Sommario del capitolo 5º: "Il Linguaggio Giovanile come Fonte di Comunicazione Pubblicitaria"
5. Il Linguaggio Giovanile come
Fonte di Comunicazione Pubblicitaria
5.1 I target della comunicazione pubblicitaria
5.1.1 Definizione di "target group"
5.1.2 I diversi target della comunicazione
pubblicitaria
5.1.3 Il target "giovani"
5.2 Il linguaggio giovanile nella pubblicità
5.2.1 Sul mezzo televisivo
5.2.2 Sulla radio
5.2.3 Sulla stampa e affissioni
5.3 Un uso deformato
Il "target
group" è uno dei sei elementi che fanno parte della strategia di
comunicazione. Si tratta del gruppo di consumatori cui la comunicazione
pubblicitaria vuole rivolgersi. I consumatori vengono individuati per
parametri sociodemografici (età, sesso, reddito, professione, zona di
residenza, ecc.) e/o per parametri psicografici (tipo di personalità, stile
di vita, ecc.).
La scelta del target finisce per influenzare l'intero processo di
comunicazione. Come dice Fabris (1997, 427), si passa "dall'iniziale
indifferenziazione, o quasi, dei destinatari della pubblicità a scelte
estremamente selettive e precise. Le ricerche mostrano che un messaggio ben
recepito da un certo tipo di target può ricevere un'accoglienza completamente
diversa da un target diverso.
Selezionare il target significa individuare quei consumatori che sono
potenzialmente interessati ad acquistare i prodotti, ed è un "presupposto
indispensabile per attribuire poi alla pubblicità il compito di comunicare
quei benefits, quelle promesse, quel linguaggio, che maggiormente
coinvolgeranno il target" (Fabris 1997, 428). La scelta del target, tuttavia,
è prima di tutto un obiettivo di marketing e poi della pubblicità. Oggi le
imprese cercano sempre di più di creare prodotti che corrispondano ai bisogni
di ogni mercato, adottando quindi il criterio di "marketing obiettivo".
L'approccio tradizionale era quello di rivolgere generalmente un solo
prodotto ad un mercato indifferenziato. Esistono, infatti, tre differenti
tipi di marketing:
Marketing di massa (in cui l'impresa produce per tutti gli acquirenti).
Marketing differenziato (in cui l'impresa offre alternative di scelta agli acquirenti).
Marketing concentrato (in cui l'impresa individua segmenti di mercato a cui indirizzare il prodotto).
Le principali variabili di segmentazione del mercato di consumo sono (Kotler–Scott 1993, 387):
Geografiche: aree geografiche, grandezza del centro, densità, clima.
Demografiche: età, sesso, membri della famiglia, ciclo di vita della famiglia, reddito, occupazione, istruzione, religione, nazionalità.
Psicografiche: classe sociale, stile di vita, personalità.
Di comportamento: occasioni d'uso, vantaggi ricercati, situazione d'uso, intensità d'uso, fedeltà alla marca, stadio di consapevolezza, atteggiamento.
La società
di oggi (società molto complessa ed in continua evoluzione) è costituita da
gruppi sociali molto differenziati nei modi di pensare, di comportarsi, di
parlare. Tali gruppi sono omogenei al loro interno ma relativamente diversi
fra di loro e sono caratterizzati da diversi stili di vita. Si tratta
di "insiemi di persone che, per loro libera scelta, adottano modi di
comportarsi (in tutti i campi della vita sociale e individuale) simili,
condividono gli stessi valori ed esprimono opinioni e atteggiamenti omogenei"
(Fabris 1997, 441).
Oggi si assiste al progressivo dissolversi dei tradizionali
raggruppamenti sociali (classi sociali, ceti, strati, ecc.) e all'emergere di
stili di vita difficilmente classificabili e prevedibili, in continua
evoluzione. Si assiste all'evoluzione del sistema di valori e delle
caratteristiche della cultura in cui viviamo.
La pubblicità, in questo scenario, deve adottare nuovi modi di
rapportarsi al mercato. Il mondo della comunicazione (pubblicitaria e non) si
trova a dover rivedere, quasi continuamente, le sue impostazioni per tenere
il passo con l'evoluzione della cultura.
Dunque, la
comunicazione pubblicitaria può essere rivolta a diversi gruppi di
consumatori. La scelta del target group influenza fortemente sia la scelta
dei mezzi, sia l'approccio comunicativo. La comunicazione sarà diversa a
seconda degli acquirenti a cui si rivolge.
