LA QUESTIONE SOCIALE
Chi non sa nulla
dell'essere umano
non sa neppure ciò
che è bene che
gli uomini facciano.
Rudolf Steiner
1.
"Nel mio libro I
punti essenziali della questione sociale si è fatto
il paragone dell'organismo sociale con quello umano
naturale; ma al tempo stesso vi si richiama l'attenzione sul
come tragga in errore il credere di poter trasportare
senz'altro in un campo concezioni ricavate da un altro. Chi
guarda all'attività della cellula o di un organo nel corpo
umano, secondo le opinioni della scienza, e poi cerca la
CELLULA SOCIALE oppure gli ORGANI SOCIALI, per imparare a
conoscere la struttura e le condizioni di vita
dell'ORGANISMO SOCIALE, cadrà molto facilmente in un vuoto
gioco di analogie.
"È
diverso l'accennare, come è stato fatto nei punti
essenziali, che una sana osservazione dell'organismo
umano può educare il nostro pensiero nel modo che è
necessario per una comprensione della vita sociale conforme
alla verità.
"Tale
educazione ci farà imparare a giudicare i fatti sociali,
non secondo opinioni preconcette, ma secondo le loro leggi.
"E
questo occorre al tempo nostro prima di tutto, perché oggi,
riguardo al giudizio sociale, siamo profondamente immersi
nelle opinioni di partito.
"Queste
non sono formate secondo ciò che è fondato sulle
concezioni vitali dell'organismo sociale, ma sono mosse
dagli oscuri sentimenti di singoli individui, e soprattutto
di gruppi umani.
"Se
il modo di giudicare che si applica nei programmi di partito
si trasportasse nell'indagine dell'organismo umano, si
vedrebbe presto che non se ne aiuterebbe la comprensione, ma
la si ostacolerebbe." (1)
2.
Queste parole di Steiner sono ancora attuali.
Il
lavoro che segue non ha altro scopo che promuovere una
maggior consapevolezza delle dinamiche sociali, da cui
dovrebbe scaturire in modo naturale l’ideazione del
mutamento e del rinnovamento sociale.
Oggi come ieri infatti le opinioni di partito continuano
pericolosamente a stornare il giudizio dalle condizioni di
vita dell'organismo sociale, facendolo deviare nelle
correnti delle passioni di gruppo.
E'
dunque urgente che queste opinioni siano corrette a partire
da un punto di vista in cui il cittadino comune possa
conquistarsi l'imparzialità, e cioè "dove la vita del
pensiero si corregge da sé studiando le condizioni che per
loro natura richiedono la spassionatezza."
Però
non arriverà lontano chi applichi per la correzione solo le
idee scientifiche ordinarie, "perché per molti
riguardi manca a quelle idee la forza di penetrare
abbastanza a fondo nei fatti della natura."
"Se
però si cerca di attenersi non a quelle idee, ma alla
natura stessa, ci si metterà in grado di attingere la
spassionatezza piuttosto da lì che dalle opinioni di
partito."
Oggi è ormai matura la comprensione del popolo che
il rimedio non può consistere nel creare nuove
posizioni di lotta, ma nell'osservare ciò che la
storia stessa impone al momento attuale.
"E'
ovvio constatare i mali ed esigerne l'eliminazione a mezzo
di programmi; ma è necessario inoltrarsi fino alle radici
della vita sociale per risanarne, attraverso quelle, anche i
fiori e i frutti."
A)
L’ORGANISMO SOCIALE
1.
Le forze operanti nel complesso della vita sociale si
esprimono in tre distinte forme: la vita spirituale, la vita
giuridica e la vita economica. Tali forze sono le stesse che
si manifestano nell'interiorità umana rispettivamente come
volontà, sentimento e pensiero.
Ogni uomo riceve la sua
impronta individuale dal complesso interagire di esse e la
loro risultante si esprime nel temperamento e nel carattere.
Parimenti si configurano le diverse società a seconda delle
ideologie statali che le dirigono.
Quello che agisce nel caos
attuale non è l'immaturità, ma la credenza preconcetta che
la conoscenza spirituale sia il contrassegno d'un uomo
"scientificamente" poco illuminato. Dovranno però
fallire - come del resto sono sempre falliti fino ad oggi -
tutti i tentativi di configurare la vita sociale che deriva
da tale "illuminazione" non spirituale, perché
eliminano lo spirito dai loro tentativi.
La vita spirituale viene
qui intesa perciò non solo secondo le rappresentazioni che
comunemente suscita il mero concetto di spirito, ma anche
secondo ciò che in ciascun individuo si manifesta
nell'ambito della vita personale, come intelligenza,
sensibilità, creatività, moralità mentre, nell'ambito
della vita sociale, è riconoscibile sia come un'attività
della mente o del corpo
con la quale ciascun individuo realizza se stesso, sia
in quelle azioni che, nell'accezione più vasta del termine,
si potrebbero definire lavoro.
2. La vita spirituale è
riconoscibile in ogni aspetto della vita sociale: nella
scienza, nell'insegnamento (di ogni facoltà, dall'agraria
alla giurisprudenza - diritto consapevole e penale - dalla
medicina alla musica, ecc.), nella cultura, nell'arte, nelle
istituzioni statali, nella politica, nelle molteplici forme
di lavoro, sia quello direttivo che quello eseguito
fisicamente, nell'ambito della divisione del lavoro
medesimo.
La caratteristica fondamentale
di questa sfera della vita sociale è di anelare, dal
profondo dell'interiorità di ciascun essere umano, ad
esprimersi in liberta';
perchè è proprio l'azione libera da ogni imposizione
esterna che può consentire il passaggio del patrimonio
spirituale dell'individuo da quest'ultimo alla collettività.
Per la distinzione fra
esperienza di libertà ed esperienza di libero arbitrio,
rimando alla lettura di qualsiasi testo in grado di trattare
l'argomento secondo il metodo scientifico in uso nella
scienza naturale (come per esempio "La filosofia della
Libertà" di R. Steiner).
Col termine "libertà"
s’intenda comunque per ora qui il superamento del comune
concetto di libero arbitrio, in senso evolutivo. Vale a dire
libertà come scelta di trasformazione di un agire dettato
da impulsi in un agire dettato da motivi (che non siano
ovviamente estrinsecazioni dialettiche, cioè maschere
d’impulsi o di necessità). Quanto infatti si cela in un
giusto rapporto tra libertà (motivo) e necessità (impulso)
rappresenta il cardine dell'evoluzione spirituale di ciascun
uomo e dell'umanità intera.
È comunque certo che in tutte
le manifestazioni della vita sociale la vita spirituale,
mentre opera, non sopporta di dipendere da alcuna condizione
esteriore che ponga il rischio di estinguere la sua stessa
partecipazione sociale.
Il rischio tuttavia esiste ed
è determinato proprio dalle esigenze derivanti dalla vita
giuridico e dalla vita economica con le quali la libera vita
spirituale entra in reciproco rapporto.
3. La vita giuridica si esprime
nell'affermazione dei diritti di tutti gli uomini che
sorgono dalle esigenze della moralità e della giustizia che
gli uomini di una determinata civiltà sono capaci di
comprendere in rapporto alla loro evoluzione.
La vita giuridica si realizza
nell'accogliere le premesse della vita spirituale e della
vita economica, tornando ad agire su di esse con eguaglianza là dove vengono a contatto, sia nella sfera della
vita spirituale che in quella della vita economica.
Essa deve assolvere
l'importante compito di garantire la convivenza tra
individui ed impulsi diversi sia nella vita spirituale che
in quella economica disponendosi quindi come una cerniera
tra la vita individuale e la vita sociale.
Questo insieme di rapporti tra
le forze sociali ha portato a mescolanze politiche
determinate in parte dalla incomprensione di queste forze ed
in parte dai tentativi di sanare le anomalie sociali secondo
rappresentazioni ideologiche.
