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                 LA QUESTIONE SOCIALE

Chi non sa nulla dell'essere umano

non sa neppure ciò che è bene che

gli uomini facciano.

Rudolf Steiner

 

1.                  "Nel mio libro I punti essenziali della questione sociale si è fatto il paragone dell'organismo sociale con quello umano naturale; ma al tempo stesso vi si richiama l'attenzione sul come tragga in errore il credere di poter trasportare senz'altro in un campo concezioni ricavate da un altro. Chi guarda all'attività della cellula o di un organo nel corpo umano, secondo le opinioni della scienza, e poi cerca la CELLULA SOCIALE oppure gli ORGANI SOCIALI, per imparare a conoscere la struttura e le condizioni di vita dell'ORGANISMO SOCIALE, cadrà molto facilmente in un vuoto gioco di analogie.

"È diverso l'accennare, come è stato fatto nei punti essenziali, che una sana osservazione dell'organismo umano può educare il nostro pensiero nel modo che è necessario per una comprensione della vita sociale conforme alla verità.

"Tale educazione ci farà imparare a giudicare i fatti sociali, non secondo opinioni preconcette, ma secondo le loro leggi.

"E questo occorre al tempo nostro prima di tutto, perché oggi, riguardo al giudizio sociale, siamo profondamente immersi nelle opinioni di partito.

"Queste non sono formate secondo ciò che è fondato sulle concezioni vitali dell'organismo sociale, ma sono mosse dagli oscuri sentimenti di singoli individui, e soprattutto di gruppi umani.

"Se il modo di giudicare che si applica nei programmi di partito si trasportasse nell'indagine dell'organismo umano, si vedrebbe presto che non se ne aiuterebbe la comprensione, ma la si ostacolerebbe." (1)

2.          Queste parole di Steiner sono ancora attuali.

Il lavoro che segue non ha altro scopo che promuovere una maggior consapevolezza delle dinamiche sociali, da cui dovrebbe scaturire in modo naturale l’ideazione del mutamento e del rinnovamento sociale.

      Oggi come ieri infatti le opinioni di partito continuano pericolosamente a stornare il giudizio dalle condizioni di vita dell'organismo sociale, facendolo deviare nelle correnti delle passioni di gruppo.

E' dunque urgente che queste opinioni siano corrette a partire da un punto di vista in cui il cittadino comune possa conquistarsi l'imparzialità, e cioè "dove la vita del pensiero si corregge da sé studiando le condizioni che per loro natura richiedono la spassionatezza."

Però non arriverà lontano chi applichi per la correzione solo le idee scientifiche ordinarie, "perché per molti riguardi manca a quelle idee la forza di penetrare abbastanza a fondo nei fatti della natura."

"Se però si cerca di attenersi non a quelle idee, ma alla natura stessa, ci si metterà in grado di attingere la spassionatezza piuttosto da lì che dalle opinioni di partito."

Oggi è ormai matura la comprensione del popolo che il rimedio non può consistere nel creare nuove  posizioni di lotta, ma nell'osservare ciò che la storia stessa impone al momento attuale.

"E' ovvio constatare i mali ed esigerne l'eliminazione a mezzo di programmi; ma è necessario inoltrarsi fino alle radici della vita sociale per risanarne, attraverso quelle, anche i fiori e i frutti."

 

A)    L’ORGANISMO SOCIALE

 

1.    Le forze operanti nel complesso della vita sociale si esprimono in tre distinte forme: la vita spirituale, la vita giuridica e la vita economica. Tali forze sono le stesse che si manifestano nell'interiorità umana rispettivamente come volontà, sentimento e pensiero.

Ogni uomo riceve la sua impronta individuale dal complesso interagire di esse e la loro risultante si esprime nel temperamento e nel carattere. Parimenti si configurano le diverse società a seconda delle ideologie statali che le dirigono.

Quello che agisce nel caos attuale non è l'immaturità, ma la credenza preconcetta che la conoscenza spirituale sia il contrassegno d'un uomo "scientificamente" poco illuminato. Dovranno però fallire - come del resto sono sempre falliti fino ad oggi - tutti i tentativi di configurare la vita sociale che deriva da tale "illuminazione" non spirituale, perché eliminano lo spirito dai loro tentativi.

La vita spirituale viene qui intesa perciò non solo secondo le rappresentazioni che comunemente suscita il mero concetto di spirito, ma anche secondo ciò che in ciascun individuo si manifesta nell'ambito della vita personale, come intelligenza, sensibilità, creatività, moralità mentre, nell'ambito della vita sociale, è riconoscibile sia come un'attività della mente o del corpo con la quale ciascun individuo realizza se stesso, sia in quelle azioni che, nell'accezione più vasta del termine, si potrebbero definire lavoro.

 

2. La vita spirituale è riconoscibile in ogni aspetto della vita sociale: nella scienza, nell'insegnamento (di ogni facoltà, dall'agraria alla giurisprudenza - diritto consapevole e penale - dalla medicina alla musica, ecc.), nella cultura, nell'arte, nelle istituzioni statali, nella politica, nelle molteplici forme di lavoro, sia quello direttivo che quello eseguito fisicamente, nell'ambito della divisione del lavoro medesimo.

La caratteristica fondamentale di questa sfera della vita sociale è di anelare, dal profondo dell'interiorità di ciascun essere umano, ad esprimersi in liberta'; perchè è proprio l'azione libera da ogni imposizione esterna che può consentire il passaggio del patrimonio spirituale dell'individuo da quest'ultimo alla collettività.

Per la distinzione fra esperienza di libertà ed esperienza di libero arbitrio, rimando alla lettura di qualsiasi testo in grado di trattare l'argomento secondo il metodo scientifico in uso nella scienza naturale (come per esempio "La filosofia della Libertà" di R. Steiner).

Col termine "libertà" s’intenda comunque per ora qui il superamento del comune concetto di libero arbitrio, in senso evolutivo. Vale a dire libertà come scelta di trasformazione di un agire dettato da impulsi in un agire dettato da motivi (che non siano ovviamente estrinsecazioni dialettiche, cioè maschere d’impulsi o di necessità). Quanto infatti si cela in un giusto rapporto tra libertà (motivo) e necessità (impulso) rappresenta il cardine dell'evoluzione spirituale di ciascun uomo e dell'umanità intera.

È comunque certo che in tutte le manifestazioni della vita sociale la vita spirituale, mentre opera, non sopporta di dipendere da alcuna condizione esteriore che ponga il rischio di estinguere la sua stessa partecipazione sociale.

Il rischio tuttavia esiste ed è determinato proprio dalle esigenze derivanti dalla vita giuridico e dalla vita economica con le quali la libera vita spirituale entra in reciproco rapporto.

 

3. La vita giuridica si esprime nell'affermazione dei diritti di tutti gli uomini che sorgono dalle esigenze della moralità e della giustizia che gli uomini di una determinata civiltà sono capaci di comprendere in rapporto alla loro evoluzione.

La vita giuridica si realizza nell'accogliere le premesse della vita spirituale e della vita economica, tornando ad agire su di esse con eguaglianza là dove vengono a contatto, sia nella sfera della vita spirituale che in quella della vita economica.

Essa deve assolvere l'importante compito di garantire la convivenza tra individui ed impulsi diversi sia nella vita spirituale che in quella economica disponendosi quindi come una cerniera tra la vita individuale e la vita sociale.

Questo insieme di rapporti tra le forze sociali ha portato a mescolanze politiche determinate in parte dalla incomprensione di queste forze ed in parte dai tentativi di sanare le anomalie sociali secondo rappresentazioni ideologiche.

