next essay previous article indice volumeStudi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36


Silvia Dominici , Un giornalista tra le due guerre: F.Paoloni dal socialismo « evangelico » al fascismo


2. Nel primo passo dell'allontanamento dalla cultura politica che aveva fino a quel momento professato, Paoloni non riteneva dunque di rinnegare l'ideologia del movimento operaio, ma faceva proprie alcune idee e tendenze che avrebbero snaturato progressivamente i punti di riferimento essenziali del socialismo.

Nelle corrispondenze da Roma per il quotidiano di Mussolini, oltre a rendere conto dei commenti piú autorevoli della stampa nazionale agli avvenimenti del giorno e degli umori e delle voci della vita politica nella capitale, Paoloni rivolgeva vivaci critiche agli esponenti politici schierati per la neutralità: i resoconti delle attività e degli interventi di Giolitti e degli uomini politici a lui vicini contribuivano ad alimentare la violenta polemica condotta dal « Popolo d'Italia» contro il « parecchio» e le trattative con la Triplice, contro il « turpe sabotaggio» operato nei confronti dell'Italia da « preti, giolittiani e socialisti ufficiali» , sulla linea di Mussolini30. Il volume I nostri « Boches» . Il partito tedesco in Italia. Il giolittismo, che raccoglieva questi articoli, intendeva svelare tutte le manovre e i tentativi piú o meno segreti operati a nome del governo tedesco dall'ambasciatore principe von B&uumllow e da Giolitti per tenere l'Italia fuori dalla guerra, o addirittura per indurla a combattere a fianco degli Imperi centrali. Con una minuziosa ricostruzione delle interviste e degli articoli pubblicati su vari giornali e delle raccolte dei documenti diplomatici italiani e austriaci, Paoloni dimostrava che le trattative segrete condotte da Giolitti a nome del governo ma senza alcuna investitura ufficiale, avevano costretto l'Italia ad entrare in guerra troppo in ritardo, con conseguenze rovinose per l'esito della stessa. Se infatti si fosse intervenuti a fianco dell'Intesa già dal mese di aprile, argomentava Paoloni, certamente la Romania avrebbe seguito l'esempio dell'Italia, e le potenze alleate avrebbero potuto ulteriormente avvantaggiarsi della favorevole situazione strategica creatasi nel frattempo, con le linee russe attestate in quel periodo ancora sui Carpazi, in una posizione molto avanzata. Il ritardo nell'intervento dunque, secondo questa ricostruzione, aveva già segnato un punto a favore di Giolitti, e quindi degli Imperi centrali31. La dimostrazione in termini strategico-politici dei presunti successi ottenuti dalle trame tedesco-giolittiane - che, posta in relazione con i sentimenti antitedeschi fortemente diffusi in Italia, ha ottenuto talora alcuni parziali riscontri sul piano storiografico32 - divenne per Paoloni un chiodo fisso, tanto che il giornalista si specializzò in una sorta di dietrologismo teso a scorgere ovunque le tracce di presunti intrighi architettati dagli avversari politici.

I nostri « Boches» ottenne tra gli interventisti recensioni entusiastiche33; Mussolini, nella sua prefazione al volume, definiva Paoloni un « coscienzioso e forte pubblicista» , sottolineando che il libro rispondeva alla necessità di tener viva in Italia la memoria delle responsabilità di Giolitti e di illustrare che il giolittismo altro non era che « una organizzazione che si propone di tutelare in Italia gli interessi della Germania» . 34In una lettera dal fronte, il futuro duce si complimentava con Paoloni per il successo ottenuto dal volume, un vero « libro di demolizione» .35

L'attività giornalistica veniva intesa da Paoloni sempre piú come una vera e propria militanza; egli considerava infatti la stampa come un fronte ulteriore e il giornalista come un combattente nella trincea del « fronte interno» . L'osservazione secondo la quale per governare l'Italia sarebbe bastato l'appoggio di un solo grande quotidiano, e che senza l'interventismo del « Corriere della sera» il paese sarebbe rimasto fuori dal conflitto36, pare qui trovare un'ulteriore conferma nell'importanza attribuita agli articoli dagli animatori delle battaglie giornalistiche: Paoloni si assumeva il compito, attraverso le sue corrispondenze, di vigilare su coloro che nel passato avevano manifestato tiepidi sentimenti nei confronti dell'intervento dell'Italia, politici o giornalisti, « nemici» che potevano in qualche modo contribuire a dar fiato al « giolittismo» inteso come un sistema di alleanze segrete tese a danneggiare gli interessi dell'Italia37; tra questi « giolittiani» di varia categoria venivano annoverati i sottoprefetti e altri funzionari pubblici addetti ai comitati d'assistenza, che, attraverso i tipici metodi di governo di Giolitti, cioè l'illegalità e il clientelismo, elargivano favori sulla base del loro potere38.

In linea con le critiche espresse da alcuni settori dell'interventismo al ministero Salandra nell'inverno tra il 1915-191639, gli articoli di Paoloni per il quotidiano di Mussolini, che in quel periodo ottenevano anche un certo rilievo collocandosi come articoli di fondo o comunque in prima pagina - e che Mussolini giudicava « buoni, ottimi» -, 40 sottolineavano che soltanto una partecipazione di tutte le forze interventiste alla compagine ministeriale avrebbe garantito al governo una piú larga base di consenso. Paoloni espresse giudizi non sempre coerenti su quel ministero: solo a tratti critico negli articoli41, piú conciliante nell'intervento al convegno di Milano del maggio del 191642, caustico invece nella corrispondenza privata43, anche se nel complesso si trattava di un appoggio sostanziale all'opera di Salandra - non mancano tra l'altro fonti del ministero degli Interni che parlano di supposti finanziamenti e stipendi occulti elargiti da Salandra in favore di Paoloni44 -, che era condiviso anche da altri settori dell'interventismo45. In vista della preparazione del ministero Boselli, le cronache di Paoloni tornavano a insistere sul pericolo di un eventuale allargamento della compagine ministeriale a esponenti del giolittismo o a ex neutralisti; in particolare egli protestava contro la possibilità che anche all'on. Facta fosse assegnato un ministero46.