Tali anomalie sono pertanto
alla base di tutte le questioni sociali, per risolvere le
quali è necessario comprendere il delicato meccanismo che,
secondo leggi proprie, si vuol esprimere nelle tre sfere
della vita sociale.
4.
La vita economica si esprime in tutte le
attività che, partendo dalla natura, si svolgono
nell'ambito della produzione, del commercio e del consumo
delle merci.
La vita economica si svolge
attraverso una fase che riguarda la produzione delle merci
ed una fase che riguarda il consumo delle medesime; tra le
due si dipana una complessa rete di attività commerciali
intermedie che realizzano la distribuzione delle merci dal
luogo di produzione a quello del consumo.
Queste due fasi devono essere
accuratamente distinte per comprendere il significato
sociale della la vita economica.
La prima fase assume importanti
rapporti con la vita spirituale ed anzi si può dire che
solo in quanto quest'ultima partecipa alla produzione
attraverso l'organizzazione del lavoro, la vita economica può
svolgersi e progredire.
Tanto l'imprenditore che
l'operaio portano nella produzione la loro libera vita
spirituale, espressa in maniera diversa ed in specifici
settori.
Di fronte alla vita spirituale
in realtà cessa ogni contrapposizione tra attività
direttiva e attività manuale ed il non considerarlo
proviene sia da una concezione materialistica dell'uomo e
delle sue qualità sia dalle apparenze sociali che fanno
derivare la libertà dal potere del denaro e quindi dalla
ricchezza.
Pertanto, finché questa
contrapposizione non verrà risolta con la comprensione
dell'essenza del processo produttivo, nella sfera economica
si dovrà inserire la vita giuridica la quale tuttavia, in
forza del suo principio di eguaglianza, non può fare altro,
suo malgrado, che danneggiarla perché tenta di risolvere un
conflitto tra diverse forme di libertà mentre dovrebbe
soltanto garantire le rispettive libertà.
La seconda fase, con la quale si
determina il consumo delle merci, rappresenta il fine ultimo
dell'intero processo economico, che è quello di provvedere
alle necessità materiali di ciascun individuo, sebbene in
questa fase possono scaricarsi tutte le tensioni della fase
produttiva in maniera tale che il consumo stimola la nuova
produzione. La fase del consumo comunque necessita di denaro
per essere effettuata e chi non possiede il denaro
sufficiente per consumare è destinato a soffrire la povertà
e l’indigenza. In tal modo si oscura il diritto di ciascun
essere umano di poter godere dei beni primari di
sostentamento che gli spettano per diritto. Di fronte a
questo diritto la produzione economica non può ovviamente
retrocedere perdendo il vantaggio economico maturato durante
la fase produttiva ma è per questo necessario che la volontà
umana trovi un modo per superare questa difficoltà.
Per questo le moderne società
democratiche sostengono il welfare che vuol essere una sorta
di compromesso tra il formarsi della ricchezza economica da
una parte e della povertà dall’altra. Il principio che
spinge a questo atteggiamento sociale è la solidarietà che
mimetizza ciò che è decisamente più adatto in questa
circostanza, ovvero la FRATERNITà.
Si tratta tuttavia di un rimedio
giuridico per garantire
a quanti più individui è possibile, secondo il principio
dell'eguaglianza e non della fraternità, l'accesso al
consumo.
Questo compito della vita giuridica di fatto crea una
difficoltà al processo di produzione il quale per
funzionare nel modo migliore e produrre ricchezza non deve
essere ostacolato da manovre finanziarie di alcun tipo. Come
vedremo, la soluzione di questo problema sociale relativo al
processo economico deve poggiare sulla scelta originale di
non interferire con la produzione e garantendo altresì il
necessario consumo per tutti. La scelta è quella di
spostare l’attenzione dal processo economico con tutte le
sue implicazioni teoriche e pratiche, al denaro.
Quest’ultimo racchiude nella sua realtà e nel suo potere
sia la fase produttiva che la fase del consumo. Steiner,
illustrando la metamorfosi del denaro ha illustrato come il
potere di quest’ultimo si modifichi da se stesso nel corso
del processo economico. Si tratta di realizzare
coscientemente la metamorfosi del denaro e decidere come
portare un vantaggio nel processo economico sia alla fase
produttiva che a quella del consumo.
B) L’EVOLUZIONE DELLA VITA SOCIALE
A
governarci non sono gli eserciti e le polizie ma le idee
M.
Caird 1892
1.
Nel corso dei tempi la vita sociale ha attraversato
fasi sempre più complesse, passando dall'originaria
struttura familiare alle attuali organizzazioni statali.
La costante di
quest’evoluzione è la presenza di un potere organizzativo
che in origine era divino-patriarcale e che nel tempo si è
trasformato in quello laico-amministrativo dello Stato
politico.
Nella crescente aggregazione
delle masse umane è dunque sempre riconoscibile un
principio unitario direttivo che esclude dal potere
qualsiasi individualità che non realizzi una funzione,
gerarchicamente intesa, di quel principio.
Si tratti di un re o di un
governatore, di un capo di Stato o di un ministro,
l'individualità è sempre l'incarnazione di un principio
direttivo unitario che dà forma alla vita sociale.
2.
Contrariamente all’immutabilità del principio
unitario direttivo, la vita interiore dei singoli individui
che compongono la massa sociale, sia pure in diverso grado,
si è andata evolvendo in espressioni di sempre maggiore
coscienza e consapevolezza sperimentando una crescente
tendenza all'autonomia del pensiero, del sentimento e della
volontà.
Questa crescente tendenza all'autonomia individuale
rappresenta un potenziale pericolo per il principio unitario
dello Stato il quale, per conservare il suo potere, si è
avviato verso un adattamento sempre più ampio a questa
circostanza, accogliendo infine nel sistema sociale il
concetto di democrazia.
Tuttavia il principio
democratico non riconosce l'autonomia interiore
dell'individuo: gli concede soltanto la possibilità
d'inserirsi nel principio unitario statale in conformità di
un’ideologia politica che dà forma e funzione al
principio stesso.
Ciò significa che l'ideologia
politica è l'unico tramite attraverso il quale, l'individuo
e lo Stato, possono interagire in forza del principio
democratico.
Questo fatto appaga la maggior
parte degli individui che pensano di aver trovato, nel
principio democratico, un valore sociale per la libertà e
l'eguaglianza di tutti gli individui.
Ma questa garanzia di libertà
ed eguaglianza è pur sempre attiva soltanto nell'ambito
dell'ideologia politica e quindi l'interiorità individuale
si deve uniformare ad essa nel tentativo di sperimentare
socialmente la libertà e l'eguaglianza.
Non ci si avvede che questa
libertà non consente alla vita spirituale individuale di
esprimersi in piena libertà ma solo nei limiti della libertà
ideologica e che la vita giuridica produce un'eguaglianza
dipendente dai valori gerarchici insiti nell'organizzazione
sociale come censo, cultura, classe e simili categorie,
secondo la qualità dell'ideologia.
Per questo motivo, il malessere
sociale provocato dall'ideologia spinge la società alla
lotta politica dei partiti e si crede che questa sia l'unica
strada percorribile secondo democrazia.
Ma quando la maturità
individuale consente di scoprire che il malessere sociale
dipende proprio dall'ideologia, si comprende che la vita
spirituale individuale non è veramente libera, che il
diritto non difende questa libertà e che la vita economica
ha incorporato i valori gerarchici dell'organizzazione
sociale in termini di capitali ed affari.
3.
L'evoluzione della vita sociale indica chiaramente
che l'organizzazione statale, sorta sul principio
teocratico-regale, si è andata progressivamente
trasformando in un potere politico-amministrativo sorretto
dalle ideologie e che di quel principio conserva soltanto
lacere vestigia e formule rituali senza vita.
Nel contempo l'individuo,
sviluppando una sempre maggiore autocoscienza, riconosce in
se stesso la propria guida ed ha l'impulso a creare una
società a sua immagine per introdurvi il suo essere vivente
che qualsiasi astratta ideologia non può interamente
rappresentare.
