next essay previous article indice volumeStudi Storici 1, gennaio-marzo 1995 anno 36


Aldo A.Settia , Assetto del popolamento rurale e coppie toponomiche nell'Italia padana


2. Mobilità della popolazione e propagazione di toponimi.
È noto che le vicende storiche di un insediamento possono talora essere ricostruite solo attraverso elementi indiziari fra i quali assumono molta importanza i dati toponimici; in tale quadro anche il fenomeno dello sdoppiamento dei nomi di luogo ha un indubbio valore storico che sinora è stato di fatto ignorato sia dai linguisti studiosi di toponomastica preoccupati soprattutto, se non esclusivamente, di illustrare gli aspetti tecnici della loro disciplina, sia dagli storici che si occupano di insediamenti, non sempre attenti alle possibilità loro offerte dall'esame dei toponimi. Per i primi i diminutivi rientrano semplicemente tra i « suffissi piú caratteristici» 69 o vengono classificati fra i « trasporti» di toponimi che possono essere « transport&eacutes tels quels» oppure mediante « determinativi» e, appunto, « diminutivi e aumentativi»70.

Costituiscono una notevole e lodevole eccezione gli studi a suo tempo condotti da Giandomenico Serra, linguista di valore e, nello stesso tempo, sensibile come pochi altri agli aspetti concreti del paesaggio e alla documentazione storica che li riguarda, con particolare interesse per l'Italia occidentale. Egli sin dal 1931 aveva osservato che l'uso del diminutivo dai « bassi tempi romani ai primi secoli del medioevo» individuava per un verso i « rapporti di derivazione, discendenza, appartenenza» e per un altro « di derivazione, misura, quantità» . Le forme diminutive applicate a nomi di fundi derivati con il suffisso -anus da gentilizi latini — nel quadro di una presunta continuità fra l'età classica e il medioevo, allora propugnata con vigore dagli studi — avrebbero designato « le portiones di un antico fundus romano suddiviso in età tarda romana o barbarica» . Tale ipotesi intendeva comunque escludere nomi che si presentavano « quali correlativi topografici, legati cioè da un rapporto di prossimità locale o di derivazione storica, con altri nomi di luogo di centri maggiori o piú antichi, designati dal nome di villae, casae, fundi o casales di origine romana in(i)anus, -a »71.

Pochi anni dopo, ulteriori riflessioni portavano il Serra a precisare i termini della questione in modo assai piú articolato esponendo alcune sue note metodologiche di grande interesse quanto poco note agli studi; esse meritano di essere qui integralmente riportate.

Per fissare la sua funzione originale di designazione topografica, occorre identificare il punto o il tratto del paesaggio fisico o umano al quale il nome della località è applicato, dato che la sua area di applicazione si estende o si restringe nel corso dei tempi, e talvolta in modo tale da cancellare o oscurare il senso primitivo. Anche all'interno dei limiti territoriali di un'antica e unica designazione toponimica, con il tempo e in caso di divisione amministrativa di quel territorio in due parti, possono comparire due nomi di luogo distinti, corrispondenti a due varianti del medesimo nome primitivo, l'una letteraria, che conserva la sua forma antica, l'altra volgare di formazione piú recente. Entrambe servono a designare due distinte metà di tale antica unità territoriale: Caponago e Cavenago; Almenno e Almé.

Talora le due metà possono conservare il medesimo nome che sarà differenziato con l'aiuto di determinativi topografici o cronologici ( Uvilia iuvenis e Uvilia vetus) o dalla natura stessa dei determinativi che distinguono fra loro i numerosi nomi di luogo omonimi di una data regione. Si possono avvicinare a questo fenomeno di sdoppiamento dello stesso nome, conseguente alla divisione di un territorio, i diminutivi correlativi di un legame toponimico stabilito tra due o piú nomi di luogo in connessione storica o topografica tra loro ( Calliano Monferrato e Callianetto Monferrato, Ticino e Ticinello, Po e Poaccio e Poetto); cosí come i nomi di luogo propagati, talvolta a considerevole distanza, da nuclei di coloni che riproducono in terra straniera i nomi della loro antica patria. Notevoli fra essi sono, per l'interesse che presentano nella soluzione di problemi di topografia storica, le tracce di diminutivi correlativi derivati da nomi di luogo in seguito scomparsi: torrente Quarlasco(da Quadratulasco), che bagna il territorio dell'antica Quadratula(a. 712, 843, 999), sorto sulla riva destra del Po con il suo antico « districtus herimannorum» , di fronte alla città di Quadrata, sede di un insediamento di Sarmati, alla confluenza della Dora e del Po72.