Sullo sfondo della severa campagna contro il giolittismo, emerge un giudizio critico all'intero sistema parlamentare. Paoloni constatava la formazione di una « clientela parassitaria» che aveva trasformato il parlamento in una « commedia svergognata» , organizzata al fin e di infiacchire gli ideali e i diritti dei cittadini e di appropriarsi dei beni prodotti con il lavoro, mentre la richiesta di una radicale riforma del sistema rappresentativo era giustificata dal corrispondente del « Popolo d'Italia» non solo dalle emergenze del periodo bellico, che imponevano la costituzione di governi solidi e investiti di speciali poteri, ma piú in generale dai nuovi bisogni che la società esprimeva anche in tempo di pace. Oltre il parlamento, anche la burocrazia statale era considerata uno strumento volto a rallentare i cambiamenti in corso47. Ritorna qui la netta percezione di un mondo in completa evoluzione. Questi temi sarebbero stati rielaborati da Paoloni negli anni del fascismo, e il problema della rappresentanza parlamentare e sindacale sarebbe divenuto oggetto di una serie di articoli e interventi, alcuni dei quali riutilizzati per la pubblicazione del saggio sul sistema rappresentativo del fascismo, la sua opera maggiore48.

La Chiesa e il papa erano ritenuti un altro baluardo delle « forze neutraliste» , accanto ai socialisti e ai giolittiani. Nel consueto stile polemico, Paoloni dedicava parte delle sue cronache del « Popolo d'Italia» agli interventi papali e agli articoli pubblicati sulla stampa cattolica, in particolare sul « Corriere d'Italia» . In linea con larga parte del mondo interventista - anche se non partecipò direttamente alla violenta campagna anticlericale condotta dal suo giornale nell'autunno del 191649 -, considerava il papa e le alte gerarchie vaticane succubi delle influenze del clero e del cattolicesimo austriaco50, in particolare per il credito che sembrava ottenere l'opera di conciliazione tentata da von B&uumllow attraverso il Vaticano in favore della cessazione delle ostilità o per stipulare paci separate convenienti agli Imperi centrali. Riteneva ogni pronunciamento papale contro la guerra una rinuncia alla neutralità di fatto e una prova ulteriore della « tedescofilia» delle alte gerarchie ecclesiastiche; inoltre Paoloni credeva di scorgere dietro gli interventi di Benedetto XV dei goffi tentativi di risollevare la questione romana a danno del governo italiano51. Nel 1929 sarebbe tornato ad occuparsi della politica della Chiesa con la pubblicazione di un piccolo libro sul Concordato, privo di accenti anticlericali, celebrativo nei confronti di Mussolini, composto dal testo dell'accordo e da una introduzione sulla storia dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia52.

I contatti con Manlio Morgagni e con alcuni ex compagni di partito transfughi dal Psi o militanti in nuove formazioni rappresentavano, oltre al « Popolo d'Italia» , i punti di riferimento politici di Paoloni negli anni della guerra. Non può essere lasciato in secondo piano tra l'altro il rapporto con Mussolini, che il redattore consultava per le direttive da imprimere al giornale e in merito alle inchieste che riempivano le pagine dei suoi volumi. Il desiderio che il fondatore del « Popolo d'Italia» tornasse a dirigere con rinnovato vigore il quotidiano e a dettare le linee politiche del movimento interventista, spinse alcuni tra suoi collaboratori a cercare canali adatti presso le gerarchie militari perché Mussolini, in quel momento impegnato nelle linee del fronte, fosse almeno assegnato a reparti meno pericolosi, se non proprio congedato. Paoloni si incaricò personalmente dell'operazione, che tuttavia non andò in porto, contattando Bissolati53. Mussolini, nella corrispondenza con Paoloni nel periodo di guerra54, commentava la situazione politica e incoraggiava il suo redattore nella battaglia contro ogni forma di neutralismo.

La corrispondenza di Paoloni con Manlio Morgagni indica rapporti molto stretti tra i due giornalisti55. Paoloni avrebbe voluto veder pubblicate sul « Popolo d'Italia» per intero le sue denunce e le sue ricerche volte a smascherare intrecci sospetti di interessi e di contatti tra italiani e tedeschi, ma Morgagni, al tempo agente della pubblicità del quotidiano di Mussolini, preoccupato di non infastidire i finanziatori del giornale, operava una sorta di censura sugli articoli del corrispondente, frenandone le impetuose iniziative. Paoloni accettava di apportare modifiche ai suoi scritti polemici per non creare imbarazzi personali al suo corrispondente, anche se tentava di difenderne il contenuto chiarendo che già si era esposto sui giornali con minacce di rivelazioni sensazionali56.

L'attività giornalistica e quella politica erano strettamente connesse nell'ambiente interventista, soprattutto perché le iniziative politiche e editoriali facevano spesso capo alle stesse persone, dotate di cospicui mezzi finanziari. Non erano mancati tra l'altro tentativi di fondare un nuovo periodico per la capitale. In una riunione tra interventisti si era stabilita, alla fine del 1915, la fondazione di un giornale, che poi vide la luce dal 21 novembre al 25 dicembre con il titolo « Il Fronte interno» , con periodicità settimanale57. Questo periodico, influenzato da ambienti vicini alla massoneria, subí varie vicissitudini editoriali, fino ad assumere il profilo definitivo di organo dell'interventismo repubblicano alla fine del 191758.