Queste due correnti evolutive,
la prima in completo esaurimento e la seconda con forze di
crescente intensità, determinano ormai una condizione
insostenibile per una qualunque forma di civiltà che non
tenga conto della realtà umana.
A ben poco infatti servirebbe
una crescita maturativa degli individui se a questa non
potesse corrispondere un'adeguata forma dell'organismo
sociale.
Esiste tuttavia la possibilità
che l'uomo non trovi la strada che conduce dall'autonomia
individuale al nuovo organismo sociale secondo quanto
richiedono la liberta',
l'eguaglianza
e la fraternita',
le quali sono la premessa indispensabile per quanto l'umanità
dei nostri tempi richiede che si realizzi armoniosamente nel
volere, nel sentire e nel pensare.
Il problema sociale richiede
dunque che si trovi una guida per il pratico agire umano,
non più in un'astratta e sterile teoria ideologica ma nella
conoscenza dei fatti da cui proviene il problema da
risolvere.
Non basta tuttavia che il
pensiero abbandoni l'ideologia, dal momento che anche
l'osservazione più obiettiva e spregiudicata dei fatti
richiede che il pensiero sviluppi una forza di penetrazione
comprensiva e creatrice, in grado di superare l'illusione delle apparenze fenomeniche.
Si
richiede un nuovo modo di pensare, secondo il quale
l'organismo, biologico, psichico o sociale debba essere
studiato come una totalità organizzata e non soltanto come
una somma di parti discrete.
Un simile pensare, la cui
logica conoscitiva consideri le cose nella loro totalità
cioè olisticamente (dal greco "hólos", che
significa "tutto, intero") o mediante il pensiero
puro ghoetiano, offre la possibilità a chiunque di
raggiungere l'idea archetipica che riunisce armonicamente in
forma e funzione il prima e il dopo, la causa e l'effetto,
il particolare e l'universale.
Senza questo modo di procedere
si cade inevitabilmente nell'alienazione, detta un tempo
"perdita della sindéresi" (o "sinteresi"),
etimologicamente della capacità di "osservazione
d'insieme" (da "syn", "insieme" e
"terein" "vigilare"). Il cadere in
disuso di questo vocabolo è di per sé testimonianza di
tale alienazione.
Ciò conduce sempre ad una
visione parziale e non del tutto vera dei fenomeni per
quanto logica e convincente essa sia. Possiamo davvero
credere, ad esempio, che poggiando il pensiero speculativo
sul valore esclusivo della libertà o dell'eguaglianza o
della fraternità sia possibile trovare la strada che
conduca alla realizzazione delle altre due?
Si è costretti perciò a far
intervenire qualcosa dall' "esterno" del pensiero
speculativo per sostenere la validità delle sue premesse.
Si tratti d’amore, fede,
sentimenti o semplice buon senso pratico, il pensiero deve
invocare "qualcosa" per sentirsi appagato nelle
sue premesse. Ed allora, malgrado i buoni propositi di
trovare la verità, interviene la confusione che in
definitiva rischia di riproporre un'ideologia.
C'è da meravigliarsi se per la
Chiesa cattolica la soluzione dei problemi sociali richiede
l'amore di Dio o l'amore fraterno? Se Marx ha ritenuto
necessario stimolare l'odio nelle masse diseredate ed unite
paradossalmente dall'amore di classe? Se Kant ha chiesto
agli uomini di sottostare alle esigenze del dovere come
necessità per diventare cittadini del mondo rinunciando
alla libertà?
Se lo scienziato procedesse
nella sua ricerca positivista introducendo nei suoi
esperimenti una premessa ideologica tanto costringente come
quelle sopra citate dovrebbe rinunciare ad ogni garanzia di
verità.
Dopo tutte le secolari diatribe
in proposito, ogni spirito amante della verità dovrebbe
chiedersi con tutte le sue forze se esista un pensiero
realmente libero di conoscere, poggiando unicamente su se
stesso, pur senza perdere l'oggettività del mondo
materiale.
4.
Perché soltanto questo pensiero è in grado di
soddisfare la libertà dello spirito umano e di stimolarla
con fiducia alla conquista ed alla realizzazione sociale di
ciò che, nell'inconscio di ciascun uomo, si agita come
anelito ad una comunità che ha bisogno di amore, diritto e
giustizia.
Non cercando o non trovando un
simile pensiero ci si deve "consolare", per es.,
con le seducenti riflessioni sulla teoria politica di un
pensatore come Dahrendorf che cerca di "rispondere alle
sfide di una società industriale moderna, democratica,
orientata al futuro, che fa sempre più assegnamento sulla
cooperazione e la responsabilità del singolo".(1)
La struttura del suo pensiero
politico è liberale e ne sottolinea le tappe evolutive
segnate da Locke, Hume, Smith, Rousseau fino a Keynes e
Beveridge.
Ecco il suo postulato: "La
maggior parte dei grandi riformatori degli ultimi due secoli
sono stati liberali. Lo scopo è sempre stato una società
capace di assicurare a tutti le libertà fondamentali, al
maggior numero di persone confini aperti di realizzazione
personale, e agli innovatori creativi un clima d'incoraggiamento.[...]
I liberali hanno strappato allo Stato assoluto le
costituzioni, e con esse governi vincolati al diritto e
l'eguaglianza di tutti davanti alla legge.[...] Dai cocci
del mondo fatto di Stato assoluto, di Chiesa unica
beatificatrice, e di rigidità mercantilistica, sorse la
società, e non una qualsiasi società, bensì la società
borghese, la civil society".(2)
Ma non tutto è buono in questa
civil society: alla libertà, ai diritti giuridici e
politici dell'individuo, alle numerose opportunità di
benessere della classe maggioritaria borghese, il liberismo
ideologico affianca la fame, la disoccupazione, l'anomia di
una sottoclasse d'individui.
Questo divario, che è stato la
miscela esplosiva della lotta rivoluzionaria marxista, per
Dahrendorf non dipende dall'economia liberale ma da una
mancanza di diritti. "La spiegazione del fatto che
alcuni uomini siano nell'indigenza e soffrano addirittura la
fame nel bel mezzo dell'abbondanza [...] sta quindi nella
mancanza di diritti non nella mancanza di beni"(3)
L'homo oeconomicus liberale,
afferma Dahrendorf, è anche l'homo homini lupus. Mentre si
libera dal dominio statale, la libertà individuale può
riconoscere il diritto alla libertà di tutti ma non il
diritto alla fraternità. Questo diritto è addirittura una
minaccia per la sua stessa sopravvivenza.
L'ideologia liberale ignora
dunque la fraternità e Dahrendorf è costretto a prenderne
le distanze; per questo il suo pensiero non riesce a trovare
una soluzione economica per un problema economico senza
introdurvi un elemento "esterno" all'economia,
ovvero la vita giuridica.
Si richiede pertanto di
comprendere come l'economia liberale tiene conto soltanto
della fase produttiva del processo economico, in cui esprime
il suo impulso originario di libertà e ne asseconda quindi
con grande successo il suo svolgimento; ma nel contempo
l'ideologia liberale perde la comprensione della fase
distributiva, ovvero del consumo che è di pari importanza
ma di forza contraria.
5.
Il processo economico vive in un moto circolare
alternato e quindi gli estremi si toccano, rinviando le loro
tendenze e provocando un pareggio salutare.
Come precedentemente accennato,
il primo moto porta alla formazione di beni, attraverso il
lavoro applicato alla natura, lo spirito applicato al lavoro
e lo spirito applicato al capitale.
Con il secondo moto la
produzione di beni giunge al termine ma si genera una
necessaria tensione produttrice di nuovi beni.
Al
termine del processo produttivo si hanno valori in forma di
merci e di capitali. Entrambi devono essere consumati fino
al punto di provocare la tensione generatrice della nuova
produzione.
