next essay previous article indice volumeStudi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36


Anna Maria Rao , La rivoluzione francese e la scoperta della politica


2. Storia sociale, storia delle mentalità, storia politica.
Il volume si inscriverebbe, dunque, nella recente ripresa o « rivincita della politica» 49 e della storia nazionale nella storiografia francese? La ripresa è soltanto relativa per quanto riguarda la storiografia della rivoluzione, anche se ulteriormente sollecitata dalla ricorrenza del bicentenario50, e, proprio nel caso di Vovelle, piú che uno spostamento di interessi segna lo sbocco di una lunga « partita per la riabilitazione del politico, ingombrante fantasma nel percorso della storiografia francese contemporanea, sottraendolo alle ipoteche dell' histoire &eacutev&eacutenementielle, con la quale lo si è voluto spesso identificare» .51

Nel plurisecolare cammino verso l'unità, nel processo di creazione dello spazio nazionale, la rivoluzione è solo una tappa, solo un momento: momento a sua volta complesso, in cui lo spazio è percorso da tensioni, differenze profonde, che la vicenda rivoluzionaria rivela e nello stesso tempo crea. È su questo processo di rivelazione e di creazione che si ferma la sua indagine. Un'indagine che intende essere di storia politica, diversa, tuttavia, sia da quella tradizionalmente connotata come storia di eventi, sia da quella piú recentemente teorizzata e praticata, ancorata ad una sorta di primato dei discorsi e dei testi: una storia politica interamente ricondotta alla dimensione simbolica, la sola, secondo alcuni, che possa consentire di renderla una storia « totale» , una storia dalle pretese ancora piú « inglobanti» di quell'altra storia « totale» che si era definita proprio contro la storia politica e le sue ristrettezze52.

Certo, è stata soprattutto questa nuova storia della politica e della cultura, estremamente differenziata e variegata al suo interno, da Fran&ccedilois Furet, Mona Ozouf, Roger Chartierin 53 campo francese, a Keith Bakere 54 Lynn Huntin 55 campo anglosassone, a fare della « scoperta della politica» l'elemento fondamentale di lettura della rivoluzione. Ma l'originalità del lavoro di Vovelle sta nel fatto che questa scoperta — un vero e proprio apprendistato della politica — non cerca di coglierla in un'autonomia « del politico» , dei suoi simboli e dei suoi discorsi — discorsi prevalentemente « dall'alto» — ma in tutte le sue interconnessioni possibili, dalla geografia alla cultura, dall'economia alla società, ancorandola al tempo stesso nei percorsi di lunga e lunghissima durata della storia di Francia, e non in un osservatorio limitato (la città, la provincia, il villaggio), ma sull'intero spazio nazionale: una storia politica a sua volta radicata in una storia totale56. E per tenere insieme i tanti fili della politica e delle sue interconnessioni nel tempo e nello spazio, nel breve e nel lungo periodo, ha scelto di applicare sistematicamente all'intera scala nazionale, su tutti i terreni ove fosse possibile contare su dati attendibili, l'approccio cartografico e informatico che aveva già in passato praticato per singole province (la Provenza) o per singole problematiche (la sensibilità religiosa), un approccio recentemente riproposto con risultati di grande interesse e utilità, di cui Vovelle stesso fa tesoro, dall' Atlas de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, ma anche in questo caso in maniera frammentata57.

C'è modo e modo di fare storia politica, in particolare storia politica della rivoluzione francese58: non lo si scopre certo ora. Come osservava nel 1978 lo stesso Vovelle, passando in rassegna i « trionfi della lunga durata» , anche il tempo delle storie per cosí dire « classiche» si era andato modificando: « perfino la storia politica, per certi aspetti, abbandona la trama degli avvenimenti per formulare problemi che si concepiscono solo nella durata; essenzialmente il problema dello stato, struttura globale che non si confonde con le realtà accademiche analizzate dall'antica storia delle istituzioni, inventario stereotipato di categorie» . 59Impegnato in prima linea nella pratica e nella teoria di una storia delle mentalità che ha dovuto affrontare non poche difficoltà sul terreno disciplinare e metodologico e che, al di là delle mode o delle infatuazioni passeggere, nella sua opera ha trovato risultati e approfondimenti tra i piú significativi e convincenti60, lo sbocco cartografico e informatico assume tutto il suo rilievo problematico proprio alla luce dell'itinerario di ricerca di Vovelle.

Vovelle, come è stato osservato61, ha sempre lavorato, da un lato, tra lunga duratae 62 evento63, dall'altro, tra individui e collettività, biografia politica e intellettuale64, e storia economica e sociale65, sempre tentando di cogliere e ricostruire i rapporti fra universi che altri tendono invece a separare, quando non negano qualunque possibilità di comunicazione fra di loro66. Una dialettica che nel suo caso è stata anche una dialettica tra scuole diverse, un incontro tra storiografie che tendevano a ignorarsi l'un l'altra: quelle della lunga durata, nate in aperta polemica contro la storia degli avvenimenti67, e quelle della rivoluzione francese, che a loro volta tendevano a sentirsi assediate in territorio nemico68.

Storia delle mentalità, dunque, in una lunga durata che non doveva tuttavia trasformarsi in « lunghe distese immobili» , né in una prigione, ma lasciar vedere anche « il potere creativo dell'istante e la mutazione brusca, a caldo, in cui si mescolano il passato, talvolta il futuro, e sempre un presente vissuto con intensità» : « Nel quadro di una storia che ha smesso di dare voti, buoni o cattivi, e che scopre finalmente nella Rivoluzione — come momento di rottura e di squilibrio — un campo di sperimentazione privilegiato, è allora possibile fare la storia sia delle "resistenze" durante la Rivoluzione (nei dialetti e nelle lingue regionali) sia delle innovazioni esplosive (accettate o no), come la scristianizzazione o la festa» .69

Questo l'impegno dichiarato quasi dieci anni fa, già fino ad allora praticatoe 70 proseguito fino ad oggi, in una storia delle mentalità che « lungi dal contrapporsi alla storia sociale» , ne costituisce « la punta avanzata e lo sbocco» , 71nella convinzione che essa « deve porsi in continuità con la storia sociale, e che entrambe possono vicendevolmente illuminarsi» , 72distanziandosi tanto dagli studi di psicologia collettiva quanto dalla storia sociale delle idee, ma facendone propri le preoccupazioni e gli interrogativi sullo studio del « terzo livello» .73

Storia sociale: campo a sua volta controverso, ricco di suggestioni ma anche di ambiguità, che soprattutto negli ultimi trent'anni, dopo i primi bilanci e i programmi tracciati a Saint-Cloud74, non ha mai smesso di porsi e di porre interrogativi, da un lato sbriciolandosi in una quasi disperante moltiplicazione all'infinito di infinite storie a frammenti — una « histoire en miettes» , una « storia in briciole» — 75 sí da farne ripetutamente negli anni successivi dichiarare l'esplosione e la crisi76, dall'altro complicando ulteriormente le questioni relative a metodi e fonti, per il ruolo centrale assunto dalla nozione di « costruzione sociale dei concetti sociali» , che ha messo in piena luce tutti i limiti dei precedenti tentativi di codificazione dei gruppi sociali77.