Paoloni, pur non rimanendo estraneo a quei tentativi, lavorava intanto per un'edizione del « Popolo d'Italia» per la capitale, che giustificava con la necessità di tener sveglie le coscienze, « montare l'ambiente come nel Maggio» e lottare contro il consueto « pericolo Giolitti-socialisti-clericali» ; ma il « Popolo d'Italia» , pur essendo la testata adatta che « fa paura» , non aveva secondo Paoloni una « risonanza efficace» nella capitale59. Il giornalista proponeva, illustrandone i vantaggi economici, non un'edizione composta tutta a Roma, che sembrava difficile da realizzare perché troppo costosa, ma l'impianto di un ufficio di corrispondenza nella capitale, per far uscire il giornale la mattina, invece che la sera. Paoloni sollecitava una risposta rapida da parte di Morgagni, perché temeva che altrimenti il Guerrazzi, non privo di mezzi finanziari, potesse riuscire a trasformare il periodico « Fronte Interno» da lui fondato in un quotidiano, creando nella capitale una concorrenza certo non utile al giornale di Mussolini. Asseriva inoltre di essere riuscito ad ottenere l'assicurazione che Guerrazzi e altri facoltosi interventisti del suo ambiente avrebbero acquistato diecimila copie del « Popolo d'Italia» romano per sei mesi senza altra condizione che la continuazione della lotta antigiolittiana60. L'edizione milanese con la pagina romana uscí dal 23 novembre 1916 alla fine dell'anno.

Tuttavia soltanto nell'ottobre del 1917, in un periodo di ristrutturazione finanziaria, vide la luce un'edizione romana vera e propria del quotidiano di Mussolini61. A questa edizione, che comportò peraltro un passivo notevole in bilancio, lavorava come caporedattore Giuseppe De Falco62, che aveva preannunciato una campagna giornalistica contro la Banca italiana di sconto. Proprio per evitare l'inchiesta, che prendeva di mira i finanziatori del giornale, fu decisa la chiusura del « Popolo d'Italia» per la capitale, e si venne alla creazione di un nuovo periodico, « Il Giornale del popolo» , diretto dallo stesso De Falco, in accordo con Mussolini, e sempre con i fondi Ansaldo63. Sulle vicende della proprietà della testata, i finanziamenti e i proventi ricavati da varie fonti, non sembra che Paoloni conservasse un ruolo di qualche rilievo; collaborò tuttavia in qualità di redattore capo a questo nuovo periodico con il consenso di Mussolini64. « Il Giornale del popolo» uscí dal 1° agosto 1918, con il sottotitolo di « quotidiano socialista - già edizione romana del Popolo d'Italia» , e sostenne fermamente in politica estera la linea antisonniniana di Bissolati65. Il quotidiano non divenne l'organo di un nuovo partito, ma intendeva tuttavia rappresentare le posizioni dei socialisti interventisti autonomi.

Accanto all'attività giornalistica, Paoloni aveva partecipato attivamente alle iniziative politiche del movimento interventista a partire dalle agitazioni del maggio 1915 e, secondo alcuni testimoni del tempo, ne era stato un convinto e deciso promotore66. Frequentava assiduamente, oltre i Fasci rivoluzionari, vari circoli politici legati all'esperienza dell'interventismo, dalla « Trento e Trieste» alla « Lega antitedesca» , insieme a personaggi quali l'avvocato Guerrazzi e Giovanni Preziosi67. Non sono molto chiari nei dettagli i rapporti di Paoloni con l'ambiente della massoneria romana, ma furono certamente stabiliti contatti di lavoro e collaborazione, soprattutto con le logge di Costanzo Premuti68, anche tenendo conto del clima politico generale, che favoriva un avvicinamento tra i diversi schieramenti dell'interventismo e nonostante la pregiudiziale fortemente antimassonica che aveva caratterizzato la militanza socialista di Paoloni, ribadita ancora negli anni successivi69.

In questi anni Paoloni non aveva dimesso l'ambizione di costituire con le varie forze interventiste un nuovo raggruppamento politico che, pur richiamandosi al socialismo, si distinguesse dai due partiti socialisti esistenti. Esprimeva l'esigenza di conciliare le tendenze e ricomporre le divergenze per un disegno di lotta comune, nella speranza di attirare anche gli operai, sottraendoli all'influenza dei neutralisti70. I tentativi messi in opera in questo senso non avevano avuto però alcun esito a causa della grande frammentazione del fronte interventista e delle scarse affinità politiche tra gli esponenti di spicco del movimento71. Una spinta ulteriore in favore della costituzione di un raggruppamento ufficiale che ottenesse un riconoscimento a livello internazionale fu sollecitata dalla decisione del consiglio nazionale dei socialisti francesi di invitare al convegno socialista internazionale dei paesi dell'Intesa solo i delegati di partiti regolarmente iscritti al Bureau Socialiste Internazionale72. Nel febbraio del 1917, in una riunione programmatica in vista della formazione della nuova aggregazione politica, Paoloni veniva indicato tra gli esponenti che avrebbero dovuto costituire la commissione per definirne le linee73; egli sosteneva che le ragioni politiche di una divisione tra riformisti e sindacalisti erano venute a cadere con i mutamenti radicali imposti dalla guerra e che si erano realizzate le condizioni per studiare una base di intesa sulla quale convergessero le due correnti74.

Nonostante l'impegno di molti tra i suoi promotori, il congresso interventista di Milano di luglio non riuscí a sanare le divergenze, come dimostrarono i tumulti suscitati dai nazionalisti presenti e gli scarsi consensi ottenuti dall'odg De Ambris, che pure risultò approvato. Questo odg, che venne difeso e spiegato da Paoloni sulle colonne del « Popolo d'Italia» , si pronunciava a favore di una sistemazione dell'assetto europeo che tenesse conto della reintegrazione territoriale dei paesi invasi e di quelli che avevano perso alcune regioni, della nascita di nazioni indipendenti in vista della costituzione dei futuri Stati uniti d'Europa e della Società delle nazioni, secondo i progetti wilsoniani75. Sul piano della politica interna, veniva decisa la costituzione di una federazione tra i comitati nazionali di azione che sarebbero sorti in varie città per tenere sotto controllo le forze neutraliste e le complicità o debolezze del governo nei confronti degli elementi contrari alla guerra76; in seguito, nonostante le divisioni e le polemiche intestine, fu condotta in modo unanime un'aspra campagna, alla quale Paoloni non fu estraneo, contro il governo Orlando e le posizioni dei sonniniani e dei nazionalisti77.