Tali anomalie sono pertanto alla base di tutte le questioni sociali, per risolvere le quali è necessario comprendere il delicato meccanismo che, secondo leggi proprie, si vuol esprimere nelle tre sfere della vita sociale.

 

4.    La vita economica si esprime in tutte le attività che, partendo dalla natura, si svolgono nell'ambito della produzione, del commercio e del consumo delle merci.

La vita economica si svolge attraverso una fase che riguarda la produzione delle merci ed una fase che riguarda il consumo delle medesime; tra le due si dipana una complessa rete di attività commerciali intermedie che realizzano la distribuzione delle merci dal luogo di produzione a quello del consumo.

Queste due fasi devono essere accuratamente distinte per comprendere il significato sociale della la vita economica.

La prima fase assume importanti rapporti con la vita spirituale ed anzi si può dire che solo in quanto quest'ultima partecipa alla produzione attraverso l'organizzazione del lavoro, la vita economica può svolgersi e progredire.

Tanto l'imprenditore che l'operaio portano nella produzione la loro libera vita spirituale, espressa in maniera diversa ed in specifici settori.

Di fronte alla vita spirituale in realtà cessa ogni contrapposizione tra attività direttiva e attività manuale ed il non considerarlo proviene sia da una concezione materialistica dell'uomo e delle sue qualità sia dalle apparenze sociali che fanno derivare la libertà dal potere del denaro e quindi dalla ricchezza.

Pertanto, finché questa contrapposizione non verrà risolta con la comprensione dell'essenza del processo produttivo, nella sfera economica si dovrà inserire la vita giuridica la quale tuttavia, in forza del suo principio di eguaglianza, non può fare altro, suo malgrado, che danneggiarla perché tenta di risolvere un conflitto tra diverse forme di libertà mentre dovrebbe soltanto garantire le rispettive libertà.

La seconda fase, con la quale si determina il consumo delle merci, rappresenta il fine ultimo dell'intero processo economico, che è quello di provvedere alle necessità materiali di ciascun individuo, sebbene in questa fase possono scaricarsi tutte le tensioni della fase produttiva in maniera tale che il consumo stimola la nuova produzione. La fase del consumo comunque necessita di denaro per essere effettuata e chi non possiede il denaro sufficiente per consumare è destinato a soffrire la povertà e l’indigenza. In tal modo si oscura il diritto di ciascun essere umano di poter godere dei beni primari di sostentamento che gli spettano per diritto. Di fronte a questo diritto la produzione economica non può ovviamente retrocedere perdendo il vantaggio economico maturato durante la fase produttiva ma è per questo necessario che la volontà umana trovi un modo per superare questa difficoltà.

Per questo le moderne società democratiche sostengono il welfare che vuol essere una sorta di compromesso tra il formarsi della ricchezza economica da una parte e della povertà dall’altra. Il principio che spinge a questo atteggiamento sociale è la solidarietà che mimetizza ciò che è decisamente più adatto in questa circostanza, ovvero la FRATERNITà.

Si tratta tuttavia di un rimedio giuridico per  garantire a quanti più individui è possibile, secondo il principio dell'eguaglianza e non della fraternità, l'accesso al consumo.

Questo compito della vita giuridica di fatto crea una difficoltà al processo di produzione il quale per funzionare nel modo migliore e produrre ricchezza non deve essere ostacolato da manovre finanziarie di alcun tipo. Come vedremo, la soluzione di questo problema sociale relativo al processo economico deve poggiare sulla scelta originale di non interferire con la produzione e garantendo altresì il necessario consumo per tutti. La scelta è quella di spostare l’attenzione dal processo economico con tutte le sue implicazioni teoriche e pratiche, al denaro.

Quest’ultimo racchiude nella sua realtà e nel suo potere sia la fase produttiva che la fase del consumo. Steiner, illustrando la metamorfosi del denaro ha illustrato come il potere di quest’ultimo si modifichi da se stesso nel corso del processo economico. Si tratta di realizzare coscientemente la metamorfosi del denaro e decidere come portare un vantaggio nel processo economico sia alla fase produttiva che a quella del consumo.

 

B) L’EVOLUZIONE DELLA VITA SOCIALE

 

A governarci non sono gli eserciti e le polizie ma le idee

                                                                           M. Caird 1892 

1.                  Nel corso dei tempi la vita sociale ha attraversato fasi sempre più complesse, passando dall'originaria struttura familiare alle attuali organizzazioni statali.

La costante di quest’evoluzione è la presenza di un potere organizzativo che in origine era divino-patriarcale e che nel tempo si è trasformato in quello laico-amministrativo dello Stato politico.

Nella crescente aggregazione delle masse umane è dunque sempre riconoscibile un principio unitario direttivo che esclude dal potere qualsiasi individualità che non realizzi una funzione, gerarchicamente intesa, di quel principio.

Si tratti di un re o di un governatore, di un capo di Stato o di un ministro, l'individualità è sempre l'incarnazione di un principio direttivo unitario che dà forma alla vita sociale.

 

2.                  Contrariamente all’immutabilità del principio unitario direttivo, la vita interiore dei singoli individui che compongono la massa sociale, sia pure in diverso grado, si è andata evolvendo in espressioni di sempre maggiore coscienza e consapevolezza sperimentando una crescente tendenza all'autonomia del pensiero, del sentimento e della volontà.

           Questa crescente tendenza all'autonomia individuale rappresenta un potenziale pericolo per il principio unitario dello Stato il quale, per conservare il suo potere, si è avviato verso un adattamento sempre più ampio a questa circostanza, accogliendo infine nel sistema sociale il concetto di democrazia.

Tuttavia il principio democratico non riconosce l'autonomia interiore dell'individuo: gli concede soltanto la possibilità d'inserirsi nel principio unitario statale in conformità di un’ideologia politica che dà forma e funzione al principio stesso.

Ciò significa che l'ideologia politica è l'unico tramite attraverso il quale, l'individuo e lo Stato, possono interagire in forza del principio democratico.

Questo fatto appaga la maggior parte degli individui che pensano di aver trovato, nel principio democratico, un valore sociale per la libertà e l'eguaglianza di tutti gli individui.

Ma questa garanzia di libertà ed eguaglianza è pur sempre attiva soltanto nell'ambito dell'ideologia politica e quindi l'interiorità individuale si deve uniformare ad essa nel tentativo di sperimentare socialmente la libertà e l'eguaglianza.

Non ci si avvede che questa libertà non consente alla vita spirituale individuale di esprimersi in piena libertà ma solo nei limiti della libertà ideologica e che la vita giuridica produce un'eguaglianza dipendente dai valori gerarchici insiti nell'organizzazione sociale come censo, cultura, classe e simili categorie, secondo la qualità dell'ideologia.

Per questo motivo, il malessere sociale provocato dall'ideologia spinge la società alla lotta politica dei partiti e si crede che questa sia l'unica strada percorribile secondo democrazia.

Ma quando la maturità individuale consente di scoprire che il malessere sociale dipende proprio dall'ideologia, si comprende che la vita spirituale individuale non è veramente libera, che il diritto non difende questa libertà e che la vita economica ha incorporato i valori gerarchici dell'organizzazione sociale in termini di capitali ed affari.

 

3.                  L'evoluzione della vita sociale indica chiaramente che l'organizzazione statale, sorta sul principio teocratico-regale, si è andata progressivamente trasformando in un potere politico-amministrativo sorretto dalle ideologie e che di quel principio conserva soltanto lacere vestigia e formule rituali senza vita.