Tuttavia
l'attenzione è posta soprattutto a stimolare il consumo di
merci a tal punto da produrne una dannosa ipertrofia.
I
capitali invece sono arbitrariamente sottratti al consumo e
quindi alla distruzione, provocando.
Sono proprio le esigenze del
processo economico ad indicare che i capitali siano
consumati attraverso il consumo di merci con essi
acquistate.
È fin troppo comprensibile
appellarsi alla vita giuridica (ma anche alla morale) per
garantire un "minimo salario", che in più
permetta di superare la scomoda idea socialista dello Stato
assistenziale; ma, così facendo, si costringe il pensiero
ad accettare una soluzione non conforme alla conoscenza dei
fatti e ciò non aiuta l'uomo a superare liberamente e
consapevolmente i suoi errori ideologici.
Non spetta alla vita giuridica
stabilire dunque quale sia il valore della vita spirituale e
quello della vita economica, dal momento che essa nasce dal
confluire di quei due valori originari e, di conseguenza,
non possiede un suo proprio valore se non quando esprime
quell'equilibrio.
6.
Non esistono diritti assoluti sui quali fondare la
vita spirituale o la vita economica od entrambe.
Il diritto veramente a misura
d'uomo è quello che nasce dal rapporto armonico tra le
leggi della vita spirituale (interiorità) e quelle della
vita economica (mondo esterno), divenendo dovere
individuale.
Prima occorre riconoscere
queste leggi; poi la vita giuridica scaturirà naturalmente
da esse in forma d'equilibrio tra diritto e dovere.
Nella vita giuridica non si può
"trovare" - né quindi possiamo richiederle - un
concettuale diritto alla libertà della vita spirituale
oppure un concettuale diritto al "salario minimo"
(intendendo con questo termine un salario dignitoso per
l'essere umano) nella vita economica.
Il diritto alla libertà della
vita spirituale è unito indissolubilmente al dovere del
"salario minimo"; quindi questo termine deve
essere trasformato in quello di “reddito di
cittadinanza” o “reddito vitale” per ciascun essere
umano. In altre parole questo reddito non deve essere
considerato un salario, quindi proveniente da un lavoro, ma
semplicemente un diritto, con il quale ognuno possa
esprimere la propria libertà di scelta nei confronti del
processo economico. Questa possibilità non deriva da un
caritatevole libero arbitrio, ma dalla metamorfosi del
denaro descritta da Steiner.
Il diritto, in quanto istituzione generica non genera
l'eguaglianza, perché gli effetti dell'eguaglianza si
evidenziano soltanto se il diritto è riconosciuto da tutte
le parti che compongono un intero organismo sociale.
C) LA
TRIARTICOLAZIONE NELL'UOMO E NELLA SOCIETa'
Io, dal canto mio,
desidero un "sabato per l'uomo", un organismo
sociale a misura d’ organismo umano
NereoVilla
1.
Tutte le ideologie statali, dal liberismo al
socialismo, con le quali l'uomo configura la società
partendo dai suoi impulsi interiori, tendano ad accordare un
maggior interesse ora alla libertà della vita spirituale,
ora all'eguaglianza della vita giuridica, ora alla fraternità
(pudicamente mimetizzata come solidarietà della classe
operaia) della vita economica.
Ogni ideologia statale, quindi si esprime socialmente
attraverso la realizzazione di una propria vita spirituale,
di una propria vita giuridica e di una propria vita
economica, sviluppate politicamente ed attuate nell'ambito
di regole sostenute dal potere ed a cui ogni individuo è
tenuto a conformarsi.
Abbiamo visto come nessuna di
queste ideologie sia capace di risolvere interamente i
problemi sociali ma semplicemente di costringerli a
conformarsi ad essa.
La responsabilità di questo
insuccesso va ricercata nel fatto che le ideologie,
compenetrando l'organismo statale ed attivando i meccanismi
politici, da cui si fanno dipendere in definitiva tutte le
pratiche realizzazioni umane, consentono alle sue
disposizioni unilaterali di dirigere le tre sfere della vita
sociale in conformità di quanto previsto dalle stesse
ideologie ed in maniera quasi sempre inadeguata a quanto in
ciascuna di quelle sfere vuole manifestarsi.
2.
L'idea dello Stato è quella di un organismo che
comprende le tre forme di vita sociale regolate
politicamente in funzione dell'organismo stesso.
L'ideologia fornisce il
concetto di forma e funzione dell'organismo sociale e
l'attività politica spinge le tre forme di vita sociale a
manifestarsi in modo da realizzare quel concetto.
Come già accennato,
l'ordinario pensare positivista, anche se rigorosamente
scientifico, non può comprendere l'essenza dell'organismo,
la quale è la risultante di forma e funzione che si
compentrano e si modificano ritmicamente nel tempo
determinandone l'evoluzione. La forma di un organismo non è
mai arbitraria e deriva soltanto dall’archetipo delle
forze attive nella forma visibile.
All'uomo è concesso di
conoscere intuitivamente un organismo soltanto se il
pensiero è capace di conquistarne l'immagine della sintesi
vivente di forma e funzione organica in continua evoluzione.
Se dunque non si conquista
quest’immagine, l'organismo sociale sarà sempre il
riflesso di un'idea astratta che pretenda di dare una forma
a forze che con essa nulla hanno a che fare.
La costrizione in tal modo
indotta nella vita sociale, non può certo privarla delle
sue forze naturali, ovvero archetipiche, ma queste si
evidenzieranno come il rimbalzo elastico prodotto da una
forza esterna su una palla di gomma producendo patologia
sociale.
Si potrebbero citare molti
esempi di tal genere i quali sono sintomi importanti per una
diagnosi spregiudicata delle deformazioni ideologiche
prodotte nella vita sociale: dalla distruzione
"economica" degli agrumi al caso "Di
Bella", dal caso della "mucca pazza" a quello
delle "quote latte", ecc.
Di fronte a tali deformazioni,
molte teste politiche, peraltro di notevole acume, ritengono
che una pianificazione ecumenica delle diverse ideologie
possa rimediare alle tendenze unilaterali di ciascuna.
Hanno dunque pensato di unire
liberismo, democrazia e socialismo nella convinzione di
realizzare rispettivamente la libertà, l'eguaglianza e la
fraternità, per quanto, come accennato, mimetizzata nella
solidarietà.
Ma questo
"marchingegno" politico non raggiunge il fine che
si propone, dal momento che si continuano a manipolare
concetti che non sono adatte a cogliere la tendenza
dell’organismo sociale a manifestarsi in una
triarticolazione. Per riconoscere libertà, eguaglianza e
fraternità dentro l’organismo sociale non serve
immettervi i loro aridi concetti; serve invece evitare
proprio le ideologie politiche.
3.
Secondo la scienza dello spirito,
l'organismo umano è edificato da forze spirituali.
Le forze della volontà sono
attribuite a quanto è in gioco nei processi metabolici,
della nutrizione e dell'accrescimento dell'organismo. Per
semplicità di esposizione chiameremo tutto ciò sfera delle
membra e del metabolismo.
Emozioni, sensazioni e
sentimento sono invece strettamente legati all'attività del
respiro, alla circolazione del sangue e all'attività
cardiaca. Poiché questi organi sono disposti nel torace
chiameremo il loro insieme sfera del petto o mediana
dell'organismo.
Dalle forze del pensiero è
edificato il sistema nervoso con gli organi di senso. Poiché
queste strutture sono concentrate prevalentemente nella
testa, chiameremo questo complesso sistema del capo o
cefalico.