In una fase di estremo cambiamento, la pubblicità necessita sempre di
nuove strategie di comunicazione per rapportarsi a un mercato in continua
evoluzione. Oggi la pubblicità non può rimanere indifferente di fronte
all'emergere, sempre più prepotente, del potere di comunicazione dei giovani.
Fino a qualche tempo fa i ragazzi non erano ancora al centro dei consumi.
Attualmente la pubblicità prende sempre più in considerazione il target
"giovani". Dal momento che si rivolge in modo diverso ai suoi referenti,
quando è destinata ai ragazzi, utilizza, o tenta di utilizzare, un linguaggio
ad essi il più vicino possibile. Il linguaggio pubblicitario diventa, in
qualche modo, linguaggio giovanile nel momento in cui si rivolge
espressamente ai giovani, pubblicizzando prodotti dal consumo prettamente
giovanile (accessori o abbigliamenti sportivi, bibite, snack, gelati, ecc.).
In altre parole, si tratta di una specie di principio di adattamento
della pubblicità ai suoi referenti.
Prendiamo come esempio due diversi tipi di spot di prodotti
dolciari:
Quelli rivolti espressamente ai giovani.
Quelli per un pubblico più vasto.
Nel primo tipo rientrano ad esempio gli spot della "Kinder Bueno" e "Duplo" nei quali viene usato un linguaggio più vicino ai ragazzi (Vai che ci strafoghiamo! e Spettacolo!). Nel secondo tipo rientrano, invece, gli spot di "Ferrero Rocher" e "Mon Cherì", spot nei quali non c'è alcun bisogno di usare un linguaggio giovanile perché il prodotto non è rivolto principalmente ai ragazzi. È come se il linguaggio pubblicitario fosse, in qualche maniera, imposto dall'oggetto pubblicizzato e dal gruppo degli acquirenti a cui è rivolto mettendo in atto una specie di "solidarietà linguistica", per cui si fa capire ai potenziali acquirenti "guarda che sono uno dei tuoi: quindi puoi fidarti!".
Il
linguaggio dei teen ager è sempre più al centro dell'interesse generale.
Anche la pubblicità si dimostra più fortemente orientata a una comunicazione
giovanile, andando a pescare fra i ragazzi espressioni simpatiche e
divertenti.
Simona Finessi (1992, 198) rileva l'intenso uso del paninarese da
parte di mass media e pubblicità. Inoltre, la conoscenza di alcuni termini di
tale linguaggio da parte dei ragazzi è dovuta, in gran parte, proprio a
questo uso (soprattutto da parte di TV e stampa).
Antonio Ricci (1992, 208–209), autore di diverse trasmissioni
televisive, ci racconta come scoprì dell'esistenza dei paninari e come decise
di "riciclare, con gli opportuni aggiornamenti, un repertorio
sperimentatissimo nei primi anni Settanta nei cabaret, riguardante i giovani
che vestivano la salopette, portavano le scarpe gialle (le Barrows), la
maglietta Lacoste, gli occhiali Rayban". Furono, in tal modo, rispolverati
termini quali sfitinzia, truzzo, tamarro, cuccare
e Gallo. In pratica, Drive in, "rivolgendosi per lo più ad un
pubblico giovane, ha sempre tenuto presente tutti i movimenti che si
verificavano nel cosiddetto ‘mondo giovanile'" (Ricci 1992, 208). Per quel
che riguarda il linguaggio "fu elaborato a tavolino il paninarese che, per un
certo periodo, tanto influenzò il linguaggio giovanile" (Ricci 1992,
209).
La pubblicità, in particolare, ha fatto un largo uso del paninarese,
diventando in tal modo un modello cui i giovani si sono spesso ispirati. Ne è
un esempio la pubblicità del mobilificio "Eurocasa": "salotto megagalattico
cerca galli e sfitinzie per party da sballo" (Finessi 1992, 198). Ciò vale
anche per molte altre pubblicità di prodotti rivolti soprattutto ai giovani,
come ad esempio il diario scolastico di "Lupo Alberto", Troppo Gallo
(Finessi 1992, 198). Molto usati sono termini quali fuori di testa,
imbranato, schizzare e gasato, che provengono dalla
lingua della vita militare, della droga e in generale della cultura rock "che
racchiude in sé le tematiche della musica, del sesso, della droga e anche
della militanza politica in chiave contestativa" (Finessi 1992, 198). Molti
di questi termini non hanno mantenuto il loro significato originario ed hanno
subito una "desemantizzazione attraverso i mass–media, primo fra tutti la
pubblicità" (Finessi 1992, 198).