Fatto sta che proprio a partire dalla storia sociale, di cui è stato tra i principali promotori, Michel Vovelle è approdato alla storia delle mentalità, secondo un itinerario che è lui stesso a raccontarci:

Storico quantitativista formato alla scuola di Ernest Labrousse, dedicandomi all'analisi degli atteggiamenti collettivi ho conservato la preoccupazione di un'indagine che, per riprendere una celebre formula, « conta, misura e pesa» . Si riconoscerà, credo, che non si tratta di una forma di snobismo che oggi potrebbe anzi apparire un po' fuori moda: i nuovi snobismi del giorno non sono per niente teneri nei confronti di chi ha lo scrupolo di contare massicciamente, e lo considerano l'espressione di un positivismo attardato78.

Cosí, nel 1978, Vovelle esplicitava i suoi metodi; e insieme dava conto della nuova aria che tirava tra gli storici, tanto piú pronti a ripudiare il quantitativo quanto piú fino al giorno prima, presi addirittura da « quantofrenia» , ne avevano fatto quasi la nuova pietra filosofale della ricerca storica, proclamando: « lo storico ormai o sarà programmatore o non sarà» .79

Ben prima che « contare massicciamente» diventasse di moda — e poi di nuovo fuori moda —, era stato l'insegnamento di Ernest Labrousse ad ispirare la scelta di Vovelle. Affidandogli la ricerca sulle strutture sociali a Chartres alla fine dell'antico regime e durante la rivoluzione, Labrousse lo aveva introdotto nel 1954 nell'impresa del « grande affresco di storia sociale» che stava dirigendo, lanciando decine e decine di ricercatori alla « conquista dello spazio francese» e alla conquista, anche, degli archivi dipartimentali con le loro inesauribili fonti80. Piú che il Labrousse di Come nascono le rivoluzioni 81, era quello delle Voies nouvelles pour une histoire des bourgeoisies occidentales, il rapporto presentato al congresso di Roma del 1955, a disseminarli per città, regioni, dipartimenti, per frugare tra documenti fiscali, atti notarili, contratti matrimoniali. Da quell'impresa e da quelle ricerche nacquero gli interrogativi dei primi anni Sessanta sui problemi di codificazione dei gruppi socio-professionali e sulle relazioni tra appartenenze professionali e rapporti di classe, affrontati da Adeline Daumard e Fran&ccedilois Furet, Jacques Dup&acircquier, Marc Bouloiseau, Vovelle stesso, fino a decretare l'impossibilità di un'impresa arenatasi tra la necessità, da un lato, di codificazioni e griglie di lettura preliminari alla ricerca, sí da consentirne l'uniformità, e l'esigenza, dall'altro lato, di non forzare le fonti, sovrapponendovi anacronisticamente categorie estranee alle coeve rappresentazioni del sociale, ma di privilegiare la ricerca empirica e far parlare le fonti stesse. I tentativi di teorizzazione della storia sociale compiuti nel convegno di Saint-Cloud, organizzato da un piccolo gruppo di allievi di Labrousse, tra i quali Daniel Roche e Michel Vovelle82, erano già espressione di un' impasse, di un primo momento di crisi, e non mancarono di sollevare l'ironia dello stesso Labrousse sulla definizione disciplinare della storia sociale, con tutte le sue ambizioni globalizzanti e totalizzanti: « Come se la storia non fosse sempre storia sociale...» . 83Crisi salutare, crisi di crescita si potrebbe dire, poiché da quella riflessione scaturirono, su terreni diversi ma sempre ancorati alla lezione di Labrousse, gli studi di storia urbana di Jean Claude Perrot84, le ricerche di Maurice Agulhon sulle strutture e i mutamenti della « sociabilità» , 85gli studi di Daniel Rochee 86 di Michel Vovelle su quel « terzo livello» della cultura e delle culture, della politica, delle mentalità, della psicologia collettiva, che Labrousse a Saint-Cloud aveva auspicato venisse anch'esso affrontato con i metodi e le fonti dell'analisi quantitativa87.

In questo itinerario complessivo, nel caso di Vovelle è particolarmente significativo il rapporto instaurato con il marxismo delle origini di larga parte della generazione di allievi di Labrousse, un rapporto, come è stato osservato, « vissuto all'insegna di una duplice sfida: nei confronti dei dogmi della dottrina marxista, ma anche nei confronti degli esorcismi che la pratica storiografica ha talora compiuto contro di essa, giocando abilmente su coppie antinomiche: la struttura contro l'evento, le &eacutelites contro le masse, la storia economica contro quella politica» . 88Sforzo di superamento condotto attraverso « una sorta di coniugazione ben riuscita dei due grandi assi portanti del pensiero storiografico francese: quello labroussiano e quello braudeliano» , 89che lo avrebbero appunto portato a teorizzare e praticare la storia delle mentalità come punta avanzata della storia sociale, risalendo « dalla "cantina al solaio", dall'economia alla mentalità» . 90Di quel marxismo delle origini, legato all'insegnamento di Labrousse, forte è rimasto soprattutto il ricordo di un uomo la cui « vocazione di storico era inseparabile dalla convinzione che il mondo può essere cambiato» .91

Cambiavano i metodi, cambiavano le fonti. Il trasferimento dell'uso seriale della fonte dal terreno economico e sociale a quello della cultura e delle mentalità conduceva infatti a un rinnovamento profondo dell'approccio al documento, sollecitando un uso diverso delle fonti istituzionali, e al tempo stesso la ricerca di nuove fonti, ricorrendo massicciamente agli archivi dipartimentali e alle disposizioni testamentarie, ma anche e soprattutto a fonti non scritte, dal monumento funebre all'altare delle anime del purgatorio all'iconografia, affermatasi tra le fonti privilegiate della storia delle mentalità92. Ma l'approccio seriale provocava anche non poche diffidenze verso lo sforzo di quantificare le produzioni dell'intelletto, la cultura, le idee. Il problema si era già posto in maniera cruciale nel convegno di Saint-Cloud, dove Albert Soboul chiedeva: « Ma si può misurare la fede? O non se ne misurano altro che le manifestazioni?» . 93Distinzione tra « fede» e sue « manifestazioni» che può apparire oggi a sua volta artificiosa o ingenua ad una storiografia assuefatta al primato delle immagini, delle rappresentazioni, dei simboli. Eppure, descrivere, misurare, cartografare anche i sentimenti delle popolazioni, l'attaccamento alle tradizioni, i modi di definirsi attraverso il comportamento quotidiano e di vivere i conflitti interni alle società, era stata già l'ambizione di Lucien Febvre94, prima di diventare una delle « cattive abitudini» della scuola storica francese95.

A nutrire le polemiche sono state soprattutto le « riuscite provocazioni» 96 della storiografia anglosassone.