Uno schieramento unitario tra i socialisti interventisti estranei al Psi venne raggiunto soltanto nel maggio 1918 con il congresso dell'Unione socialista italiana78. Al congresso dell'Unione del dicembre successivo Paoloni affermava che la guerra appariva come l'evento che aveva « determinato una tensione dell'anima popolare verso realizzazioni immediate di aspirazioni ancora confuse» e nello stesso tempo aveva distrutto quel livello di ricchezza senza il quale la realizzazione del socialismo avrebbe significato « uguaglianza nella miseria» , « dittatura demagogica» . La rivoluzione socialista veniva rimandata a tempi migliori, per non turbare con il disordine sociale la ripresa della produzione di « ricchezza sociale» , mentre il ricorso al linguaggio propagandista di un tempo era avvertito come inadeguato e insufficiente: « le formule generiche dei giorni dell'apostolato non bastano piú quando si tratta di chiamare il paese alle realizzazioni immediate o prossime» . Emergevano altre priorità: la crescita della produzione economica e la creazione di nuove regole nel sistema politico per garantire una vera influenza delle classi lavoratrici nel governo della nazione. In accordo con la richiesta emersa al congresso per la convocazione di una costituente, sosteneva, non lontano da quel « nazionalismo modernista» che, è stato sottolineato, larga parte ebbe nella cultura politica del tempo e del primo fascismo79, che il parlamento era il primo istituto a ostacolare nel paese sia la produzione sia una giusta rappresentanza politica80.

Le tendenze antiparlamentariste che Paoloni aveva maturato nel periodo bellico si articolavano dunque in un organico progetto di riforma dello Stato, con l'intento di liberare il paese dagli impacci di un sistema politico che egli avvertiva fiaccato dai compromessi degli interessi di parte e dalla mediocrità dei suoi rappresentanti, per consentire un largo sviluppo delle forze produttive. Paoloni si schierava per l'abolizione del « governo a base parlamentare» , in favore di una espressione diretta della sovranità popolare come avveniva nelle democratiche « Svizzera e America» , con un esecutivo composto da pochi membri eletti direttamente, con l'aggiunta di una rappresentanza espressa dalle classi lavoratrici. Auspicava l'istituzione del referendum popolare e poi di assemblee legislative di controllo formate da rappresentanti delle « forze vive» del paese, indicate tra le organizzazioni produttive dei lavoratori, dei professionisti, e anche dei partiti politici, considerati come « forze motrici» della vita sociale81. I collegi elettorali inoltre, per rispettare le reali condizioni del paese, avrebbero dovuto essere stabiliti non con criteri geografici, ma secondo le legittime rappresentanze di organismi stabiliti tra lavoratori e professionisti82.

Gli stessi temi, almeno in parte, veniva elaborando Mussolini. Per il direttore del « Popolo d'Italia» l'esaltazione del produttivismo e della qualità del lavoro che produce ricchezza si coniugava con un rinnegamento dell'ideologia socialista e con la ricerca di una via politica personale83, che lo spingevano tra l'altro a prendere le distanze da iniziative come quella dell'Usi.


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30 Per la polemica contro il neutralismo del Psi e l'antigiolittismo predicati da Mussolini, R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo. L'Italia dalla Grande guerra alla marcia su Roma, 2 voll., Bologna, 1991, vol. I, pp. 268 sgg. Sull'antigiolittismo diffuso nel decennio precedente la grande guerra, G. Carocci, Giolitti e l'età giolittiana. La politica italiana dall'inizio del secolo alla prima guerra mondiale, Torino, 1971, pp. 106-118; E. Gentile, Il mito dello Stato nuovo dall'antigiolittismo al fascismo, Roma-Bari, 1982, pp. 31-79.

31 I nostri « Boches» . Il partito tedesco in Italia, Milano, 1916. Per l'azione della diplomazia tedesca e austriaca nei confronti dell'Italia, A. Monticone, La Germania e la neutralità italiana 1914-1915. La missione a Roma del principe Von B&uumllow, Bari, 1971.

32 Si veda per un'analisi sui sentimenti di antipatia di matrice ideologica diffusi in Italia verso il mondo germanico e di una simpatia di natura piú « pratica» , cioè legata a motivi economici e militari, espressa dai gruppi legati a Giolitti, A. Monticone, Gli italiani in uniforme 1915-1918. Intellettuali, borghesi, disertori, Bari, 1972, pp. 11-36.

33 Cfr. M. Terzaghi, I nostri « Boches», in « Il Popolo d' Italia» , 12 giugno 1916, e G. F. Guerrazzi, Quel che si deve leggere, in « Il Fronte interno» , 16 luglio 1916.

34 Si veda la prefazione riprodotta in B. Mussolini, Opera omnia(d'ora in poi OO), a cura di E. e D. Susmel, Firenze, 1952, VIII, pp. 232-233 e la nota dei curatori; inoltre, F. Paoloni, I nostri « Boches», cit., pp. 3-4.

