Nei settori calcari il castagno è molto
meno diffuso e anche i querceti sono generalmente limitati a piccoli lembi,
la specie forestale principale è invece rappresentata dal carpino nero, un
albero di modeste dimensioni che predilige terreni freschi e senza ristagno
d’acqua. Gli orno-ostrieti, come vengono più propriamente chiamati questi
boschi a causa della costante associazione dell’orniello (Fraxinus ornus )
con il carpino nero ( Ostrya carpinifolia ), sono tra le formazioni
forestali più ricche di specie arboree ed arbustive delle zone a clima
temperato. Assai numerose sono le entità floristiche che accompagnano il
carpino nero nelle varie formazioni, tra essi si ricordano, oltre al già
citato orniello dalle vistose infiorescenze bianche primaverili, anche i
vari tipi di albero (Acer obtusatum, Acer campestre, Acer monspessulanum),
la cui presenza spicca particolarmente nel periodo autunnale, allorquando
infiammano il bosco con colori dal giallo-ocra, al rosso-mattone, al bruno
intenso. A queste specie possono essere ancora aggiunte: il cerro (Quercus
cerris), che è spesso lasciato come matricina durante la ceduazione del
bosco; il sorbo (Sorbus domestica e Sorbus terminalis); il maggiociondolo
comune (Laburnum anagyroides), le cui grandi infiorescenze a grappolo di
colore giallo acceso donano al bosco vivide macchie di colore ed inoltre i
cornioli (Cornus mas e Corpus sanguinia);il nocciolo (Corylus avellana) ed i
biancospini (Crataegus monogyna e Crataegus oxyacantha), tutti arbusti
diffusi soprattutto ai margini del bosco o nelle formazioni aperte. Assai
nutrito è anche il contingente delle specie erbacee del sottobosco, tra cui
spiccano il giglio rosso (Lilium croceum), la scutellaria di Colonna (Scutellaria
columnae), la primavera (Primula acaulis), l’erba trinità (Hepatica nobilis),
e l’elleboro di Bocconi (Helleborus bocconei), una specie endemica (cioè a
distribuzione limitata ad una piccola area geografica, come ad esempio una
valle, un gruppo montuoso o un intero complesso di rilievi dell’Appennino
centro-meridionale. Inoltre, il particolare microclima fresco ed umido di
alcuni valloni permette lo sviluppo nell’orno-ostrieto anche di numerose
specie che normalmente vivono stazioni montane più elevate, come ad esempio
il faggio (Fagus sylvatica) ed il bucaneve (Galathus nivalis). Questa
composizione floristica è propria delle formazioni insediate sulle pendice
esposte a Nord mentre negli orno-ostrieti, che vegetano sui versanti
leggermente soleggiati, sono diffuse specie come la roverella (Quercus
pubescens) il citiso (Cytisus sessilifolius) ed il sommaco selvatico (Cotinus
coggygria) le cui foglie sono tra le prime tra l’inizio dell’autunno ad
abbandonare la livrea estiva, per assumere una stupenda colorazione rossa.
La distruzione di questi boschi operata dall’uomo prevalentemente per creare
superfici aperte da adibire al pascolo ha permesso la costituzione di
raggruppamenti erbacei le cui caratteristiche ecologiche e floristiche si
sono evolute principalmente in rapporto alla pendenza dei versanti. Sulle
pendici poco ripide, dove il terreno è in gran parte conservato, si è
originato un pascolo a cotica erbosa continua assai ricco di specie e che
può essere falciato una o due volte l’anno. Tra le entità floristiche più
caratteristiche di questo tipo di pascolo debbono essere ricordate il
sonaglino comune (Briza media) e il bromo (Bromus erectus) per le graminacee
e tra le altre specie il narciso poetico (Narcisus poeticus), l’asfodelo o
porraccio (Asphodelum album), la genziana primaticcia (Gentiana verna), la
genziana maggiore (Gentiana lutea), la primula odorosa (Primula veris), la
viola di Eugenia (Viola eugeniae) e l’orchidea (Orchis sanbucina) che nel
loro insieme, soprattutto nel periodo primaverile, danno origine a fioriture
tra le più belle e policrome che si possono ammirare nei vari ambienti
appenninici. Sui versanti più ripidi, a seguito dei forti processi erosivi
innescati dalla pendenza del terreno e del conseguente affioramento del
substrato roccioso dovuto all’asportazione di gran parte del suolo fertile,
si è invece instaurato un pascolo più secco a cotica erbosa discontinua,
caratterizzata dalla dominanza del bromo (Bromus erectus) e del brachipodio
o falascone (Brachypodium rupestre) e dalla notevole diffusione della
vedovella dei prati (Globularia puntata), del muscari (Muscari atlanticum) e
talvolta di diverse orchidacee dei generi Orchis e Ophrys. Molto comuni sono
anche alcune piccole specie cespugliose quali la stellina purpurea (Asperula
purpurea), l’elicriso (Helichrysum italicum), l’assenzio maschio (Artemisia
alba) e la santoreggia montana (Satureja montana). Quando questi pascoli
vengono abbandonati si verifica dopo alcuni anni in progressivo sviluppo di
arbusti come la ginestra (Spartium junceum), i ginepri (Juniperus communis e
Juniperus oxycedrus), il citisio (Cytius sessifolius) e le rose selvatiche,
che nel loro insieme rappresentano il preludio alla ricostituzione del bosco
originario, come testimoniano anche i giovani esemplari di roverella,
orniello e carpino nero spesso osservabili negli arbusteti più vecchi.