I francesi — ha osservato Robert Darnton riferendosi proprio alle ricerche di Michel Vovelle e di Daniel Roche — tentano di misurare gli atteggiamenti culturali facendo di conto — contando le messe per i defunti, le immagini del purgatorio, i titoli dei libri, i discorsi accademici, i mobili negli inventari, i delitti negli archivi di polizia, le invocazioni alla Vergine nei testamenti e le libbre di cera consumate nelle chiese in onore dei santi protettori97.

E ha suggerito di collegare la storia culturale non tanto con una storia sociale piena di insidie quantitative e deterministiche, quanto piuttosto con un'antropologia simbolica attenta al caso e al momento « sconcertante» , a ciò che può apparire sorprendente e « impensabile» e che proprio per questo può costituire « un valido punto d'accesso a una mentalità aliena» .98

Ma il dogmatismo metodologico appare sostanzialmente estraneo alla formazione e alla pratica storiografica di Vovelle, che ripetutamente ha rifiutato qualunque tentazione assolutistica, e respinge come mal posta l'alternativa tra storia seriale e studio del caso, considerati invece come approcci altrettanto essenziali, e che lungi dall'escludersi a vicenda sono anzi complementari99. Tentazione nettamente ed esplicitamente respinta anche in questo lavoro di complessiva ricostruzione della « geopolitica» francese in tempo di rivoluzione: lavoro di inventario e di bilancio che non intende certo esaurire il campo della ricerca sui processi di « acculturazione» politica, ma anzi stimolare ulteriormente le indagini e lo studio dei « casi» , dei luoghi, delle pratiche, degli attori100, ma nemmeno intende rinunciare a « contare, misurare e pesare» , a dispetto di un discredito del quantitativo che si è andato estendendo anche agli ambiti di ricerca in cui era nato101.

Ugualmente significativa è la posizione di equilibrio nei confronti dell'altra coppia oppositiva che ha animato il dibattito sulla storia sociale, l'opposizione tra macro e micro: falso problema, falsa alternativa, afferma ripetutamente Vovelle che, del resto, affronta in questo caso la scala nazionale dopo aver lungamente praticato una storiografia di ambito provinciale. Il problema dei rapporti tra storia « locale» e storia « nazionale» non è, tuttavia, irrilevante ed è stato anch'esso sempre ben presente nella storiografia francese, per continuare a restare solo nel suo ambito: già nel 1933, di fronte a un moltiplicarsi di studi regionali che pure auspicava, Lucien Febvre deplorava l'assenza di studi che superassero l'ambito strettamente monografico102. Questione dei rapporti di « scala» che a sua volta si incrocia e si intreccia con quella della proliferazione degli oggetti storiografici e dei rapporti tra storia particolare e storia universale103.

Il problema del rapporto tra storia regionale e storia nazionale veniva riproposto drasticamente da Guy Bois in anni apparentemente ora lontani:

L'idea, purtroppo diffusa, secondo la quale la giustapposizione di molteplici indagini regionali farebbe scaturire di per se stessa la luce è del resto di una desolante sterilità. Che diremmo del biologo che procedesse in maniera analoga? Resta il fatto che questo tipo di ricerca, animato da una preoccupazione di storia generale, deve necessariamente iscriversi in un ambito regionale. Solo a questa scala lo storico trova gli strumenti necessari alla sua ricerca104.

L'affermazione di Bois si inscriveva in un orizzonte teorico preoccupato soprattutto di conciliare « l'esigenza globalizzante del materialismo storico» con le ricerche concrete, di evitare gli scogli del dogmatismo e dell'empirismo105. Ma anche in prospettive ben diverse da quelle di filosofie della storia volte a individuare « leggi di funzionamento» di un sistema socio-economico, quale era il suo intento, il rapporto tra storia regionale e storia nazionale ha continuato a sollevare interrogativi, diventando solo uno dei nodi del piú generale confronto tra microstoria e macrostoria che ha investito la storia sociale, la storia delle mentalità, la storia intellettuale. Se infatti l'ambizione « macrostorica» della storia sociale a fare da ponte tra economia e politica sembrava costretta, per potersi realizzare, a scegliere limiti temporali e geografici « microstorici» oppure campi e metodi di osservazione diversi, limitati a piccoli gruppi rappresentativi di un problema e costituiti come campione106, proprio quell'ambizione, « totalizzante» piú che « globalizzante» , ha finito poi con l'essere sempre piú messa in discussione: come giudicare della rappresentatività del « caso» studiato, come comparare i singoli casi nella loro molteplicità, senza forzarli in modelli e linguaggi in realtà già precostituiti?

Il rifiuto della « logica del cumulo» , 107che a suo modo anche Guy Bois denunciava, ma per rifugiarsi subito dopo nella ricerca di conferme o smentite a leggi generali attraverso lo studio del caso regionale, ha spinto la storiografia francese — anche quella della rivoluzione108 — ad un serrato confronto tanto con la storia intellettuale americana quanto con la « microstoria» italiana: una « microstoria» che, secondo Chartier, si pone al di fuori della tradizionale opposizione tra macrostoria sociale e microstoria sociale, accomunate, a suo dire, dalla definizione monografica dell'oggetto (territorio o gruppo che questo sia), e dal primato della serie di fonti archivistiche sulle ipotesi e sui modelli formali, e che abbandona la logica del cumulo per seguire tutt'altra logica, fondata sulla scelta dell'« eccezionale-normale» come chiave di accesso al sociale e al culturale109.

Anche da questo punto di vista, l'originalità dell'approccio prescelto da Vovelle è una sfida. La sfida — sfida a se stesso ma anche, va pur detto, alla pazienza del lettore — sta soprattutto nella scelta della scala nazionale per affrontare un terreno, quello delle interrelazioni, che la storia sociale, dai primi dibattiti a quelli piú recenti, riteneva praticabile soltanto su scala piú ridotta o attraverso lo « studio di un caso» ; e nel tentativo di superare il divario tra un sempre piú piccolo che rende tutto irripetibile e individualee 110 la generalizzazione arbitraria e priva di contenuti concreti, storica o sociologica o antropologica che essa sia. Una scelta che esclude, questa volta, la narrazione — se la narrazione storica va identificata con la narrazione letteraria —, altrove praticata con gusto e sobrietà raccontando storie di mercanti e di poeti111, per lasciar posto al viaggio, un lungo viaggio nello spazio francese in tempo di rivoluzione, uno spazio che non è già dato, né è fine a se stesso112, ma si elabora durante e attraverso il percorso: « spazio e tempo ricostruiti» .113


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Anna Maria Rao , La rivoluzione francese e la scoperta della politica


