Il piano collinare

 

                

  Il piano collinare è caratterizzato da condizioni climatiche piuttosto miti (temperature medie annuali 11-12°C ) e da una distribuzione delle piogge di tipo mediterraneo, cioè con un periodo di siccità estiva; si estende dai 600 metri ai 900-1000 metri di altitudine. Sono tre le specie arboree che costituiscono la base delle varie formazioni boschive collinari: la roverella (Quercus pubescens), il cerro (Quercus cerris) ed il carpino nero (Ostrya carpinifolia). A queste debbono essere aggiunte il leccio (Quercus ile ), che pur essendo specie caratteristiche delle aree costiere del Mediterraneo riesce a penetrare anche in alcune vallate appenniniche e il castagno              
(Castanea setiva ), albero che ha avuto in passato una grande importanza economica, soprattutto per le popolazioni montane. La roverella è una quercia che in alcuni luoghi con suolo profondo presenta un portamento maestoso, raggiungendo anche i 20-30 metri di altezza, ma che vegeta anche su terreni magri ed aridi dove cresce più lentamente con forme contorte e poco slanciate. I boschi di roverella si trovano negli ambienti più aridi e soleggiati del piano collinare e sono spesso distinguibili per l’aspetto di boscaglie aperte e degradate che presentano. Oltre ai querceti e basi di roverella sono diffusi anche boschi di castagno, in alcune località poste ai margini della Catena dei Sibillini, dove formano una fascia di vegetazione discontinua sino ai 1100-1150 metri di altitudine, interponendosi generalmente tra il querceto e la faggeta.
L’origine di questi castagneti è molto controversa, la distribuzione del castagno in Italia ha infatti subito nel passato ripetute modificazioni parallelamente al variare delle condizioni climatiche, tanto che nel corso delle ultime fasi glaciali si era sicuramente estinto in tutta la penisola, fatta eccezione per alcune limitate stazione delle regioni meridionali. I cambiamenti climatici intervenuti al termine dell’ultimo periodo glaciale crearono un ambiente nuovamente favorevole al castagno, che prese perciò a riespandersi  verso Nord. Poiché tale espansione divenne particolarmente accentuata in epoca romana e durante il Medioevo, si può supporre che l’uomo abbia interferito con questo processo allargando artificialmente le aree occupate dal castagno o creandone di nuove. Gli odierni castagneti puri devono quindi essere considerati più come formazioni di origine antropiche che come boschi naturali. Ciò è testimoniato dal fatto che a seguito dell’abbandono essi, soprattutto se trattati a ceduo per la produzione di pali o se insediati su suoli poco acidi dove il castagno è meno competitivo, vengono invasi da specie arboree tipiche dei querceti, cerro in primo luogo, che tendono a riformare l’originario bosco misto.

Nei settori calcari il castagno è molto meno diffuso e anche i querceti sono generalmente limitati a piccoli lembi, la specie forestale principale è invece rappresentata dal carpino nero, un albero di modeste dimensioni che predilige terreni freschi e senza ristagno d’acqua. Gli orno-ostrieti, come vengono più propriamente chiamati questi boschi a causa della costante associazione dell’orniello (Fraxinus ornus ) con il carpino nero ( Ostrya carpinifolia ), sono tra le formazioni forestali più ricche di specie arboree ed arbustive  delle zone a clima temperato. Assai numerose sono le entità floristiche che accompagnano il carpino nero nelle varie formazioni, tra essi si ricordano, oltre al già citato orniello dalle vistose infiorescenze bianche primaverili, anche i vari tipi di albero (Acer obtusatum, Acer campestre, Acer monspessulanum), la cui presenza spicca particolarmente nel periodo autunnale, allorquando infiammano il bosco con colori dal giallo-ocra, al rosso-mattone, al bruno intenso. A queste specie possono essere ancora aggiunte: il cerro (Quercus cerris), che è spesso lasciato come matricina durante la ceduazione del bosco; il sorbo (Sorbus domestica e Sorbus terminalis); il maggiociondolo comune (Laburnum anagyroides), le cui grandi infiorescenze a grappolo di colore giallo acceso donano al bosco vivide macchie di colore ed inoltre i cornioli (Cornus mas e Corpus sanguinia);il nocciolo (Corylus avellana) ed i biancospini (Crataegus monogyna e Crataegus oxyacantha), tutti arbusti diffusi soprattutto ai margini del bosco o nelle formazioni aperte. Assai nutrito è anche il contingente delle specie erbacee del sottobosco, tra cui spiccano il giglio rosso (Lilium croceum), la scutellaria di Colonna (Scutellaria columnae), la primavera (Primula acaulis), l’erba trinità (Hepatica nobilis), e l’elleboro di Bocconi (Helleborus bocconei), una specie endemica (cioè a distribuzione limitata ad una piccola area geografica, come ad esempio una valle, un gruppo montuoso o un intero complesso di rilievi dell’Appennino centro-meridionale. Inoltre, il particolare microclima fresco ed umido di alcuni valloni permette lo sviluppo nell’orno-ostrieto anche di numerose specie che normalmente vivono stazioni montane più elevate, come ad esempio il faggio (Fagus sylvatica) ed il bucaneve (Galathus nivalis). Questa composizione floristica è propria delle formazioni insediate sulle pendice esposte a Nord mentre negli orno-ostrieti, che vegetano sui versanti leggermente soleggiati, sono diffuse specie come la roverella (Quercus pubescens) il citiso (Cytisus sessilifolius) ed il sommaco selvatico (Cotinus coggygria) le cui foglie sono tra le prime tra l’inizio dell’autunno ad abbandonare la livrea estiva, per assumere una stupenda colorazione rossa. La distruzione di questi boschi operata dall’uomo prevalentemente per creare superfici aperte da adibire al pascolo ha permesso la costituzione di raggruppamenti erbacei le cui caratteristiche ecologiche e floristiche si sono evolute principalmente in rapporto alla pendenza dei versanti. Sulle pendici poco ripide, dove il terreno è in gran parte conservato, si è originato un pascolo a cotica erbosa continua assai ricco di specie e che può essere falciato una o due volte l’anno. Tra le entità floristiche più caratteristiche di questo tipo di pascolo debbono essere ricordate il sonaglino comune (Briza media) e il bromo (Bromus erectus) per le graminacee e tra le altre specie il narciso poetico (Narcisus poeticus), l’asfodelo o porraccio (Asphodelum album), la genziana primaticcia (Gentiana verna), la genziana maggiore (Gentiana lutea), la primula odorosa (Primula veris), la viola di Eugenia (Viola eugeniae) e l’orchidea (Orchis sanbucina) che nel loro insieme, soprattutto nel periodo primaverile, danno origine a fioriture tra le più belle e policrome che si possono ammirare nei vari ambienti appenninici. Sui versanti più ripidi, a seguito dei forti processi erosivi innescati dalla pendenza del terreno e del conseguente affioramento del substrato roccioso dovuto all’asportazione di gran parte del suolo fertile, si è invece instaurato un pascolo più secco a cotica erbosa discontinua, caratterizzata dalla dominanza del bromo (Bromus erectus) e del brachipodio o falascone (Brachypodium rupestre) e dalla notevole diffusione della vedovella dei prati (Globularia puntata), del muscari (Muscari atlanticum) e talvolta di diverse orchidacee dei generi Orchis e Ophrys. Molto comuni sono anche alcune piccole specie cespugliose quali la stellina purpurea (Asperula purpurea), l’elicriso (Helichrysum italicum), l’assenzio maschio (Artemisia alba) e la santoreggia montana (Satureja montana). Quando questi pascoli vengono abbandonati si verifica dopo alcuni anni in progressivo sviluppo di arbusti come la ginestra (Spartium junceum), i ginepri (Juniperus communis e Juniperus oxycedrus), il citisio (Cytius sessifolius) e le rose selvatiche, che nel loro insieme rappresentano il preludio alla ricostituzione del bosco originario, come testimoniano anche i giovani esemplari di roverella, orniello e carpino nero spesso osservabili negli arbusteti più vecchi.

