PRIMO
FESTIVAL SABAOTH: UNA RECENSIONE
Se
ne sta lì un attimo prima del grande passo con l'umiltà del principiante:
trepidante prima della sua esibizione, tremante e vibrante all'idea
di apparire ad un pubblico, di vedersi sulle facce eccitate di
così tanta gente, di fare un passo verso un importante palcoscenico
in quella che forse è la città più europea della nostra bella
Italia.
E' così che la musica cristiana ha fatto la sua apparizione
il 20 e 21 di Ottobre al Rolling Stone di Milano. Vestendo gli
abiti della fede si è proposta all'Italia con un atteggiamento
completamente nuovo: offrendosi in un luogo tradizionalmente poco
consono e ad un pubblico non necessariamente legato alla realtà
delle chiese.
Vorrei raccontare questa esperienza proprio da questo punto di
vista perché in fondo la musica cristiana rappresenta un universo
particolare; un universo in evoluzione, un mondo che a mio parere
si tira troppo spesso indietro, si allontana troppo facilmente
dalla realtà del quotidiano vivere; come se la spiritualità fosse
la seconda anima di una persona e non, una parte di questa. La
cosa che mi ha colpito di questo avvenimento è proprio la volontà
di portare all'esterno, verso gli altri, la propria esperienza
di vita; la voglia di condividerla finalmente con un linguaggio
comprensibile a tutti: fatto di virtuosismi e di note, di attenzione
per la musica e per i testi, di rispetto per le orecchie e il
cuore di chi ascolta. Mi è sembrato insomma che questa volta si
sia cercato di fare un regalo prestando anche attenzione all'importanza
del pacchetto.
La musica cristiana e con essa i suoi
promotori ha avuto il coraggio, finalmente, di esporsi alla luce
dei riflettori, di calcare un palcoscenico vero e soprattutto
di esporsi ad un giudizio, ad una critica; in un certo senso di
mettersi in gioco.
Nelle due serate si sono proposti gruppi italiani provenienti
da luoghi e da esperienze diversi che si sono esibiti e sfidati
sotto gli occhi di una attenta giuria composta da credenti e laici.
Credo che questa avventura ci abbia insegnato che non basta imbellettare
i sermoni da oratorio della domenica mattina con quattro note
per comunicare un messaggio; ma che se ci si vuole proporre come
musicisti (latori o no di un messaggio) bisogna esser innanzitutto
musicisti! Ed in proposito vorrei aggiungere che: per l'ennesima
volta gli stranieri, in questo senso, ci hanno insegnato qualcosa:
con la sola potenza dei talenti musicali elargiti da Dio, senza
bisogno di testi evangelici, la musica se vissuta ed espressa
con passione e professionalità trascina e contagia. Il sax di
Justo Almario, le tastiere di Tom Brooks, la chitarra di Paul
Jackson, la batteria di Chester Thompson, il basso e la voce di
Abraham Laboriel ci hanno dimostrato, in questa occasione più
che mai, che si possono trascinare i cuori in alto, che si può
rapire l'anima della gente e portarla ai piedi di Dio con l'energia,
l'entusiasmo e l'amore per la fede e per la musica. Al prossimo
emozionante Sabaoth Festival
Miriam
Mastrogiovanni