49 H. Burstin, Francia 1789: la politica e il quotidiano, Torino, Einaudi, 1994, pp. 15-36, al quale si rinvia anche per un lucido aggiornamento sulle attuali tendenze in tema di rivoluzione francese. Per un inquadramento critico della produzione e delle tendenze storiografiche precedenti, cfr. L. Guerci, La Rivoluzione francese, Bologna, Zanichelli, 1973; Id., Rivoluzione francese, in Storia d'Europa, 2, a cura di B. Bongiovanni, G. C. Jocteau, N. Tranfaglia, Firenze, La Nuova Italia, 1980, pp. 912-967; L'albero della rivoluzione. Le interpretazioni della rivoluzione francese, a cura di B. Bongiovanni e L. Guerci, Torino, Einaudi, 1989. Sugli alterni percorsi della « politica» in una storiografia francese che sembrava averla accantonata, cfr. J. Boutier, L'ancien r&eacutegime senza politica? Riflessioni su un secolo di storiografia francese, in « Ricerche storiche» , XX, 1990, pp. 73-97; si vedano anche, per l'età contemporanea, Pour une histoire politique, &eacuted. par R. R&eacutemond, Paris, Seuil, 1988; D. Peschanski, M. Pollak, H. Rousso, Le Temps pr&eacutesent, une d&eacutemarche historienne à l'&eacutepreuve des sciences sociales, in Histoire politique et sciences sociales, « Cahiers de l'Institut du temps pr&eacutesent» , n. 18, 1991, in particolare pp. 18-23; J. F. Sirinelli, Le retour du politique, in Ecrire l'histoire du temps pr&eacutesent, pr&eacuteface de R. Frank, Paris, Ed. du Cnrs, 1993, pp. 263-274 e il recente aggiornamento di G. Quagliariello, La nuova storia politica francese e l'Ottocento ritrovato, in « Bollettino del diciannovesimo secolo» , II, 1994, pp. 40-47. Cfr. inoltre, infra, la nota 119.

50 Si vedano, ad esempio, i contributi dedicati alla nazione e ai movimenti nazionali negli atti del Congr&egraves mondial pour le bicentenaire de la R&eacutevolution, L'image de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, dirigé par M. Vovelle, 4 voll., Paris, Pergamon Press, 1989-1990; e il recente convegno svoltosi presso l'Università di Rouen, Nations, nationalismes transitions XVIe-XXe si&egravecles, Actes du symposium international 12-15 novembre 1992, Paris, Terrains-Editions sociales, 1993. Sulla relativa riscoperta storiografica della politica si rinvia alle osservazioni svolte dallo stesso Vovelle in margine alla statistica dei convegni tenutisi in occasione del bicentenario, in Les colloques du bicentenaire, R&eacutepertoire des rencontres scientifiques nationales et internationales pr&eacutesenté par Michel Vovelle avec la collaboration de Danielle Le Monnier, Paris, La D&eacutecouverte-Institut d'histoire de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, 1991, in particolare pp. 24-31: « Au comptage des occurrences, l'histoire politique garde une place importante — un peu moins du sixi&egraveme —: est-ce le poids de la tradition d'une historiographie classique ou l'indice de cette &quotred&eacutecouverte" dont on a fait &eacutetat en ces ann&eacutees?» (p. XXX). Sul « ritorno della storia politica» della rivoluzione si vedano anche i bilanci tracciati in Recherches sur la R&eacutevolution. Un bilan des travaux scientifiques du bicentenaire, Textes rassembl&eacutes par Antoine de Baecque, sous la direction de M. Vovelle, Paris, La D&eacutecouverte-Institut d'histoire de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, 1991, in particolare pp. 45-139.

51 Cosí G. Gemelli, Le nuove frontiere della storia della mentalità: la festa ritrovata, introduzione all'edizione italiana di M. Vovelle, Le metamorfosi della festa. Provenza/1750-1820, Bologna, Il Mulino, 1986 (ed. or., Les m&eacutetamorphoses de la fête en Provence de 1750 à 1820, avec la collaboration de M. Meyer et D. Rua, Paris, Aubier-Flammarion, 1976), p. IX.

52 Cosí ancora P. Nora Pr&eacutesentation, cit., pp. XX-XXI: « Le symbolique permet de faire le joint entre les bases les plus mat&eacuterielles de l'existence des soci&eacutet&eacutes et les productions les plus &eacutelabor&eacutees de la culture et de la r&eacuteflexion... Ironie des choses: l'histoire &quottotale" s'&eacutetait d&eacutefinie contre l'histoire politique et son &eacutetroitesse. Et voici que le politique resurgit comme l'instrument d'une histoire plus englobante encore, sous une figure que nous ne lui connaissions pas» . Una storia della politica ricondotta ad una dimensione simbolica che ha del resto molto piú ampiamente investito di quanto non dica Nora anche il terreno della rivoluzione francese: si veda ad esempio A. de Baecque, Introduction: L'histoire de la R&eacutevolution dans son moment herm&eacuteneutique, in Recherches sur la R&eacutevolution, cit., pp. 11-41.

53 In particolare R. Chartier, Les origines culturelles de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, Paris, Seuil, 1990, trad. it., Le origini culturali della Rivoluzione francese, Roma-Bari, Laterza, 1991.

54 Si vedano soprattutto i saggi raccolti in K. Baker, Inventing the French Revolution. Essays on French Political Culture in the Eighteenth Century, Cambridge University Press, 1990.

55 L. Hunt, Politics, Culture and Class in the French Revolution, Berkeley, University of California Press, 1984, trad. it., La Rivoluzione francese. Politica, cultura, classi sociali, Bologna, Il Mulino, 1989. Sull'itinerario di ricerca di Lynn Hunt e il suo recente sbocco nella nozione di « inconscio collettivo politico» (L. Hunt, The Family Romance of the French Revolution, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1992), si vedano gli interventi di Carolyn Dean, Colin Lucas, Regina Pozzi e Paolo Viola e la replica della stessa L. Hunt in « Società e storia» , XVII, 1994, pp. 611-652.

56 Si vedano le osservazioni svolte a proposito del volume di Vovelle da C. Duprat, Lieux et temps de l'acculturation politique, in « Annales historiques de la R&eacutevolution fran&ccedilaise» , 1994, n. 297, pp. 388-391.

5 7 Atlas de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, sous la direction de S. Bonin et C. Langlois, Paris, Editions de l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, 1989-: ne sono stati finora pubblicati i voll. 1, Routes et communications, dir. scient. de G. Arbellot et B. Lepetit; 2, L'enseignement, 1760-1815, dir. scient. de D. Julia; 3, L'arm&eacutee et la guerre, dir. scient. de J.-P. Bertaud et D. Reichel; 4, Le territoire (1): R&eacutealit&eacutes et repr&eacutesentations; e 5, Le territoire (2): Les limites administratives, dir. scient. de D. Nordman et M.-V. Ozouf-Marignier; 6, Les soci&eacutet&eacutes politiques, dir. scient. de J. Boutier et Ph. Boutry; 7, M&eacutedecine et santé, dir. scient. de J.-P. Goubert et R. Rey.

58 Si vedano ancora, in proposito, le efficaci osservazioni di H. Burstin, Francia 1789, cit., in particolare il cap. II, La rivincita della politica.