Nel contempo l'individuo, sviluppando una sempre maggiore autocoscienza, riconosce in se stesso la propria guida ed ha l'impulso a creare una società a sua immagine per introdurvi il suo essere vivente che qualsiasi astratta ideologia non può interamente rappresentare.

Queste due correnti evolutive, la prima in completo esaurimento e la seconda con forze di crescente intensità, determinano ormai una condizione insostenibile per una qualunque forma di civiltà che non tenga conto della realtà umana.

A ben poco infatti servirebbe una crescita maturativa degli individui se a questa non potesse corrispondere un'adeguata forma dell'organismo sociale.

Esiste tuttavia la possibilità che l'uomo non trovi la strada che conduce dall'autonomia individuale al nuovo organismo sociale secondo quanto richiedono la liberta', l'eguaglianza e la fraternita', le quali sono la premessa indispensabile per quanto l'umanità dei nostri tempi richiede che si realizzi armoniosamente nel volere, nel sentire e nel pensare.

Il problema sociale richiede dunque che si trovi una guida per il pratico agire umano, non più in un'astratta e sterile teoria ideologica ma nella conoscenza dei fatti da cui proviene il problema da risolvere.

Non basta tuttavia che il pensiero abbandoni l'ideologia, dal momento che anche l'osservazione più obiettiva e spregiudicata dei fatti richiede che il pensiero sviluppi una forza di penetrazione comprensiva e creatrice, in grado di superare l'illusione delle apparenze fenomeniche.

 Si richiede un nuovo modo di pensare, secondo il quale l'organismo, biologico, psichico o sociale debba essere studiato come una totalità organizzata e non soltanto come una somma di parti discrete.

Un simile pensare, la cui logica conoscitiva consideri le cose nella loro totalità cioè olisticamente (dal greco "hólos", che significa "tutto, intero") o mediante il pensiero puro ghoetiano, offre la possibilità a chiunque di raggiungere l'idea archetipica che riunisce armonicamente in forma e funzione il prima e il dopo, la causa e l'effetto, il particolare e l'universale.

Senza questo modo di procedere si cade inevitabilmente nell'alienazione, detta un tempo "perdita della sindéresi" (o "sinteresi"), etimologicamente della capacità di "osservazione d'insieme" (da "syn", "insieme" e "terein" "vigilare"). Il cadere in disuso di questo vocabolo è di per sé testimonianza di tale alienazione.

Ciò conduce sempre ad una visione parziale e non del tutto vera dei fenomeni per quanto logica e convincente essa sia. Possiamo davvero credere, ad esempio, che poggiando il pensiero speculativo sul valore esclusivo della libertà o dell'eguaglianza o della fraternità sia possibile trovare la strada che conduca alla realizzazione delle altre due?

Si è costretti perciò a far intervenire qualcosa dall' "esterno" del pensiero speculativo per sostenere la validità delle sue premesse.

Si tratti d’amore, fede, sentimenti o semplice buon senso pratico, il pensiero deve invocare "qualcosa" per sentirsi appagato nelle sue premesse. Ed allora, malgrado i buoni propositi di trovare la verità, interviene la confusione che in definitiva rischia di riproporre un'ideologia.

C'è da meravigliarsi se per la Chiesa cattolica la soluzione dei problemi sociali richiede l'amore di Dio o l'amore fraterno? Se Marx ha ritenuto necessario stimolare l'odio nelle masse diseredate ed unite paradossalmente dall'amore di classe? Se Kant ha chiesto agli uomini di sottostare alle esigenze del dovere come necessità per diventare cittadini del mondo rinunciando alla libertà?

Se lo scienziato procedesse nella sua ricerca positivista introducendo nei suoi esperimenti una premessa ideologica tanto costringente come quelle sopra citate dovrebbe rinunciare ad ogni garanzia di verità.

Dopo tutte le secolari diatribe in proposito, ogni spirito amante della verità dovrebbe chiedersi con tutte le sue forze se esista un pensiero realmente libero di conoscere, poggiando unicamente su se stesso, pur senza perdere l'oggettività del mondo materiale.

 

4.                  Perché soltanto questo pensiero è in grado di soddisfare la libertà dello spirito umano e di stimolarla con fiducia alla conquista ed alla realizzazione sociale di ciò che, nell'inconscio di ciascun uomo, si agita come anelito ad una comunità che ha bisogno di amore, diritto e giustizia.

Non cercando o non trovando un simile pensiero ci si deve "consolare", per es., con le seducenti riflessioni sulla teoria politica di un pensatore come Dahrendorf che cerca di "rispondere alle sfide di una società industriale moderna, democratica, orientata al futuro, che fa sempre più assegnamento sulla cooperazione e la responsabilità del singolo".(1)

La struttura del suo pensiero politico è liberale e ne sottolinea le tappe evolutive segnate da Locke, Hume, Smith, Rousseau fino a Keynes e Beveridge.

Ecco il suo postulato: "La maggior parte dei grandi riformatori degli ultimi due secoli sono stati liberali. Lo scopo è sempre stato una società capace di assicurare a tutti le libertà fondamentali, al maggior numero di persone confini aperti di realizzazione personale, e agli innovatori creativi un clima d'incoraggiamento.[...] I liberali hanno strappato allo Stato assoluto le costituzioni, e con esse governi vincolati al diritto e l'eguaglianza di tutti davanti alla legge.[...] Dai cocci del mondo fatto di Stato assoluto, di Chiesa unica beatificatrice, e di rigidità mercantilistica, sorse la società, e non una qualsiasi società, bensì la società borghese, la civil society".(2)

Ma non tutto è buono in questa civil society: alla libertà, ai diritti giuridici e politici dell'individuo, alle numerose opportunità di benessere della classe maggioritaria borghese, il liberismo ideologico affianca la fame, la disoccupazione, l'anomia di una sottoclasse d'individui.

Questo divario, che è stato la miscela esplosiva della lotta rivoluzionaria marxista, per Dahrendorf non dipende dall'economia liberale ma da una mancanza di diritti. "La spiegazione del fatto che alcuni uomini siano nell'indigenza e soffrano addirittura la fame nel bel mezzo dell'abbondanza [...] sta quindi nella mancanza di diritti non nella mancanza di beni"(3)

L'homo oeconomicus liberale, afferma Dahrendorf, è anche l'homo homini lupus. Mentre si libera dal dominio statale, la libertà individuale può riconoscere il diritto alla libertà di tutti ma non il diritto alla fraternità. Questo diritto è addirittura una minaccia per la sua stessa sopravvivenza.

L'ideologia liberale ignora dunque la fraternità e Dahrendorf è costretto a prenderne le distanze; per questo il suo pensiero non riesce a trovare una soluzione economica per un problema economico senza introdurvi un elemento "esterno" all'economia, ovvero la vita giuridica.

Si richiede pertanto di comprendere come l'economia liberale tiene conto soltanto della fase produttiva del processo economico, in cui esprime il suo impulso originario di libertà e ne asseconda quindi con grande successo il suo svolgimento; ma nel contempo l'ideologia liberale perde la comprensione della fase distributiva, ovvero del consumo che è di pari importanza ma di forza contraria.

 

5.                  Il processo economico vive in un moto circolare alternato e quindi gli estremi si toccano, rinviando le loro tendenze e provocando un pareggio salutare.

Come precedentemente accennato, il primo moto porta alla formazione di beni, attraverso il lavoro applicato alla natura, lo spirito applicato al lavoro e lo spirito applicato al capitale.

Con il secondo moto la produzione di beni giunge al termine ma si genera una necessaria tensione produttrice di nuovi beni.

Al termine del processo produttivo si hanno valori in forma di merci e di capitali. Entrambi devono essere consumati fino al punto di provocare la tensione generatrice della nuova produzione.