Nel passo che abbiamo riprodotto l'autore si proponeva di tracciare soltanto le « linee metodiche» dei diversi aspetti che la trattazione completa del problema avrebbe dovuto in seguito seguire, ma che non ebbe sviluppo sistematico. Gli esempi proposti non permettono di stabilire se il Serra pensava ancora a « divisioni amministrative» e a « migrazioni di nuclei di coloni» avvenute in età tardo antica, e di cui la tradizione toponimica successiva conservava solo il ricordo « fossile» , o se ritenesse invece che tali fenomeni fossero scaglionati nel tempo attraverso tutta l'età medievale. Dante Olivieri intese senz'altro il suggerimento nel primo senso quando considerò le coppie toponimiche Milzano-Milzanello e Quinzano-Quinzanello, rilevabili nella toponomastica bresciana, come testimonianza dello sdoppiamento di fundi romani molto estesi, osservando che Milzanello si trova a sette chilometri da Milzano e Quinzanello a ben quindici da Quinzano e che entrambi i membri della coppia appaiono derivati dal medesimo nome prediale latino73; quest'ultima asserzione in realtà non risponde al vero poiché se Milzano e Quinzano derivano rispettivamente dai gentilizi Milicius e Quintius, Milzanello e Quinzanello risalgono non direttamente ai gentilizi, ma a Milicianum e a Quintianum.

Il Serra stesso (forse superando la sua precedente, troppo rigida, presunzione di continuità) appare in seguito meno convinto di tale soluzione: nel commentare incidentalmente lo sdoppiamento del centro di Quaranta in « vecchia» e « giovane» egli avanza l'ipotesi che esso sia avvenuto « forse in seguito allo spostarsi della popolazione rurale da un sito all'altro, per motivi che ci sfuggono, oppure per il sorgere, a breve distanza dal primo, di un nuovo centro rurale che del primo abbia ripetuto il nome»74. I « nuclei di coloni» qui lasciano il posto ad un piú generico « spostarsi della popolazione rurale» , ma a ben vedere le due alternative proposte di fatto si identificano: perché il nuovo centro abitato avrebbe dovuto riprodurre il nome del primo se gli abitanti non provenivano da esso? Né, nel caso di Quaranta, lo sdoppiamento poteva essersi verificato se non dopo il 1018, anno in cui quel luogo viene ancora indicato nei documenti come un insediamento unico75.

È dunque in primo luogo al movimento a breve raggio di « nuclei di coloni» , cioè di piccole comunità di contadini (di cui, in verità, è piena la storia dell'insediamento rurale di ogni tempo), 76che ci si dovrà rivolgere per spiegare il fenomeno degli sdoppiamenti. Naturalmente non potremo qui spingere la nostra analisi troppo in profondità, ma è certo che le loro prime attestazioni si collocano proprio nel periodo in cui, da un gran numero di indizi e di elementi indiretti, emerge con certezza il lento aumento demografico che coinvolge tutto l'Occidente europeo, di pari passo con l'estensione degli spazi coltivati e lo sviluppo dei traffici77.

Ovunque durante il secolo IX gli abitanti sono aumentati, ma appaiono ancora ammassati in alcune ristrette aree, mentre altre vicine risultano abitate molto meno densamente78. La medesima « abbondanza di uomini» caratterizza, nella stessa epoca, anche l'Italia del Nord: le zone collinari circumpadane — che sono di solito le aree di piú antico insediamento — appaiono sature di popolazione che tende a spostarsi da un lato verso la bassa pianura, ancora in gran parte disabitata, e dall'altro verso le zone montane egualmente poco popolate79. Gli sdoppiamenti toponomici del secolo IX testimonierebbero appunto il momento immediatamente successivo: da antichi centri abitati rurali sovraffollati, su terreni già intensamente coltivati, un gruppo di uomini si stacca per insediarsi a pochi chilometri su terre ancora vergini, organizzandosi in comunità che tendono a ripetere il nome del luogo di origine: il diminutivo (o altra forma di designazione equivalente) viene spontaneamente scelto ad esprimere la piccolezza iniziale del nuovo centro di popolamento e, nello stesso tempo, la derivazione dall'insediamento di provenienza. Il fenomeno continuerebbe nei secoli X e XI incrociandosi, e naturalmente complicandosi, con la proliferazione dei castelli in costante sviluppo e con le modificazioni da essi provocate al popolamento rurale80.

Uno spostamento di abitanti dalla collina verso l'adiacente pianura spiegherebbe, ad esempio, la comparsa di Robuscaleta che appare come una « proiezione verso Nord» , dalla collina cioè sulla quale si trova Rovescala, verso la fascia pianeggiante lungo la sponda del torrente Bardonezza81. In modo simile, sia pure in tempo e in ambiente diverso, potrebbe essere avvenuta l'enucleazione di Levatella da parte di Levata82. L'« idea di un recente dissodamento» parrebbe poi chiaramente legata a Framellum, dove nel 1043 il vescovo di Asti cede appunto al monastero di S. Anastasio, insieme con altri beni, ciò che « da parte dei lavoratori dei suddetti luoghi è stato ridotto a coltura» per conto del vescovado83.