35 Da una lettera del 30 maggio 1916, inedita, rinvenuta insieme ad altre edite, in ACS, Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo(d'ora in poi Alto Commissariato), titolo XVII, vol. II, fasc. 504: « Carissimo, il Morgagni mi scrive che i tuoi "Boches" hanno ottenuto un successo editoriale di tale imponenza, da costituire specie in questi tempi, un vero e proprio record. Benissimo! È buon segno, soprattutto dal punto di vista morale. Il tuo libro è seriamente un libro di demolizione. L'ho riletto in questi giorni e sento il bisogno di felicitarmi con te. Hai condotto e vinta una magnifica battaglia. Il tuo è un libro storico e rimarrà legato a questo nostro eccezionale periodo di vita.
Passo ad altro.
Nel Corriere del 27, finalmente, l'on. Torre, si è accorto della propaganda assolutamente anti-italiana che certi clubs jugo-slavi conducono a Parigi e a Londra. Ti confesso che, se i nostri soldati sapessero che v'è gente - e non degli ultimi venuti - a Londra e a Parigi, cosí slavofila da osare di mettere in dubbio il possesso italiano per Trieste, i nostri soldati "gelerebbero".
Ora è tempo di fronteggiare questa propaganda insensata.
Noi non combattiamo l'Austria per farci far fessi dagli jugo-slavi.
È bene, anche in vista della riapertura della Camera, che tu da Roma, cominci ad agitare il problema. Ho prospettato a Nar il mio punto di vista e te lo riassumo grosso-modo.
Intesa economica e politica italo-serba su questa base - Dalmazia e isole antistanti all'Italia, se possibile sino al Narente, in ogni caso sino a Zara - L'Adriatico lago italiano dal punto di vista militare; lago italo-serbo economicamente parlando.
Intanto: il nostro Governo conosce questa campagna degli jugo-slavi? Abbiamo definito cogli altri alleati, la futura ripartizione territoriale? L'Italia fa troppi sacrifici, perché debba alla fine contentarsi del biblico piatto di lenticchie.
Se avrò tempo, scriverò anch'io qualche cosa sulla questione.
Bisogna arginare il pacifismo. Si scrive, si parla troppo di pace e ciò si riverbera sul morale dei soldati.
Quanto all'offensiva sul Trentino, noi, seri [?], guardiamo la situazione con molta tranquillità e assoluta fiducia nel Comando Supremo.
Personalmente, io sto bene. La zona dove mi trovo è tranquilla. Ci stiamo rielaborando, riequipaggiando, facciamo le punture anti-tifiche, ci rimettiamo insomma dopo le dure prove sopportate in piena efficienza, per i nostri combattimenti.
Salutiamo gli amici di Roma, che mi ricordano e tu credimi, con un'affettuosa stretta di mano, tuo,
Mussolini
5ª compagnia 11È Bersaglieri» .

36 Cfr. P. Alatri, La stampa nel periodo fascista, in « Studi Storici» , VII, 1966, n. 2, pp. 418-429.

37 Cfr. gli articoli di Paoloni: Il gioco B&uumllow-Giolitti; Giolitti tenta un colpo di scena a favore della Germania; Attorno agli sforzi dei neutralisti. La « Tribuna» attende il « parecchio»; Gli estremi ignobili tentativi del neutralismo parlamentare, in « Il Popolo d'Italia» , rispettivamente in 24 aprile, 25 aprile, 1° maggio, 9 maggio 1915.

38 Cfr. Il pericolo, ivi, 27 ottobre 1915, e Per un « governo della malavita», ivi, 3 novembre 1915. Già nel decennio precedente Paoloni aveva d'altra parte condiviso pienamente la condanna morale espressa da Salvemini nei confronti dei metodi di governo di Giolitti (cfr. Pregiudiziale: Abbasso Giolitti!, in « Sempre Avanti!» , 20 novembre 1913, e I nostri « Boches», cit., p. 19). Cfr. G. Salvemini, Il ministro della malavita e altri scritti sull'Italia giolittiana, a cura di E. Apih, Milano, 1962. Per questi aspetti, G. Arfè, Storia del socialismo italiano (1892-1926) , Torino, 19772, pp. 199-200. L'antigiolittismo di Paoloni ebbe anche una conseguenza a livello giudiziario: fu chiamato a testimoniare nel 1918 in un processo istruito contro l'ex capo di governo, che tuttavia com'è noto non ebbe alcun esito e fu archiviato (ACS, MI, UCI, b. 93, rapporto in data 11 giugno 1918; si veda anche R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., p. 387).

39 Si veda R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 327-329 e in generale, per i contrasti nel governo e nel paese in quel periodo, P. Melograni, Storia politica della Grande Guerra 1915-1918, Bari, 1969, pp. 7-8 e 165 sgg.

40 Si veda il passaggio di una lettera del 15 ottobre 1915 di Mussolini, in ACS, Alto Commissariato, cit. La lettera è stata pubblicata secondo una versione non integrale nell' OO e in R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit. Si riporta la parte del testo mancante, che va inserita nella versione nota dopo le parole « resistenza, coraggio» e prima del capoverso che inizia con « Dai giornali» : « Il "Popolo" va. Amministrativamente e anche redazionalmente. Il Morgagni mi scrive che tu ti sei impegnato per alcuni articoli di fondo. Quelli che ho visto io, sono buoni, ottimi. Continua. E soprattutto non dar tregua al neutralismo qualunque possa essere la bandiera sotto la quale nasconde la sua putrida mercanzia.
L'eventualità che piú angustia coloro che come me combattono con coscienza piena dei fini della guerra, è che i nostri sforzi debbano essere frustrati da qualche vilissima manovra interna di politicanti avariati.
Vogliamo avere le spalle sicure: insomma.
Vedo che nei Balcani le cose non sono andate come dovevano. Colpa della non ancora realizzata riordinazione degli sforzi militari e diplomatici della Quadruplice. Speriamo che Grecia e Rumenia stabiliscano l'equilibrio» .

41 In particolare si richiedeva una maggiore fermezza contro gli speculatori e una politica meno debole nell'esecuzione dei decreti: Debolezze e deficienze, in « Il Popolo d'Italia» , 25 dicembre 1915; La speculazione sul rincaro e i provvedimenti che si impongono; Il problema del grano e del carbone, ivi, 7 e 8 gennaio 1916; inoltre, La successione, ivi, 8 marzo 1916; La conferenza economica degli Alleati. Necessità d'agire e Lo stato può e deve intervenire nei grandi Istituti di Credito, ivi, 26 e 27 marzo 1916.

