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Racconti e Leggende

 

 

Il Basenji

Questa e' un'antica leggenda del Congo dedicata al Basenji:

"Un giorno, mentre andava in cerca di alveari, un uomo di nome Nkhango scopri' una casa nel folto della foresta. Era la casa di un dio, davanti alla quale c'era un cane di nome Rukuba. Nkhango domando' al cane cose'era la cosa di fronte alla quale stava, e Rukuba spiego' che stava di fronte ad una cosa chiamata fuoco. Nkhango disse: "Mi piacerebbe averne un po". "Va bene", disse Rukuba, "ma se io ne rubassi un po' per te, cosa mi daresti tu in cambio?" "Mi prenderei cura di te per sempre", rispose Nkhango. Allora Rukuba rubo' il fuoco, e lo diede a Nkhango prima che il signore di quella casa facesse ritorno. Tutto ando' bene per Nkhango, che vide accogliere felicemente il suo dono presso il villaggio. Ma non tocco' la stessa sorte a Rukuba, che venne mandato via a pedate dalla casa del suo signore. Alla fine si presento' alla porta di Nkhango dicendo: "Tu dicesti che ti saresti preso cura di me". Nkhango era felice che il cane fosse andato da lui e mantenne la promessa; e' cosi' fecero le generazioni successive fino ai nostri giorni".

 

 

Cavalier King Charles Spaniel

Questa storia e' stata raccontata da La Fontaine :

"C'era una volta una bella dama, il cui nome era Argia. Un giorno, un aitante giovane di nome Atis s'innamoro' di lei, e giuro' che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di conquistare la sua mano. Come fortuna volle, comparve ad Atis una fata, la quale primise al giovane di aiutarlo a conquistare l'amabile Argia. Si trasformo' dunque la fata in uno Spaniel, e Atis in un menestrello vagabondo, un giovane buono a nulla, che se ne andava da un posto all'altro con la zampogna e il suo cane. Vestito di cenci sbrindellati e con una faccia piena di fuliggine come avesse passato tante notti all'addiaccio accanto a un fuoco, era d'aspetto cosi' miserando che nessuno avrebbe mai pensato che quale bel giovane e attraente fosse prima. Arrivando alla porta di Argia, Atis e lo Spaniel si prodigarono nei canti e nei giochi piu' avvincenti. Del tutto deliziata, Argia esclamo' che voleva avere quello Spaniel, a qualsiasi costo. Atis naturalmente si rifiuto' di darglielo ma lo uso' come baratto utile al suo piano d'amore. "Guarda quant'e' bravo il mio cane" le diceva. Premendo i cuscinetti della zampa del suo cane, Atis fece di fronte ad Argia un piccolo prodigio. Ecco infatti che dalla zampa ruzzolarono fuori gioie in quantita': perle, diamanti e oro. Immediatamente, Atis raccolse quel tesoro. "Tu non puoi possesere quel cane senza di me", giuro' Atis, sinche' alla fine, tutta confusa, Argia, contro ogni miglior consiglio, cedette. Accetto' dunque il cane e il padrone insieme. Quella notte, avendo ottenuto la mano della sua amata, Atis torno' a esser se stesso. Argia felice abbraccio' il suo piccolo Spaniel, che rimase un cane per sempre, e non un cane qualsiasi, come sappiamo bene."

 

 

Il Terranova

Il 14 Aprile 1912, mentre il Titanic affondava nelle gelide acque del Nord Atlantico, Rigel, il grosso Terranova nero del primo ufficiale continuava a perlustrare le acque in cui la nave era colata a picco, e vi nuotava intorno e abbaiava, mandando il suo ormai disperato richiamo al padrone che non appariva. In Dogs USA, scrive Christopher Bland ricostruendo quel momento :

".... poco dopo, la motonave Carpathian, che era già stata informata della disgrazia, si diresse sul luogo del disastro. Nell'affanno di localizzare i naufraghi, la Carpathian, nell' oscurità completa, si stava dirigendo dritta contro la quarta scialuppa di salvataggio, che non poteva vedere. Nella scialuppa, i naufraghi, esausti ed indeboliti dal freddo, erano muti ed atterriti. Rigel, pagaiando con le sue zampe davanti alla scialuppa, continuò a lanciare i suoi latrati, che finalmente vennero sentiti sulla nave di soccorso. Fu subito dato il fermo alle macchine e venne fatto scendere il barcarizzo. Nelle tenebre, Rigel guidò la scialuppa di salvataggio verso la nave. Pur essendo stato portato a bordo della Carpathian, Rigel non riusciva ad acquitare la sua angoscia, e stette a lungo con le zampe anteriori appoggiate sul parapetto ad abbaiare verso il mare in cerca del suo padrone, finchè qualcuno lo prese e lo portò sottocoperta per dargli qualcosa da mangiare e medicare le sue ferite".

 

 

Il materiale contenuto in questa pagina e' tratto dal libro "Il mio cane e' un mito" di Gerald e Loretta Hausman, editore Baldini & Castoldi.