Tuttavia l'attenzione è posta soprattutto a stimolare il consumo di merci a tal punto da produrne una dannosa ipertrofia.

I capitali invece sono arbitrariamente sottratti al consumo e quindi alla distruzione, provocando.

Sono proprio le esigenze del processo economico ad indicare che i capitali siano consumati attraverso il consumo di merci con essi acquistate.

È fin troppo comprensibile appellarsi alla vita giuridica (ma anche alla morale) per garantire un "minimo salario", che in più permetta di superare la scomoda idea socialista dello Stato assistenziale; ma, così facendo, si costringe il pensiero ad accettare una soluzione non conforme alla conoscenza dei fatti e ciò non aiuta l'uomo a superare liberamente e consapevolmente i suoi errori ideologici.

Non spetta alla vita giuridica stabilire dunque quale sia il valore della vita spirituale e quello della vita economica, dal momento che essa nasce dal confluire di quei due valori originari e, di conseguenza, non possiede un suo proprio valore se non quando esprime quell'equilibrio.

 

6.                  Non esistono diritti assoluti sui quali fondare la vita spirituale o la vita economica od entrambe.

Il diritto veramente a misura d'uomo è quello che nasce dal rapporto armonico tra le leggi della vita spirituale (interiorità) e quelle della vita economica (mondo esterno), divenendo dovere individuale.

Prima occorre riconoscere queste leggi; poi la vita giuridica scaturirà naturalmente da esse in forma d'equilibrio tra diritto e dovere.

Nella vita giuridica non si può "trovare" - né quindi possiamo richiederle - un concettuale diritto alla libertà della vita spirituale oppure un concettuale diritto al "salario minimo" (intendendo con questo termine un salario dignitoso per l'essere umano) nella vita economica.

Il diritto alla libertà della vita spirituale è unito indissolubilmente al dovere del "salario minimo"; quindi questo termine deve essere trasformato in quello di “reddito di cittadinanza” o “reddito vitale” per ciascun essere umano. In altre parole questo reddito non deve essere considerato un salario, quindi proveniente da un lavoro, ma semplicemente un diritto, con il quale ognuno possa esprimere la propria libertà di scelta nei confronti del processo economico. Questa possibilità non deriva da un caritatevole libero arbitrio, ma dalla metamorfosi del denaro descritta da Steiner.

Il diritto, in quanto istituzione generica non genera l'eguaglianza, perché gli effetti dell'eguaglianza si evidenziano soltanto se il diritto è riconosciuto da tutte le parti che compongono un intero organismo sociale. 

 

 C) LA TRIARTICOLAZIONE NELL'UOMO E NELLA SOCIETa'

 

Io, dal canto mio, desidero un "sabato per l'uomo", un organismo sociale a misura d’ organismo umano

                                                                                                               NereoVilla 

1.                  Tutte le ideologie statali, dal liberismo al socialismo, con le quali l'uomo configura la società partendo dai suoi impulsi interiori, tendano ad accordare un maggior interesse ora alla libertà della vita spirituale, ora all'eguaglianza della vita giuridica, ora alla fraternità (pudicamente mimetizzata come solidarietà della classe operaia) della vita economica.

           Ogni ideologia statale, quindi si esprime socialmente attraverso la realizzazione di una propria vita spirituale, di una propria vita giuridica e di una propria vita economica, sviluppate politicamente ed attuate nell'ambito di regole sostenute dal potere ed a cui ogni individuo è tenuto a conformarsi.

Abbiamo visto come nessuna di queste ideologie sia capace di risolvere interamente i problemi sociali ma semplicemente di costringerli a conformarsi ad essa.

La responsabilità di questo insuccesso va ricercata nel fatto che le ideologie, compenetrando l'organismo statale ed attivando i meccanismi politici, da cui si fanno dipendere in definitiva tutte le pratiche realizzazioni umane, consentono alle sue disposizioni unilaterali di dirigere le tre sfere della vita sociale in conformità di quanto previsto dalle stesse ideologie ed in maniera quasi sempre inadeguata a quanto in ciascuna di quelle sfere vuole manifestarsi.

 

2.                  L'idea dello Stato è quella di un organismo che comprende le tre forme di vita sociale regolate politicamente in funzione dell'organismo stesso.

L'ideologia fornisce il concetto di forma e funzione dell'organismo sociale e l'attività politica spinge le tre forme di vita sociale a manifestarsi in modo da realizzare quel concetto.

Come già accennato, l'ordinario pensare positivista, anche se rigorosamente scientifico, non può comprendere l'essenza dell'organismo, la quale è la risultante di forma e funzione che si compentrano e si modificano ritmicamente nel tempo determinandone l'evoluzione. La forma di un organismo non è mai arbitraria e deriva soltanto dall’archetipo delle forze attive nella forma visibile.

All'uomo è concesso di conoscere intuitivamente un organismo soltanto se il pensiero è capace di conquistarne l'immagine della sintesi vivente di forma e funzione organica in continua evoluzione.

Se dunque non si conquista quest’immagine, l'organismo sociale sarà sempre il riflesso di un'idea astratta che pretenda di dare una forma a forze che con essa nulla hanno a che fare.

La costrizione in tal modo indotta nella vita sociale, non può certo privarla delle sue forze naturali, ovvero archetipiche, ma queste si evidenzieranno come il rimbalzo elastico prodotto da una forza esterna su una palla di gomma producendo patologia sociale.

Si potrebbero citare molti esempi di tal genere i quali sono sintomi importanti per una diagnosi spregiudicata delle deformazioni ideologiche prodotte nella vita sociale: dalla distruzione "economica" degli agrumi al caso "Di Bella", dal caso della "mucca pazza" a quello delle "quote latte", ecc.

Di fronte a tali deformazioni, molte teste politiche, peraltro di notevole acume, ritengono che una pianificazione ecumenica delle diverse ideologie possa rimediare alle tendenze unilaterali di ciascuna.

Hanno dunque pensato di unire liberismo, democrazia e socialismo nella convinzione di realizzare rispettivamente la libertà, l'eguaglianza e la fraternità, per quanto, come accennato, mimetizzata nella solidarietà.

Ma questo "marchingegno" politico non raggiunge il fine che si propone, dal momento che si continuano a manipolare concetti che non sono adatte a cogliere la tendenza dell’organismo sociale a manifestarsi in una triarticolazione. Per riconoscere libertà, eguaglianza e fraternità dentro l’organismo sociale non serve immettervi i loro aridi concetti; serve invece evitare proprio le ideologie politiche.

 

3.                  Secondo la scienza dello spirito,  l'organismo umano è edificato da forze spirituali.

Le forze della volontà sono attribuite a quanto è in gioco nei processi metabolici, della nutrizione e dell'accrescimento dell'organismo. Per semplicità di esposizione chiameremo tutto ciò sfera delle membra e del metabolismo.

Emozioni, sensazioni e sentimento sono invece strettamente legati all'attività del respiro, alla circolazione del sangue e all'attività cardiaca. Poiché questi organi sono disposti nel torace chiameremo il loro insieme sfera del petto o mediana dell'organismo.

Dalle forze del pensiero è edificato il sistema nervoso con gli organi di senso. Poiché queste strutture sono concentrate prevalentemente nella testa, chiameremo questo complesso sistema del capo o cefalico.