42 ACS, CPC, b. 3714, in data 31 maggio 1916; inoltre Solidarietà, in « Il Popolo d'Italia» , 11 settembre 1916.

43 In una lettera a Morgagni, Paoloni affermava di osservare nel ministero del « peso morto» , e che sarebbero stati necessari governi capaci di iniziativa, ministeri in grado di servirsi delle armi, degli uomini, e delle risorse a disposizione (ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39, 15 gennaio 1916).

44 ACS, UCI, b. 45, rapporto in data 13 febbraio 1917.

45 Cfr. Solidarietà, in « Fronte interno» , 17 settembre 1916.

46 Cfr. Il pericolo « Boches», in « Il Popolo d'Italia» , 16 giugno 1916, e Facta deve essere escluso!, ivi, 17 giugno 1916.

47 Per esempio, Contro la convocazione del Parlamento e Burocrazia, in « Il Popolo d'Italia» , 24 ottobre 1915 e 4 maggio 1916.

48 Si veda F. Paoloni, Sistema rappresentativo del fascismo, Napoli, 1934, volume che ebbe una seconda edizione nel 1937 con una prefazione di Sergio Panuzio, pp. 8-36. Per l'antigiolittismo e l'antiparlamentarismo delle correnti radicali, dei sindacalisti e dei nazionalisti, che presentavano caratteri differenti, E. Gentile, Il mito dello Stato nuovo, cit.

49 Cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 323-324.

50 Si veda L'intervista del papa e i commenti dei giornali, in « Il Popolo d'Italia» , 24 giugno 1915 (censurato ampiamente); gli articoli dei giorni successivi: Il policantismo del papa; Quelli che contano; 25 e 29 giugno 1915. Inoltre, I preti contro il memoriale del « Comitato milanese di resistenza interna», e« Il Corriere d'Italia» , l'austriacantismo e la concordia nazionale, ivi, 29 e 30 maggio 1917.

51 Gli armeggi tedescofili del Vaticano; Gli intrighi di B&uumllow e le mene pacifiste dei cattolici; Malinconie papali. Benedetto XV e la questione romana, ivi, 2, 4 e 14 gennaio 1916; Manovre oblique, Il pensiero dei clericali e la necessità d'un'azione concorde dell'Intesa, ivi, 16 febbraio 1916, e anche Niente '98 ma ferma volontà di difesa, ivi, 26 maggio 1917. I commenti del « Popolo d'Italia» alla nota papale del 1° agosto 1917, seppure non si ravvisa la firma di Paoloni, erano ispirati alla stessa linea espressa piú volte dal quotidiano (cfr. Programma austro-turco-tedesco; e Nar, Contro le nuove insidie: Austria e Vaticano, ivi, 19 agosto 1917). Su questo tema, si vedano gli interventi raccolti in Benedetto XV, i cattolici e la prima guerra mondiale, a cura di G. Rossini, Roma, 1963, e in Benedetto XV e la pace 1918, a cura di G. Rumi, Brescia, 1990.

52 Da Costantino a Mussolini. Note di un fascista sulla Conciliazione, Napoli, 1929. Il giornalista si era già occupato dell'argomento seguendo le tappe di avvicinamento e i contatti tra gerarchie ecclesiastiche e governo fascista (cfr. L'Italia fascista e la Santa Sede, in « Echi e commenti» , n. 2, 15 gennaio 1926, e La Santa Sede e l'Italia fascista, ivi, n. 6, 25 febbraio 1926). Per gli anni precedenti, G. Rumi, « Il Popolo d'Italia» (1918-1925), in1919-1925. Dopoguerra e fascismo. Politica e stampa in Italia, a cura di B. Vigezzi, Bari, 1965, pp. 423-524, p. 497, che cita due articoli di Paoloni del 1923.

53 Si veda la corrispondenza in ACS, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato(d'ora in poi SPD, c.r.), fasc. xr « Leonida Bissolati» , una lettera di Giuffrida del 21-6-27 e le due lettere di Bissolati del 5 e 15 ottobre 1916. Inoltre, R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 323-324.

54 Nei dettagli: le lettere si trovano pubblicate in appendice al volume di R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 700-703, e in OO, vol. XXXVIII, pp. 89-102. Mentre il primo non dà indicazioni sulla fonte da cui è stata tratta la serie di sette scritti di Mussolini a Paoloni, essi risultano tuttavia in tutto identici a quelli pubblicati nell' Opera omnia del duce. I curatori della raccolta degli scritti di Mussolini affermano che le lettere di Paoloni sono conservate in ACS, Mostra della rivoluzione fascista(d'ora in poi MRF), b. 94; a una verifica queste lettere non compaiono nel luogo indicato. È stato possibile tuttavia rinvenire alcuni dei negativi delle fotografie degli scritti di Mussolini commissionate da Paoloni in ACS, MRF, b. 167. Paoloni, invitato piú volte da Dino Alfieri, incaricato di organizzare la Mostra della rivoluzione fascista, preparata in occasione del decennale della marcia su Roma, a consegnare il materiale sugli anni della guerra e del dopoguerra in suo possesso, non intendeva cedere gli originali dei documenti, perché riteneva che contenessero alcune espressioni del duce poco convenienti. Paoloni avrebbe inviato dunque soltanto dei negativi fotografici dell'epistolario, perché quella tecnica di riproduzione consentiva, senza deturpare i testi originali, di depurare gli scritti del duce da periodi e frasi ritenuti non adatti per essere esposti al pubblico. In seguito a ripetute insistenze da parte di Alfieri, Paoloni si era deciso a mandare anche dei dattiloscritti con i testi originali, non censurati e che sono stati appunto rinvenuti in un altro fondo dell'Archivio centrale dello Stato ( Alto Commissariato, cit.). Tra questi, oltre ai testi delle lettere già pubblicate e di quelle qui riportate, si è rinvenuta la lettera del 28 ottobre 1916, in una versione piú completa sia di quella rinvenuta in lastra fotografica in MRF, b. 167, sia di quella, piú lunga, pubblicata nell' OO e in R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit. La frase mancante è un giudizio di Mussolini poco lusinghiero sulla capitale: « Roma è una città molto o poco apatica» . Per la corrispondenza tra Paoloni e Dino Alfieri, ACS, MRF, b. 167.

