso contrario, si potrebbe forse ipotizzare l'interruzione di
un pubblico servizio.
( C.M. Interno del 23 Giugno 1998)
La legge n. 23 dell’11 gennaio 1996 ( Gazz. Uff.
19 Gennaio 1996, n°15 ) ha così ripartito le competenze:
Art. 1.Finalità
1. Le strutture edilizie costituiscono elemento
fondamentale e integrante del sistema scolastico. Obiettivo della presente legge
è assicurare a tali strutture uno sviluppo qualitativo e una collocazione sul
territorio adeguati alla costante evoluzione delle dinamiche formative,
culturali, economiche e sociali.
2. La
programmazione degli interventi per le finalità di cui al comma 1 deve
garantire:
(a) …Omissis..
(b) …Omissis..
(c)
l'adeguamento alle norme vigenti in materia di agibilità, sicurezza e
igiene;
(d) l'adeguamento delle strutture
edilizie alle esigenze della scuola, ai processi di riforma degli ordinamenti e
dei programmi, all'innovazione didattica e alla sperimentazione;
(e) una equilibrata organizzazione territoriale
del sistema scolastico, anche con riferimento agli andamenti demografici;
(f) la disponibilità da parte di ogni scuola di
palestre e impianti sportivi di base;
(g)
la piena utilizzazione delle strutture scolastiche da parte della
collettività.
Art. 2 Interventi da realizzare
1. Possono essere finanziati in base alla
presente legge:
(a) la costruzione e il
completamento di edifici scolastici, nonché l'acquisto e l'eventuale
riadattamento di immobili adibiti o da adibire a uso scolastico, in particolare
al fine di eliminare le locazioni a carattere oneroso, i doppi turni di
frequenza scolastica e l'utilizzazione impropria di stabili che non siano
riadattabili;
(b) le ristrutturazioni e le
manutenzioni straordinarie dirette ad adeguare gli edifici alle norme vigenti in
materia di agibilità, sicurezza, igiene ed eliminazione delle barriere
architettoniche;
(c) la riconversione di
edifici scolastici da destinare ad altro tipo di scuola;
(d) la realizzazione di impianti sportivi di base o
polivalenti, eventualmente di uso comune a più scuole, anche aperti
all'utilizzazione da parte della collettività.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche
agli edifici sedi di uffici scolastici provinciali e regionali.
3. …Omissis..
4.
Nell'ambito degli interventi di nuova costruzione, di riadattamento e di
riconversione sono ammessi a finanziamento, ai sensi della presente legge, gli
arredi e le attrezzature relativi alle aule, agli uffici, alle palestre, ai
laboratori e alle biblioteche scolastiche.
Art. 3. Competenze degli enti locali.
1. In attuazione dell'articolo 14, comma 1,
lettera i), della legge 8 giugno 1990, n. 142, provvedono alla realizzazione,
alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli
edifici:
(a) i comuni, per quelli da
destinare a sede di scuole materne, elementari e medie;
(b) le province, per quelli da destinare a sede di istituti
e scuole di istruzione secondaria superiore, compresi i licei
artistici e gli istituti d'arte, di conservatori di musica, di accademie, di
istituti superiori per le industrie artistiche, nonché di convitti e di
istituzioni educative statali.
2. In
relazione agli obblighi per essi stabiliti dal comma 1, i comuni e le province
provvedono altresì alle spese varie di ufficio e per l'arredamento e a quelle
per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas,
per il riscaldamento ed ai relativi impianti.
3. Per l'allestimento e l'impianto di materiale
didattico e scientifico che implichi il rispetto delle norme sulla sicurezza e
sull'adeguamento degli impianti, l'ente locale competente è tenuto a dare alle
scuole parere obbligatorio preventivo sull'adeguatezza dei locali ovvero ad
assumere formale impegno ad adeguare tali locali contestualmente all'impianto
delle attrezzature.
4. Gli enti
territoriali competenti possono delegare alle singole istituzioni scolastiche,
su loro richiesta, funzioni relative alla manutenzione ordinaria degli edifici
destinati ad uso scolastico. A tal fine gli enti territoriali assicurano le
risorse finanziarie necessarie per l'esercizio delle funzioni delegate.
5. …Omissis…
Pertanto per chiedere l’eliminazione di barriere
architettoniche negli edifici scolastici, ci si dovrà rivolgere al comune o alla
provincia secondo le rispettive competenze.
Quanto all’arredamento, si tenga presente che esso può
anche riguardare banchi particolari o particolari sedie per persone con handicap
motorio, particolari lavagne a fibre ottiche per alunni ipovedenti, congegni per
campo magnetici antirumore per alunni minorati dell’udito protesizzati, computer
con particolari programmi per alunni con handicap intellettivo.
