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 Intervista a Gianni Leone

Cile, Aprile 2003

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DISCOTECA ALTA FEDELTA'

IL BALLETTO DI BRONZO : 'YS' 

Ottobre 1972 - Anno XIII n 124

 

leggi l'articolo originale (Jpeg)

Introduzione, Primo Incontro, Secondo Incontro, Terzo Incontro, Epilogo.

YS Polydor 2448 003

   Parlare del Balletto di Bronzo è veramente difficile; avevo sentito la lacca con un missaggio non definitivo alcuni mesi fa da Paolo Giaccio e ne avevo avuto un impressione negativa; avevo sentito il Balletto al festival dell'Avanguardia a Roma e mi aveva colpito positivamente anche se l'inefficienza della amplificazione mi aveva fatto sentire solo le tastiere e la batteria; adesso la versione definitiva dell'album mi ha colpito in modo notevolissimo lasciandomi piuttosto imbarazzato su che cosa scrivere di questo splendido 33 giri. E' difficile riuscire a spiegare, illustrare, criticare, comunicare la profonda bellezza, la continua intelligenza del lavoro e l'estremo coraggio dei quattro ragazzi nel fare un disco che non da nessun appiglio di piacevolezza all'ascoltatore, ma piuttosto gli propone un viaggio attraverso la coerenza e la logica matematica della musica di Shoenberg, a cui si va ad aggiungere un linguaggio solistico liberissimo su una base armonica quasi sempre monotonale.
Il disco del Balletto è, a mio giudizio una lucida sfida al pubblico e alla critica discografica italiana; in mezzo ad una produzione che si va qualificando sempre più come commerciale, e in cui una certa volontà di rinnovamento ha lasciato posto ormai da qualche tempo ad una lucida ricerca della vendita al pubblico più qualificato che si è venuto creando da un po più di un anno a questa parte, il 33 giri del Balletto di Bronzo rappresenta un autentico e sincero sforzo di ricerca accomunabile in Italia solo ad Alan Sorrenti e a una parte del lavoro degli Osanna (più precisamente agli spettacoli dal vivo, perchè nei dischi solo una parte di questo aspetto degli Osanna traspare e comunque le musiche di Bacalov presenti nell'ultimo album sono un ottimo veicolo commerciale). Da notare il fatto che Alan Sorrenti, gli Osanna e il Balletto di Bronzo sono tutti napoletani purissimi; io, invece sono milanese (questo perchè la notazione non venga fraintesa come campalinismo).
Una sfida, dicevo alla preparazione del pubblico e della critica; se il disco venderà e sarà recensito positivamente vorrà dire che gli ascoltatori di dischi (dilettanti o professionisti), hanno assimilato alcune proposte d'oltre atlantico, e sono sufficientemente preparati per riconoscerle come valide anche in un prodotto italiano, senza che altri prima gli spieghi che si tratta di un buon lavoro interessante e progressivo.
La musica del Balletto, così come i testi, è un fluire continuo senza interruzioni e tentennamenti di un discorso assolutamente non frammentabile; consiglio a chi può, di trasferire il long playng su cassetta C 90, in modo da non avere neanche la necessità di girare disco o nastro preregistrato; il fluire, pur nella sua concitazione e nervosismo espressivo è estremamente rallentato e diluito nel tempo come l'attimo dell'esplosione di una lampadina, filmata alla velocità usata per scopi scientifici; la dimensione temporale (il personaggio dell'album è un Cristo favolistico e interiorizzato) non esiste in nessun senso, ne storico ne contemporaneo, ma è completamente trasformata e dimenticata da un discorso che penetra nell'immobilità.
La voce di Gianni Leone (veramente bravissimo alle tastiere) dice il testo in un tempo lunghissimo, con accenti di profonda emotività pur nella rigorosa economia espressiva e nel distacco didascalico; conduce nel modo più percettibile il cammino percorso dagli altri ai limiti dell'astrazione; gli unici accenni di concretezza sono quelli dati da Gianni Leone alle tastiere classiche, in particolare alla spinetta, mentre Lino Ajello alla chitarra, strumento solitamente usato con una relativa linearità melodica porta una linea struggente e rabbioso descrittivismo avvicinabile a mio giudizio al tipo di emotività di John Coltrane.
Gianchi Stinga alla batteria scandisce con logica i complicati tempi composti dal gruppo, mentre Vito Manzari al basso porta un sostegno ritmico e armonico ampio ed efficace; i bellissimi arrangiamenti dei cori sono dovuti a Gianchi Stinga e le coriste, per quanto ho potuto sapere sono Flavia e Rosanna Baldassarri, una BArbara di cui non so il cognome e un una quarta di cui ignoro tutto; avrebbero meritato una menzione in copertina. Decisamente buona l'incisione e il missaggio dovuto a Gaetano Ria e Detto Mariano.

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