Le tre sfere dell'organismo umano e quelle relative dell'organismo sociale non vanno considerate semplicemente una accanto all'altra secondo un mero gioco di analogie lineari, bensì secondo un'inversa analogia, proprio come se l'organismo sociale fosse un uomo capovolto, una sua controimmagine.(*)

In altre parole, confrontando l'organismo sociale con quello umano, si arriva a un giusto risultato se si equipara la vita economica alla vita del sistema cefalico umano e la vita spirituale-culturale della società a quella del ricambio.(*)

Si generano in tal modo esatte controparti in cui vengono a palesarsi le sperabili corrispondenze fra l'esteriore e l'interiore. Vi sono infatti in esse leggi simili: la base naturale per la vita economica è, nell'organismo sociale, paragonabile alle capacità individuali che l'individuo porta con sé dalla nascita e un paese che abbia sfavorevoli condizioni naturali per la sua vita economica è come un uomo che sia mal dotato; la base naturale per la vita spirituale è, nell'organismo sociale, paragonabile alla funzione metabolica della crescita: l'organismo sociale "mangia e beve" quel che gli apportiamo sotto forma d'arte, scienza, idee tecniche, e così via. Di questo esso si nutre. E' il suo sistema del ricambio. 

Al sistema ritmico o del petto si equipara invece, nell'organismo sociale, la vita giuridico-amministrativa, vale a dire il governo, la vita statale vera e propria.

Queste tre sfere si compenetrano tra loro in modo che in ciascuna di esse è presente qualcosa che proviene dalle altre due e garantisce quanto alla prima è necessario per un corretto funzionamento.

Si determina in tale maniera un delicato ed essenziale rapporto di forze e di funzioni tri-articolate.

La sana vita dell'organismo umano è perciò sempre relativa a questa reciproca compenetrazione di forze e dall'assoluto rispetto di quanto è necessario che si esprima, prevalentemente, in ciascuna delle tre sfere secondo le forze corrispondenti che le pongono in essere.

Inversamente la malattia e quindi anche la distruzione dell'organismo è dovuta ad un'anomala estensione di una delle tre in un'altra o in entrambi.

L'uomo si presenta dunque a questa comprensione come un'entità costituita di forze fisiche, di forze di movimento (animiche) e di forze spirituali (facoltà di dire "Io" a se stessi) operanti secondo leggi dirette da una triarticolazione operante in tutta la natura, esteriore (terra, atmosfera e rapporto fra essi) e interiore (soggetto, oggetto e rapporto fra essi).

Per brevità di linguaggio, d'ora in poi indicherò queste leggi con l'espressione "leggi naturali d’armonia", presa a prestito dal campo musicale, dove ogni accordo essenziale è stabilito da una triade di note, e che da questo punto di vista potrebbe riconnettersi anche alle leggi naturali d’armonia dello scienziato positivista. Non uso l'espressione "leggi naturali" perché questo termine racchiude in sé ancora troppi pregiudizi dovuti alla generale impostazione materialistica della scienza.

 

4.                  L'organismo sociale è riconoscibile, come abbiamo detto, in ciò che nell'uomo si esprime come vita spirituale, vita giuridica e vita economica.

Queste tre sfere della vita sociale si relazionano tra di loro secondo la triarticolazione delle tre sfere dell'organismo umano e secondo il pensiero inversamente analogico precedentemente illustrato.

Nell'ambito della triarticolazione, ogni sfera sociale si esprime con la forza di tre impulsi che, senza gli errori ideologici, si manifesterebbero spontaneamente nella coscienza sociale come libertà, eguaglianza e fraternità.

 

5.                  Sappiamo in quante contraddizioni cade il pensiero umano che cerca la via per dare un pratico riconoscimento a tali impulsi, afferrandone ora l'uno ora l'altro ma senza riuscire a realizzarli tutti armonicamente e senza contraddizioni.

Ne deriva che nessuna ideologia può assicurare la contemporanea realizzazione di questi tre impulsi essenziali per la salute della società.

Il pensiero ideologico liberista trova senz'altro che la libertà è inscindibile dalla vita spirituale individuale. Con  l’appoggio del diritto vorrebbe affermare l'imperio della libertà della vita spirituale individuale anche nella sfera della vita economica. Ma nella vita economica la libertà si rivela incompatibile se non addirittura in conflitto ideologico con la fraternità, che il diritto, costretto dal prevalere della libertà, non può in alcun modo risolvere.

Il pensiero ideologico socialista, al contrario, trova che la fraternità è inscindibile dalla vita economica. Intende il diritto come eguaglianza economica ed estende tale idea anche alla vita spirituale individuale; ma in questa sfera l'eguaglianza, come garanzia di fraternità, si rivela incompatibile, se non addirittura in contrasto con la libertà.

Il pensiero ideologico democratico ritiene che l'eguaglianza sia inseparabile dalla vita giuridica. Su questa unione conforma il diritto e vorrebbe affermarne l'imperio tanto nella vita spirituale individuale che nella vita economica; ma è costretto a constatare che, sia nella sfera della vita spirituale sia in quella della vita economica, l'eguaglianza si rivela incompatibile, se non addirittura in contrasto, rispettivamente con la libertà e la fraternità, svelando l'impotenza relativa del diritto democratico, che pertanto richiede, per sopravvivere, l'uso della forza politica e giuridica.

Questa patologica realtà è sotto gli occhi di tutti in qualsiasi parte del mondo e nulla ancora sembra provenire dal patrimonio culturale e pratico dell'uomo in grado di correggerla fino in fondo.

Se dunque l'uomo vuole preservare l'organismo sociale dalla malattia e dalla distruzione, non può fare altro che edificare l'organismo sociale sul modello del suo stesso organismo biologico nel rapporto vivente fra corpo, anima e spirito.

Per realizzare questo compito è necessario, prima di tutto, trovare nei medesimi fatti sociali che cosa determini la caotica mescolanza delle tre sfere della vita sociale e successivamente procedere consapevolmente alla loro sana articolazione attraverso una pratica attuazione delle premesse conoscitive.

Vedremo ora i dettagli necessari ad illustrare in modo comprensibile i rapporti tra organismo umano ed organismo sociale.

  

LA SFERA CEFALICA E LA VITA economica

 

1.                  La sfera cefalica, delineata dal sistema nervoso e dagli organi di senso, realizza una complessa struttura che rappresenta nell'uomo la possibilità di un riflettere in autonomia e libertà sempre perfettibili, e nell'organismo sociale la possibilità di un’economia o di assennata speculazione economica, altrettanto perfettibili quanto a libertà e ad autonomia.

Cominciamo dall'economia, perché è evidente che attraverso la tecnologia e il capitalismo si è fatta predominante in tutta la moderna società umana.

La vita economica dev'essere nell'organismo sociale una struttura relativamente autonoma, come lo è il sistema neuro-sensoriale nell'organismo umano.

Questa sfera dell'organismo umano, per assolvere al suo compito è stata privata infatti di qualsiasi capacità di accrescimento e di riproduzione (il pensare passa infatti attraverso - non è prodotto da - i nervi) e abbisogna del costante sostegno vitale della sfera metabolica dove le forze della vita sono invece in perpetua attività.

Il cervello, che è specchio del pensiero, cioè lo strumento che permette il riflettere, sarebbe condannato ad estinguersi se non fosse costantemente alimentato dalla vita metabolica.

Pertanto nella sfera cefalica deve giungere costantemente il nutrimento metabolico secondo un equilibrio determinato dalla sfera mediana.

Come precedentemente accennato, tale nutrimento è, nell'organismo sociale, la cultura, cioè la vita spirituale capace di generare nell'uomo le forze di lavoro che meglio si confanno alle sue predisposizioni personali.

Con la vita economica si parla di tutto quel che riguarda la produzione, la circolazione e il consumo delle merci, e pertanto si parla anche di lavoro.