In piú di un caso la migrazione a breve raggio di coloni dovette comportare il frazionamento di una grande azienda preesistente ( curtis) in due tronconi distinti84; cosí potrebbe appunto essere avvenuto nel caso di Andicum e di Andicellum: il Capitolo di Torino, istituito come si sa nel secolo IX, poteva essere in possesso sin d'allora di una curtis in Andicum che in seguito si sdoppiò di qui l'esistenza (denunciata in modo esplicito solo nel 1047) di una corte suddivisa « in Andesello et in Andego»85. Nel medesimo quadro rientrano gli sdoppiamenti, osservabili a Sud di Brescia, di Quinzanello da Quinzano e di Milzanello da Milzano.

Aprima vista essi appaiono difficili da spiegare perché fra i due membri di ciascuna coppia corre una distanza superiore al normale e, soprattutto, manca la contiguità: fra Quinzano d'Oglio e Quinzanello, oggi frazione di Dello — come si è osservato86 — non solo esiste una distanza di circa 15 chilometri, ma si interpongono altri centri abitati importanti; minore la distanza tra Milzano e Milzanello fra i quali d'altronde, risalendo il corso della Mella, si collocano gli abitanti di Pavone e di Cigole. Le difficoltà cadono se si considera che i luoghi in questione fecero per molti secoli parte del patrimonio della grande abbazia regia di Leno: Quintianum figura tra i possessi monastici nel secolo X87, ma non piú dal 1014 allorché in sua vece compare Quintianellum ; 88proprio a Quinzanello — e non piú a Quinzano d'Oglio — risulta in seguito avere beni il monastero.

Sempre dal 1014 l'abate di Leno possiede con continuità beni in Milzano e solo prima del 1194 appare in possesso anche di Milzanello, luogo che peraltro non viene mai nominato nelle conferme regie e papali89. Sappiamo che nel corso del secolo X e nei primi decenni del seguente, il monastero provvede a riorganizzare il proprio patrimonio mediante una serie di permute tendenti a « unire in aree territorialmente omogenee i beni monastici»90; ora proprio il formarsi delle nostre due coppie toponimiche all'interno dei possessi abbaziali documenterebbe che tale riorganizzazione comportò anche lo spostamento di popolazione.

Prima del 1014 il luogo di Quintianum sarebbe stato ceduto dall'abbazia in cambio di altri terreni posti piú a Nord e sino allora privi di abitanti: una parte della popolazione di Quintianum si sarebbe allora spostata nella nuova sede formando il centro di Quinzanello destinato a rimanere stabilmente nelle mani del monastero. A sua volta una parte degli abitanti di Milcianum(forse anche a causa delle traversie a cui il luogo andò soggetto), 91sarebbe migrata verso Nord su altre terre abbaziali dando vita al nuovo centro di Milzanello. Sdoppiamenti e sostituzioni nell'ambito delle proprietà della grande abbazia regia spiegano quindi agevolmente un fenomeno che non sarebbe comprensibile fuori di un tale quadro territoriale, e senza alcun bisogno di risalire sino alla tarda antichità. Qui anzi il dato toponimico aiuta a comprendere vicende di « gestione del personale» che altrimenti ci sfuggirebbero: vi furono cioè movimenti di popolazione pilotati dagli abati secondo le necessità di razionalizzazione del patrimonio, fatti che affiorano indirettamente nelle fonti solo attraverso la comparsa di chiese di recente fondazione92.

Fenomeni analoghi dovettero verificarsi con una certa facilità e frequenza all'interno dei patrimoni dei grandi enti ecclesiastici comprendenti corti articolate in dipendenze fra loro distanti. Non sappiamo tuttavia se possa essere ascritto a simile iniziativa dell'abbazia di Breme, in possesso della corte di Roddi dal X secolo in poi, l'eventuale suo sdoppiamento e poi triplicazione rilevabili nei nomi di Roddino e di Rodello, a Sud di Alba, entrambi già esistenti nel secolo XII93.

Piacerebbe pensare che gli spostamenti di popolazione avvenissero in modo spontaneo, ma sarà bene non dare troppo credito a tale lusinghiera ipotesi: i signori laici ed ecclesiastici, probabilmente sin dall'inizio dirigono a loro vantaggio i movimenti migratori e la costituzione di nuovi insediamenti94. In ogni caso il fenomeno delle coppie toponimiche è indice di una situazione in movimento, un positivo segno di sviluppo economico e demografico sia che il nuovo centro, indicato con il diminutivo, abbia poi avuto un futuro sia che, al contrario, l'esperimento finisca per rivelarsi fallimentare votandosi al riassorbimento e alla scomparsa.