La sperimentazione è intesa come ricerca e
realizzazione di innovazioni sul piano metodologico-didattico (D.P.R. n.419/74,
art.2 e 3, ripresi poi nel testo unico 297/94, art 277-278).
Deve contenere: la identificazione del problema che si
vuole affrontare con la relativa motivazione; la formulazione scientifica
dell'ipotesi di lavoro; la individuazione degli strumenti e delle condizioni
organizzative; il preventivo di spesa; la descrizione dei procedimenti
metodologici nelle varie fasi della sperimentazione; le modalità di verifica dei
risultati e della loro pubblicizzazione.
Il ricorso alla sperimentazione, che consente maggiore
libertà in un percorso individualizzato, è esplicitamente contemplato nella
Legge Quadro 104/92, comma 1 (lettera e) e comma 5 dell'art.13; per quanto
riguarda i finanziamenti, si fa riferimento all'art.42 della stessa
Legge.
Essenziale, per porre le basi per una
progettualità il più ricca possibile in sede locale , è l'Accordo di Programma,
in cui i diversi soggetti firmatari, sottoscrivono gli impegni finanziari
concreti, atti a garantire la realizzazione della piena integrazione scolastica
dei ragazzi con deficit.
L'adeguamento del
sistema scolastico ai bisogni di formazione e crescita della persona con
handicap, la flessibilità organizzativa e di contenuti, aperta alla
sperimentazione di strategie multi-disciplinari, la progettazione congiunta, la
realizzazione di progetti di orientamento e di continuità educativa,
l'attenzione alla prospettiva della vita adulta, diventano elementi essenziali
per la qualificazione del percorso di integrazione.
L'Atto di indirizzo:
Decreto Ministeriale - Ministero della Pubblica Istruzione
e Ministero della Sanità - 9 luglio 1992.
"Indirizzi per la stipula degli accordi di programma ai
sensi dell'art. 13 della legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104, sull'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate."
(Pubblicato nella G.U. 30 ottobre 1992, n. 256.)
….Omissis
f) innovazione e sperimentazione didattica.
4. Gli accordi di programma per le attività di
cui ai commi precedenti prevedono modalità di collegamento delle stesse con i
progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati e la
distribuzione dei finanziamenti relativi fra i soggetti competenti ad erogarli;
le attività possono consistere in ludoteche, centri di documentazione,
addestramento all'uso di ausili anche informatici e quanto altro sia ritenuto
utile a favorire interventi precoci anche presso le famiglie per sviluppare
l'autonomia fisica psicologica e sociale; dette attività possono riguardare,
altresì, più mirati interventi culturali, ricreativi, sportivi, di orientamento
e formazione professionale, di tempo libero e di contatto con il mondo del
lavoro. In ogni caso esse debbono mirare quanto più possibile al coinvolgimento
di tutta la classe e non solo degli alunni in situazione di handicap, anche
quando vengono svolte al di fuori dell'ambiente scolastico, fatte salve le
competenze del consiglio di circolo o di istituto di cui all'art. 6 del D.P.R.
31 luglio 1974, n. 416.
5. Negli accordi
di programma sono altresì indicate le figure professionali per gli interventi di
cui al presente articolo nonché le modalità che garantiscono la partecipazione
degli stessi alle attività previste ed ai gruppi di lavoro provinciali, previsti
dall'art. 15, commi 1 e 2. Gli accordi di programma prevedono modalità e tempi
per la predisposizione, attuazione e verifica degli adempimenti di cui ai
precedenti commi 2 e 3 in modo coordinato tra gli operatori delle diverse
amministrazioni, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed
extrascolastiche.
6. E' considerato
intervento essenziale nell'ambito degli accordi di programma, ai fini
dell'orientamento scolastico e professionale, la stipula di intese
interistituzionali, a livello provinciale o comunale, su apposti progetti
operativi.
7. Per gli alunni con handicap
in situazioni di gravità, gli accordi di programma debbono garantire interventi
prioritari, rispettosi del principio dell'integrazione nella scuola di
competenza territoriale dell'alunno. Le relative modalità saranno stabilite
negli accordi di programma stessi anche per quanto riguarda l'utilizzazione
delle attrezzature di cui all'art. 13, comma 1, lettera b), della legge
quadro.
Sui criteri di assegnazione dei finanziamenti da
parte del M.P.I., oltre la C.M. 766/96, il D.M. 6 Agosto 1998, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale, n.229 il 1 Ottobre 1998, e il D.M.
