(da "Un Paese un Culto"  Tresilico e la Madonna delle Grazie, a cura di Rocco Liberti, 

         Tresilico (RC), GM Edizioni, Giugno 1979)  

 

-  Cenni Storici di Tresilico -  

          

 Tresilico, un paese di Calabria scomparso come entità comunale  appena dal 1927, ma che tutt’ora esiste  quale rione di Oppido Mamertina, ha una propria storia  e proprie tradizioni e conta, al pari del più grande centro, origini remotissime. Il Guillou, lo storico francese della Vaticana, che recentemente ha studiato a fondo  ben 47 pergamene  greche interessanti la diocesi oppidense, crede di ravvisare il  nome del decaduto paese in un atto dell’anno 1052, allorquando il prete Costantino, figlio di Daniele, in uno coi nipoti  Nicola e Costantino faceva donazione alla chiesa cattedrale di Oppido di alcuni  beni posseduti nella Turma delle Saline , l’odierna Piana di Gioia e, segnatamente, nel comune rurale di  triwtn (trois). Quest’ultima parola, nell’atto in questione, è poco leggibile, ma lo studioso francese è del parere ch’essa  debba essere completata in Trois silex (tre pietre) o in Trois silicae (tre erbe), equivalente di Tresilico o Trisilico, come variamente venne chiamato nei secoli il paese. Se alquanto scarse risultano che lo notizie che si possono ricavare  dalla pergamena greca del 1052 circa l’esistenza di Tresilico in quel lontano evo, non così avviene per i secoli successivi, quando il nome del centro abitato viene più chiaramente indicato. Nel 1310 è notabile un Abate di S. Nicola di Tresilico, che paga per la decima ecclesiastica di quell’anno una somma di cinque tarì, mentre poco tempo dopo, nel 1325, un Fra’ Ninfo, sempre di Tresilico, risulta tassato per il medesimo motivo per 14 Tarì. Casale di Oppido da chissà quale tempo, il paese calabrese nel 1589 risulta posseduto in signoria Alfonso Caracciolo di Oppido, mentre nel 1611 una Isabella Caracciolo perviene a venderlo a Carlo II Spinelli di Cariati, cui tiene dietro l’anno dopo il figlio Scipione  II.  Accomunato a Oppido nella buona come nella cattiva sorte, condivise gli eventi del più grande centro, ma, logicamente, restò sempre in funzione di una certa sudditanza. Sconvolto dal funesto terremoto del 1783, nella quale occasione, stando alla nota redatta dal parroco, perirono ben 213 persone, Tresilico  venne forse ad emanciparsi da Oppido proprio dopo tale tempo. Difatti, riscontriamo che nel 1796 esso poteva nominare un proprio sindaco nella persona di Leopoldo Gemelli.

 Forzatamente borbonico fino al 1806 (si conosce che proprio in tale anno venivano spediti da Tresilico alla volta di Bagnara animali vaccini per il sostentamento delle “truppe Inglesi” e, precisamente, al comandante Domenico Romano, come pure che nello stesso periodo venivano inviati a Seminara dei carichi di orzo “per lo passaggio del Principe ereditario”), Tresilico divenne giocoforza, durante il decennio francese, filo-napoleonico (nel 1811 il cittadino Giuseppe Macrì era segnalato “presso l’armata”). A restaurazione avvenuta, il paese ricadde nella monotonìa di sempre e fino al 1833 è vano ricercare episodi rilevanti dal punto di vista storico. Da tale tempo, invece, e fino a tutto il 1860, l’anno della risurrezione civile dell’Italia, Tresilico sembra rivivere una vera epopea e molti appaiono i suoi cittadini, che per un motivo o per l’altro sembrano insofferenti all’assolutismo borbonico e anelanti ad unirsi agli altri fratelli in uno Stato più umano   e libero dal servaggio straniero... 