È difficile, in genere, accertare le ragioni che portano all'abbandono di un centro abitato, e ciò vale anche per i membri delle nostre coppie toponimiche, salvo in alcuni casi eccezionali. Levatella scompare nella crisi che investe l'insediamento dell'area cremonese dopo il 123095; nel Cuneese Morozeta viene meno dopo il 1227 probabilmente quando gli abitati intercalari esistenti presso Morozzo si accentrano attorno al suo castello96; la stessa sorte ebbe Mazedellum attratto dal castello di Mazzé prima del 123097; Locenellum, come si è già accennato, venne disertato dagli abitanti confluiti dopo il 1242 in Gattinara98.

L'esistenza di Rovoscaleta è attestata per l'ultima volta nel 1378: essa sarebbe quindi vittima della nota crisi demografica ed economica che si manifestò anche in Italia dopo la metà del secolo XIV99; nello stesso periodo sarebbero « entrati in coma» Romanello, la cui chiesa tra Cinquecento e Seicento era ormai da tempo in aperta campagna; il nome rimase però legato all'edificio ecclesiastico e indica ancora oggi un « cantone» dell'abitato di Romano100; sempre nel corso del Trecento scompaiono insieme Cavanne e Cavannelle, mentre di Cerexole e Cerexolete si perdono le tracce dopo il 1253, probabilmente in rapporto con la crescita del vicino borgo nuovo di Villastellone fondato pochi anni prima dal comune di Chieri101.

Melazzo, presso Acqui, aveva generato in epoca imprecisata Melazinum di cui possediamo, eccezionalmente, un vero e proprio « atto di morte» . Nel 1353 il vescovo di Acqui fece redigere, a futura memoria, un atto in cui accreditati testimoni dichiaravano che anni prima gli Alessandrini, dopo aver distrutto il castello e le abitazioni, avevano costretto con la forza gli abitanti di Melazinum a trasferirsi in Melazzo102: una fine a suo modo paradigmatica.I discendenti di coloro che, forse secoli prima, si erano staccati dal centro generatore di Melazzo per costituire Melazzino, compiono allora a ritroso il cammino percorso dai loro antenati: Melazzino, cioè, ritornava in Melazzo segnando nei fatti la fine dello sdoppiamento insediativo. Una fine determinata qui non da ragioni congiunturali generali, ma da una volontà imposta dall'esterno con la violenza, a riprova che i fenomeni di popolamento non obbediscono solo a cieche e ingovernabili dinamiche interne, ma sono anche frutto di decisioni politiche prese a tavolino.

3. Il segno del diminutivo: sviluppo o involuzione?
Se la maggior parte delle coppie toponimiche attestate nella documentazione possono essere spiegate — come si è visto — con lo sviluppo demografico e agrario in atto dal IX secolo in poi, per alcune situazioni sembra sia effettivamente da ammettere la possibilità di « divisioni amministrative» di vastissimi fundi e l'influenza delle vicende traumatiche subite dagli insediamenti umani in età tardo antica. Tre elementi esterni caratterizzano tali casi: il toponimo originario e il diminutivo di solito non compaiono insieme nello stesso documento; la distanza sul terreno fra i due membri della coppia è generalmente di raggio alquanto piú ampio rispetto al consueto; la maggiore antichità è infine rilevabile attraverso le forme dei suffissi diminutivi-(ic)ulus, -aculus, -iolus che si contrappongono ai piú tardi -ellus ed -ettus. 103 Si può innanzitutto trattare di spostamenti di popolazione avvenuti a causa degli sconvolgimenti provocati dalle immigrazioni germaniche e dal degrado dell'ambiente naturale non piú controllato dall'uomo, spostamenti che avviarono quindi la nascita di quei centri che gli storici dell'urbanistica definiscono appunto sorti « per trasferimento di municipi romani distrutti»104: cosí almeno una parte della popolazione di Quadrata sarebbe stata indotta a trasferirsi nel sito di Quadratula, ai piedi della collina oltre il Po, meno esposto alle inondazioni e al frequente passaggio di predoni, cause che avrebbero finito per provocare la scomparsa di Quadrata .105p> Sdoppiamenti simili sarebbero attestati dalla Geografia dell'Anonimo Ravennate, un'opera che, per quanto redatta sul finire del secolo VII, riflette una situazione riferibile all'età gota: essa registra accanto a Pollentia anche Pollentinum, località « d'ignota identificazione ed ignorata dalle fonti anteriori quanto posteriori» , ma che potrebbe essere collocata « sulle prime pendici delle Alpi Cozie» e cosí denominata perché « durante i primi moti delle incursioni barbariche» serví da rifugio ai profughi di Pollenzo106. Allo stesso modo si spiegherebbe, in altra parte dell'Italia settentrionale, anche la duplicazione dell'antica Trento in Tridentem e Trinctonia .107p> Coevo potrebbe essere lo spostamento degli abitanti di Augusta Bagiennorum in Baienne, cioè nell'odierna Benevagienna; di là una parte di essi sarebbe poi migrata in Baienne superius , 108oggi Beinette. Qui, ancora una volta, vediamo il diminutivo sostituirsi tardivamente ad una precedente denominazione che esprimeva un concetto analogo.

