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Quattro antiche poesie italiane, "giocose e libertine".

Non ci sembra vero di recuperare alcune poesie che a scuola non ci avevano fatto leggere, ve le proponiamo sperando che vi piacciano, sono state composte da poeti del tardo Medioevo e del Rinascimento.

Rustico di Filippo

A voi Chierma, so dire una novella

A voi, Chierma, so dire una novella:

se voi porrete il culo al colombaio,

cad io vi porterò tal manovella,

se non vi piace, io no nè vò danaio.

Ma tornerete volentier per ella,

ch'ella par drittamente d'un somaio:

con tutto che non siate sì zitella

che troppo colmo paiavi lo staio.

Adunque, Chierma, non ci date indugio,

che pedir vi farabbo come vacca

se porrete le natiche al pertugio.

Tutte l'altre torrete poi per acca:

sì vi rinzafferò col mio segugio:

ch'é parrà ch'Arno v'esca de la tacca.

Spiegazione di alcune parole del testo:

Se voi porrete...: se alzerete bene il culo.

Somaio: somaro.

Torrete poi per acca: vi sembreranno irrilevanti.

De la tacca: dalla fessura.

Note Bibliografiche:

Le rime di Rustico di Filippo (Bergamo 1889), Sonetti burleschi e

realistici dei primi due secoli, a cura di A.F. Massera (Bari Laterza, 1920)

II edizione a cura di L. Russo, ivi, 1940).

Poeti giocosi del tempo di Dante, a cura di M. Marti (Milano, 1956).

Giocosi Licenziosi e Libertini, il filone proibito della poesia italiana

di Giuseppe Vettori (Scipioni, 1994, Valentano, (VT)

Rustico Di Filippo: Nato a Firenze fra il 1230 e il 1240, morì a Firenze prima del 1300. Veniva da una famiglia di commercianti, poco o nulla si sa di lui, si schierò coi Ghibellini, godendo di notevole fama di poeta fra i suoi contemporanei. Ci lascia 58 sonetti di gusto satirico e provenzale. Era amico di Brunetto Latini che gli dedicò dalla Francia il suo Favolello. Francesco Da Barberino nei suoi Documenti D'Amore lo cita come un misogino e lo chiama "Rusticus barbutus".

Anonimo del trecento

Madre mia, dammi marito.

" Madre mia, dammi marito ".

" Figlia mia dimmi il perchè ".

Chè mi faccia dolziemente

quel che fa mio padre a te ".

" Figlia, che sie maledetta:

tu non m'hai ancor dieci anni.

Troppo vuoi marito in fretta;

et non ti sai alzare i panni.

Non regieresti agli affanni

se hai tènere le coscie

a ricevere le percosse

che dà lo tuo padre a me ".

" L'altra notte , madre mia,

tu facevi un gran menare;

isvegliàmi che dormìa,

cominciai un poco ascoltare:

il baciare e l'abbracciare

col dire nol far troppo in fretta,

un cotal poco m'aspetta

che l'farò insieme con teco.

Non posso celar la doglia

che io sento dentro al petto,

quando mio padre si spoglia

per prender di te diletto;

tutto fa tremare il letto,

e, tremando, egli mi coce;

delle braccia ti fo crocie:

trovane uno che 'l faccia a me ".

" Figlia mia, poi che ti piace,

troverotti un bel marito:

fai che soffrisca in pace

quando sei giunta al partito.

Ficheraviti dentro il dito,

poi lo piglia per la punta,

lo scudo e la mazza a fronte

ficcal tutto in corpo a te.

Figlia mia, quando e' ti tocca

et volessiti baciare,

mettigli la lingua in bocca

dolzemente lo lascia fare;

se le labbra e' vuol succiare,

gittagli al collo la man manca

et la ritta sotto l'anca

acciò ch'ei tiri la posta a te.

Quando al di sopra ti monta,

figlia, fa che sia cortese;

sta di sotto alla riscontra,

et terrai le coscie stese;

mandale in verso il paese;

falla trita e ben calcata;

quando compie la sua giornata

e tu compi la tua per te.

Quando tel vuol far talotta,

fà che gli usi dolci modi;

pianamente tu gli accosta

et con esso lui ti godi;

non curare che 'l corpo sodi,

gittagli le gambe addosso

e poi prendi il buon sanz'osso,

ficcalo tutto in corpo a te.

Et se per maggior diletto

tel volessi far dirieto,

accostagli le rene al petto;

mostragli il viso lieto,

sto che sia gran divieto;

tu ti porrai giù a bocconi

et lui porrai a cavalcioni;

assaggerai il boccone che egli è.

Quando non riza la punta,

che non potesse schermire,

lo tuo scudo alla mazza a fronte

e comincialo a ferire;

quando il senti rinvenire,

il capo gli metti nel caldo,

e con la man lo tieni saldo

finché ei possa far da sé.

Spiegazione di alcune parole del testo

Delle braccia ti fo crocie: ti prego.

Fai che soffrisca: cerca di sopportare.

In verso il paese: verso le natiche.

Talotta: a volte.