Un altro utile esempio di un uso del paninarese in pubblicità è
rilevato da Coveri (1991c, 7) che ricorda l'uso del termine togo nella
pubblicità della "Kawasaki": una moto toga.
Dunque, mass media e pubblicità fanno uso di termini e modi di dire
giovanili. Ci si chiede come il linguaggio che contraddistingue i giovani
giochi la sua parte nella pubblicità. Sicuramente il linguaggio pubblicitario
diventa in qualche modo giovanile nel momento in cui si riferisce
direttamente ai giovani. Inoltre, il linguaggio giovanile trova spazio nella
pubblicità anche per il fatto che quest'ultima è, per sua natura, una
comunicazione persuasiva che cerca di convincere e cambiare giudizi e
atteggiamenti, facendo sì che il potenziale acquirente ricordi in modo esatto
ciò che deve comprare (non un nuovo snack ma proprio quello snack). Per il
raggiungimento di questo scopo vengono adottate varie tecniche, fra cui
quella di ripetere più volte il nome del prodotto all'interno dello spot e di
mandarlo più volte in onda. Oltre a questa possibilità, la pubblicità
utilizza altri espedienti fra cui iperboli, figure retoriche, immagini e
parole un po' insolite che sono tipiche del linguaggio giovanile. La
pubblicità sa che più è attraente, interessante, piacevole e divertente più è
persuasiva ed efficace. Riesce, cioè, a raggiungere il suo scopo. Gli annunci
più sono graditi, più sfuggono allo zapping, risultano memorabili e quindi
efficaci. L'uso sempre più frequente di modi di dire giovanili è dunque
legato al fatto che questi rivestono una funzione scherzosa che dà piacere,
divertimento e attrae non solo i giovani ma anche un pubblico più vasto. Ecco
perché chi mangia "Kinder Colazione Più" può partire alla grande, chi
sceglie i "Sofficini Findus" può sentirsi spaziale. Ed ecco come i
piatti di "Quattro salti in padella Findus" (il cui sapore è da Dio!),
sono diventati un mito!
Come si vede, il linguaggio giovanile viene usato in pubblicità non
solo per rivolgersi ai giovani ma anche ad un pubblico più vasto. Questo in
ragione del suo aspetto ludico che diverte, attrae ed è facilmente
memorabile.
Vedremo adesso, più nello specifico, quali termini "giovanili" siano
usati nella pubblicità sui diversi mezzi.
Oggi il
mezzo di comunicazione di massa per eccellenza è la televisione. Le indagini
ci mostrano "l'elevatissimo consumo di televisione per famiglia (dalle nostre
3,15 ore alle sette della famiglia americana)" (Fabris 1997, 484). Il mezzo
televisivo attrae più degli altri per vari elementi che lo caratterizzano,
fra cui soprattutto il divertimento, l'evasione, il disimpegno,
l'entertainment, la dimensione di gioco. I vantaggi della pubblicità
televisiva sono spesso connaturati nelle caratteristiche stesse del mezzo
(cfr. 4.1.3).
Sta ormai scomparendo ogni tipo di demarcazione fra spot, TV e
linguaggi giovanili. Gli spot utilizzano sempre più frequentemente termini e
modi di dire dei giovani. Diversi sono gli esempi. Sia quando è rivolta
direttamente ai ragazzi, sia quando è rivolta ad un pubblico più vasto, la
pubblicità televisiva fa uso di termini ed espressioni quali:
In spot rivolti principalmente ai giovani: esplosivo (nello spot di "Mega Big Babol"); spettacolo! e goduria (nello spot di "Duplo"); un grande e mitica (nello spot di "Ringo boys"); vai che ci strafoghiamo! (nello spot di "Kinder Bueno"); fuori (nello spot di "Sottobanco" l'agenda più fuori del mondo); mitico (nello spot di "Kinder Ferrero").
In spot rivolti ad un pubblico più vasto: scoppiata e tosta (nello spot di "Sottilette Kraft"); da Dio! e un mito (nello spot di "4 salti in padella Findus"); fisicaccio (nello spot di "187 di Telecom"); spaziale (nello spot di "Sofficini Findus"); alla grande (nello spot di "Kinder Colazione Più").
In Italia
la radio, da quando decenni fa ha cominciato a perdere protagonismo rispetto
al mezzo TV, viene usata al di sotto delle sue reali potenzialità. Eppure la
radio presenta innumerevoli lati positivi. Fra questi la possibilità di
facile segmentazione, permettendo di concentrarsi su una città o zona, di
segmentare il pubblico per età, per gusti particolari, ecc. È un mezzo
di grande specializzazione e selettività che permette la personalizzazione:
possiede, cioè, la capacità di integrarsi nel mondo di ciascun ascoltatore e
di stabilire con questo un clima di confidenza.