Le tre sfere dell'organismo
umano e quelle relative dell'organismo sociale non vanno
considerate semplicemente una accanto all'altra secondo un
mero gioco di analogie lineari, bensì secondo un'inversa
analogia, proprio come se l'organismo sociale fosse un uomo
capovolto, una sua controimmagine.(*)
In altre parole, confrontando
l'organismo sociale con quello umano, si arriva a un giusto
risultato se si equipara la vita economica alla vita del
sistema cefalico umano e la vita spirituale-culturale della
società a quella del ricambio.(*)
Si generano in tal modo esatte
controparti in cui vengono a palesarsi le sperabili
corrispondenze fra l'esteriore e l'interiore. Vi sono
infatti in esse leggi simili: la base naturale per la vita
economica è, nell'organismo sociale, paragonabile alle
capacità individuali che l'individuo porta con sé dalla
nascita e un paese che abbia sfavorevoli condizioni naturali
per la sua vita economica è come un uomo che sia mal
dotato; la base naturale per la vita spirituale è,
nell'organismo sociale, paragonabile alla funzione
metabolica della crescita: l'organismo sociale "mangia
e beve" quel che gli apportiamo sotto forma d'arte,
scienza, idee tecniche, e così via. Di questo esso si
nutre. E' il suo sistema del ricambio.
Al sistema ritmico o del petto
si equipara invece, nell'organismo sociale, la vita
giuridico-amministrativa, vale a dire il governo, la vita
statale vera e propria.
Queste tre sfere si
compenetrano tra loro in modo che in ciascuna di esse è
presente qualcosa che proviene dalle altre due e garantisce
quanto alla prima è necessario per un corretto
funzionamento.
Si determina in tale maniera un
delicato ed essenziale rapporto di forze e di funzioni
tri-articolate.
La sana vita dell'organismo
umano è perciò sempre relativa a questa reciproca
compenetrazione di forze e dall'assoluto rispetto di quanto
è necessario che si esprima, prevalentemente, in ciascuna
delle tre sfere secondo le forze corrispondenti che le
pongono in essere.
Inversamente la malattia e
quindi anche la distruzione dell'organismo è dovuta ad
un'anomala estensione di una delle tre in un'altra o in
entrambi.
L'uomo si presenta dunque a
questa comprensione come un'entità costituita di forze
fisiche, di forze di movimento (animiche) e di forze
spirituali (facoltà di dire "Io" a se stessi)
operanti secondo leggi dirette da una triarticolazione
operante in tutta la natura, esteriore (terra, atmosfera e
rapporto fra essi) e interiore (soggetto, oggetto e rapporto
fra essi).
Per brevità di linguaggio,
d'ora in poi indicherò queste leggi con l'espressione
"leggi naturali d’armonia", presa a
prestito dal campo musicale, dove ogni accordo essenziale è
stabilito da una triade di note, e che da questo punto di
vista potrebbe riconnettersi anche alle leggi naturali
d’armonia dello scienziato positivista. Non uso
l'espressione "leggi naturali" perché questo
termine racchiude in sé ancora troppi pregiudizi dovuti
alla generale impostazione materialistica della scienza.
4.
L'organismo sociale è riconoscibile, come abbiamo
detto, in ciò che nell'uomo si esprime come vita spirituale, vita giuridica e vita economica.
Queste tre sfere della vita
sociale si relazionano tra di loro secondo la
triarticolazione delle tre sfere dell'organismo umano e
secondo il pensiero inversamente analogico precedentemente
illustrato.
Nell'ambito della
triarticolazione, ogni sfera sociale si esprime con la forza
di tre impulsi che, senza gli errori ideologici, si
manifesterebbero spontaneamente nella coscienza sociale come
libertà, eguaglianza e fraternità.
5.
Sappiamo in quante contraddizioni cade il pensiero
umano che cerca la via per dare un pratico riconoscimento a
tali impulsi, afferrandone ora l'uno ora l'altro ma senza
riuscire a realizzarli tutti armonicamente e senza
contraddizioni.
Ne deriva che nessuna ideologia
può assicurare la contemporanea realizzazione di questi tre
impulsi essenziali per la salute della società.
Il pensiero ideologico
liberista trova senz'altro che la libertà è inscindibile
dalla vita spirituale individuale. Con
l’appoggio del diritto vorrebbe affermare l'imperio
della libertà della vita spirituale individuale anche nella
sfera della vita economica. Ma nella vita economica la
libertà si rivela incompatibile se non addirittura in
conflitto ideologico con la fraternità, che il diritto,
costretto dal prevalere della libertà, non può in alcun
modo risolvere.
Il pensiero ideologico
socialista, al contrario, trova che la fraternità è
inscindibile dalla vita economica. Intende il diritto come
eguaglianza economica ed estende tale idea anche alla vita
spirituale individuale; ma in questa sfera l'eguaglianza,
come garanzia di fraternità, si rivela incompatibile, se
non addirittura in contrasto con la libertà.
Il pensiero ideologico
democratico ritiene che l'eguaglianza sia inseparabile dalla
vita giuridica. Su questa unione conforma il diritto e
vorrebbe affermarne l'imperio tanto nella vita spirituale
individuale che nella vita economica; ma è costretto a
constatare che, sia nella sfera della vita spirituale sia in
quella della vita economica, l'eguaglianza si rivela
incompatibile, se non addirittura in contrasto,
rispettivamente con la libertà e la fraternità, svelando
l'impotenza relativa del diritto democratico, che pertanto
richiede, per sopravvivere, l'uso della forza politica e
giuridica.
Questa patologica realtà è
sotto gli occhi di tutti in qualsiasi parte del mondo e
nulla ancora sembra provenire dal patrimonio culturale e
pratico dell'uomo in grado di correggerla fino in fondo.
Se dunque l'uomo vuole
preservare l'organismo sociale dalla malattia e dalla
distruzione, non può fare altro che edificare l'organismo
sociale sul modello del suo stesso organismo biologico nel
rapporto vivente fra corpo, anima e spirito.
Per realizzare questo compito è necessario, prima di tutto,
trovare nei medesimi fatti sociali che cosa determini la
caotica mescolanza delle tre sfere della vita sociale e
successivamente procedere consapevolmente alla loro sana
articolazione attraverso una pratica attuazione delle
premesse conoscitive.
Vedremo ora i dettagli
necessari ad illustrare in modo comprensibile i rapporti tra
organismo umano ed organismo sociale.
LA
SFERA CEFALICA E LA VITA economica
1.
La sfera cefalica, delineata dal sistema nervoso e
dagli organi di senso, realizza una complessa struttura che
rappresenta nell'uomo la possibilità di un riflettere in
autonomia e libertà sempre perfettibili, e nell'organismo
sociale la possibilità di un’economia o di assennata
speculazione economica, altrettanto perfettibili quanto a
libertà e ad autonomia.
Cominciamo dall'economia, perché
è evidente che attraverso la tecnologia e il capitalismo si
è fatta predominante in tutta la moderna società umana.
La vita economica dev'essere
nell'organismo sociale una struttura relativamente autonoma,
come lo è il sistema neuro-sensoriale nell'organismo umano.
Questa sfera dell'organismo
umano, per assolvere al suo compito è stata privata infatti
di qualsiasi capacità di accrescimento e di riproduzione
(il pensare passa infatti attraverso - non è prodotto da -
i nervi) e abbisogna del costante sostegno vitale della
sfera metabolica dove le forze della vita sono invece in
perpetua attività.
Il cervello, che è specchio
del pensiero, cioè lo strumento che permette il riflettere,
sarebbe condannato ad estinguersi se non fosse costantemente
alimentato dalla vita metabolica.
Pertanto nella sfera cefalica
deve giungere costantemente il nutrimento metabolico secondo
un equilibrio determinato dalla sfera mediana.
Come precedentemente accennato,
tale nutrimento è, nell'organismo sociale, la cultura, cioè
la vita spirituale capace di generare nell'uomo le forze di
lavoro che meglio si confanno alle sue predisposizioni
personali.
Con la vita economica si parla
di tutto quel che riguarda la produzione, la circolazione e
il consumo delle merci, e pertanto si parla anche di lavoro.