Le aree calcaree rupestri esposte a Sud, soprattutto se con roccia affiorante, presentano invece le condizioni ecologiche idonee per l’insediamento di formazioni legnose caratterizzate dalla cospicua presenza del leccio (Quercus ilex), una quercia sempreverde che molte civiltà antiche consideravano sacre. Questi boschi, normalmente governati a ceduo semplice e che assumono perciò l’aspetto di arbusteti, si spingono generalmente sino agli 800-900m di altitudine;il leccio tuttavia in forma isolata o in piccoli gruppi abbarbicati sugli spuntoni di rocce più scoscesi riesce a sopravvivere, con esemplari contorti e sofferti, fino a 1400 m, vegetando quindi anche nel piano montano. Le leccete submediterranee, pur costituendo una vegetazione che predilige climi temperati, mancano in realtà di numerosi elementi floristici mediterranei ed anzi quasi sempre si arricchiscono di caducifoglie come la roverella, l’orniello, il carpino nero ed il cerro tipiche del piano collinare. Il sottobosco delle leccete situate nei versanti meno elevati e meglio esposti è normalmente povero di specie; vi si rinvengono comunque il pungitopo (Ruscus aculeatus), la robbia (Rubia peregrina), lo stracciabraghe (Smilax aspera), l’asparago selvatico (Asparagus acutifolius) ed il ciclamino primaverile (Cyclamen rapandum). Interessanti esempi di questi raggruppamenti vegetali sono presenti nei Sibillini delle pendici orientali del Pizzo di Monte Priora, sopra l’abitato di Vetice e, in formazioni ancora più estese lungo la Valle del Fiastrone,tra l’invaso artificiale del lago di Piastra e Pian di Pieca.

I  biotopi naturali sono:

- la macchia ripariale

- la macchia termofila e arbusteto di ginestra

- il torrente appenninico

Un biotopo naturale-umanizzato, il bosco misto di roverella, occupa superfici marginali, che si espandono notevolmente alle soglie del Piano montano, sino a prevalere sugli altri biotopi, riveste una rilevante importanza per il ruolo di collegmento bio-ecologico tra collina e montagna. Tale bosco è ciò che rimane degli estesi boschi della collina marchigiana prima dell’intervento antropico. Esso presenta caratteri misti, con un livello arboreo relativamente semplificato, un livello arbustivo denso e composito e un sottobosco erbaceo che nelle formazioni rade si presenta fitto e ricco di specie. Vi  si possono osservare,  oltre alla dominante roverella: Quercus petraea , Fraxinus ornus, Acer campestris, Crataegus oxyacantha, Crataegus laevigata, Rosa canina, Juniperus oxycedrus, Ligustrum vulgaris, Lonicera caprifolinum, Buglossoides purpuro-coerulea, Orchis purpurea, Ruscus aculeatus.

I biotopi artificiali del piano collinare sono:

-colture cerealicole e annuali

-prato falciabile, medicaio e pascolo colinare

-colture arboree e vigneto

-centro abitato e abitazione rurale isolata.

 

FLORA ׀ PIANO COLLINARE ׀ PIANO MONTANO  ׀ PIANO SOMMITALE