Le aree calcaree
rupestri esposte a Sud, soprattutto se con roccia affiorante, presentano
invece le condizioni ecologiche idonee per l’insediamento di formazioni
legnose caratterizzate dalla cospicua presenza del leccio (Quercus ilex),
una quercia sempreverde che molte civiltà antiche consideravano sacre.
Questi boschi, normalmente governati a ceduo semplice e che assumono perciò
l’aspetto di arbusteti, si spingono generalmente sino agli 800-900m di
altitudine;il leccio tuttavia in forma isolata o in piccoli gruppi
abbarbicati sugli spuntoni di rocce più scoscesi riesce a sopravvivere, con
esemplari contorti e sofferti, fino a 1400 m, vegetando quindi anche nel
piano montano. Le leccete submediterranee, pur costituendo una vegetazione
che predilige climi temperati, mancano in realtà di numerosi elementi
floristici mediterranei ed anzi quasi sempre si arricchiscono di
caducifoglie come la roverella, l’orniello, il carpino nero ed il cerro
tipiche del piano collinare. Il sottobosco delle leccete situate nei
versanti meno elevati e meglio esposti è normalmente povero di specie; vi si
rinvengono comunque il pungitopo (Ruscus aculeatus), la robbia (Rubia
peregrina), lo stracciabraghe (Smilax aspera), l’asparago selvatico (Asparagus
acutifolius) ed il ciclamino primaverile (Cyclamen rapandum). Interessanti
esempi di questi raggruppamenti vegetali sono presenti nei Sibillini delle
pendici orientali del Pizzo di Monte Priora, sopra l’abitato di Vetice e, in
formazioni ancora più estese lungo la Valle del Fiastrone,tra l’invaso
artificiale del lago di Piastra e Pian di Pieca.
I biotopi naturali
sono:
- la macchia ripariale
- la macchia termofila e arbusteto di ginestra
- il torrente
appenninico
Un biotopo
naturale-umanizzato, il bosco misto di roverella, occupa
superfici marginali, che si espandono notevolmente alle soglie del Piano
montano, sino a prevalere sugli altri biotopi, riveste una rilevante
importanza per il ruolo di collegmento bio-ecologico tra collina e
montagna. Tale bosco è ciò che rimane degli estesi boschi della collina
marchigiana prima dell’intervento antropico. Esso presenta caratteri misti,
con un livello arboreo relativamente semplificato, un livello arbustivo
denso e composito e un sottobosco erbaceo che nelle formazioni rade si
presenta fitto e ricco di specie. Vi si possono osservare, oltre alla
dominante roverella: Quercus petraea , Fraxinus ornus, Acer campestris,
Crataegus oxyacantha, Crataegus laevigata, Rosa canina, Juniperus oxycedrus,
Ligustrum vulgaris, Lonicera caprifolinum, Buglossoides purpuro-coerulea,
Orchis purpurea, Ruscus aculeatus.
I biotopi artificiali
del piano collinare sono:
-colture cerealicole
e annuali
-prato falciabile, medicaio
e pascolo colinare
-colture arboree e
vigneto
-centro abitato e
abitazione rurale isolata.