Il lavoro, infatti, pur
rientrando nella sfera della vita economica, è appreso e
assume la sua consistenza ottimale a partire dalla vita
spirituale, dalle scuole, dalle arti, ecc.
Il lavoro si rapporta altresì
alla vita economica nella forma del consumo. E' chiaro
infatti che ogni uomo ha bisogno di prendere parte al
consumo in rapporto alle sue necessità naturali ed alla sua
dignità. Tuttavia, che si ritenga il lavoro il necessario
mezzo per garantire la dignità ed il bisogno e la dignità,
è frutto di un diabolico inganno.
2.
Si accede al consumo mediante l'acquisto di merci
scambiate con denaro. Il denaro del singolo individuo, se
non è ereditato, regalato o rubato, proviene, nelle moderne
società, dal lavoro produttivo, dal lavoro socialmente
utile, ovvero eseguito nell'ambito di quanto è definito
servizio pubblico, e dal libero lavoro professionale o
artigianale.
Ogni tipo di lavoro ed attività
spirituale che non abbiamo rilevanza mercantile trovano
accesso al consumo attraverso il riconoscimento del loro
valore culturale, artistico o morale.
Trovare questo valore dipende
esclusivamente dal livello di civiltà che spinge coloro che
producono valori mercantili a cedere parte della loro
attività lavorativa alla sfera spirituale in cambio dei
contributi che da essa possono derivare (sponsorizzazione di
scuole, materiale didattico, donazioni, ecc.).
Il mancato riconoscimento di
tali valori, unito
al cumulo del capitale, non è benefico perché genera una
forma patologica sociale simile a quella che si manifesta
nell'uomo.
L'accumulo indiscriminato ed
egoistico del capitale è innanzi tutto antieconomico e
socialmente patologico; sostanzialmente è paragonabile a ciò
che nell'uomo si chiama obesità. Non a caso essa si
manifesta con tanta evidenza proprio nelle società,
cosiddette opulente, in cui si determina un patologico
accrescersi della produzione ad esclusivo interesse
dell'accumulo di capitali. Non è insensato definire
l'obesità come una "abbondanza nella povertà".
Basta osservare come la ricchezza, considerata un valore a sé
stante, è sempre drammaticamente affiancata a una povertà
di vaste proporzioni, con moltissimi poveri e pochi ricchi
I grassi sono sostanze che
provengono dall’alimentazione e sono presenti
prevalentemente come sostanze di deposito in tutto
l'organismo. Nell'ambito metabolico sono trasformati in
carboidrati, in relazione alle richieste d’energia e
quindi consumati. Quando la tendenza dei grassi all'accumulo
supera determinati limiti compare l'obesità, che a sua
volta incide negativamente su tutto il processo metabolico:
gli organi si caricano di grasso, ma non possono servirsene
come energia e quindi deperiscono determinando il quadro
organico della "abbondanza nella povertà". Il
deperimento degli organi, paradossale ma vero, reagisce
stimolando l'appetito con l'unico risultato di
peggiorare l'obesità.
Si tratta, come si vede, di una
malattia singolare, che al pari di altre rivela i sintomi di
una corrispondente malattia sociale.
Nel processo economico i grassi
corrispondono ai capitali che, trasformati in beni non
facilmente scambiabili (i gioielli di famiglia come si
definiscono), sottraggono (o caricano d’interessi) alla
base monetaria circolante il denaro per i nuovi
investimenti. Segue l’intervento delle banche e delle
emissioni monetarie che accrescono il debito pubblico,
provocano inflazione e povertà. In questo modo si forma
l’abbondanza nella povertà.
I capitali finanziari si
materializzano pesantemente nelle più diverse forme
patrimoniali, individuali o collettive, rimanendo ad
esclusiva disposizione di chi li possiede e segregati, come
il grasso dell'obesità, dal complessivo processo economico
e in definitiva da tutto il complesso sociale generando
povertà e miseria nella forma della fame.
La povertà, la miseria e
quindi la fame indotta dalle società opulente, come la fame
dell'organismo obeso, tentano di riattivare le risorse con
la richiesta incessante del consumo (vedi i problemi
italiani del "Mezzogiorno"); ma ne risulta
soltanto un ulteriore accumulo di capitali e ulteriore
povertà.
Tanto l'obesità quanto la
società opulenta, richiedono quindi il medesimo processo
terapeutico che implichi un intervento consapevole
dell'individuo che ne è affetto: un intervento che susciti
una metamorfosi dell'inconscia brama organica di possesso
che tende ad imprigionare l'anima (l’iniziativa
imprenditoriale) nel corpo (il capitale). Tale intervento
non può che provenire dalla libera vita spirituale ed è
richiesto dai problemi della stessa vita economica.
A
nulla o a ben poco serve quindi l’intervento
ridistributivo della ricchezza attraverso il prelievo
fiscale dai redditi da lavoro secondo il Welfare State, dal
momento che i capitali che si accumulano in beni materiali o
vengono sottratti al circolo produttivo, non sono
praticamente raggiungibili dal fisco perché sono in gran
parte protetti dalle leggi. In cambio la tassazione dei
redditi rende difficile il credito e qundi la possibilità
di stimolare il processo economico dal momento che porta ad
un aumento della base monetaria e quindi all’inflazione,
all’aumento del debito pubblico ed alla povertà.
Come per la malattia
dell'organismo umano, occorre avviare un processo
terapeutico sociale diretto dalla conoscenza delle leggi da
cui dipende la malattia sociale.
Nell’ambito sociale la
terapia consiste nella fiscalità monetaria che abolendo le
tasse reddituali consente un’ampia riduzione dei prezzi ed
un conseguente proporzionale aumento del potere d’acquisto
del denaro, ovvero della base monetaria. In relazione
all’aumento del potere d’acquisto della base monetaria,
da quest’ultima potrà essere sottratta la parte
corrispondente alle necessità fiscali e quella
corrispondente al Welfare, ovvero il reddito di cittadinanza
individuale ed universale.
Il trattamento dell’obesità
prevede inizialmente l’attivazione metabolica del deposito
di grassi: si tratta di un’azione dinamica di combustione
e non statica di prelievo dei grassi. Controllando le
calorie del cibo entro limiti adeguati ed aumentando la
dispersione terapeutica delle calorie accumulate nel grasso
si può sperare di produrre un miglioramento clinico.
LA
SFERA metabolica E LA VITA spirituale
1.
Polarmente opposta alla sfera cefalica troviamo
nell'organismo umano la sfera metabolica, nella quale opera
la volontà che si estende fino agli arti attraverso i quali
la volontà stessa si esprime nel mondo esterno.
In questa sfera operano
importanti organi che presiedono ai fenomeni vitali che si
esprimono nella nutrizione, nella crescita e nella
riproduzione dell'intero organismo umano.
Attraverso l'alimentazione le
sostanze provenienti dalla natura giungono in questa sede
ove sono elaborate, trasformate ed assimilate attraverso un
fitto intreccio di reazioni chimiche e quindi sono messe a
disposizione dell'intero organismo per essere consumate a
sostegno di tutte le attività quotidiane.
Per formare un giusto
collegamento fra la sfera metabolica dell'organismo umano e
la libera vita spirituale dell'organismo sociale si deve
tener conto della base che la natura pone rispetto a
quest'ultimo, per esempio le ricchezze naturali del
sottosuolo (o del suolo: per esempio in certe parti della
terra le banane offrono agli uomini un facile mezzo di
nutrizione) nell'identico modo in cui, rispetto
all'apprendimento, per ogni singolo individuo dev’ essere
preso in considerazione il fondamento da cui partire per una
sana pedagogia e cioè le condizioni della sua individuale
attitudine naturale.
Nell'organismo sociale,
polarmente alla sfera della libera vita spirituale, che ha
il compito di promuovere forze della volontà di apprendere
(la cosiddetta "buona volontà") che devono poi
estrinsecarsi nel mondo esterno secondo le predisposizioni
individuali di ognuno, operano le scuole (materne,
elementari, medie, istituti culturali, religiosi, ecc.).