Questo mezzo ha un carattere amicale e instaura una comunicazione di
tipo interpersonale. Inoltre è un mezzo immediato, facile e veloce, che
risulta perfettamente compatibile (a differenza della TV) con molte attività
svolte dagli ascoltatori. La radio fa compagnia e può essere ascoltata in
qualsiasi occasione. Essendo un mezzo che non permette di mostrare il
prodotto, l'elemento essenziale e il potere della radio stanno nella parola,
nella musica e nell'immaginazione. L'ascoltatore non vede realmente, ma
attraverso la sua fantasia.
Dati tutti questi vantaggi provenienti da questo affascinante mezzo,
ci si chiede come la pubblicità sulla radio possa essere usata in modo
efficace per raggiungere il target giovanile. Cosa bisogna fare per
raggiungere i giovani? Innanzitutto si devono creare messaggi su misura;
creare, cioè, un enunciato radio ad hoc. Il messaggio deve essere
fatto appositamente per i ragazzi e deve essere vicino al loro modo di
pensare, ai loro gusti, al loro modo di esprimersi e in armonia con lo stile
umoristico e disinvolto delle trasmissioni a loro rivolte. In altre parole,
la radio deve diventare "una di loro". In tal modo la sua efficacia sarà
potenziata.
I giovani, come sappiamo, sono una componente molto importante tra gli
ascoltatori di questo mezzo. Spesso per raggiungerli non c'è altro modo che
usare proprio la radio. Per quanto riguarda il pubblico giovanile la radio
presenta numerosi vantaggi rispetto ad altri mezzi. Molti giovani, infatti,
ignorano completamente i manifesti, vanno poco al cinema e leggono poco e
niente. La televisione, come abbiamo detto, esercita una forte influenza su
di essi, ma anch'essa presenta dei limiti: spesso i ragazzi passano poco
tempo a casa o sono in qualche modo "distratti" o del tutto indifferenti ai
messaggi. Invece la radio (e con essa la musica) è quasi inseparabile dal
ragazzo, lo accompagna dappertutto, spesso attraverso l'immancabile
walkman, dando spazio all'immaginazione e alla spontaneità.
La pubblicità sulla radio fa uso di espressioni del linguaggio
giovanile. Alcuni esempi (cfr. Appendice I):
smanettare "correre in motocicletta/automobile/motorino a grandissima
velocità" (nella pubblicità della "Nuova FIAT Punto"); "Benvenuti al grande
sballo Aprilia" (nella pubblicità dello scooter "Aprilia").
La
pubblicità veicolata dai mezzi stampa e affissioni ha un'influenza minore sui
giovani, soprattutto se la confrontiamo a quella su televisione. Questi
mezzi, infatti, per la loro natura, richiedono un ruolo del
lettore/destinatario molto più "attivo" rispetto alla televisione: il ragazzo
può decidere, leggendo un giornale o una rivista, l'ordine di lettura (ad
esempio è libero di leggere fra le righe, "saltando" ciò che non gli
interessa) e, camminando per la strada, può evitare, volontariamente, o non
vedere, per distrazione, un cartellone pubblicitario.
Per quanto riguarda gli annunci sulla stampa essi possono esercitare,
anche se in maniera minore rispetto ad altri mezzi, una certa influenza,
soprattutto nelle riviste specializzate e indirizzate direttamente ai
giovani. Gli anni intorno alla contestazione e quelli successivi, hanno visto
il fiorire di numerose testate giovanili dedicate esclusivamente ad essi.
Come sostiene Giacomelli (1992, 86) "il processo di "giovanilizzazione" si
rispecchiava molto bene nelle metamorfosi del classico "Corriere dei Piccoli"
che, in ossequio ai tempi, diventò prima "Corriere dei Ragazzi" e poi
"Corrier–Boy" e infine scomparve". Oggi i giovani leggono pubblicazioni
quali "King" o "Max"; testate musicali quali "Tutto Musica" o "Trend";
fumetti come "Dylan Dog", "Lupo Alberto", "Cyborg"; e, per quel che riguarda
"le giovani", giornali femminili come "Teen", "Cioè", "Debby", "Pupa". Il
linguaggio della pubblicità su mezzo stampa fa uso di termini giovanili. Ad
esempio, nella pubblicità dello scooter da urlo "Aprilia Sonic GP"
diversi sono i termini giovanili: Alla grandissima!, mitico,
troppo giusto, megagalattico, beccare, demo,
colpaccio, tutto OK!, sballo, esaltare, un
sogno, una bomba, più giusto, più tosta, andare
OK, spararsi, esaltarsi, giocarsela (cfr. Appendice I).