59 M. Vovelle, Storia e lunga durata, in La nuova storia, cit., p. 53 (il saggio è ora riprodotto anche in M. Vovelle, Id&eacuteologies et mentalit&eacutes, Paris, Maspero, 1982, trad. it., Ideologie e mentalità, Napoli, Guida, 1989, pp. 205-235).

60 M. Vovelle, Id&eacuteologies et mentalit&eacutes, cit.; Id., La mentalité r&eacutevolutionnaire. Soci&eacuteté et mentalit&eacutes sous la R&eacutevolution fran&ccedilaise, Paris, Messidor-Editions sociales, 1986, trad. it., La mentalità rivoluzionaria. Società e mentalità durante la Rivoluzione francese, Roma-Bari, Laterza, 1987.

61 Recensione di F. Pitocco a La mentalité r&eacutevolutionnaire, cit., e a Th&eacuteodore Desorgues ou la d&eacutesorganisation (Aix-Paris, 1763-1808), Paris, Seuil, 1985, in « Passato e presente» , 11, 1986, pp. 177-179.

6 2 Vision de la mort et de l'au-delà en Provence du XVe au XXe si&egravecle, d'apr&egraves les autels des &acircmes du Purgatoire, en collaboration avec G. Vovelle, « Cahier des Annales» , Paris, Colin, 1970; Pi&eacuteté baroque et d&eacutechristianisation. Les attitudes devant la mort en Provence au XVIIIe si&egravecle, Paris, Plon, 1973, nuova versione abbreviata Pi&eacuteté baroque et d&eacutechristianisation en Provence au XVIIIe si&egravecle, Paris, Seuil, 1978; Mourir autrefois: attitudes collectives devant la mort aux XVIIe et XVIIIe si&egravecles, Paris, Gallimard, 1974 e 1990; Les m&eacutetamorphoses de la fête, cit.; La mort et l'Occident de 1300 à nos jours, Paris, Gallimard, 1983, trad. it., La morte e l'Occidente dal 1300 ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 1986.

6 3 Religion et R&eacutevolution. La d&eacutechristianisation de l'an II, Paris, Hachette, 1976; La chute de la monarchie 1787-1792, Paris, Seuil, 1972, trad. it., La Francia rivoluzionaria. La caduta della monarchia 1787-1792, Roma-Bari, Laterza, 1974; Breve storia della Rivoluzione francese, Roma-Bari, Laterza, 1979;1793, La R&eacutevolution contre l'Eglise. De la Raison à l'être suprême, Paris, Complexe, 1988; La R&eacutevolution fran&ccedilaise. 1789-1799, Paris, Colin, 1992, trad. it., La Rivoluzione francese 1789-1799, prefazione di F. Diaz, Milano, Guerini, 1993.

6 4 L'irr&eacutesistible ascension de Joseph Sec, bourgeois d'Aix, Aix-en-Provence, Edisud, 1975; Th&eacuteodor Desorgues, cit.; J. B. Louvet, Quelques notices pour l'histoire et le r&eacutecit de mes p&eacuterils depuis le 31 mai 1793, &eacuted. par H. Coulet, Pr&eacuteface de M. Vovelle, Paris, Desjonqu&egraveres, 1988.

6 5 Ville et campagne au XVIIIe si&egravecle: Chartres et la Beauce, Paris, Messidor-Editions sociales, 1980.

66 Si veda la separazione tra rivoluzione-evento e rivoluzione-bilancio teorizzata da F. Furet, Penser la R&eacutevolution, cit. Un ricco ed equilibrato bilancio dei rapporti tra evoluzione economica e sociale e rivoluzione politica traccia F. Hincker, La R&eacutevolution fran&ccedilaise et l'&eacuteconomie. D&eacutecollage ou catastrophe?, Paris, Nathan, 1989.

67 È significativo il disinteresse dichiarato per la rivoluzione, per il senso di « disagio» , anzi, che provavano nei suoi confronti, dai fautori di una « nuova storia» : si veda ad esempio la recente testimonianza di M. Aymard, La Francia, l'Italia e il Mediterraneo, in « Meridiana» , 13, 1992, p. 169.

68 Si veda quanto scrive lo stesso Vovelle, La mentalità rivoluzionaria, cit., pp. 3-7.

69 Ivi, p. 7. Cfr. anche M. Vovelle, Storia e lunga durata, in La nuova storia, cit., pp. 49-80, e Storia delle mentalità, storia delle resistenze o le prigioni della lunga durata, in Ideologie e mentalità, cit., pp. 237-261.

70 Oltre alle opp. citt. supra si vedano in tal senso anche Y-a-t-il eu une r&eacutevolution culturelle au XVIIIe si&egravecle?, in « Revue d'histoire moderne et contemporaine» , 22, 1975, pp. 89-141, punto di riferimento importante per gli studi successivi sull'alfabetizzazione e i processi di acculturazione, e La sensibilità prerivoluzionaria, in Ideologie e mentalità, cit., pp. 267-294, tratta dagli Atti del convegno di G&oumlttingen, Vom Ancien R&eacutegime zur Franz&oumlsischen Revolution, hrsg.v. E. Hinrichs, E. Schmitt, R. Vierhaus, G&oumlttingen, 1978, parziale trad. it., La società francese dall'ancien r&eacutegime alla Rivoluzione, a cura di C. Capra, Bologna, Il Mulino, 1982.

71 M. Vovelle, Storia e lunga durata, cit., p. 59; si veda anche Id., La m&eacutemoire d'Ernest Labrousse(già in « Annales historiques de la R&eacutevolution fran&ccedilaise» , 1989, n. 276), nel suo Combats pour la R&eacutevolution fran&ccedilaise, Paris, La D&eacutecouverte-Soci&eacuteté des Etudes robespierristes, 1993, p. 50. Sulla storia della mentalità come storia « totale» , cfr. da ultimo la lucida messa a punto di A. Gurevich, Approaches of the « Annales School» : from the History of Mentalities to Historical Synthesis, in « Rivista di storia della storiografia moderna» , XIV, 1993, pp. 183-194.

7 2 La mentalità rivoluzionaria, cit., p. V; si veda anche Ideologie e mentalità, cit., pp. 12-18.

73 Si veda, ad esempio, la sua presa di distanza rispetto alle ricerche di Philippe Ari&egraves sugli atteggiamenti di fronte alla morte, che gli apparivano operare una correlazione quasi esclusiva con l'inconscio collettivo: cfr. M. A. Visceglia, Introduzione, in P. Ari&egraves, Uno storico della domenica, cit., pp. 39-40. Sulle diverse componenti della « storia delle mentalità» in Francia, cfr. R. Chartier, Histoire intellectuelle et histoire des mentalit&eacutes. Trajectoire et questions, in « Revue de Synth&egravese» , III serie, 1983, pp. 277-307, trad. it., Storia intellettuale e storia delle mentalità. Traiettorie e problemi, in Id., La rappresentazione del sociale. Saggi di storia culturale, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, pp. 27-55.