  ...Volendo ricercare le cause, che, più di tutte, contribuirono a decretare la fine di Tresilico quale circoscrizione comunale, bisogna risalire alquanto indietro nel tempo e rifarsi a quel remoto 5 febbraio 1783, allorquando il “Grande Flagello”, oltre che prostrare Tresilico stessa, venne a distruggere quasi completamente la più grande Oppido. Rimonta a tale triste evento, difatti, la decisione dei maggiorenti oppidesi di riedificare le loro abitazioni non più sull’altopiano delle Melle, bensì in località Tuba, un luogo che risultava sì di pertinenza dell’Università oppidese, ma invero dove già operava una piccola comunità, che, data l’estrema vicinanza a Tresilico, dipendeva spiritualmente da quel parroco. Non conosciamo se l’iniziativa degli oppidesi riuscì allora gradita o meno ai tresilicesi  e se qualcuno poté notarvi il pericolo insito che la prossimità di un nuovo e più importante paese avrebbe rappresentato per la piccola Università, ma, sta di fatto, che solo cento anni dopo si parlava già di una soppressione di Tresilico, un piccolo paese, che aveva una popolazione inferiore alle 1500 unità e non possedeva “mezzi sufficienti a sostenere le spese del suo mantenimento senza eccedere i limiti legali”. Era il 3 luglio 1883 quando, nella seduta di consiglio comunale svoltasi ad Oppido per decidere sull’opportunità o meno dell’unione di  Tresilico proposta dalla Prefettura, si trovò a difendere le ragioni del più grande centro, pronunciandosi nettamente a favore dell’annessione quel tale Candido Zerbi, cultore di patrie memorie, che nel suo noto volume sulla storia della diocesi non aveva esitato a definire poco felicemente Tresilico “abitazione di pastori e villici”. Lo Zerbi adduceva a  motivo dell’aggregazione a Oppido che “l’abitato del comune di Tresilico trovasi a pochi metri distante dall’abitato principale di questo comune. Che l’uno e l’altro sono divisi da un breve tratto di strada Provinciale. Che in continuazione all’abitato di Tresilico giace Zurgonadio, borgata di Oppido, la quale è separata da quel comune solo da un centinaio di metri di buona strada”. Nell’occasione tenne a sostenere il buon diritto del piccolo paese a sopravvivere Francesco Saverio Grillo, valido antagonista dello Zerbi ed anche lui scrittore di storia patria, che, con un intervento, per la verità piuttosto roboante e prolisso, si pronunziò al mantenimento del Comune di Tresilico. L’appassionata concione  del Grillo, che non sappiamo quanto dettata da motivi polemici nei confronti della maggioranza consiliare, ma che tuttavia proveniva da un uomo, il quale avrà sempre per Tresilico e per i suoi amministratori una certa predilezione, merita di essere conosciuta almeno nella sua gran parte. Ed ogni tresilicese farebbe bene ad imprimersi in mente il ricordo di colui, che, forse, fu l’unico oppidese in tutti i tempi ad avere a cuore la piena integrità del piccolo paese. Così si esprimeva in pieno consiglio il Grillo: ”Spero che nessuno vorrà accusarmi di poco patriottismo, se nel prendere la parola in questa discussione mi dovrò allontanare dal sentimento della maggioranza, in una proposta che pare, o meglio, ha le sembianze, di essere vantaggiosa al Comune.

 Un principio altissimo che leggo scritto a caratteri indelebili nel gran libro della Civiltà Cristiana, mi obbliga di essere contrario alla proposta.

  Nella forza di questo principio che proclama il rispetto dei diritti altrui, e che dice, non doversi fare agli altri quello che a noi stessi non vorranno si facesse, vi trovo le ragioni per respingerla.

  Quando io lessi nell’ordine del giorno che ci fu notificato: soppressione del Comune di Tresilico, quella ,espressione così ributtante nel suo laconismo mi ha fatto provare quel senso stesso di disgusto che avrei provato se avessi letto: soppressione del comune di Oppido...