Altre pubblicità di scooter fanno uso del linguaggio giovanile: "Toccate il
cielo con un mito" ("Phantom F.12 Malaguti") e "Preparatevi a una
scossa mentale. […] Siete preparati a farvi sconvolgere i
sensi" ("X–Fight Peugeot"). Ancora degli esempi in "Motorola–Omnitel":
wappare e alla grande (cfr. Appendice I e Appendice IV).
Altri esempi provengono da Giacomelli (1992, 90) che ricorda alcune
pubblicità su giornali giovanili: "hai in regalo le fantastiche,
geniali ricetrasmittenti"; "un'aranciata esagerata" e "gusto
da delirio degli snack X". Ancora Giacomelli (1992, 92) ricorda la
pubblicità della "Fiat Uno Rap" (prodotto rivolto soprattutto ad un target
giovanile): "esageratamente Uno".
Anche nelle affissioni ritroviamo un certo uso di termini,
espressioni, modi di dire e soprattutto modi di scrivere tipicamente
giovanili. Portiamo alcuni esempi: "da oggi Internet te lo wappi così"
della pubblicità "Motorola–Omnitel" (cfr. Appendice I e Appendice IV)
in cui c'è un uso del linguaggio giovanile a sua volta influenzato dalla
lingua dell'informatica; "molto di + a molto di -" (nella pubblicità di
"Expensive") dove, come abbiamo già detto (cfr. 3.4.1), l'uso
dei segni "+" (più) e "-" (meno) è tipico del modo di scrivere dei
ragazzi.
Come
abbiamo visto, la pubblicità fa uso di espressioni provenienti dal linguaggio
usato dai ragazzi. Questo avviene soprattutto quando si rivolge espressamente
ad essi, ma non esclusivamente. Molti termini e modi di dire giovanili si
ritrovano anche in pubblicità rivolte a un pubblico più vasto.
La pubblicità dovrebbe cercare di avvicinarsi maggiormente e realmente
al modo di parlare dei ragazzi; modo di parlare che, a mio parere, è molto
più complesso di come viene presentato nei messaggi pubblicitari e viene
spesso deformato e quasi mai adottato nella sua interezza. C'è un uso da
parte della pubblicità di termini e modi dire giovanili. Si tratta di un uso
sempre più forte, sempre più evidente e sempre più consistente. Esiste dunque
un avvicinamento del mondo "adulto" della pubblicità al mondo dei giovani ma,
probabilmente, si potrebbe fare di più. Mi riferisco all'impegno ad
avvicinarsi in modo reale al linguaggio usato dai ragazzi. La pubblicità,
infatti, non usa totalmente il linguaggio giovanile, ma estrapola da questo,
termini "strani" e di impatto, enfatizzandoli, deformandoli per adattarli ai
fini pubblicitari. Il mondo pubblicitario può trarre molti vantaggi
avvicinandosi al mondo giovanile e ad un linguaggio che si fa sempre più
insistentemente sentire. Soprattutto quando si rivolge ai ragazzi la
pubblicità dovrebbe sembrare il più possibile "una di loro".
Fra le regole linguistiche che la pubblicità televisiva deve seguire
c'è l'uso dell'effetto fatico–conativo, con un intervento che appare
rivolto direttamente a chi ascolta. Se vuole rivolgersi ai giovani, per
dirgli "sono uno dei tuoi, quindi, di me ti puoi fidare", deve usare non solo
i termini giusti, ma tutto un particolare e complesso modo di parlare ed
esprimersi. La complessità del linguaggio usato dai giovani, infatti,
comprende non solo il lessico e la terminologia, ma anche specifici usi
pragmatici, come il modo in cui tali termini vengono usati, l'intonazione
della voce, il modo di approcciarsi agli altri dal punto di vista
linguistico, il modo del discorso, l'aspetto fonematico, la gestualità. Sono
aspetti che non devono assolutamente essere trascurati e che risultano
importanti se si vuole realmente "usare" il linguaggio giovanile in
pubblicità.
Nel mondo pubblicitario esistono, dunque, possibilità di un uso ancora
maggiore del linguaggio giovanile. Tutto questo naturalmente senza
dimenticare le responsabilità che ne conseguono (cfr. 4.1.4).
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