Questi importanti
"organi" presiedono a fenomeni, veramente vitali
per l'organismo sociale e si esprimono appunto nel
nutrimento spirituale, utile a far crescere individualmente
talenti e predisposizioni degli individui, che in tal modo
sono preparati a contribuire alla crescita dell'intero
organismo sociale.
Come nell'uomo attraverso
l'alimentazione le sostanze provenienti dalla natura
giungono nell'organismo ove vengono elaborate, trasformate
ed assimilate attraverso un fitto intreccio di reazioni
chimiche, così nella sfera sociale, attraverso il giusto
nutrimento culturale proveniente da libere scuole, devono
arrivare nella società degli individui le loro le
competenze.
Le competenze sono le
individuali capacità, predisposizioni e talenti naturali,
che incoraggiati, elaborati, perfezionati ed assimilati
devono penetrare proprio fino nelle membra, allo stesso modo
in cui per es., la teoria musicale diviene conoscenza che si
fa strada nelle mani del pianista, attraverso un fitto
intreccio di studi ed esercizi.
Come la sfera cefalica
deperisce se non riceve l'alimento dalla sfera metabolica,
così quest'ultima cede al caos di sostanze in cui la vita
costantemente germoglia e poi marcisce senza forma né
finalità, se viene a mancare il contributo della sfera
cefalica.
Lo stesso capita nell'organismo
sociale: come l'economia muore se non riceve il giusto
apporto d’idee dalla sfera spirituale, così quest'ultima
deperisce, fino ad estinguersi, se viene a mancare il dono
della sfera economica. Può verificarsi infatti che, nonostante si riconosca il
valore della produzione spirituale, gl’interessi economici
di una società siano tali da trascurarlo. Quando ciò
accade la vita stessa indica come, attraverso la donazione,
il flusso della vita economica tende ad alimentare, sia pure
spesso in maniera insufficiente, la vita spirituale. E'
quanto si verifica ad esempio con le borse di studio, con le
donazioni private per il restauro di musei ed opere d'arte,
per la pura ricerca scientifica, e con altre simili
iniziative. La libera vita spirituale può dunque esistere
soltanto se riceve dalla vita economica il sostegno
materiale che le serve in cambio del suo valore.
Nell'organismo umano queste
tendenze sono costantemente presenti nel perpetuo ondeggiare
che caratterizza i fenomeni vitali in cui è possibile il
prevalere, ora di quanto proviene dai fatti metabolici, ora
da quelli nervosi. Spetta alla sfera mediana, costituita dal
cuore (attraverso la circolazione del sangue) ed ai polmoni
(attraverso la respirazione) provvedere alle opportune
correzioni in grado di ristabilire il sano equilibrio di
forze.
Porterebbe lontano ora
esemplificare punto per punto in termini di organismo
sociale, tutti gli aspetti patologici che derivano da queste
situazioni; ma ognuno dovrebbe aver compreso l'intima
relazione tra sfera cefalica, sfera mediana e sfera
metabolica da una parte, e sfera economica, sfera giuridica
e sfera socio-culturale dall'altra.
2.
Da questo modello di cooperazione dovrebbero derivare
le informazioni relative a come la vita economica vuole
manifestarsi, ovvero in armonia con quanto proviene dalla
vita spirituale, perchè in essa operano le stesse leggi che
si esprimono nel sistema cefalico armonizzate con quelle
del sistema metabolico. Per garantire questa collaborazione
o per correggerne gli squilibri deve intervenire la vita
giuridica.
Essa deve provvedere affinché
la vita economica non si abbandoni alla giungla
dell'esclusiva produzione di merci da scambiare con denaro
ma guidi le merci secondo le obiettive necessità del
consumo dell'intero organismo sociale.
Parimenti deve garantire che la
vita spirituale partecipi alla vita economica senza dover
perdere le sue caratteristiche di libertà e di creatività.
D'altra parte non può neanche
far dipendere da sé, mediante l'istituzione di ministeri o
di provveditorati, il processo stesso di apprendimento della
cultura.
L'obiezione che la vita
spirituale non possa, nel suo costituirsi, prescindere dai
livelli raggiunti in materia di diritto è formulata da un
giudizio superficiale. Certo che non può prescinderne.
L'organizzazione di una scuola dovrebbe, sì, sottostare
alle condizioni esistenti del diritto, non però alle
istituzioni di tale vita giuridica. Un conto è che gli
uomini che coltivano la vita dello spirito siano dipendenti
dalla vita del diritto, un altro conto che l'occuparsi dello
spirito dipenda dalle istituzioni della vita del
diritto.
Ciò sarebbe esattamente come se un cuore volesse "mangiare" e
"digerire" egli stesso, sostituendosi alle
funzioni del metabolismo, gli alimenti necessari alla
crescita dell'organismo umano.
Anche
così comparirebbero le diverse forme di patologia sociale.
Ma
per necessaria brevità ed anche per necessaria chiarezza
vorrei illustrare soltanto una forma patologica sociale
simile a quella che si manifesta nell'uomo generata dal
medesimo squilibrio di forze.
Allo
stesso modo in cui, l'organismo sociale si aspetta dal
singolo uomo che si comporti in modo tale da essere utile
all'evoluzione e alla sopravvivenza dell'organismo sociale,
così l'uomo si aspetta dai suoi organi che funzionino in
modo tale da consentirgli la sopravvivenza. E allo stesso
modo l'organo specifico si aspetta dalle proprie cellule che
esplichino le loro funzioni, come è indispensabile per la
sopravvivenza dell'organo.
Ma cosa succede se una cellula
non vuole più adempiere alle proprie funzioni e ne vuole
esplicare altre che non le competono? Il tumore. Con il
tumore l'uomo assiste davvero al progressivo cambiamento del
comportamento delle proprie cellule, le quali iniziano un
processo, che in sé non porta ad alcuna fine, ma che trova
una fine nell'esaurimento del terreno di coltura. Si tratta
di un processo di colonizzazione.
Dal punto di vista
dell'organismo sociale, tale processo di colonizzazione è
un grave danno operato sempre nella misura in cui
l'insegnante o il docente sia concepito come un dipendente
statale, anziché come un professionista tale e quale un
architetto o un avvocato.
Anche se è sotto gli occhi di
tutti, non è ancora ben riconosciuto oggi quale danno sia
stato prodotto negli ultimi quattro-cinque secoli dalla
moderna forma dello Stato, per il fatto che quest'ultimo ha
steso le sue ali sopra la vita spirituale, statalizzandola.
Proprio a seguito della
spaventosa schiavitù della vita spirituale da parte della
vita politica statale, si è operata di continuo una
colonizzazione-distorsione delle stesse verità
scientifico-culturali.
Vi è un nesso infatti fra
tutto ciò che oggi appare così aberrante e spaventoso e
l'educazione falsa, un'educazione che non rende gli uomini
liberi e indipendenti, perché essa stessa non è libera e
indipendente. E' quel tipo di scuola che si sente tanto più
a suo agio quanto più può sentirsi legata allo Stato,
anziché alla professionalità.
Essere
professionisti nella scuola dovrebbe significare mettersi
sul mercato, continuamente alla ricerca del miglioramento
professionale, non di una carriera di comodo, bensì di una
professione altamente valutata dalla società e
adeguatamente compensata dal punto di vista economico.
In altre parole, l'insegnante
dovrebbe essere direttamente assunto non dallo Stato, bensì
dall'ente locale competente, per quel ciclo scolastico e in
accordo con il responsabile della scuola.
Il sindaco (rappresentante
dello Stato) dovrebbe avere il diritto di aumentare lo
stipendio dell'insegnante che lavora bene, così come di
licenziare chi non funziona. Il compito di provvedere allo
stipendio dell'insegnante non dovrebbe comunque competere
allo Stato, bensì a quell'ente locale competente, che
dovrebbe essere costituito da libere associazioni di
genitori. Con ciò si evita il pericolo che tutte le
questioni inerenti la scuola vengano affrontate solo dagli
addetti ai lavori, con le comprensibili difese di categoria.