7 4 L'histoire sociale: sources et m&eacutethodes, &eacuted. par E. Labrousse, Colloque de l'Ecole Normale Sup&eacuterieure de Saint-Cloud, 15-16 mai 1965, Paris, Puf, 1967, parziale trad. it., La storia sociale. Fonti e metodi, a cura di F. De Vecchis e F. Mignella Calvosa, Firenze, Sansoni, 1975.

75 F. Dosse, L'histoire en miettes. Des « Annales» à la « nouvelle histoire», Paris, 1987.

76 Si vedano i saggi raccolti sotto il titolo Histoire et sciences sociales: un tournant critique, in « Annales Esc» , 44, 1989, pp. 1317-1519, e i contributi raccolti in Histoire sociale, Histoire globale?, Actes du Colloque des 27-28 janvier 1989, &eacuted. par C. Charle, Paris, Editions de la Maison des sciences de l'homme, 1993: in particolare F. Caron, Introduction g&eacuten&eacuterale. De Saint-Cloud à Ulm, pp. 13-21. Sugli itinerari della storia sociale cfr. inoltre l'ampio bilancio di P. Villani, Storia della cultura e storia sociale(già in « Archivio di storia della cultura» , I, 1988), in Id., Società rurale e ceti dirigenti (XVIII-XX secolo), Napoli, Morano, 1989, pp. 408-456, e, per gli Stati Uniti, quello di A. Kessler-Harris, La storia sociale, in Una e divisibile. Tendenze attuali della storiografia statunitense, a cura di E. Fano, « Laboratorio di storia» , 4, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991, pp. 57-78.

77 Cfr. R. Chartier, Le monde comme repr&eacutesentation, in « Annales Esc» , 44, 1989, pp. 1505-1519; F. Caron, Introduction, cit., p. 14; C. Charle, Micro-histoire sociale et macro-histoire sociale. Quelques r&eacuteflexions sur les effets des changements de m&eacutethode depuis quinze ans en histoire sociale, in Histoire sociale, cit., pp. 45-57.

78 M. Vovelle, De la cave au grenier. Un itin&eacuteraire en Provence au XVIIIe si&egravecle. De l'histoire sociale à l'histoire des mentalit&eacutes, Aix, Qu&eacutebec-Edisud, 1980, Introduction: tableau ou itin&eacuteraire?, pp. 9-10 (l'introduzione è datata Aix, 30 dicembre 1978). Si veda anche Ideologie e mentalità, cit., p. 16.

79 Cosí Emmanuel Le Roy Radurie: cfr. J. Le Goff, La nuova storia, in La nuova storia, cit., p. 37. Sulla « quantophr&eacutenie» e le reazioni da essa sollevate, che portavano a buttar via il bambino con l'acqua sporca, cfr. A. Desrosi&egraveres, Comment faire des choses qui tiennent. Histoire sociale et statistiques, in Histoire sociale, cit., p. 25.

80 M. Vovelle, La m&eacutemoire d'Ernest Labrousse, cit., p. 46.

81 E. Labrousse, 1848-1830-1789 come nascono le rivoluzioni, trad. di M. Nacci dalla trascrizione stenografica pubblicata negli Actes du Congr&egraves historique du centenaire de la R&eacutevolution de 1848, Paris, Puf, 1948, ne « I viaggi di Erodoto» , I, 1987, pp. 116-134. Il testo è ora pubblicato, trad. da P. Arlorio, in E. Labrousse, Come nascono le rivoluzioni. Economia e politica nella Francia del XVIII e XIX secolo, a cura di M. Cedronio, prefazione di P. Vilar, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, pp. 215-237. Cfr. inoltre M. Cedronio, Charles Ernest Labrousse e la storia economica e sociale francese, in « Studi Storici» , 29, 1988, pp. 587-593.

82 Cfr. l'intervento di D. Roche in Histoire sociale, cit., pp. 61-63, che rievoca con grande efficacia il clima di Saint-Cloud e degli anni seguenti, ricordando la successiva influenza esercitata sulla storia sociale francese dalla lettura di Norbert Elias e di Pierre Bourdieu.

83 Per la ricostruzione di questo dibattito si vedano ancora M. Vovelle, La m&eacutemoire d'Ernest Labrousse, cit., pp. 46-50, e i contributi di F. Caron, A. Desrosi&egraveres, C. Charle in Histoire sociale, cit.

84 J. C. Perrot, op. cit.

85 M. Agulhon, La sociabilité m&eacuteridionale. Confr&eacuteries et associations en Provence Orientale dans la deuxi&egraveme moitié du XVIIIe si&egravecle, Aix-en-Provence, 1966; P&eacutenitents et francs-ma&ccedilons de l'ancienne Provence. Essai sur la sociabilité m&eacuteridionale, Paris, Fayard, 1968; La R&eacutepublique au village, Paris, 1970, Seuil, 1979, trad. it., La Repubblica nel villaggio. Una comunità francese tra Rivoluzione e seconda repubblica, Bologna, Il Mulino, 1991; La vie sociale en Provence inf&eacuterieure au lendemain de la R&eacutevolution, Paris, 1971. Si vedano sul tema l'ampia introduzione di G. Gemelli e M. Malatesta, Le avventure della sociabilità, nella raccolta di saggi a loro cura, Forme di sociabilità nella storiografia francese contemporanea, Milano, Feltrinelli, 1982, pp. 11-102; M. Malatesta, La storiografia della sociabilità negli anni Ottanta, introduzione al numero di « Cheiron» , V, 1988 su Sociabilità nobiliare, sociabilità borghese, a cura della stessa autrice; M. Ridolfi, Il circolo virtuoso. Sociabilità democratica, associazionismo e rappresentanza politica nell'Ottocento, presentazione di Z. Ciuffoletti, Firenze, Centro editoriale toscano, 1990.

86 In particolare Le si&egravecle des Lumi&egraveres en province. Acad&eacutemies et acad&eacutemiciens provinciaux 1680-1789, 2 voll., Paris-La Haye, Mouton, 1978, i saggi del 1970-1985 raccolti in Les R&eacutepublicains des lettres. Gens de culture et Lumi&egraveres au XVIIIe si&egravecle, Paris, Fayard, 1988 (trad. it., La cultura dei lumi. Letterati, libri, biblioteche nel XVIII secolo, Bologna, Il Mulino, 1992) e La culture des apparences. Une histoire du vêtement (XVIIe-XVIIIe si&egravecles), Paris, Fayard, 1989 (trad. it., Il linguaggio della moda. Alle origini dell'industria dell'abbigliamento, Torino, Einaudi, 1991): sul ruolo dell'insegnamento di Labrousse nella elaborazione e nella pratica di una « storia delle culture» di Daniel Roche, si veda l' Avant-Propos, significativamente intitolato De l'histoire sociale à l'histoire des cultures: le m&eacutetier que je fais, ivi, pp. 7-22. Esito importante di questo progetto di storia delle culture è il recente volume dello stesso autore La France des Lumi&egraveres, Paris, Fayard, 1993.