Il lavoro, infatti, pur rientrando nella sfera della vita economica, è appreso e assume la sua consistenza ottimale a partire dalla vita spirituale, dalle scuole, dalle arti, ecc.

Il lavoro si rapporta altresì alla vita economica nella forma del consumo. E' chiaro infatti che ogni uomo ha bisogno di prendere parte al consumo in rapporto alle sue necessità naturali ed alla sua dignità. Tuttavia, che si ritenga il lavoro il necessario mezzo per garantire la dignità ed il bisogno e la dignità, è frutto di un diabolico inganno.

 

2.                  Si accede al consumo mediante l'acquisto di merci scambiate con denaro. Il denaro del singolo individuo, se non è ereditato, regalato o rubato, proviene, nelle moderne società, dal lavoro produttivo, dal lavoro socialmente utile, ovvero eseguito nell'ambito di quanto è definito servizio pubblico, e dal libero lavoro professionale o artigianale.

Ogni tipo di lavoro ed attività spirituale che non abbiamo rilevanza mercantile trovano accesso al consumo attraverso il riconoscimento del loro valore culturale, artistico o morale.

Trovare questo valore dipende esclusivamente dal livello di civiltà che spinge coloro che producono valori mercantili a cedere parte della loro attività lavorativa alla sfera spirituale in cambio dei contributi che da essa possono derivare (sponsorizzazione di scuole, materiale didattico, donazioni, ecc.).

Il mancato riconoscimento di tali valori,  unito al cumulo del capitale, non è benefico perché genera una forma patologica sociale simile a quella che si manifesta nell'uomo.

L'accumulo indiscriminato ed egoistico del capitale è innanzi tutto antieconomico e socialmente patologico; sostanzialmente è paragonabile a ciò che nell'uomo si chiama obesità. Non a caso essa si manifesta con tanta evidenza proprio nelle società, cosiddette opulente, in cui si determina un patologico accrescersi della produzione ad esclusivo interesse dell'accumulo di capitali. Non è insensato definire l'obesità come una "abbondanza nella povertà". Basta osservare come la ricchezza, considerata un valore a sé stante, è sempre drammaticamente affiancata a una povertà di vaste proporzioni, con moltissimi poveri e pochi ricchi

I grassi sono sostanze che provengono dall’alimentazione e sono presenti prevalentemente come sostanze di deposito in tutto l'organismo. Nell'ambito metabolico sono trasformati in carboidrati, in relazione alle richieste d’energia e quindi consumati. Quando la tendenza dei grassi all'accumulo supera determinati limiti compare l'obesità, che a sua volta incide negativamente su tutto il processo metabolico: gli organi si caricano di grasso, ma non possono servirsene come energia e quindi deperiscono determinando il quadro organico della "abbondanza nella povertà". Il deperimento degli organi, paradossale ma vero, reagisce  stimolando l'appetito con l'unico risultato di peggiorare l'obesità.

Si tratta, come si vede, di una malattia singolare, che al pari di altre rivela i sintomi di una corrispondente malattia sociale.

Nel processo economico i grassi corrispondono ai capitali che, trasformati in beni non facilmente scambiabili (i gioielli di famiglia come si definiscono), sottraggono (o caricano d’interessi) alla base monetaria circolante il denaro per i nuovi investimenti. Segue l’intervento delle banche e delle emissioni monetarie che accrescono il debito pubblico, provocano inflazione e povertà. In questo modo si forma l’abbondanza nella povertà.

I capitali finanziari si materializzano pesantemente nelle più diverse forme patrimoniali, individuali o collettive, rimanendo ad esclusiva disposizione di chi li possiede e segregati, come il grasso dell'obesità, dal complessivo processo economico e in definitiva da tutto il complesso sociale generando povertà e miseria nella forma della fame.

La povertà, la miseria e quindi la fame indotta dalle società opulente, come la fame dell'organismo obeso, tentano di riattivare le risorse con la richiesta incessante del consumo (vedi i problemi italiani del "Mezzogiorno"); ma ne risulta soltanto un ulteriore accumulo di capitali e ulteriore povertà.

Tanto l'obesità quanto la società opulenta, richiedono quindi il medesimo processo terapeutico che implichi un intervento consapevole dell'individuo che ne è affetto: un intervento che susciti una metamorfosi dell'inconscia brama organica di possesso che tende ad imprigionare l'anima (l’iniziativa imprenditoriale) nel corpo (il capitale). Tale intervento non può che provenire dalla libera vita spirituale ed è richiesto dai problemi della stessa vita economica.

            A nulla o a ben poco serve quindi l’intervento ridistributivo della ricchezza attraverso il prelievo fiscale dai redditi da lavoro secondo il Welfare State, dal momento che i capitali che si accumulano in beni materiali o vengono sottratti al circolo produttivo, non sono praticamente raggiungibili dal fisco perché sono in gran parte protetti dalle leggi. In cambio la tassazione dei redditi rende difficile il credito e qundi la possibilità di stimolare il processo economico dal momento che porta ad un aumento della base monetaria e quindi all’inflazione, all’aumento del debito pubblico ed alla povertà.

Come per la malattia dell'organismo umano, occorre avviare un processo terapeutico sociale diretto dalla conoscenza delle leggi da cui dipende la malattia sociale.

Nell’ambito sociale la terapia consiste nella fiscalità monetaria che abolendo le tasse reddituali consente un’ampia riduzione dei prezzi ed un conseguente proporzionale aumento del potere d’acquisto del denaro, ovvero della base monetaria. In relazione all’aumento del potere d’acquisto della base monetaria, da quest’ultima potrà essere sottratta la parte corrispondente alle necessità fiscali e quella corrispondente al Welfare, ovvero il reddito di cittadinanza individuale ed universale.

Il trattamento dell’obesità prevede inizialmente l’attivazione metabolica del deposito di grassi: si tratta di un’azione dinamica di combustione e non statica di prelievo dei grassi. Controllando le calorie del cibo entro limiti adeguati ed aumentando la dispersione terapeutica delle calorie accumulate nel grasso si può sperare di produrre un miglioramento clinico.  

 

LA SFERA metabolica E LA VITA spirituale

 1.                  Polarmente opposta alla sfera cefalica troviamo nell'organismo umano la sfera metabolica, nella quale opera la volontà che si estende fino agli arti attraverso i quali la volontà stessa si esprime nel mondo esterno.

In questa sfera operano importanti organi che presiedono ai fenomeni vitali che si esprimono nella nutrizione, nella crescita e nella riproduzione dell'intero organismo umano.

Attraverso l'alimentazione le sostanze provenienti dalla natura giungono in questa sede ove sono elaborate, trasformate ed assimilate attraverso un fitto intreccio di reazioni chimiche e quindi sono messe a disposizione dell'intero organismo per essere consumate a sostegno di tutte le attività quotidiane.

Per formare un giusto collegamento fra la sfera metabolica dell'organismo umano e la libera vita spirituale dell'organismo sociale si deve tener conto della base che la natura pone rispetto a quest'ultimo, per esempio le ricchezze naturali del sottosuolo (o del suolo: per esempio in certe parti della terra le banane offrono agli uomini un facile mezzo di nutrizione) nell'identico modo in cui, rispetto all'apprendimento, per ogni singolo individuo dev’ essere preso in considerazione il fondamento da cui partire per una sana pedagogia e cioè le condizioni della sua individuale attitudine naturale.

Nell'organismo sociale, polarmente alla sfera della libera vita spirituale, che ha il compito di promuovere forze della volontà di apprendere (la cosiddetta "buona volontà") che devono poi estrinsecarsi nel mondo esterno secondo le predisposizioni individuali di ognuno, operano le scuole (materne, elementari, medie, istituti culturali, religiosi, ecc.).