Un'altra serie di « coppie» apparterrebbe invece a sdoppiamenti da riferire all'età tardo antica, forse proprio attraverso la divisione amministrativa di amplissimi agri posseduti da un unico proprietario. Si è visto nel diploma vercellese del 999 un personaggio denominato « de Magnanigulo»109; risultando evidente che il toponimo è un diminutivo di Magnanum , 110si dovrà dunque pensare ai possessi di un Magnus(ben degno, in tale caso, del suo nome) i quali, partendo dal versante occidentale della Serra d'Ivrea, dove si trova Magnano, si spingessero oltre la catena montuosa sin nella pianura biellese alla sinistra del torrente Elvo; dalla loro scissione avrebbe avuto origine l'odierno Magnonevolo ( Magnaniculum).

A Sud del Po un'analoga separazione da Caramagna Piemonte ( Caramania) avrebbe dato origine, in tempi egualmente remoti, alla contigua Caramaniola, cioè l'attuale Carmagnola111. Nell'alta Lombardia un simile processo è suggerito dall'esistenza, sin dall'inizio del secolo X (ma forse da ricondurre all'VIII) di Besozolum, l'odierno Bizzozzero, facilmente ricollegabile a Besozum , 112vale a dire Besozzo, fra i quali si stende l'intera superficie del lago di Varese. E altri casi simili potrebbero essere rintracciati con una certa facilità in ogni regione italiana tenendo sempre presente la necessità di esaminare i nomi di luogo nel loro insieme senza « strapparli dal proprio quadro geografico»113.

I diminutivi toponimici pongono un altro problema che abbiamo sin qui lasciato da parte. Nell'Itinerario di Antonino l'antica Fidentia diviene in seguito Fidentiola vicus, segno che quel municipium — ai suoi bei tempi indipendente da Parma — era divenuto un piccolo centro. L'uso del diminutivo e di vicus rispecchia infatti « le nuove condizioni economiche e demografiche dell'abitato» , il quale continuerà nondimeno la sua vita sotto il nuovo nome di Borgo S. Donnino114. Analoga fu la vicenda di Florentia, anch'essa divenuta Florentiola « prima del secolo VII» e oggi nota come Fiorenzuola d'Arda115.

Il diminutivo applicato ad un nome di luogo può dunque indicare un momento di crisi e di degrado rispetto ad una precedente floridezza, un valore negativo che si manifesta, in alcune situazioni particolari, anche quando il diminutivo è parte di una coppia. Gli Albesi nel 1243 fondarono Cherasco concentrandovi gli abitanti di diversi insediamenti preesistenti, fra i quali il Cayrascum che diede il nome al borgo; il Cayrascum originario, per quanto in via di abbandono, sopravvisse ancora qualche decennio e, per distinguerlo dal nuovo, venne da allora in poi chiamato Clarascotum .116A Villanova d'Asti, borgo fondato dagli Astigiani nel 1215, preesisteva un luogo omonimo che in seguito, sino alla sua completa estinzione, verrà denominato Villanoveta . 117Si tratta quindi di coppie « improprie» nelle quali il diminutivo indica un centro abitato in smobilitazione destinato a durare solo sinché esso sia definitivamente fagocitato dal borgo nuovo omonimo e vicino.

Paralleli esisterebbero in altre zone d'Italia: Ferrarola, ad esempio, designerebbe il sito originario di Ferrara abbandonato dagli abitanti per la nuova sede destinata a divenire rapidamente una prospera citt&agrave118; in Lunigiana Sarzanello indicherebbe un insediamento « rimpicciolito nel nome come rimpicciolito di fatto per l'esodo dei suoi abitatori» stabilitisi in Sarzana119; e cosí nel Canavese si è osservato che Borghetto indicava nell'Ottocento i residui di Borgo Dora, una fondazione vercellese del secolo XIII che non aveva avuto fortuna120. Quante volte, dunque il diminutivo di una coppia toponimica rappresenterà non un'espansione in atto bensí, al contrario, il momento in cui un centro abitato si va svuotando di abitanti a vantaggio del suo omonimo?

In verità in quei casi il diminutivo non indica propriamente il degrado ma piuttosto la « differenza» da una realtà precedente: « il piú piccolo» e non già « il peggiore» , per designare il quale si ricorre ad altri accorgimenti espressivi. Ciò che abbiamo qui studiato solo con riferimento ai centri abitati, si riscontra infatti, in modo del tutto analogo, anche per i corsi d'acqua, laddove il diminutivo serve per designare deviazioni minori e nuovi alvei derivati naturalmente o artificialmente dal corso principale121; i rami abbandonati e morti vengono invece indicati con un suffisso accrescitivo o peggiorativo122: il primo rappresenta il futuro, il secondo il passato.