331/98, art.43 che indica le tipologie di sperimentazione per la quale c'è
priorità di finanziamento, e cioè:
….Omissis
43.3 Il
Provveditore agli studi, sulla base delle proposte del Gruppo di lavoro
provinciale interistituzionale (Glip), individuerà i progetti da approvare
osservando le seguenti priorità:
a)
interventi precoci finalizzati alla prevenzione dei fenomeni di aggravamento
delle situazioni di handicap nei gradi iniziali dei processo formativo;
b) percorsi integrati di istruzione e formazione
professionale e di inserimento nel mondo dei lavoro, con particolare riferimento
a progetti che prevedono l'uso di risorse provenienti da altri soggetti, con
particolare attenzione alle cooperative sociali, al riconoscimento di crediti
formativi e all'alternanza scuola-lavoro;
c) percorsi di integrazione che prevedano l'impiego anche
di persone esterne al corpo docente, come tutors reclutati attraverso "borse
amicali", esperti in specifiche attività lavorative o figure di sistema;
d) interventi formativi in contesti esterni alla
scuola e attività didattiche cooperative, con il coinvolgimento di tutti gli
alunni e gli insegnanti;
e) integrazione
scolastica di minorati dell'udito e della vista, con l’intervento dei diversi
soggetti istituzionali competenti, anche al fine di mettere le strumentazioni e
le competenze specializzate a disposizione di reti di scuole;
f) progetti di integrazione scolastica dei disabili fisici
e psichici, in particolare situazione di gravità, più direttamente mirati alle
potenzialità di apprendimento e al miglioramento della vita di relazione;
g) progetti che si colleghino all'autonomia
didattica ed organizzativa, prevedendo attività per gruppi, tempi scolastici
flessibili, curricoli individualizzati, che, partendo dalle esigenze degli
alunni in situazione di handicap determinino cambiamenti significativi
dell'intera organizzazione, della scuola.
43.4 Il Provveditore agli studi dispone, altresì:
- l'eventuale assegnazione temporanea di
insegnanti di sostegno dei grado di scuola precedente, nella fase di passaggio
di un alunno da un grado all'altro di scuola, qualora il progetto educativo
individuale e le esigenze di inserimento rendano necessarie forme di raccordo e
integrazione tra i due gruppi di docenti;
- l'eventuale finalizzazione di competenze professionali
assegnate per alunni in particolari situazione di handicap anche a reti di
scuole.
43.5 In ogni caso i progetti
dovranno, evitare la concentrazione di alunni della stessa tipologia di handicap
nella stessa scuola, favorendo invece i consorzi tra scuole e lo scambio di
strumenti ed esperienze;
43.6 Le scuole a
cui verrà affidato il progetto di sperimentazione dovranno garantire
l'informazione e la diffusione delle esperienze, attraverso la promozione di
centri territoriali di servizi didattici e strumentali, in attuazione
dell'autonomia gestionale o organizzativa delle scuole.
43.7 Le sperimentazioni proposte dai commi precedenti
verranno sottoposte a specifico monitoraggio, al fine di valutare la qualità dei
progetti, il conseguimento degli obiettivi prefissati e l'opportunità della
diffusione delle esperienze realizzate.
Finanziamenti alle scuole (Avv. Salvatore
Nocera, dal sito della Associazione Persone Down )
"Con la C.M. 446 del 10/11'98 il Ministero P.I. fornì a suo
tempo, chiarimenti circa l’utilizzazione dei finanziamenti per l’autonomia
scolastica assegnati ai provveditorati agli studi ed alle scuole sulla base
della Legge n. 440/'97.
La C.M. n. 239 del
19 maggio 1998 trasmette la Direttiva n. 238 del 19 maggio 1998 recante
l’individuazione delle priorità nella scelta dei progetti sull’autonomia
scolastica ed il finanziamento degli stessi con 500 miliardi per l’a.s. 1998-99
in forza della Legge n. 440/'97. Dette norme sono state rispettivamente
sostituite dalla C.M. di trasmissione n. 279 del 18/6/98, dal nuovo D.M. 251 del
29/5/98 (che sostituisce il D.M. 765 del 27/11/97) e dalla nuova Direttiva 252
del 29/5/98 (che sostituisce la Direttiva 238 del 19/5/98) . Fra i criteri
prioritari indicati in sei lettere da a) a f) del punto 1 della Direttiva non
compare espressamente alcun progetto riguardante l’integrazione scolastica, che
è invece indicata fra i progetti finanziabili nella stessa Legge n. 440/'97. Il
riferimento all’integrazione scolastica si rinviene all’inizio del punto 2 della
stessa Direttiva che dà in sei capoversi chiarimenti sulle corrispondenti
lettere del punto 1. Data la portata della Legge n. 440/'97, sarebbe invece
opportuno fare rientrare l’integrazione scolastica in tutti i progetti
contrassegnati dalle sei lettere del punto 1. Sarà pertanto indispensabile che
l’Amministrazione della P.I. e le istituzioni scolastiche interessate (anche
dietro stimolazione delle Associazioni, dei Comitati dei genitori e/o degli
studenti) formulino dei progetti di integrazione scolastica che possano
rientrare nelle priorità espresse nella Direttiva alle seguenti lettere del
punto 1: “innalzamento...del tasso di successo scolastico”; “iniziative di
formazione ed aggiornamento riferite a tutte le componenti della scuola, legate