Questi importanti "organi" presiedono a fenomeni, veramente vitali per l'organismo sociale e si esprimono appunto nel nutrimento spirituale, utile a far crescere individualmente talenti e predisposizioni degli individui, che in tal modo sono preparati a contribuire alla crescita dell'intero organismo sociale.

Come nell'uomo attraverso l'alimentazione le sostanze provenienti dalla natura giungono nell'organismo ove vengono elaborate, trasformate ed assimilate attraverso un fitto intreccio di reazioni chimiche, così nella sfera sociale, attraverso il giusto nutrimento culturale proveniente da libere scuole, devono arrivare nella società degli individui le loro le competenze.

Le competenze sono le individuali capacità, predisposizioni e talenti naturali, che incoraggiati, elaborati, perfezionati ed assimilati devono penetrare proprio fino nelle membra, allo stesso modo in cui per es., la teoria musicale diviene conoscenza che si fa strada nelle mani del pianista, attraverso un fitto intreccio di studi ed esercizi.

Come la sfera cefalica deperisce se non riceve l'alimento dalla sfera metabolica, così quest'ultima cede al caos di sostanze in cui la vita costantemente germoglia e poi marcisce senza forma né finalità, se viene a mancare il contributo della sfera cefalica.

Lo stesso capita nell'organismo sociale: come l'economia muore se non riceve il giusto apporto d’idee dalla sfera spirituale, così quest'ultima deperisce, fino ad estinguersi, se viene a mancare il dono della sfera economica. Può verificarsi infatti che, nonostante si riconosca il valore della produzione spirituale, gl’interessi economici di una società siano tali da trascurarlo. Quando ciò accade la vita stessa indica come, attraverso la donazione, il flusso della vita economica tende ad alimentare, sia pure spesso in maniera insufficiente, la vita spirituale. E' quanto si verifica ad esempio con le borse di studio, con le donazioni private per il restauro di musei ed opere d'arte, per la pura ricerca scientifica, e con altre simili iniziative. La libera vita spirituale può dunque esistere soltanto se riceve dalla vita economica il sostegno materiale che le serve in cambio del suo valore.

Nell'organismo umano queste tendenze sono costantemente presenti nel perpetuo ondeggiare che caratterizza i fenomeni vitali in cui è possibile il prevalere, ora di quanto proviene dai fatti metabolici, ora da quelli nervosi. Spetta alla sfera mediana, costituita dal cuore (attraverso la circolazione del sangue) ed ai polmoni (attraverso la respirazione) provvedere alle opportune correzioni in grado di ristabilire il sano equilibrio di forze.

Porterebbe lontano ora esemplificare punto per punto in termini di organismo sociale, tutti gli aspetti patologici che derivano da queste situazioni; ma ognuno dovrebbe aver compreso l'intima relazione tra sfera cefalica, sfera mediana e sfera metabolica da una parte, e sfera economica, sfera giuridica e sfera socio-culturale dall'altra.

 

2.                  Da questo modello di cooperazione dovrebbero derivare le informazioni relative a come la vita economica vuole manifestarsi, ovvero in armonia con quanto proviene dalla vita spirituale, perchè in essa operano le stesse leggi che si esprimono nel sistema cefalico armonizzate con quelle del sistema metabolico. Per garantire questa collaborazione o per correggerne gli squilibri deve intervenire la vita giuridica.

Essa deve provvedere affinché la vita economica non si abbandoni alla giungla dell'esclusiva produzione di merci da scambiare con denaro ma guidi le merci secondo le obiettive necessità del consumo dell'intero organismo sociale.

Parimenti deve garantire che la vita spirituale partecipi alla vita economica senza dover perdere le sue caratteristiche di libertà e di creatività.

D'altra parte non può neanche far dipendere da sé, mediante l'istituzione di ministeri o di provveditorati, il processo stesso di apprendimento della cultura.

L'obiezione che la vita spirituale non possa, nel suo costituirsi, prescindere dai livelli raggiunti in materia di diritto è formulata da un giudizio superficiale. Certo che non può prescinderne. L'organizzazione di una scuola dovrebbe, sì, sottostare alle condizioni esistenti del diritto, non però alle istituzioni di tale vita giuridica. Un conto è che gli uomini che coltivano la vita dello spirito siano dipendenti dalla vita del diritto, un altro conto che l'occuparsi dello spirito dipenda dalle istituzioni della vita del diritto.

Ciò sarebbe esattamente come se un cuore volesse "mangiare" e "digerire" egli stesso, sostituendosi alle funzioni del metabolismo, gli alimenti necessari alla crescita dell'organismo umano.

Anche così comparirebbero le diverse forme di patologia sociale.

Ma per necessaria brevità ed anche per necessaria chiarezza vorrei illustrare soltanto una forma patologica sociale simile a quella che si manifesta nell'uomo generata dal medesimo squilibrio di forze.

Allo stesso modo in cui, l'organismo sociale si aspetta dal singolo uomo che si comporti in modo tale da essere utile all'evoluzione e alla sopravvivenza dell'organismo sociale, così l'uomo si aspetta dai suoi organi che funzionino in modo tale da consentirgli la sopravvivenza. E allo stesso modo l'organo specifico si aspetta dalle proprie cellule che esplichino le loro funzioni, come è indispensabile per la sopravvivenza dell'organo.

Ma cosa succede se una cellula non vuole più adempiere alle proprie funzioni e ne vuole esplicare altre che non le competono? Il tumore. Con il tumore l'uomo assiste davvero al progressivo cambiamento del comportamento delle proprie cellule, le quali iniziano un processo, che in sé non porta ad alcuna fine, ma che trova una fine nell'esaurimento del terreno di coltura. Si tratta di un processo di colonizzazione.

Dal punto di vista dell'organismo sociale, tale processo di colonizzazione è un grave danno operato sempre nella misura in cui l'insegnante o il docente sia concepito come un dipendente statale, anziché come un professionista tale e quale un architetto o un avvocato.

Anche se è sotto gli occhi di tutti, non è ancora ben riconosciuto oggi quale danno sia stato prodotto negli ultimi quattro-cinque secoli dalla moderna forma dello Stato, per il fatto che quest'ultimo ha steso le sue ali sopra la vita spirituale, statalizzandola.

Proprio a seguito della spaventosa schiavitù della vita spirituale da parte della vita politica statale, si è operata di continuo una colonizzazione-distorsione delle stesse verità scientifico-culturali.

Vi è un nesso infatti fra tutto ciò che oggi appare così aberrante e spaventoso e l'educazione falsa, un'educazione che non rende gli uomini liberi e indipendenti, perché essa stessa non è libera e indipendente. E' quel tipo di scuola che si sente tanto più a suo agio quanto più può sentirsi legata allo Stato, anziché alla professionalità.

 Essere professionisti nella scuola dovrebbe significare mettersi sul mercato, continuamente alla ricerca del miglioramento professionale, non di una carriera di comodo, bensì di una professione altamente valutata dalla società e adeguatamente compensata dal punto di vista economico.

In altre parole, l'insegnante dovrebbe essere direttamente assunto non dallo Stato, bensì dall'ente locale competente, per quel ciclo scolastico e in accordo con il responsabile della scuola.

Il sindaco (rappresentante dello Stato) dovrebbe avere il diritto di aumentare lo stipendio dell'insegnante che lavora bene, così come di licenziare chi non funziona. Il compito di provvedere allo stipendio dell'insegnante non dovrebbe comunque competere allo Stato, bensì a quell'ente locale competente, che dovrebbe essere costituito da libere associazioni di genitori. Con ciò si evita il pericolo che tutte le questioni inerenti la scuola vengano affrontate solo dagli addetti ai lavori, con le comprensibili difese di categoria. La Scuola forgia i cittadini di domani, quindi è diritto e dovere di ognuno occuparsi di queste tematiche.