Molti dei luoghi contraddistinti da un diminutivo, come si è visto, sono nondimeno scomparsi nel corso del tempo senza lasciare traccia di sé: invano cercheremo oggi su una carta a grande scala Quadratula, Bladenellum, Garbaniola, Robuscaleta, Poncianella, Morozeta, Sarturianellum, Framellum, Casurcellum, Levatella, Locenellum, Melazinum, Zemonellum, ma ciò significa soltanto che nella coppia il membro piú debole è di solito il piú recente, cioè quello indicato con il diminutivo, e in situazioni di congiuntura sfavorevole esso entra piú facilmente in crisi sino a scomparire. Arrestarsi a questo punto significherebbe però arrendersi ad una visione del tutto parziale del problema: la stessa sorte può infatti coinvolgere entrambi i membri della coppia, come avvenne per Radicata e Radicatella, per Xartum-Xartellum, Canduvre-Canduvrellum, Cerexole-Cerexolete, Musancia-Musanciola, Cavanne-Cavannelle, Orre-Orretum; è altrettanto frequente, per contro, la vittoriosa resistenza sino ai nostri giorni, di entrambi i membri di coppie talora attestate sin dall'alto Medioevo: cosí Caramagna e Carmagnola, Magnano e Magnonevolo, Milzano-Milzanello, Quinzano-Quinzanello, Mandrie-Mandriole, Collecchio-Collecchiello, Dormello-Dormelletto, Strambino-Strambinello, Meolo-Meoletto, Quistro-Quistello, Persico-Persichello, per non parlare di « trittici» come Scopa-Scopetta-Scopello e Roddi-Roddino-Rodello.

A provare poi, in modo irrefutabile, la valenza positiva sottesa al formarsi di una coppia toponimica sta la fortuna di quei diminutivi che hanno integralmente sostituito il luogo dal quale avevano tratto origine: mentre Soalingum, Paverium, Bibianum, Balbianum, Bulgarum, Caselle e Andicum sono scomparsi, Solonghello, Pavarolo, Bianello, Balbianello, Borgarello, Caselette e Andezeno ancora oggi rimangono a testimoniare un'epoca di straordinario sviluppo che fra il primo e il secondo millennio ha segnato durevolmente i quadri del nostro popolamento rurale.


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69 Cosí D. Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda, Milano, 1961, p. 20.

70 Cfr. E. N&egravegre, Toponymie g&eacuten&eacuterale de la France, III, Gen&egraveve, 1991, pp. 1717-1718 (« transport avec un d&eacuteterminatif» ); pp. 1718-1727 (« transport de diminutifs ou augmentatifs» ); pp. 1727-1729 (« transport&eacutes tels quels» ).

71 Serra, Contributo toponomastico, cit. (sopra, nota 9), p. 150 e ivi, nota 1.

72 G.D. Serra, Lignes m&eacutethodiques et fragments d'une illustration topo-anthroponomique de l'Italie occidentale (Pi&eacutemont et Ligurie), in Actes et m&eacutemoires du premier congr&egraves international de toponymie et d'anthroponymie(25-29 juillet 1938), Paris, 1939, pp. 6-7 (dell'estratto). La traduzione dal francese è nostra.

73 Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda, cit., pp. 345-346 e 454; egli deriva probabilmente le sue ipotesi da Serra, Contributo toponomastico, cit., p.150, piuttosto che da Serra, Lignes m&eacutethodiques, citato alla nota precedente.

74 G.D. Serra, Appunti toponomastici sul « comitatus Auriatensis», in « Rivista di studi liguri» , IX, 1943, pp. 44-45.

75 Cfr. R. Comba, Metamorfosi di un paesaggio rurale.Uomini e luoghi del Piemonte sud occidentale fra X e XVI secolo, Torino, 1983, p.86 nota 244.

76 Cfr., ad esempio, in generale, F. Panero, Terre in concessione e mobilità contadina. Le campagne fra Po, Sesia e Dora Baltea (secoli XII e XIII), Bologna, 1984, pp. 154-187.

77 Cfr. Settia, Castelli e villaggi, cit. (sopra, nota 13), p. 310 con le note a p. 338.

78 Cosí osserva G. Duby, L'economia rurale nell'Europa medievale. Francia, Inghilterra, Impero (secoli IX-XV), Bari, 1970, pp. 14-72, in una sintesi che conserva tuttora la sua validità.

79 V. Fumagalli, Coloni e signori nell'Italia settentrionale. Secoli VI-XI, Bologna, 1978, pp. 84-89; cfr. anche Id., Terra e società, cit. (sopra, nota 10), pp. 25-26, 29-31.

80 Cfr. i singoli casi studiati da Comba, Metamorfosi, cit., pp. 25-83; F. Panero, Popolamento e movimenti migratori, in Id., Comuni e borghi franchi, cit., pp. 25-40; J. Jarnut, Bergamo 568-1098. Storia istituzionale, sociale ed economica di una città lombarda nell'alto medioevo, Bergamo, 1980, pp. 170-171; S. Bortolami, Territorio e società in un comune rurale veneto (sec. XI-XIII). Pernumia e i suoi statuti, Venezia, 1978, pp. 35-80; F. Menant, Campagnes lombardes, cit. (sopra, nota 39), pp. 70-72.