anche al processo di diffusione della cultura dell’autonomia, nonché
all’introduzione delle nuove tecnologie didattiche” (si potrebbero prevedere
corsi di aggiornamento tra il 1 e il 20 settembre per i consigli di classe ed i
moduli che seguono alunni con handicap; come pure la costituzione di centri di
documentazione sulla qualità dell’integrazione scolastica); “sviluppo della
formazione continua e ricorrente - educazione degli adulti, anche con interventi
integrati” (si potrebbero prevedere progetti integrati di frequenza nella scuola
media o superiore e in corsi di formazione professionale e in stage
prelavorativi); “iniziative post-secondarie e copertura della quota nazionale di
iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dell'Unione Europea”;
“interventi perequativi diretti anche ad integrare gli organici provinciali del
personale” (si potrebbero prevedere, ai sensi dell’art.40 comma 1 L.449/97, “la
possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno
in deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3 [1 a 138], in presenza
di handicap particolarmente gravi”; interventi per la valutazione
dell'efficienza e dell'efficacia del sistema scolastico” (si potrebbero
prevedere progetti mirati alla valutazione della qualità dell'integrazione
scolastica”). Il punto 6 della Direttiva fa riferimento a possibili consulenze
per l’impostazione dei progetti, le quali possono essere effettuate da Ispettori
Tecnici, Nuclei di supporto tecnico-amministrativo all’autonomia costituiti
presso ciascun Provveditorato agli studi, IRRSAE, BDP, Università. La Lettera
Circolare Prot. n. 27814/BL del 19 maggio 1998 fornisce indicazioni circa
l’attuazione delle lettere a) e b) del punto 1 della Direttiva n. 238/98. In
merito alla lettera a) chiarisce come i progetti di sperimentazione di
integrazione scolastica possono riguardare classi aperte in senso orizzontale e
verticale ed un “opportuno studio delle forme migliori per rendere effettivi i
diritti formativi degli allievi in questione” e cita l’art. 40 comma 3 della L.
449/97 che prevede “progetti volti a sperimentare modelli efficaci di
integrazione nelle classi ordinarie e ad assicurare il successo formativo di
alunni con particolare forme di handicap”. Queste espressioni debbono andare
correttamente intese ed applicate, per evitare ipotesi organizzative che tendano
a separare gli alunni con handicap dai loro compagni o a concentrarli secondo
diverse tipologie di minorazione in singole scuole. Siccome ipotesi del genere
sono emerse in alcune riunioni del Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione, nella relazione conclusiva del 28 gennaio 1998 dell’Indagine della
Camera dei Deputati sulla qualità dell’integrazione scolastica e da alcune
Associazioni, sarà opportuna una vigilanza sui progetti di sperimentazione
dell’autonomia riguardanti l’integrazione scolastica da parte dei GLIP, specie
tramite il loro segretario che è il docente utilizzato presso i GLH dei
Provveditorati agli Studi. La Circolare sollecita infine la collaborazione ai
progetti da parte delle famiglie in sede di formulazione e da parte degli Enti
Locali e dei soggetti privati e del privato sociale anche in sede di
realizzazione. I progetti vanno deliberati dagli organi collegiali e non
necessitano di autorizzazioni se non comportano aggravi di spesa o se questi
possono essere coperti con disponibilità dei bilanci delle singole istituzioni
scolastiche. Ciò è previsto dalla Circolare 766 del 27/11/97 e dal D.M. allegato
n. 765. In conclusione la normativa si è arricchita del D.M. n. 71 - 22/3/'99
concernente la sperimentazione dell’organico funzionale nelle istituzioni
individuate per realizzare progetti sperimentali di autonomia."
INOLTRE
Legge
n. 69 del 22 Marzo 2000
Interventi
finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta di integrazione
scolastica degli alunni con handicap, destinati al potenziamento ed alla
qualificazione dell'offerta di integrazione scolastica degli alunni in
situazioni di handicap,con particolare attenzione per quelli con handicap
sensoriali.
Legge Quadro in materia di riordino cicli dell'Istruzione del 10 febbraio 2000, n. 30, in Gazzetta ufficiale 23 febbraio 2000, n. 44
…..Omissis
Art. 2. Scuola dell'infanzia
1. La scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre
alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e
delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le
potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare
una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto
dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei
bambini e delle bambine.
2. La Repubblica assicura la generalizzazione
dell'offerta formativa di cui al comma 1 e garantisce a tutti i bambini e le
bambine, in età compresa tra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentare
la scuola dell'infanzia.
3. La scuola
dell'infanzia nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica realizza i
necessari collegamenti da un lato con il complesso dei servizi all'infanzia,
dall'altro con la scuola di base.