Quanto ai costi della scuola, che in questo modello scolastico devono essere sostenuti direttamente dai genitori, occorre disfarsi dell'antico pregiudizio della gratuità delle scuole.

           La gratuità della scuola è infatti una menzogna sociale: da una parte lo Stato fa apparire di fornire di tasca sua il maggior valore per costituire le sue scuole attraverso le quali dominare e colonizzare gli altri, dall'altro butta a tutti del fumo negli occhi perché non si accorgano che fra i soldi tolti dal portafoglio vi sono anche quelli necessari per mantenere le scuole.

 

LA SFERA MEDIANA E LA VITA giuridico-statale 

1.         Attraverso gli organi di questa sfera si realizza una funzione di equilibrio dinamico nei rapporti tra le altre due sfere polari. Gli stessi organi che vi si trovano sono edificati dal confluire delle forze cefaliche e di quelle metaboliche ed attraverso di essi si esprime l'essenza equilibratrice di questa sfera.

Ciò consente a questi organi d'intervenire nelle altre due sfere in funzione di quanto, nella complessa vita organica, richiede l'alterna supremazia funzionale ora di una sfera ora dell'altra, indipendentemente dal valore organico che ciascuna delle parti in sé possiede, dal momento che nell'insieme della funzione organica tale valore risulta ad essi di eguale importanza.

E' anzi proprio questo principio di eguaglianza che guida la loro attività in armonico equilibrio.

Nella funzione del cuore e dei polmoni possiamo riconoscere l'essenza della vita giuridica e del diritto fondato sul principio di eguaglianza.

 

2.                  Secondo il diritto, nel complesso della vita sociale tanto la vita spirituale che quella economica esprimono un eguale valore e tuttavia ognuna delle due deve poter prevalere con tutte le sue caratteristiche nella sede che le è propria mentre l'altra le darà quanto le serve per esprimersi secondo le proprie leggi.

La sfera della vita spirituale individuale deve prevalere soltanto quando esprime se stessa nelle forme della scienza, dell'arte e della cultura; in tale sfera la vita economica deve partecipare soltanto per mezzo del consumo e senza assoggettarla necessità di quest’ultimo.

La sfera della vita economica prevale invece nel suo complesso movimento che si svolge nel produrre e distribuire merci; la vita spirituale individuale vi deve partecipare con le proprie capacità di generare un lavoro proteiforme, ma senza prendere il sopravvento sulle leggi della vita economica assoggettandola al suo arbitrio.

La sfera della vita giuridica infine non deve pervertire la sua funzione, assoggettando il diritto al prevalere delle caratteristiche della vita spirituale o della vita economica, né dove soprattutto si esprime la vita spirituale individuale, né dove soprattutto si esprime la vita economica.

Soltanto a queste condizione tanto la vita spirituale che quella economica possono trovare una coesitenza sociale secondo diritto.

Infatti, finché la vita spirituale si esprime nell'intimo di ciascuna persona, producendo anche quanto si esteriorizza nella ricerca scientifica, nell'attività artistica, nella cultura e simili, nessuna ideologia può negarle il diritto di esprimersi in piena libertà.

Quando invece la vita spirituale tende a manifestarsi socialmente in maniera ipertrofica, sconfinando nelle svariate forme di potere intellettuale, che conducono per esempio alle tristemente note baronie culturali, spetta alla vita giuridica di ricondurle ad esprimersi nel giusto equilibrio tra libertà e potere.

Parimenti nei confronti della vita economica il diritto non deve trovare in un'ideologia le forme giuridiche per il lavoro o per il salario; al diritto spetta soltanto il compito di difendere la complessiva vita economica dagli interessi economici parziali degli individui che vi prendono parte.

La vita economica è socialmente sana quando si realizza in tutte le sue parti. Prediligere indiscriminatamente l’agricoltura o l’industria o il commercio senza tener conto di come in una data regione e in un determinato raggruppamento umano l'intero processo economico mostra di voler esistere secondo le sue particolari tendenze, conduce a svariate aberrazioni come la desertificazione della terra, o i potentati industriali immersi nei disatri ecologici.

Deve perciò intervenire il diritto a proteggere l'essenza del processo economico con la difesa di un giusto equilibrio tra l’ambiente, le attitudini umane e la produzione di merci.

 

3.                  Questa delicata funzione sociale del diritto, richiede che il sano diritto stesso sorga dalla comprensione della triarticolazione dell'organismo sociale e non dalle ideologie, altrimenti invece che l'equilibrio vi porta un ulteriore disordine.

           Il diritto deve essere tale che la sua essenza egualitaria si armonizzi tanto con la libertà della vita spirituale quanto con la fraternità nei delicati rapporti che si stabiliscono tra loro, all'interno della vita spirituale e della vita economica.

Ciò implica non soltanto che ogni sfera della vita sociale sia garantita nella sua essenza, ma che l'essenza di ognuna di esse trovi, nell'interazione con le altre, transito o limite in funzione dell'armonia dell'intero organismo sociale.

In termini ideologici può sembrare che l'ideologia democratica sia in grado di assolvere questa funzione; ma mostrerò più avanti che così non è, sebbene più di qualsiasi altra ideologia produca una qualità del diritto con ampie potenzialità evolutive.

Accenno qui che il difetto dell'ideologia democratica sta proprio in ciò che entusiasma il cosiddetto mondo civile, ovvero l'opportunità di considerare di pari importanza e di pari libertà le diverse parti dell'organismo sociale affermando che ognuna d’esse ha il diritto di esprimersi liberamente in tutto il suo valore sempre ed in ogni circostanza.

Se questo accadesse nell'organismo umano non vi sarebbe altro che devastazione e caos (generati dal diritto democratico!).

Nella libertà infatti è riposto un germe di potere individuale che si oppone con tutte le sue forze al principio che dà vita all'organismo sociale.

Come ho già detto, questa realtà è presente anche nell'organismo umano, nelle singole cellule, in ciascuna delle quali si nasconde una naturale tendenza ad uscire dall'armonico inserimento nel tutto, come ben si conosce attraverso i tumori, che rivelano con drammatica chiarezza la realizzazione di quella potenziale tendenza cellulare alla libertà senza limiti.

Consentire ideologicamente che il diritto democratico si limiti a garantire secondo eguaglianza il germe di potere riposto nella libertà dei singoli individui, altro non significa che abbandonare l'organismo sociale alla guerra democratica di tutti contro tutti.

Dalla consapevolezza di tutti gli esseri umani deve nascere l’impulso all’equilibrio giuridico delle sfere dell’organismo sociale realizzato dai suoi rappresentanti democraticamente eletti da tutti.

Il diritto deve incontrarsi armonicamente non soltanto con la libertà ma anche con la fraternità, che ha un valore sociale identico a quello della libertà.

Nella fraternità economica è riposto un germe di conciliazione dei valori sociali in favore della vita dell'intero organismo: una conciliazione simile a quella realizzata dall'archetipo dell'uomo che compenetra e dirige la complessa elaborazione metabolica delle sostanze annullando nelle cellule gli impulsi libertari separatori provenienti dal polo cefalico.

La fraternità economica coscientemente realizzata può dunque compensare gli effetti separatori della libertà; il diritto, saldando olisticamente libertà e fraternità con l'eguaglianza, realizza se stesso come giustizia sociale.

 

 
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