81 Fagnani, Rovescala, cit. (sopra, nota 16), p. 42.

82 Menant, Campagnes lombardes, cit., p. 105 e ivi nota 161.

83 Comba, Metamorfosi, cit., pp. 49-50, sulla base di G. Fissore, Problemi della documentazione astigiana nei secoli X-XII, in « Bollettino storico-bibliografico subalpino» , LXXI, 1973, doc. 1 (a. 1043), pp. 496-497.

84 Il caso è considerato, in specie, da Panero, Popolamento e movimenti migratori, cit., p. 35.

85 Cfr. sopra nota 1 e testo corrispondente.

86 Cfr. sopra testo corrispondente alla nota 72.

87 Cfr. Baronio, « Monasterium et populus » , cit. (sopra, nota 38), tabelle in appendice, p. 335.

88 Cfr. sopra testo corrispondente alla nota 25.

89 Cfr. sopra testo corrispondente alla nota 38.

90 Baronio, « Monasterium et populus » , cit., p. 58.

91 Cfr. Baronio, op. cit., pp. 67-68: prima del 1027 il castello di Milzano venne usurpato da signori locali e restituito all'abbazia solo dopo un intervento dell'imperatore.

92 Cfr. ad esempio Baronio, op. cit., pp. 53, 59, 71.

93 Per il possesso della corte di Roddi da parte di S. Pietro di Breme Cartario dell'abazia di Breme, cit. (sopra, nota 3), doc. 26 (980?), p. 29 e doc. 48 (febbraio 1014), pp. 56-59; per Roddino e Rodello: F. Panero, Uno strumento per la formazione del distretto comunale: i cittadinatici, in Id., Comuni e borghi franchi, cit., pp. 140-141.

94 Cfr. Settia, Castelli e villaggi, cit., pp. 331-336; Panero, Popolamento e movimenti migratori, cit., pp. 26-30; Id., Terre in concessione, cit. (sopra, nota 75), pp. 160-187.

95 Menant, Campagnes lombardes, cit., p. 105 nota 267.

96 Comba, Metamorfosi, cit., p. 66 nota 169; Guglielmotti, I signori di Morozzo, cit., p. 38.

97 G. Rovano, Insediamenti abbandonati nel Canavese tra X e XIII secolo, dattiloscritto presso il Dipartimento di storia dell'Università di Torino (a. 1981), Appendice, scheda B. 17, pp. CXXXVII-CXLIII.

98 Sopra, testo in corrispondenza della nota 44.

99 Fagnani, Rovescala, cit., p. 42; sulla crisi del secolo XIV cfr. G. Cherubini, Le campagne italiane dall'XI al XV secolo, in O. Capitani, R. Manselli, G. Cherubini, A.I. Pini, G. Chittolini, Comuni e signorie: istituzioni, società e lotte per l'egemonia, Torino, 1981, pp. 307-315.

100 Rovano, Insediamenti abbandonati nel Canavese, cit., Appendice, scheda A. 18, pp. LXXI-LXXIV.

101 Cfr. sopra le note 34 e 47 con il testo corrispondente.

102 G.B. Moriondo, Monumenta Aquensia, I, Torino, 1789, doc. 306 (14 agosto 1353), col. 317.

103 Petracco Sicardi, Nota sui toponimi lunigianesi, cit. (sopra, nota 9), pp. 62-64; si veda anche G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, III, Sintassi e formazione delle parole, Torino, 1969, pp. 37-45 (-iculus), 402-406 (-ello,-olo).

104 Cfr. A.A. Settia, Chiese, strade e fortezze nell'Italia medievale, Roma, 1991, p. 35 nota 103.

105 Su questa località e sui relativi problemi cfr. V. Druetti, Il sito della « mansio Quadrata» sulla strada romana Torino-Pavia, in « Atti della Società piemontese di archeologia e belle arti» , X, 1926, pp. 309-336; G. Rigaudo Viretti, F. Spegis, G.F. Villata, « Mansio Quadrata» . Insediamento romano di Verolengo, Verolengo (Torino), 1986. Sulle divagazioni del Po nella zona Settia, Chiese, strade e fortezze, cit., pp. 208-213.

106 G.D. Serra, Casi tipici di continuità e di evoluzione nella forma dei nomi delle città romano liguri, in Id., Lineamenti di una storia linguistica dell'Italia medioevale, I, Napoli, 1954, p. 92; si veda anche Id., La tragedia di Pollenzo interpretata nel quadro onomastico pollentino, in « Bollettino per gli studi storici, archeologici e artistici nella provincia di Cuneo» , 88, 1957, p. 22.