  ...Soppresso un comune di 1500 anime, che vive da novanta anni della sua autonomia, che gode, e sa godere, della sua indipendenza, come se si trattasse della chiusura di un molino o di una macchina qualunque... 

    ...L’Europa  o signori in tutte le vicissitudini  svariate, in mezzo alle sue guerre di conquista e di eccidio, che hanno trasformata la sua geografia politica in questi ultimi secoli passò innanzi alla piccola Repubblica di S. Marino rispettosa, con le armi al braccio, senza neppure guardarla. Era una reliquia delle nostre libertà comunali, dell’epoca più felice della storia Italiana, quella dei comuni, e l’Europa non osò offendere la tranquillità di quei diritti e turbarne il possesso pacifico.

  E noi vorremmo renderci complici di non so quali intrighi e sopprimere con un tratto di penna l’autonomia di cui godono 1500 anime, solo perché il nostro Comune, come ci solleticano le parole della nota Prefettizia, diverrebbe importante in faccia al Governo?

  Non mi accusate di intendere questa importanza, ed i vantaggi che ne ridondano, ma l’egoismo che ci fa vedere i pretesi vantaggi, si oppone alla giustizia che ci fa vedere l’inconvenienza di offendere i diritti degli altri...

   ...Venghi Tresilico a noi con libero e spontaneo assentimento, e forse verrebbe come Faleria, se in noi vedesse la generosa condotta di Camillo. Ci stenda spontanea la mano, ci porti il concorso delle sue intelligenze, ci rechi la sua buona finanza., e noi saremo lieti di stringere con vincoli più intimi le relazioni di vicinanza. Siano allora benvenuti i tresilicesi: fonderanno sotto più belli auspici i due paesi in uno, e forse i mali economici dei due comuni potrebbero attenuarsi alquanto se non cessare del tutto.

  Ma il caso che discutiamo è ben diverso. I nostri vicini si vedono oltraggiati (sic!) e mal patiscono l’onta della soppressione che non credono di  meritare. Resistono con tutti i mezzi che le leggi gli accordano perché ciò non avvenisse, e se costretti dalla forza dei burocratici intrighi dovranno soccombere, verranno a malincuore, come gli Alsaziani alla Russia con bandiera abbrunata. E noi quel giorno avremo iniziata l’era delle discussioni nel nostro tranquillo comune, creando una perenne discordia ; perché Tresilico, elemento attivissimo affratellato alle altre frazioni del nostro comune, potrebbe scendere nella lotta con 11 consiglieri che sarebbero perfetta maggioranza...".

  Al lungo ed enfatico discorso del Grillo replicava l’assessore Zerbi, che rincarava ancora la dose e si arrivava, indi, alla votazione conclusiva, che vedeva l’approvazione della proposta governativa con 10 voti a favore ed uno solo contrario, naturalmente quello del Grillo...

  ...Il disegno governativo di sopprimere il comune di Tresilico e la relativa approvazione da parte del Consiglio Comunale di Oppido, vuoi per la tenace opposizione di Francesco Saverio Grillo e dei Tresilicesi vuoi per la immaturità dei tempi, non ebbero però un seguito immediato ed il piccolo paese potè tranquillamente conservare la sua autonomia per altri 44 anni ancora e cioè fino a quel 1927, anno in cui la conurbazione di fatto dei due centri abitati imponeva ormai una logica e non più differibile unione. L’abbinamento di Tresilico a Oppido, se rappresentò un bene per il più grande centro, al quale apportò un notevole patrimonio forestale e un aumento di popolazione, si risolvette però a tutto danno del paese più piccolo. Difatti, Tresilico, non solo venne a perdere ogni prerogativa diventando un semplice rione di Oppido, ma, accomunato alla vicina Zurgonadio, fu sempre più negletto e nessun sindaco o amministratore fino ai nostri giorni si pose mai il problema di una sua completa ristrutturazione.

 

                                                                                                                       

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