Il buon sanz'osso: il cazzo.

Sto che sia gran divieto: anche se sarebbe vietato

Questa poesia anonima trecentesca è contenuta in un rarissimo manoscritto conservato nella Biblioteca Marucelliana di Firenze ed è stata pubblicata la prima volta dal Lorenzoni. Anche da Giocosi Licenziosi e Libertini, il filone proibito della poesia italiana di Giuseppe Vettori (Scipioni, 1994, Valentano, (VT)

Andrea Lori

da In lode delle mele

Il Fico già portò dè frutti il vanto

per la qual cosa certe donne sagge

se ne nascoser per fin sotto il manto.

Ma'l tempoch'ogni cosa al suo fin tragge

ha mostro al mondo il valor delle mele,

ond'ogni uom poi n'ha posto per le piagge.

Le donne al primo steron sul crudele,

dicendo lor pastrocchie sopra il fico,

poi ancor esse han calate le vele:

e si son risolute a qualche amico

delle mele , ch'elle han, che è sì buon frutto,

dar, per non fare il lor giardin mendico.

Onde si scorge oggi il melo per tutto

usarsi, e fino a putti ed a pedanti,

che vanno spesso in zoccol per l'asciutto.

Spiegazione di alcune parole del testo

Il Fico: l'attrazione naturale della donna.

Ma 'l tempo: l'evoluzione naturale delle cose.

delle mele: l'altra attrazione sessuale di entrambi i sessi.

Pastrocchie: favole, fandonie.

Han calato le vele: arrendersi, capitolare.

per non far il lor giardin mendico: per non restare

a bocca asciutta.

E fino a putti ed a pedanti: perfino i ragazzi con

i loro maestri.

che vanno spesso in zoccol per l'asciutto:

andare in zoccoli per la strada asciutta in contrapposizione

ad andare in pantofole per la strada bagnata, cioè l'aver

rapporti per la via non naturale invece della via naturale.

 

Andrea Lori: misterioso, allegro e sconosciuto poeta omosessuale del XV sec.Queste "terzine" ci sono state ci sono state conservate dalla ristampa del 700 delle Opere burlesche di messer Francesco Berni (Vol. II, Londra, 1724). Cfr. anche Lorenzoni, pp 50 e 203-205. Giocosi Licenziosi e Libertini, il filone proibito della poesia italiana di Giuseppe Vettori (Scipioni, 1994, Valentano, (VT).

Agnolo Poliziano

In mezzo d'una valle

In mezzo d'una valle è un boschetto

con una fonte piena di diletto

Di questa fonte sorgon sì dolce acque

che ci ne gusta un tratto altro non chiede:

i' fu' degno gustarne, e si mi piacque

ch'altro non penso poi: che, alla mia fede,

questa dolceza ogni altro dolce eccede,

per chi d'ir sia a tanto bene eletto.

In mezzo d'una valle è un boschetto

con una fonte piena di diletto

Già non voglio insegnarvi ov'ella sia,

che qualche animal bruto non v'andassi:

son ben contento di mostrar la via,

onde chi vuole andarvi drizzi e passi.

Per due cammini a questa fonte vassi,

chi non volessi far certo tragetto.

In mezzo d'una valle è un boschetto

con una fonte piena di diletto.

Vassi di sopra per un certo monte

che quasi par di bianca neve pieno:

truovasi andando dreto in verso il fonte

da ogni parte un monticello ameno,

e in mezzo d'essi un vago e dolce seno

che adombra l'uno e l'altro bel poggetto.

In mezzo d'una valle è un boschetto

con una fonte piena di diletto

Seguitando el cammin di mano in mano

si passa per un vago monticello,

un'erta che è si dolce che par piano,

e 'l poggio è netto e rimunito e bello:

nascono poi due vallette a' piè di quello,

e in mezzo a questo è 'l luogo ch'i v'ho detto.

In mezzo d'una valle è un boschetto

con una fonte piena di diletto.

Spiegazione di alcune parole del testo

Per chi ad ir...eletto: per gli eletti che possono accedervi.

Drizzi e passi: indirizzi i passi. Tragetto: tragitto. Che par piano:

Che sembra pianeggiante. Netto rimunito: liscio ben pulito.

Angelo Poliziano: nasce a Mons Politianus (Montepulciano) nel 1454, il suo vero cognome è Ambrogini, poeta e filologo è un grande dell'Umanesimo, scrive in latino ed italiano. Visse a Firenze nella favolosa corte di Lorenzo il Magnifico, come segretario privato e precettore del figlio Pietro. A Mantova presso i Gonzaga, nel 1479-80, poi di nuovo a Firenze, come professore di poetica e retorica fino alla morte, nel 1494. Opere: Sylvae, in versi latini, Stanze per la giostra di Giuliano dè Medici, poemetto incompiuto in ottave, la Favola d'Orfeo, dramma pastorale, la poesia In mezzo d'una valle è una delle Ballate tratta dal volume con Le stanze, l'Orfeo e le Rime dell'Istituto Editoriale italiano (Milano, s.i.d., p.179).