55 ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39. Paoloni si rivolgeva all'amico per questioni di vario genere, dalla richiesta di un prestito ai commenti sulla situazione politica interna e sull'Intesa, oltre a considerazioni, non sempre facilmente decifrabili nel contesto delle lettere, sui colleghi, tra i quali Ojetti e Mussolini.

56 Paoloni dichiarava che avrebbe depurato i suoi scritti da ogni riferimento preciso ad accordi commerciali e bancari, in lettere a Morgagni del 9 e del 16 febbraio 1916 ( ibidem).

57 Cfr. i rapporti del 24 novembre 1915 e del 12 e 14 novembre 1915, che riportano i contrasti emersi in una riunione del Fascio interventista romano sull'opportunità o meno di fondare un periodico come espressione unitaria dell'interventismo romano, in ACS, MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 119. Inoltre, ACS, MI, DGPS, serie F1 nera, b. 34, fasc. « Fronte interno» , rapporti in data 20 dicembre 1915 e 7 gennaio 1916 - in quest'ultimo si rendeva noto che « Il Fronte interno» cessava le pubblicazioni con il numero 5 in data 25 dicembre 1916 -, e R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 338 sgg.

58 ACS, MI, DGPS, serie F1 nera, b. 34, rapporti del 4 agosto, 19 e 23 settembre 1917. Per i finanziamenti dei grandi gruppi siderurgici alla stampa, compreso « Il Fronte interno» , V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità al fascismo, Roma-Bari, 19762, pp. 238-255.

59 Paoloni a Morgagni, in data 8 novembre 1916, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39; cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., che tra l'altro attribuisce la nascita di questa edizione per Roma del quotidiano mussoliniano a un piú generale « irrigidimento dell'interventismo» (p. 335).

60 Lettere a Morgagni in data 8 e 11 novembre 1916, in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 39. Si veda per questi aspetti, V. Castronovo, La stampa italiana, cit., p. 258. Gli articoli di Paoloni ottenevano inoltre una certa eco sul « Fronte interno» , ancora settimanale, e spesso venivano ripubblicati, per esempio nel n. 6, 23 luglio 1916, e in Schanzeriana, n. 15, 1° ottobre 1916. Nel 1917 il volume di Paoloni sul giolittismo veniva offerto in regalo con l'abbonamento, ivi, n. 23, 3 dicembre 1916.

61 Cfr. V. Castronovo, La stampa italiana, cit., pp. 256-259.

62 Socialista, interventista, fu redattore del « Popolo d'Italia» fino all'ottobre del 1919; in seguito a contrasti di natura politica con Mussolini, abbandonò il giornale e continuò a professarsi socialista. Collaborò al « Mondo» , ed ebbe anche l'incarico di corrispondente da Istanbul per l'Agenzia Stefani. Massone, era schedato come sovversivo e sospettato di attività antifascista (ACS, CPC, b. 1651).

63 ACS, MI, DGPS, serie F1 nera, b. 34, fasc. « Giornale del popolo» ; le stesse notizie in ACS, CPC, b. 1651; cfr. V. Castronovo, La stampa italiana, cit., pp. 260 sgg.

64 Si veda una lettera di Polverelli a Morgagni del 24 luglio 1918, nella quale lo scrivente affermava che De Falco, direttore della nuova testata, « si è riconciliato con Benito e assicura che ha avuto da lui autorizzazione di richiedere la collaborazione di Paoloni e di me» , in ACS, Morgagni-Agenzia Stefani, b. 43, fasc. 742. Si veda anche MI, DGPS, serie F1 nera, b. 34, prospetto informativo del 28 agosto 1918.

65 Si veda per esempio, Il « Popolo d'Italia» contro le esagerazioni dei sonniniani, e la nota di G. De Falco in « Il Giornale del popolo» , 27 e 28 agosto 1918. Inoltre, F. Paoloni, Austria e Jugoslavia; I salvatori degli Asburgo e Jugoslavi e austriaci, ivi, rispettivamente 28 settembre, 22 ottobre e 24 novembre 1918, nei quali l'autore esaltava le dichiarazioni del leader serbo Pasic sulla necessità di smembrare l'Austria e criticava le posizioni di coloro che invece avrebbero preferito mantenere una entità statale sotto gli Asburgo.

66 Cfr. G. F. Guerrazzi, Quel che si deve leggere, in « Il Fronte interno» , 16 luglio 1916; C. Premuti, Come Roma preparò la guerra, cit., p. 248, e ACS, CPC, il rapporto del 23 maggio 1915.

67 ACS, UCI, b. 45, in data 13 febbraio 1917. Paoloni era stato nominato rappresentante del Fascio interventista rivoluzionario di Roma per il convegno dei Fasci di Milano del maggio 1916 (ACS, MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 119, rapporto del 21 maggio e del 21 luglio 1916). Numerose notizie in ACS, CPC, b. 3714, le note del 31 maggio e del 27 luglio 1916 e in MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 119, rapporti del 12 agosto 1916 e del 7 e 13 settembre 1917, in particolare per l'organizzazione dei Comitati rionali di resistenza interna e di sette segrete, ACS, Archivio Nitti, b. 17, fasc. 37 e 38.

68 ACS, Archivio Nitti, fasc. 37. Altre fonti segnalano che era iscritto alle Legioni rosse (cfr. ACS, CPC, b. 3714, in data 29 novembre 1917). Si vedano anche i cenni sui contatti tra la massoneria italiana e la massoneria francese e sulle Legioni rosse che si sarebbero sciolte non appena « l'on. Comandini fu diffidato dall'intrigare contro l'onorevole Orlando» , in ACS MI, DGPS, AGR, cat. ann. 1920, b. 145, rapporto del 31 agosto 1920. Sulle Legioni rosse, R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 387-388. Sulle logge massoniche negli anni della guerra, A. A. Mola, Storia della massoneria dall'Unità alla Repubblica, Milano, 1976, pp. 345-393.