La Scuola forgia i cittadini di domani, quindi è diritto e
dovere di ognuno occuparsi di queste tematiche.
Quanto ai costi della scuola,
che in questo modello scolastico devono essere sostenuti
direttamente dai genitori, occorre disfarsi dell'antico
pregiudizio della gratuità delle scuole.
La gratuità della scuola è infatti una menzogna sociale:
da una parte lo Stato fa apparire di fornire di tasca sua il
maggior valore per costituire le sue scuole attraverso le
quali dominare e colonizzare gli altri, dall'altro butta a
tutti del fumo negli occhi perché non si accorgano che fra
i soldi tolti dal portafoglio vi sono anche quelli necessari
per mantenere le scuole.
LA
SFERA MEDIANA E LA VITA giuridico-statale
1.
Attraverso gli organi di questa sfera si realizza una
funzione di equilibrio dinamico nei rapporti tra le altre
due sfere polari. Gli stessi organi che vi si trovano sono edificati dal confluire delle forze cefaliche e di quelle
metaboliche ed attraverso di essi si esprime l'essenza
equilibratrice di questa sfera.
Ciò consente a questi organi
d'intervenire nelle altre due sfere in funzione di quanto,
nella complessa vita organica, richiede l'alterna supremazia
funzionale ora di una sfera ora dell'altra,
indipendentemente dal valore organico che ciascuna delle
parti in sé possiede, dal momento che nell'insieme della
funzione organica tale valore risulta ad essi di eguale
importanza.
E' anzi proprio questo
principio di eguaglianza che guida la loro attività in
armonico equilibrio.
Nella funzione del cuore e dei
polmoni possiamo riconoscere l'essenza della vita giuridica
e del diritto fondato sul principio di eguaglianza.
2.
Secondo
il diritto, nel complesso della vita sociale tanto la vita
spirituale che quella economica esprimono un eguale valore e
tuttavia ognuna delle due deve poter prevalere con tutte le
sue caratteristiche nella sede che le è propria mentre
l'altra le darà quanto le serve per esprimersi secondo le
proprie leggi.
La sfera della vita spirituale
individuale deve prevalere soltanto quando esprime se stessa
nelle forme della scienza, dell'arte e della cultura; in
tale sfera la vita economica deve partecipare soltanto per
mezzo del consumo e senza assoggettarla necessità di
quest’ultimo.
La sfera della vita economica
prevale invece nel suo complesso movimento che si svolge nel
produrre e distribuire merci; la vita spirituale individuale
vi deve partecipare con le proprie capacità di generare un
lavoro proteiforme, ma senza prendere il sopravvento sulle
leggi della vita economica assoggettandola al suo arbitrio.
La sfera della vita giuridica
infine non deve pervertire la sua funzione, assoggettando il
diritto al prevalere delle caratteristiche della vita
spirituale o della vita economica, né dove soprattutto si
esprime la vita spirituale individuale, né dove soprattutto
si esprime la vita economica.
Soltanto a queste condizione
tanto la vita spirituale che quella economica possono
trovare una coesitenza sociale secondo diritto.
Infatti, finché la vita
spirituale si esprime nell'intimo di ciascuna persona,
producendo anche quanto si esteriorizza nella ricerca
scientifica, nell'attività artistica, nella cultura e
simili, nessuna ideologia può negarle il diritto di
esprimersi in piena libertà.
Quando invece la vita
spirituale tende a manifestarsi socialmente in maniera
ipertrofica, sconfinando nelle svariate forme di potere
intellettuale, che conducono per esempio alle tristemente
note baronie culturali, spetta alla vita giuridica di
ricondurle ad esprimersi nel giusto equilibrio tra libertà
e potere.
Parimenti nei confronti della
vita economica il diritto non deve trovare in un'ideologia
le forme giuridiche per il lavoro o per il salario; al
diritto spetta soltanto il compito di difendere la
complessiva vita economica dagli interessi economici
parziali degli individui che vi prendono parte.
La vita economica è
socialmente sana quando si realizza in tutte le sue parti.
Prediligere indiscriminatamente l’agricoltura o
l’industria o il commercio senza tener conto di come in
una data regione e in un determinato raggruppamento umano
l'intero processo economico mostra di voler esistere secondo
le sue particolari tendenze, conduce a svariate aberrazioni
come la desertificazione della terra, o i potentati
industriali immersi nei disatri ecologici.
Deve perciò intervenire il
diritto a proteggere l'essenza del processo economico con la
difesa di un giusto equilibrio tra l’ambiente, le
attitudini umane e la produzione di merci.
3.
Questa delicata funzione sociale del diritto,
richiede che il sano diritto stesso sorga dalla comprensione
della triarticolazione dell'organismo sociale e non dalle
ideologie, altrimenti invece che l'equilibrio vi porta un
ulteriore disordine.
Il diritto deve essere tale che la sua essenza egualitaria
si armonizzi tanto con la libertà della vita spirituale
quanto con la fraternità nei delicati rapporti che si
stabiliscono tra loro, all'interno della vita spirituale e
della vita economica.
Ciò implica non soltanto che
ogni sfera della vita sociale sia garantita nella sua
essenza, ma che l'essenza di ognuna di esse trovi,
nell'interazione con le altre, transito o limite in funzione
dell'armonia dell'intero organismo sociale.
In termini ideologici può
sembrare che l'ideologia democratica sia in grado di
assolvere questa funzione; ma mostrerò più avanti che così
non è, sebbene più di qualsiasi altra ideologia produca
una qualità del diritto con ampie potenzialità evolutive.
Accenno qui che il difetto
dell'ideologia democratica sta proprio in ciò che
entusiasma il cosiddetto mondo civile, ovvero l'opportunità
di considerare di pari importanza e di pari libertà le
diverse parti dell'organismo sociale affermando che ognuna
d’esse ha il diritto di esprimersi liberamente in tutto il
suo valore sempre ed in ogni circostanza.
Se questo accadesse
nell'organismo umano non vi sarebbe altro che devastazione e
caos (generati dal diritto democratico!).
Nella libertà infatti è
riposto un germe di potere individuale che si oppone con
tutte le sue forze al principio che dà vita all'organismo
sociale.
Come ho già detto, questa
realtà è presente anche nell'organismo umano, nelle
singole cellule, in ciascuna delle quali si nasconde una
naturale tendenza ad uscire dall'armonico inserimento nel
tutto, come ben si conosce attraverso i tumori, che rivelano
con drammatica chiarezza la realizzazione di quella
potenziale tendenza cellulare alla libertà senza limiti.
Consentire ideologicamente che
il diritto democratico si limiti a garantire secondo
eguaglianza il germe di potere riposto nella libertà dei
singoli individui, altro non significa che abbandonare
l'organismo sociale alla guerra democratica di tutti contro
tutti.
Dalla consapevolezza di tutti
gli esseri umani deve nascere l’impulso all’equilibrio
giuridico delle sfere dell’organismo sociale realizzato
dai suoi rappresentanti democraticamente eletti da tutti.
Il diritto deve incontrarsi
armonicamente non soltanto con la libertà ma anche con la
fraternità, che ha un valore sociale identico a quello
della libertà.
Nella fraternità economica è riposto un germe di
conciliazione dei valori sociali in favore della vita
dell'intero organismo: una conciliazione simile a quella
realizzata dall'archetipo dell'uomo che compenetra e dirige
la complessa elaborazione metabolica delle sostanze
annullando nelle cellule gli impulsi libertari separatori
provenienti dal polo cefalico.
La fraternità economica
coscientemente realizzata può dunque compensare gli effetti
separatori della libertà; il diritto, saldando
olisticamente libertà e fraternità con l'eguaglianza,
realizza se stesso come giustizia sociale.
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