87 E. Labrousse, Introduction, in L'histoire sociale. Sources et m&eacutethodes, cit. Sul progressivo spostamento di accento dall'economia, prevalente oggetto di attenzione nel convegno di Saint-Cloud, alla nozione di modelli culturali, cfr. F. Caron, Introduction, cit., p. 19.

88 G. Gemelli, Le nuove frontiere della storia della mentalità, cit., p. IX. Per la riflessione di M. Vovelle in questa direzione si veda soprattutto Ideologie e mentalità, cit.

89 G. Gemelli, Le frontiere, cit., pp. IX-X. Si veda tuttavia M. Vovelle, Plutôt labroussien que braudelien, in « Espaces Temps» , XXXIV-XXXV, 1986, pp. 16-19.

90 M. Vovelle, Storia e lunga durata, cit., p. 53. Dalla cantina al solaio è appunto il titolo della citata raccolta di studi sulla Provenza, De la cave au grenier. Cfr. anche G. Bourdé e H. Martin, con la collaborazione di P. Balmand, Les &eacutecoles historiques, Paris, Seuil, 1990 (1ª ed. 1983), pp. 241-243. Da notare come in questa ricognizione delle scuole storiche francesi Vovelle figuri nella scuola delle « Annales» , in quella della « nuova storia» e dei suoi eredi (ivi, p. 250) e sotto la rubrica « il marxismo e la storia» (ivi, p. 305).

91 M. Vovelle, La m&eacutemoire d'Ernest Labrousse, cit., p. 53.

92 Si vedano anche Les images de la R&eacutevolution fran&ccedilaise, &eacuted. par M. Vovelle, Actes du Colloque des 25-26-27 oct. 1985 tenu en Sorbonne, Paris, 1988, e i saggi raccolti in trad. it. in M. Vovelle, Immagini e immaginario nella storia. Fantasmi e certezze nelle mentalità dal medioevo al Novecento, Roma, Editori Riuniti, 1989.

93 A. Soboul, Descrizione e misura, in La storia sociale, cit., p. 43.

94 Cfr. K. Pomian, L'heure des Annales, cit., p. 403.

95 Cosí Daniel Roche ironizzava sulle diffidenze verso il quantitativo, ribattendo che « c'è un modo umano di trattare le cifre, dipende dalle domande che si pongono» (D. Roche, Le peuple de Paris. Essai sur la culture populaire au XVIIIe si&egravecle, Paris, Aubier, 1981; trad. it., Il popolo di Parigi. Cultura popolare e civiltà materiale alla vigilia della Rivoluzione, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 5).

96 R. Pasta, Una provocazione riuscita: la storia antropologica di Robert Darnton, in R. Darnton, Il grande massacro dei gatti e altri episodi della storia culturale francese, a cura di R. Pasta, Milano, Adelphi, 1988 (ed. or., The Great Cat Massacre and Other Episodes in French Cultural History, New York, Basic books, 1984), pp. 375-399.

97 R. Darnton, Il grande massacro, cit., p. 322. Osservazioni analoghe aveva già svolto in History and the Sociology of Knowledge, in « The New York Review of Books» , 1979, ora nel suo The Kiss of Lamourette. Reflections in Cultural History, New York-London, W. W. Norton and C.-Faber and Faber, 1990 (trad. it. Milano, Adelphi, 1994); ad alcuni studi di storia delle mentalità, tra i quali il citato lavoro di Vovelle su Pi&eacuteté baroque et d&eacutechristianisation(1971), aveva dedicato alcune recensioni su « The New York Review of Books» nel 1973 e 1974, ora riprodotte nel capitolo The History of Mentalities del suo The Kiss of Lamourette, cit., pp. 253-292. Sulla accentuazione successiva della sua presa di distanza rispetto all'uso di indici quantitativi nel campo culturale, e sui motivi di tale accentuazione, legati alla « crescente influenza dell'antropologia culturale sulla storiografia» , e piú particolarmente al concetto di cultura proposto da Clifford Geertz a partire dai primi anni Sessanta, cfr. R. Pasta, Una provocazione riuscita, cit., pp. 391-398. Si veda anche il ruolo avuto dalla « storia intellettuale» americana nello spingere la terza generazione delle « Annales» verso il « terzo livello» , ma su posizioni critiche nei confronti dei modelli statistici e quantitativi, nella attenta ricostruzione di G. Gemelli, Fernand Braudel, cit., pp. 108-113, 177-178.

98 R. Darnton, Il grande massacro, cit., p. 327. Piú ampiamente, si vedano dello stesso autore Intellectual and Cultural History, in The Past Before Us: Contemporary Historical Writing in the United States, New York, Ithaca, 1980, pp. 327-354, e History and Anthropology, in « The Journal of Modern History» , 1986, pp. 218-234, scritto in risposta al dibattito sollevato in Francia e in Italia dalle critiche svolte in The Great Cat Massacre: entrambi i saggi sono ora riproposti in The Kiss of Lamourette, cit., pp. 191-218, 329-353. Per quel dibattito cfr. P. Benedict, Storia interpretativa o storia quantitativa?, in « Quaderni storici» , 1985, pp. 257-269; G. Levi, I pericoli del geertzismo, ivi, pp. 269-277; R. Chartier, Text, Symbols, and Frenchness, in « Journal of Modern History» , 1985, trad. it., Testo, simboli e Frenchness: sull'uso dell'antropologia simbolica in storia, nel suo La rappresentazione del sociale, cit., pp. 95-111. Largamente ispirati all'antropologia culturale e simbolica sono anche i recenti studi sul gesto come « chiave di accesso ai codici culturali e alle sensibilità del passato» : si vedano per tutti gli studi raccolti a cura di J. Bremmer e H. Roodenburg, A Cultural History of Gesture. From Antiquity to the Present Day, Cambridge, Polity Press, 1991, e quelli segnalati ivi dagli stessi curatori, Gestures in history: a select bibliography, pp. 253-260 (la citazione è tratta dalla loro Preface, p. XIII). Insistono invece sul rapporto con la sociologia i saggi raccolti in Histoire sociale, cit.

99 Vovelle stesso ricordava nel 1982 le reazioni degli anni precedenti all'approccio quantitativo, al quale si contrapponeva « il ritorno allo studio del caso singolo considerato piú autentico e forse piú illuminante» , come il caso di Menocchio studiato da Carlo Ginzburg: discussione accademica, osservava, poiché i due approcci non potevano che illuminarsi a vicenda ( Ideologie e mentalità, cit., p. 22; cfr. inoltre l' Introduzione, in Immagini e immaginario, cit., pp. 14-17, e Histoire s&eacuterielle ou « case studies» : vrai ou faux dilemme en histoire des mentalit&eacutes, in Histoire sociale, sensibilit&eacutes collectives et mentalit&eacutes. M&eacutelanges Robert Mandrou, Paris, 1985, pp. 39-49). Analoga la replica di Daniel Roche, in Les R&eacutepublicains des lettres, cit., pp. 18-20. Significativo delle alterne vicende del dibattito sul tema è che solo qualche anno prima, passando in rassegna gli studi di storia socio-religiosa in Francia, Carla Russo registrava « una certa sfiducia nei confronti dell'analisi qualitativa» dovuta alla « sempre piú frequente applicazione del metodo quantitativo» , a sua volta notando lo sforzo di integrazione compiuto dagli studi di Vovelle (C. Russo, La storiografia socio-religiosa e i suoi problemi, in Società, Chiesa e vita religiosa nell'Ancien R&eacutegime, a cura della stessa autrice, Napoli, Guida, 1976, pp. CXLIV-CXLV).