69 Paoloni si era sempre battuto infatti per una netta presa di distanza del socialismo dai temi e dalle battaglie politiche care alla massoneria. In seguito si era incaricato di respingere l'accusa di appartenere alla massoneria rivolta dal « Corriere d'Italia» al suo giornale specificando che il « Popolo d'Italia» aveva finalità di guerra diverse dai nazionalisti (Paoloni-Nar, Il convegno massonico di Parigi. Dichiarazioni e rettifiche, in « Il Popolo d'Italia» , 10 luglio 1917). Ancora nel 1925 affermava che la massoneria era un'organizzazione segreta sottoposta al controllo delle altre potenze, in particolare della Francia, e come tale da combattere, in Regime fascista e massoneria, in « Echi e commenti» , n. 15, 25 maggio 1925. Non risultò iscritto alla massoneria neanche in seguito (cfr. rapporto di polizia del 1933 in ACS, MI, Divisione polizia politica, sc. 76, fasc. « Paoloni Francesco» ).

70 Un'organica esposizione di questa esigenza di unità veniva spiegata in Organizziamo ma non confondiamo, in « Il Popolo d'Italia» , 13 settembre 1916 e nel resoconto dell'intervento di Paoloni in L'assemblea della nuova organizzazione socialista, ivi, 8 ottobre 1916. Cfr. anche G. De Falco, Al lavoro, ivi, 21 settembre 1916.

71 Per le divisioni all'interno del mondo dell'interventismo in questa fase, R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 339-343; inoltre, ACS, MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 106.

72 G. De Falco, Il convegno socialista di Parigi e i socialisti dissidenti italiani, in « Il Popolo d'Italia» , 28 gennaio 1917; Id., L'assemblea dei socialisti dissidenti per il Congresso Nazionale e per il convegno di Parigi, ivi, 11 febbraio 1917; Id., Il riconoscimento, ivi, 21 febbraio 1917. Cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 341-343.

73 In I socialisti dissidenti, in « Il Popolo d'Italia» , 25 febbraio 1917.

74 Ivi, 16 aprile 1917, e anche F. Paoloni, Echi del Congresso dei socialisti riformisti, ivi, 18 aprile 1917.

75 ACS, MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 120, rapporti del 1° e 2 luglio 1917. Si veda anche ACS, MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 119, rapporto al prefetto della provincia di Roma del 6 luglio 1917; inoltre il rapporto in data 1° luglio 1917, in ACS, UCI, b. 45, e Una dichiarazione di Francesco Paoloni, in « Il Popolo d'Italia» , 4 luglio 1917; per il congresso, R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 351-352 e pp. 380-383. Cfr. per i dettagli C. Premuti, Eroismo al fronte. Bizantinismo all'interno, Roma, 1924, pp. 142-147.

76 Lo stesso Paoloni era stato inviato dagli interventisti a compiere indagini e a verificare le responsabilità dei neutralisti in alcuni episodi di rivolta e di protesta a Milano e poi a Torino nell'agosto del 1917 (ACS, UCI, b. 45, in data 23 maggio 1917, e ACS, MI, DGPS, A5G 1ªg.m., b. 119, rapporto del 14 settembre 1917). Per i fatti di Torino, piú nel dettaglio, A. Monticone, Il socialismo torinese e i fatti dell'agosto 1917, in Id., Gli italiani in uniforme, cit., pp. 89-144, pp. 136-137. Anche R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, I, cit., pp. 108 sgg.

77 Paoloni è ricordato tra i partecipanti a una riunione del direttorio del Fascio come colui che « parla piú chiaro e risoluto e efficace di ogni altro» contro la « mollezza» dimostrata dal governo nei confronti dei socialisti e dei contrari alla guerra (F. Martini, Diario 1914-1918, Milano, 1966, p. 1252). Per le differenti posizioni della stampa nazionale sul governo Orlando, R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 381-383, e, per l'atteggiamento assunto dagli interventisti socialisti, Il « Popolo d'Italia» contro le esagerazioni dei sonniniani, in « Il Giornale del popolo» , 27 agosto 1918, e una nota di G. De Falco del 28 agosto 1918, ivi.

78 R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., p. 384.

79 E. Gentile, La nazione del fascismo. Alle origini della crisi dello Stato nazionale in Italia, in « Storia contemporanea» , 1993, n. 6, pp. 833-887, pp. 839 sgg.

80 Dal resoconto in « Il Giornale del popolo» , 3 dicembre 1918. Le stesse idee Paoloni aveva enunciato nell'intervento al congresso dei riformisti nell'aprile del '17, in « Il Popolo d'Italia» , 16 e 18 aprile 1917, cit.

81 In « Il Giornale del popolo» , 3 dicembre 1918, cit.; inoltre, Il congresso dell'USI si pronuncia sulla necessità di una costituente, ivi, 4 dicembre 1918.

82 Antiparlamentari, in « Il Popolo d'Italia» , ed. romana, 24 febbraio 1918. Inoltre, Il sistema rappresentativo del fascismo, cit., pp. 8-12. Si veda per questi temi P. G. Zunino, L'ideologia del fascismo. Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, Bologna, 1985, in particolare pp. 107-121 e 216-223. Sull'influenza delle correnti sindacaliste sulle teorie politiche che si andavano diffondendo, M. Sznajder, I miti del sindacalismo rivoluzionario, in « Storia contemporanea» , 1993, n. 1, pp. 21-57; su lavoro, economia e sindacato e il dibattito sulla « rappresentanza degli interessi» , F. Perfetti, Il sindacalismo fascista, I, Dalle origini allo Stato corporativo (1919-1930), Roma, 1988, in particolare pp. 11-20.

83 Cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., pp. 391 sgg., che fa risalire al periodo immediatamente successivo a Caporetto il momento cruciale del destino politico di Mussolini.