107 A.A. Settia, Le fortificazioni dei Goti in Italia, in Teoderico il grande e i Goti d'Italia, Atti del XIII congresso internazionale di studi sull'alto medioevo (Milano, 2-6 novembre 1992), Spoleto, 1993, pp. 105-106 per notizie generali sull'Anonimo Ravennate, p. 124 per Tridentem-Trinctonia.

108 Per Baienne superius: Heinrici III. diplomata, cit. (sopra, nota 1), doc. 70 (26 gennaio 1041), pp. 93-94; sullo spostamento di Augusta Bagiennorum, Settia, Chiese, strade e fortezze, cit., p. 35 e nota 103; C. La Rocca, « Fuit civitas prisco in tempore» . Trasformazione dei « municipia» abbandonati dell'Italia occidentale nel secolo XI, in La contessa Adelaide e la società del secolo XI, Atti del convegno di Susa (14-16 novembre 1991), Susa, 1993 (= « Segusium» , XXIX, 1992), pp. 117, 121, 123-125.

109 Sopra, testo corrispondente alla nota 4; Panero, Primo elenco, cit. (sopra, nota 6), p. 262.

110 La prima attestazione nota di Magnanum « vecchio» è soltanto del 1152; il Magnano attuale (« nuovo» ) è un borgo franco fondato dal comune di Vercelli nel 1204 (Panero, Primo elenco, cit., pp. 261-262).

111 Cfr. Le piú antiche carte dell'abazia di Caramagna, a cura di C.E. Patrucco, in Miscellanea saluzzese, Pinerolo, 1902, doc. 1 (28 maggio 1028), pp. 62-63: « in loco et fundo Caramania [...] et Caramaniola» .

112 Rispettivamente: I diplomi di Ugo e Lotario, cit. (sopra, nota 16), doc. 20 (12 marzo 929), p. 59, che fa riferimento ad una precedente concessione di re Liutprando: « in vico Besozolo» ; Gli atti privati milanesi e comaschi del secolo XI, II, a cura di C. Manaresi e C. Santoro, Milano, 1960, doc. 281 (11 agosto 1040), p. 291: « prope Besozo» .

113 Sono parole di Nikolaj Rudnicki citate da G.D. Serra, Centri e stazioni pastorali sul territorio dell'antica Liguria, in Id., Lineamenti, III, cit. (sopra, nota 65), p. 143. Ivi, pp. 144-149 si mette in chiaro che Volpeglino non è diminutivo di Volpedo, come a prima vista potrebbe apparire, si tratta quindi di un esempio di falsa « coppia» .

114 A. Solari, « Fidentia» e « Fidentiola vicus», in « Archivio storico per le province parmensi» , XXIX, 1929, pp. 1-6.

115 R. Andreotti, Per la storia di Fidenza nell'antichità, in « Archivio storico per le province parmensi» , s. 4ª, XVII, 1965, pp. 75-76.

11 6 Codex Astensis, cit. (sopra, nota 33), doc. 661 (9 marzo 1277), p. 680; Panero, Un momento della pianificazione territoriale del comune di Alba nel XIII secolo: la fondazione della villanova di Cherasco, in Id., Comuni e borghi franchi, cit., pp. 208-209 nota 214.

117 Settia, Insediamenti abbandonati, cit. (sopra, nota 5), p. 325.

118 F. Bocchi, Ferrara, una città per due vocazioni: urbanistica e storia, da piazzaforte militare a centro commerciale, in Insediamenti nel Ferrarese, Firenze, 1976, pp. 126-128.

119 G. Volpe, Lunigiana medievale, in Id., Toscana medievale: Massa Marittima, Volterra, Sarzana, Firenze, 1964, p. 380 nota 1.

120 Rovano, Villaggi abbandonati, cit., p. 312; per le vicende di questo insediamento, Panero, Villaggi abbandonati e borghi nuovi nella regione doranea del territorio vercellese: il caso di Uliaco, in Id., Comuni e borghi franchi, cit., pp. 101-118.

121 Dal Ticino, ad esempio, si stacca nel corso del Duecento il Ticinello (Settia, Il distretto pavese, cit., p. 148); dal fiume Bondeno il Bundegniolus, oggi Bondanello ( Codice diplomatico polironiano, cit., doc. 14, giugno 1007, p. 99); dal Curone il Coruncellum( Le carte del monastero di S. Pietro in Ciel d'oro di Pavia, II, a cura di E. Barbieri, M.A. Casagrande, E. Cau, Pavia-Milano, 1984, doc. 38 (18 aprile 1171), p. 60. Si veda anche sopra il passo del Serra citato in corrispondenza della nota 71.

122 Cfr. Settia, La toponomastica come fonte per la storia del popolamento rurale, in Medioevo rurale. Sulle tracce della civiltà contadina, a cura di V. Fumagalli e G. Rossetti, Bologna, 1980, pp. 46-47.