100 Cfr. in tal senso C. Duprat, Lieux et temps de l'acculturation politique, cit.

101 Interessanti in tal senso le considerazioni svolte sulle alterne vicende degli studi di storia economica, nel presentare la nuova rivista « Histoire et soci&eacutet&eacutes rurales» , 1, 1994, da G. Brunel e J. M. Moriceau, Un renouveau pour l'histoire rurale, pp. 7-10; si veda anche G. B&eacuteaur, L'histoire de l'&eacuteconomie rurale à l'&eacutepoque moderne ou les d&eacutesarrois du quantitativisme, ivi, pp. 67-97.

102 Cfr. K. Pomian, L'heure des Annales, cit., p. 399.

103 Sulla questione, in aree tematiche e cronologiche del tutto diverse fra di loro, pagine tra le piú efficaci e meditate sono state scritte di recente da G. Rossetti, Uomini e storia, in Dentro la città. Stranieri e realtà urbane nell'Europa dei secoli XII-XVI, a cura della stessa autrice, Napoli, Liguori, 1989, pp. 3-16, e da G. Pomata, Storia particolare e storia universale, in Donne tra memoria e storia, a cura di L. Capobianco, Napoli, Liguori, 1993, pp. 63-81.

104 G. Bois, Crise du f&eacuteodalisme, Paris, 1976, p. 13: sul passo richiama l'attenzione J. J. Cl&egravere, Les paysans de la Haute-Marne et la R&eacutevolution fran&ccedilaise. Recherches sur les structures fonci&egraveres de la communauté villageoise (1780-1825), pr&eacuteface de M. Vovelle, Paris, Ed. du Cths, 1988, p. 10.

105 G. Bois, op. cit., p. 12.

106 Cfr. C. Charle, Micro-histoire sociale et macro-histoire sociale, cit., pp. 47-51.

107 L'espressione compare nell'intervento di R. Chartier in Histoire sociale, cit., p. 66; ma sui problemi di scala si vedano soprattutto le osservazioni di G. Levi, A proposito di microstoria, in La storiografia contemporanea, cit., pp. 111-134, e di E. Grendi, Il Cervo e la repubblica. Il modello ligure di antico regime, Torino, Einaudi, 1993, in particolare l' Introduzione, pp. VII-XVI, e Id., Storia locale e storia delle comunità, in Fra storia e storiografia. Scritti in onore di Pasquale Villani, a cura di P. Macry e A. Massafra, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 321-336.

108 Si vedano, ad esempio, sia pure su un altro terreno, le riflessioni metodologiche sul ruolo degli « agenti» o « mediatori» locali della politica, in riferimento agli studi di Giovanni Levi sul Piemonte seicentesco (G. Levi, L'eredità immateriale. Carriera di un esorcista nel Piemonte del Seicento, Torino, Einaudi, 1985), svolte da J. Boutier, Les courtiers locaux du politique 1789-1792, in « Annales historiques de la R&eacutevolution fran&ccedilaise» , 1994, n. 297, in particolare pp. 402-404.

109 R. Chartier, intervento in Histoire sociale, cit., pp. 65-67: di « eccezionale normale» aveva scritto E. Grendi, Micro-analisi e storia sociale, in « Quaderni storici» , 35, 1977, p. 512. Piú ampiamente su tutta la questione, piú adeguatamente ricostruita « dall'interno» di quanto non faccia Chartier, e sul confronto degli storici francesi con la « microstoria» italiana, si vedano gli interventi Sulla microstoria da ultimo pubblicati su « Quaderni storici» , 86, 1994: C. Ginzburg, Microstoria: due o tre cose che so di lei, pp. 511-539, E. Grendi, Ripensare la microstoria?, pp. 539-549, J. Revel, Microanalisi e costruzione del sociale, pp. 549-575.

110 Come a suo modo segnalava Braudel: « la Francia conta migliaia e migliaia di villaggi, e non se ne troverebbero due completamente identici» (F. Braudel, L'identità della Francia. Spazio e storia, cit., p. 64).

111 M. Vovelle, L'irresistible ascension de Joseph Sec, cit.; Th&eacuteodor D&eacutesorgues, cit. Sui problemi della narrazione storica, risollevati dalla ben nota provocazione di L. Stone, The Revival of Narrative: Reflections on a New Old History, in « Past and Present» , 85, 1979, pp. 3-24, trad. it. in Id., Viaggio nella storia, Roma-Bari, Laterza, 1987, pp. 81-106, cfr. ancora C. Ginzburg, Microstoria, cit., pp. 522-524 e J. Revel, Microanalisi, cit., pp. 568-572; ma soprattutto G. Pomata, Narrazione e spiegazione nella scrittura della storia, in Scienza narrazione e tempo. Indagine sociale e correnti storiografiche a cavallo del secolo, a cura di M. Salvati, « Quaderni della Fondazione Basso» , Milano, Angeli, 1985, pp. 293-338, costituisce a tutt'oggi uno degli sforzi piú importanti e compiuti di approfondimento complessivo della questione.

112 Si vedano le diffidenze espresse nel 1982 da E. Grendi nei confronti della cartografia e delle « lectures par l'espace» quando « queste letture sono un po' fine a se stesse e valgono come semplici illustrazioni della rilevanza dello spazio» (E. Grendi, Confraternite in Provenza, a proposito di M. H. Froeschlé Chopard, La religion populaire en Provence Orientale au XVIII&egraveme si&egravecle, Beauchesne, 1980, in « Quaderni storici» , XVII, 1982, p. 1125). Sui processi di costruzione sociale, politica, mentale e linguistica dello spazio, richiamano l'attenzione i saggi raccolti a cura di F. Auriac e R. Brunet, in Espaces, jeux et enjeux, Paris, Fondation Diderot-Librairie Arth&egraveme Fayard, 1986.

113 M. Vovelle, L'espace et le temps reconstruits, in L'espace et le temps reconstruits. La R&eacutevolution fran&ccedilaise, une R&eacutevolution des mentalit&eacutes et des cultures?, Actes du Colloque organisé à Marseille par la Commission Scientifique r&eacutegionale pour le Bicentenaire de la R&eacutevolution fran&ccedilaise et le Centre M&eacuteridional d'Histoire sociale des mentalit&eacutes et des cultures (Université de Provence) les 22, 23 et 24 f&eacutevrier 1989, Aix-en-Provence, Publications de l'Université de Provence, 1990, pp. 381-386.